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Italia, Istat taglia nettamente Pil 2023, rivede al rialzo 2022

Istat ha rivisto in netto ribasso la previsione di crescita del Pil italiano per il 2023, mentre ha alzato quella del 2022, con l'economia sempre più penalizzata dalle pressioni sui prezzi la cui possibile decelerazione ha ancora modi e tempi molto incerti.

Lo si legge nella nota semestrale sulle 'Prospettive per l'economia italiana' diffusa oggi, nella quale l'istituto di statistica ha abbassato la stima sul Prodotto interno lordo per il prossimo anno a +0,4% dal +1,9% visto a giugno, e aumentato quella per l'anno in corso a +3,9% da +2,8%.

I numeri sono sostanzialmente in linea con quelli del Tesoro secondo cui il Pil crescerà quest'anno del 3,7% e solo dello 0,6% il prossimo.

"Dal lato della domanda ci si attende un ridimensionamento dei consumi condizionati dai livelli particolarmente elevati dei prezzi", scrive Istat, ricordando che a novembre l'inflazione acquista si è attestata all'8,1%, mentre quella al netto dei beni energetici al 4,1%. "Anche la spesa per investimento da parte delle imprese segnerebbe una decelerazione condizionata anche dal peggioramento del mark-up".

L'indice dei prezzi al consumo, ormai a due cifre e oltre le attese a novembre , è visto rallentare il passo parzialmente nei prossimi mesi, "anche se con tempi e intensità ancora incerti", sottolinea Istat.

La fase espansiva dell'economia vista nel 2022 registrerà una "decisa decelerazione" nel 2023 quando il Pil sarebbe "sostenuto interamente dal contributo della domanda interna al netto delle scorte (+0,5 punti percentuali) mentre la domanda estera netta fornirebbe un contributo lievemente negativo (-0,1 p.p.)".

"SEGNALI DISCORDANTI"

Tuttavia, sottolinea ancora il report, "i segnali per i prossimi mesi appaiono discordanti".

Da un lato i miglioramenti della fiducia degli operatori e del mercato del lavoro registrati a ottobre supportano la possibile tenuta dei ritmi produttivi. Dall'altro, è opportuno ricordare come nel terzo trimestre, tra le imprese manifatturiere, sia salita ulteriormente la quota di coloro che indicano i costi e i prezzi più elevati come un ostacolo alle esportazioni.

"Nel prossimo anno, sotto l'ipotesi favorevole che inizi una fase di decelerazione dei prezzi dei beni energetici, l'andamento positivo degli investimenti, sostenuti da quelli pubblici legati all'attuazione del Pnrr, costituirebbe il principale fattore di traino dell'economia, mentre la domanda estera netta fornirebbe ancora un contributo negativo", si legge ancora, dato il marcato rallentamento del commercio mondiale.

La revisione al ribasso del commercio e del Pil mondiale ha determinato una riduzione delle previsioni per il Pil nel 2023 (-1,5 punti percentuali), degli investimenti (-2,4 p.p) e dei consumi (-1,3 p.p.). "L'eccezionale andamento dei prezzi energetici ha determinato una revisione al rialzo dei deflatori del Pil (+2,2 p.p ) e della spesa delle famiglie (+2,7 p.p.) per il 2023 rispetto al precedente quadro previsivo".

Quanto al lavoro, il tasso di disoccupazione per quest'anno viene rivisto nel raport all'8,1% dall'8,4% ipotizzato a giugno, mentre viene confermato per il 2023 all'8,2%.

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