Liquidità M2 USALa liquidità M2 sta alzando la testa, questo significa che le banche centrali stanno "bruciando" meno liquidità. Soft landing? Sarebbe un sogno per Powel...di gabrielebiondo0
FED E MERCATI: Analisi dei recenti sviluppi e prospettive futureI mercati finanziari hanno rigirato le previsioni in poche settimane. Inizialmente si puntava a tassi di interesse stabili per tutto il 2024, grazie a dati troppo resilienti sia sul lato inflazionistico sia sul lato occupazionale. Improvvisamente, però, la scorsa settimana tutto è cambiato. Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha rassicurato che la stretta monetaria continuerà a combattere l'inflazione. Tuttavia, ha aperto le porte a un allentamento futuro, viste le positive notizie sul lavoro. L'economia rimane solida, nonostante un PIL inferiore alle attese. Il mercato del lavoro è ancora forte, anche se mostra segnali di rallentamento, fattore chiave per la discesa dell'inflazione attesa entro fine anno. Gli analisti prevedono addirittura tagli ai tassi entro la fine del 2024 con Powell che sottolinea come il quadro inflattivo sia migliorato sensibilmente rispetto a due anni fa. La Fed sta portando avanti il Quantitative Tightening, ovvero la riduzione delle partecipazioni in titoli di Stato e titoli garantiti da mutui. A partire da giugno, il ritmo di smobilizzo scenderà da 60 a 25 miliardi al mese, aumentando così la liquidità nel sistema finanziario. Venerdì scorso, i dati sul lavoro statunitense hanno mostrato un probabile soft landing, ovvero un rallentamento dell'economia senza intoppi. A sorprendere positivamente sono stati anche gli utili aziendali, saliti dal 3,4% al 5%. Non solo i giganti del mercato trainano la crescita, ma anche società dei settori utility, comunicazione e industria. Un mercato del lavoro forte spinge in genere verso un'inflazione alta, a causa di maggiori stipendi e spesa dei consumatori. Tuttavia, l'aumento dei salari è attualmente sotto il 4%, minimo da giugno 2021. Inoltre, i risparmi delle famiglie sono ai minimi dal 2008 e la crescita delle buste paga è la più lenta da maggio 2021. Questi fattori fanno presagire un calo delle vendite al dettaglio e dell'inflazione misurata dall'indice CPI. L'unico elemento a destare qualche preoccupazione sono i costi degli affitti, che però sembrano aver raggiunto il picco e dovrebbero iniziare a scendere. La nostra previsione è di una flessione più marcata del previsto per vendite al dettaglio e inflazione. Il primo taglio dei tassi potrebbe arrivare a settembre, con la possibilità di ulteriori interventi se l'inflazione dovesse rispondere bene alla stretta iniziale. In sintesi, ci troviamo di fronte a un'economia statunitense forte, con l'inflazione ancora da domare. La Fed sta valutando un cambio di rotta, e i mercati azionari reagiscono positivamente ai dati economici incoraggianti e alla diversificazione della crescita aziendale.Selezione editorialedi NFAinvestment227
TASSI D'INTERESSE e RECESSIONI2000: Tassi rimasti al 6.5 per 8 Mesi Risultato: Recessione e Stock Crash 2007: Tassi rimasti al 5.25 per 15 Mesi Risultato: Recessione e Stock Crash 2023: Tassi rimasti al 5.5 per ??? Risultato: Recessione e Stock CrashShortdi ThomasTrader17Aggiornato 1
Recessione USA #2Passiamo adesso al secondo indicatore predittivo su una possibile Recessione degli USA, ossia il tasso di disoccupazione. Un basso tasso di disoccupazione di solito suggerisce un rafforzamento della crescita economica il che dovrebbe contribuire alla diminuzione del debito pubblico! Purtroppo il dato va come sempre contestualizzato e se consideriamo un aumento parabolico del debito, si fa presto a capire che questo non é sostenibile sul lungo periodo e il dato non conferma una possibile accelerazione della crescita economica. A questo punto il basso tasso di disoccupazione potrebbe suggerire una prospettiva diversa, soprattutto se si tiene presente che i rendimenti a breve termine sono più ambiti rispetto a quelli decennali. Solitamente il mercato premia maggiormente chi si espone sul lungo periodo e questo dato la dice lunga sulla solidità dell'economia americana, oltre al debito ovvio....! Se è vero che ''historia magistra vitae'', allora i nostri amici a stelle e strisce non hanno imparato nulla dalla crisi Lehman!!! Attualmente il tasso di disoccupazione é in prossimità di un minimo e, come si evince dal grafico, un minimo nel tasso di disoccupazione tende ad essere un predittore affidabile di una recessione aziendale. Il tasso di disoccupazione tende a raggiungere un minimo poco prima di una recessione economica. Una volta iniziata la recessione, la disoccupazione aumenta bruscamente. In media, dal 1969, il minimo del tasso di disoccupazione si è verificato nove mesi prima del minimo di recessione mentre l'inversione della curva dei rendimenti si è verificata 10 mesi prima. Per entrambe le serie, il tempo massimo di consegna è di 16 mesi prima della recessione, ma in episodi diversi. I lead time minimi sono stati di un mese per il minimo di disoccupazione e di cinque mesi per l'inversione della curva dei rendimenti. Secondo il National Bureau of Economic Research (NBER), in media, il tasso di disoccupazione aumenta di 0,4 punti percentuali nel periodo di otto mesi tra il minimo e il picco. Come per tutti i segnali di recessione, gli analisti economici più saggi dovrebbero esaminare molti indicatori piuttosto che scommettere su qualche indicatore inoltre le politiche monetarie potrebbero influenzare le tempistiche o addirittura scongiurare una recessione. 🔥🔥🔥 Se ti piacciono le mie analisi o apprezzi quello che faccio, lascia un Like!! 💪 💪 Un Like é: un grazie Un Like é: continua cosí Un Like é: mi sono utili queste informazioni Un Like é: un piccolo contributo che a voi non costa nulla Un Like é: un modo per ripagare i miei sforzi ed il tempo che vi dedico di luigigarone19836
Analisi Inflazione Area USTassi di interesse zona US: 5.5% Inflazione zona US: 3.4% Da questa analisi e da quella precedente possiamo notare che un USA la situazione è peggiore rispetto alla zona EU. L'inflazione spinge le BC a muovere i tassi e sono le aspettative dei tassi a muovere il mercato. Per ora dal FWT si può notare un leggero peggioramento sulle aspettative. di gabrielebiondo2
Analisi Inflazione Area EUTassi di interesse zona euro: 4.5% Inflazione zona euro: 2.8% di gabrielebiondo0
Economic Sentiment Index: il "mio" leading indicatorBuongiorno a tutti. Vorrei presentarvi un nuovo indicatore che ho codificato, l’Economic Sentiment Index statunitense, illustrato nell’immagine seguente. Economic Sentiment Index statunitense. Grafico mensile Esploreremo le funzionalità di questo indice, la ragione della sua creazione e i suoi vantaggi. Con questo, vi auguro una piacevole lettura e visione. ECONOMIC SENTIMENT INDEX L’indice, come suggerisce il nome, mira a riflettere le aspettative economiche di tre attori chiave dell’economia: i consumatori, i direttori degli acquisti e gli investitori. L’indice incorpora la fiducia dei consumatori, il PMI manifatturiero, il PMI dei servizi e una combinazione di indici azionari e obbligazionari. Le variabili dell’indice sono positivamente correlate tra loro. In particolare, tendono ad accelerare quando ci sono aspettative di crescita economica e a rallentare in caso contrario. Tuttavia, nonostante la loro correlazione positiva a lungo termine, possono a volte divergere. Quindi, a chi dovremmo affidarci? Ai consumatori? Ai direttori degli acquisti? O sarebbe meglio affidarsi agli investitori, che sono quelli che spingono le azioni verso l’alto? Da queste considerazioni nasce l’esigenza di creare un indice che tenga conto di tutte queste variabili. Discutiamo l’indice osservando la figura seguente. Descrizione dell’indice. Grafico mensile L’indice si aggiorna su base mensile e oscilla attorno allo zero. Valori superiori a zero indicano un’espansione, mentre valori inferiori segnalano una contrazione, un po’ come l’interpretazione degli indici PMI che, al contrario, oscillano intorno a 50 punti. Durante la crisi del 2007-2009, l’indice ha toccato il suo minimo storico a -2.27 punti (nel novembre 2008), mentre il picco massimo è stato raggiunto a gennaio 2017 a 1.59 punti. Esso tende a mostrare picchi di ottimismo e pessimismo estremi intorno a 1.5 e -1.5 punti. A mio avviso, l’indice è interessante per la sua ciclicità: sale o scende, senza mai lateralizzare negli ultimi 16 anni. Questo sembra rappresentare le aspettative del ciclo economico attraverso gli occhi degli attori precedentemente menzionati. Nonostante possa sembrare ovvio, è importante sottolineare che, quando l’indice sale, gli attori economici hanno aspettative di crescita e gli investitori tendono ad essere propensi al rischio. Invece, quando l’indice rallenta, gli attori economici hanno aspettative di rallentamento e gli investitori tendono a mostrare avversione al rischio. Tuttavia, come menzionato in precedenza, ci sono momenti in cui le variabili dell’indice non convergono, il che può portare a divergenze in questo comportamento. Potreste chiedervi se le zone estreme possono essere interpretate come segnali di condizioni di ipercomprato o ipervenduto. La risposta sembra essere affermativa: l’indice tende ad anticipare queste condizioni, come mostrato nelle figure successive. L’indice anticipa la fine del bear market del biennio 2007-2009. Grafico mensile L’indice anticipa la fine del bear market del 2022. Grafico mensile L’indice anticipa le correzioni del 2010 e del 2011. Grafico mensile L’indice anticipa le correzioni del 2015 e del 2016. Grafico mensile La funzione leading dell’indice dal 2018 in poi. Grafico mensile L’indice, ad oggi, si trova a 0.78 punti, lontano dai minimi di giugno 2022 ma più vicino ai massimi di marzo 2021. L’Economic Sentiment Index ad oggi. Grafico mensile Potrebbe sorgere la domanda: ci sarà una recessione? Dall’osservazione del grafico precedente, non sembra. Al contrario, sembra che ci troviamo in una fase di piena espansione, dove la recessione non è prevista. Tuttavia, vedremo cosa riserverà il futuro. Purtroppo, non esistono indici infallibili. Ricordate: anche l’inversione della curva dei rendimenti era considerata quasi infallibile, ma finora non si è rivelata tale. Per concludere l’analisi, vorrei presentarvi il rapporto tra l’indice Economic Sentiment Index e il Composite Leading Indicator, rilasciato dall’OECD, nella prossima grafica. L’Economic Sentiment Index è anticipatore del Composite Leading Indicator. Grafico mensile L’Economic Sentiment Index si dimostra più volatile e reattivo rispetto al Composite Leading Indicator, tendendo a prevederne le variazioni. Questa differenza è probabilmente dovuta al fatto che i due indici sono costruiti in modo diverso. Ad esempio, il Composite Leading Indicator non attribuisce lo stesso peso ai prezzi delle azioni e delle obbligazioni. In particolare, quest’ultimo è composto dalle seguenti variabili: • Il numero di progetti di costruzione di abitazioni avviati in un determinato periodo • Il valore totale (in dollari statunitensi) degli ordini ricevuti per beni durevoli • I prezzi del NYSE composite • La fiducia dei consumatori • La fiducia nel settore manifatturiero • Lo spread tra i tassi di interesse Ritornerò a parlare di questo indice prossimamente, discutendo magari le implicazioni in ottica di investimento. A presto e buona giornata a tutti! Selezione editorialedi MatteoFarci6628
Prospettive dell'inflazione: Non ancora fuori dai guaiL'inflazione resta naturalmente l'argomento più sentito dai trader e dai responsabili politici. Mentre le pressioni sui prezzi continuano ad affievolirsi e la maggior parte delle economie sviluppate entra nell'"ultimo miglio" del ritorno dei prezzi all'obiettivo, ci si chiede se l'immacolata disinflazione vista finora possa continuare o se la bestia inflazionistica possa ancora avere un pungiglione nella coda. Prima di tutto, è importante riconoscere i progressi compiuti nel ripristinare un livello di stabilità dei prezzi. Dopo aver raggiunto un picco di circa il 10% nella seconda metà del 2022, il ciclo di inasprimento delle politiche più rapido degli ultimi quarant'anni, unito all'affievolirsi delle pressioni sui prezzi determinate dall'offerta a causa delle distorsioni dovute alla pandemia, ha visto le misure dei prezzi principali più che dimezzarsi nei 18 mesi successivi. Tuttavia, come si evince chiaramente dal grafico precedente, i progressi si sono in qualche modo arrestati nell'ultimo trimestre - più lungo negli Stati Uniti - con l'inflazione complessiva che ha iniziato a stabilizzarsi su livelli ancora elevati. Sebbene una parte consistente di questo risultato sia dovuta alla recente ripresa dei prezzi dell'energia, che ha permesso alle misure dei prezzi di base (al di fuori di cibo ed energia) di continuare a diminuire, la mancanza di ulteriori progressi disinflazionistici a livello di inflazione globale è destinata a destare sempre più preoccupazione con il passare del tempo. Prima di esaminare i rischi per le prospettive dell'inflazione, è fondamentale riconoscere che i progressi compiuti finora nel ripristinare la stabilità dei prezzi sono stati "immacolati", ossia non sono avvenuti - come molti, me compreso, si aspettavano - a costo di un brusco deterioramento della crescita economica o di un significativo allentamento dei mercati del lavoro globali. Infatti, è stato notevole come, durante la conferenza stampa della FOMC di gennaio, il presidente Powell abbia osservato che una crescita più forte non è più considerata un problema e che la Fed "non sta cercando un mercato del lavoro più debole". Questi commenti erano in netto contrasto con la precedente posizione di Powell e della FOMC, secondo cui sarebbe stato necessario un periodo di "crescita inferiore al trend" per portare l'inflazione verso l'obiettivo. Come per il precedente ciclo pre-covid, l'evidenza suggerisce che la curva di Phillips rimanga essenzialmente piatta. Ciononostante, le economie dei paesi industrializzati sono tutt'altro che "fuori pericolo" sul fronte dell'inflazione. Sebbene, come già discusso, gli indicatori dei prezzi principali abbiano compiuto progressi sostanziali verso l'obiettivo, è importante riconoscere che gran parte di questi progressi sono stati ottenuti grazie alla disinflazione dei beni, in quanto i prezzi dei servizi sono rimasti relativamente "appiccicati" a livelli elevati. Questo è vero per gli Stati Uniti. Ma è vero anche per l'inflazione nel Regno Unito. Ciò indica una dinamica interessante per i prossimi mesi. Con un’inerzia economica che non mostra segni di cedimento, in particolare negli Stati Uniti, e con un mercato del lavoro destinato a rimanere rigido, tutti i segnali indicano che la spesa dei consumatori rimarrà resistente. Tale resistenza dovrebbe mantenere la pressione al rialzo sui prezzi dei servizi, soprattutto se si considera che l'impatto ritardato della precedente stretta sembra meno dannoso di quanto si temesse, con i tassi ipotecari effettivi negli Stati Uniti che rimangono al di sotto del 4%, essendo aumentati di soli 50 pb durante il ciclo di rialzo. Allo stesso tempo, i rischi di una crescita dell'inflazione delle merci rimangono elevati, soprattutto a causa delle continue e crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente, che inducono numerose compagnie di navigazione a evitare il Mar Rosso, con il risultato di un viaggio sostanzialmente più lungo - e più costoso - intorno al Capo di Buona Speranza. Le tariffe di riferimento dei container dalla Cina all'Europa sono già quadruplicate dall'inizio dell'anno, un aumento dei prezzi che probabilmente si ripercuoterà lungo la catena del valore, mentre permangono dubbi sulla capacità delle imprese di assorbire questi costi. Le indagini ISM PMI di gennaio hanno ricordato che le pressioni sui prezzi rimangono nell'economia. Per il settore manifatturiero, l'indicatore dei prezzi pagati ha superato la soglia di 50 - che implica un aumento mensile - per la prima volta in nove mesi, mentre l'analogo indicatore dei servizi è salito a 64,0, il valore più alto in quasi un anno. La dinamica potenziale è tale che l'inflazione dei servizi rimanga appiccicosa, mentre l'inflazione dei beni si riaffaccia a causa dell'aumento dei costi di spedizione, esercitando così una significativa pressione al rialzo sull'inflazione complessiva. Naturalmente, è improbabile che tale dinamica abbia un impatto uguale su tutte le economie dei Paesi industrializzati, con l'Eurozona sostanzialmente più esposta di altre; tra l'altro, ciò pone un dilemma alla BCE, che è anche alle prese con un'economia tedesca sempre più malata e una crescita economica anemica. Più in generale, per i responsabili delle politiche, questi rischi di inflazione al rialzo indicano che il ciclo di allentamento inizierà più tardi di quanto i mercati prevedano attualmente, anche dopo il restrittivo riprezzamento registrato dall'inizio dell'anno. Ciò è dovuto al probabile desiderio di non peccare di cautela e di mantenere una politica restrittiva troppo a lungo, piuttosto che allentare prematuramente la presa. Questa mentalità sembra derivare da due fattori. In primo luogo, il perdurare delle cicatrici dovute all'esperienza di liquidare le pressioni sui prezzi come "transitorie" nel corso del 2021, e la conseguente erosione della credibilità causata una volta costretti a un rapido ciclo di inasprimento. E, in secondo luogo, il desiderio di evitare un ciclo di allentamento "stop-start", in cui diventa necessario mettere in pausa i tagli dei tassi per un certo periodo o, peggio ancora, inasprire nuovamente la politica a causa di una ripresa dell'inflazione. Per i mercati, tutto ciò indica che il restrittivo riprezzamento delle aspettative sui tassi continuerà, ponendo un rischio al ribasso per il reddito fisso, in particolare nei paesi - come gli Stati Uniti - in cui la crescita sta reggendo sostanzialmente meglio di quanto previsto dal consenso. Questa dinamica dovrebbe far sì che il rischio di rialzo del dollaro USA sia costantemente presente, in particolare nei confronti dei G10 in cui sono probabili tagli anticipati, vale a dire l'EUR, il CHF e il NZD.di Pepperstone1
MARKET MOVERS - 6° SETTIMANA ‘24 Financial Markets Background Parte una nuova settimana di contrattazione sui mercati finanziari non priva di appuntamenti macro economici oltre al consueto floor delle trimestrali USA che rimane ancora vivo di appuntamenti. La settimana vedrà la pubblicazione dei dati PMI service USA che nelle ultime rilevazioni sembrano aver ceduto nuovamente il passo al mondo del manifatturiero, non di meno i dati restano un punto focale per la FED che trova ancora una robusta economia a sostenere le sue politiche monetarie aggressive. Rimanendo sul tema delle banche centrlai, questa serà la settimana della RBA, la banca centrale australiana che è chiamata alle decisioni di politica monetaria dopo che i dati sull’inflazione hanno piacevolmente stupito con forti rallentamenti dei prezzi. Giovedi sarà poi il turno dell’inflazione in Cina,che pur rimanendo ben al di sotto di quelle che erano le aspettative di questo anno potrebbe riservare nei prossimi mesi interessanti evoluzioni se il piano di immissione di liquidità e sostegno all’economia deciso dalla PBOC dovesse diventare realtà. La settimana di concluderà con la disoccupazione in Canada attesa , come in America, ad un primo segnale di sofferenza che possa in qualche modo spingere la BOC a rivedere le sue posizioni. Sul fondo di questi dati prosegue la stagione delle trimestrali USA che trova in calendario per questa settimana titoli come Pepsico e McDonald’s, senza contare ancora Alibaba e Disney, insomma una settimana ancora ricca di appuntamenti. Passiamo ora in rassegna quali i principali market movers della prossima settimana: Lunedi 5 Febbraio - ORE 16.00 ISM SERVICE PMI (USA) Dopo i brillanti dati del comparto manifatturiero della scorsa settimana , si pone ora attenzione ai dati sui services attesi ad una nuova conferma di economia in piena espansione. Le attese sono di un passaggio dal +50.6 del mese scorso ad un brillante +52 che sancirebbe la fase di piena forza dell’economia USA ponendo ancora un veto sulla possibilità che la FED proceda al primo taglio dei tassi nel prossimo Marzo. Martedì 06 Febbraio - ORE 04.30 RBA INTEREST RATE DECISION La banca centrale australiana chiamata alla decisione di politica monetaria, che ricordiamo dove ora tener conto della brusca frenata dell’inflazione. I dati dell’ultima rilevazione hanno mostrato un headline passare da +5.4 al +4.1%, dato che aggiunto al forte rallentamento dell’economia asiatica pone le basi per una RBA dai toni dovish. Mercoledì 07Febbraio - ORE 14.30 BALANCE OF TRADE (CAD) Continuano I dati sulle bilance commerciali mondiali, dopo positivi visti in Germania che si attestano ad un +22.2B, si leggono ora i dati Canadesi, attesi questa volta ad un rallentamento con un surplus di 1.1Bc$ allineando cosi le aspettative ai deludenti dati degli ultimi 4 mesi, che pur rimanendo in un positivo surplus è rimasto sempre sotto le attese deludendo gli operatori che speravano in un dicembre ricco per le esportazioni canadesi Giovedì 08 Febbraio - ORE 02.30 INFLATION RATE YoY (CHINA) Occhi puntati sulla Cina, dopo che la crisi immobiliare ed il crollo del maggiore listino azionario del paese hanno convito la PBoC ad intervenire pianificando un’azione da 278Mld. La forte immissione di liquidità ed il sostegno che si prospetta all’orizzonte dell’economia cinese spinge il FMI a dare un outlook positivo per il prossimo 2024-2025 . Si osserva ora l’infalzione che nei prossimi mesi potrebbe trovare un boost rialzista , ma per ora le attese nel breve sono modeste e si passa da un -0.3% del mese di gennaio ad un -0.5% lasciando di fatto il paese in piena deflazione. Venerdì 09 Febbraio - ORE 14.30 UNENPLOYMENT RATE (CAD) Si conclude la settimana con la disoccupazione canadese che pur rimanendo non lontano dai minimi di 5.0% del mese di aprile 2023, si attesta ora ad un +5.8% a gennaio 2024 e le attese si spostano per un +5.9% ancora a garantire che le politiche monetarie della Boc stiano rallentando l’economia ed il mercato del lavoro. Un dato che possa mostrare un rallentamento del mercato del lavoro Canadese sarebbe un tassello importante per la Boc su potenziali decisioni dovish future. Buon Trading Salvatore Bilotta Selezione editorialedi SalvatoreBilotta6
Attenzione a questo indicatore anticipatore!Buongiorno a tutti. Oggi l’analisi sarà “lagging” poiché tratteremo un dato macroeconomico specifico, ovvero un sottoindice dell’ISM sui servizi americani, rilasciato il 5 gennaio: la variabile occupazione. L’obiettivo è quello di commentare l’ultimo dato rilasciato, spiegare perché è importante e discutere alcune delle relative implicazioni. Buona lettura. 1. L’ISM SUI SERVIZI E DIVERSE VARIABILI L’Institute for Supply Management è indubbiamente una delle organizzazioni più riconosciute negli Stati Uniti, poiché pubblica due dati macroeconomici significativi. Questi dati, considerati indicatori anticipatori nel ciclo economico, sono il PMI manifatturiero e quello dei servizi, che valutano la forza dei rispettivi settori. Questi indicatori sono illustrati nella figura successiva. I due PMI statunitensi rilasciati dall’ISM. Grafico mensile I due dati macroeconomici sono considerati indicatori anticipatori del ciclo economico, e per capire il motivo, partiamo dalla definizione di PMI, l’Indice dei Direttori degli Acquisti. Questi professionisti gestiscono l’acquisto di materiali e servizi necessari per le loro aziende. Le loro decisioni non solo rispondono alla domanda attuale, ma possono anche prevedere le tendenze future dell’economia. Essendo molto vicini all’economia reale, sono tra i primi a percepire i cambiamenti nelle condizioni di mercato, come la domanda dei clienti o le variazioni dei prezzi. Ad esempio, se notano un calo della domanda, potrebbero ridurre gli ordini di materie prime o componenti e tagliare la produzione. Questo avrebbe un impatto negativo sulla produzione industriale e, di conseguenza, potrebbe influenzare l’andamento dell’economia. Quindi, le decisioni di acquisto dei responsabili degli acquisti possono effettivamente contribuire a modellare il corso dell’economia. Esiste un approccio per comprendere le opinioni dei responsabili degli acquisti riguardo l’economia: è necessario analizzare tutte le variabili del sondaggio a cui partecipano, come illustrato nelle due figure seguenti relative ai servizi. Le variabili attività economica, occupazione, nuovi ordini e tempi di consegna dei fornitori. Le variabili prezzi, scorte, ordini inevasi, nuovi ordini di esportazione, importazioni e sentiment dell’inventario. Il PMI dei servizi è costruito attraverso la media delle prime quattro variabili, cioè attività economica, occupazione, nuovi ordini e tempi di consegna dei fornitori. Analizzare le tendenze di tutte le variabili ci permette di ottenere una visione chiara della loro percezione dell’economia. Per esemplificare: • Se la variabile “nuovi ordini” inizia a rallentare, ciò indica che i responsabili degli acquisti stanno segnalando un calo della domanda Focalizziamoci sulla figura successiva: la variabile “occupazione” nel settore dei servizi. La variabile “occupazione” ha registrato una forte contrazione a dicembre 2023. Grafico mensile Essa ha mostrato una significativa contrazione nell’ultima lettura, passando da 50.7 punti nel novembre 2023 a 43.3 punti nel mese successivo, rompendo al ribasso la soglia critica di 50 punti che distingue l’espansione (valori superiori a 50) dalla contrazione (valori inferiori a 50). Ora, diamo un’occhiata all’andamento storico di questa variabile nella figura seguente. Andamento storico della variabile “occupazione” nel settore dei servizi. Grafico mensile Non si registravano valori così bassi dalla pandemia nel 2020 e dalla la crisi immobiliare del 2007-2009. Attualmente, il valore è addirittura inferiore a quello registrato durante la recessione del 2001. Secondo l’ultimo report dell’ISM, a dicembre si è registrato un aumento dell’occupazione in sette settori: • Agricoltura, silvicoltura, pesca e caccia • Costruzioni • Servizi di alloggio e ristorazione • Assistenza sanitaria e assistenza sociale • Servizi professionali, scientifici e tecnici • Utilità • Pubblica Amministrazione Al contrario, otto settori hanno segnalato una diminuzione dell’occupazione nello stesso periodo: • Immobiliare, noleggio e leasing • Commercio al dettaglio • Informazione • Gestione delle aziende e servizi di supporto • Finanza e assicurazioni • Commercio all’ingrosso • Servizi educativi • Trasporti e magazzinaggio Un altro aspetto interessante evidenziato nello stesso report è che l’aumento dei licenziamenti è dovuto al clima di incertezza economica e alla diminuzione della domanda da parte dei clienti. Infatti, come illustrato nella figura successiva, i nuovi ordini, che sono positivamente correlati alla variabile occupazionale, mostrano segni di rallentamento da ottobre del 2021. La correlazione positiva tra le variabili “occupazione” e “nuovi ordini” dell’ISM non manifatturiero. Grafico mensile Pertanto, considerando tutti i fattori discussi, sarà importante monitorare attentamente la variabile (la prossima lettura sarà il 5 febbraio). Da non dimenticare due aspetti fondamentali: • Negli Stati Uniti, una consistente porzione della forza lavoro è impiegata nel settore dei servizi, il quale contribuisce in modo significativo al Prodotto Interno Lordo • La variabile “occupazione” tende ad anticipare il tasso di disoccupazione, dato macroeconomico lagging, come mostra la figura successiva La variabile “occupazione” dell’ISM non manifatturiero tende ad anticipare il tasso di disoccupazione. Grafico mensile Non c’è motivo di preoccuparsi, l’analisi aveva semplicemente lo scopo di fornire un aggiornamento, seppur con un po’ di ritardo. Tuttavia, è fondamentale non trascurare la variabile occupazione dell’ISM manifatturiero (mostrata nella figura successiva). La variabile “occupazione” dell’ISM manifatturiero ha registrato un miglioramento a dicembre 2023, a 48.1 punti. Grafico mensile Nonostante si trovi in una fase di contrazione, con un punteggio di 48.1, ha mostrato un miglioramento a dicembre rispetto al punteggio di novembre, che era di 45.8. Se notassi un deterioramento più pronunciato nel settore manifatturiero, accompagnato da un continuo deterioramento nel settore dei servizi, personalmente inizierei a…riflettere. A presto! Selezione editorialedi MatteoFarci16
Studio macroeconomico BTC, tassi d'interesse USA, RRAOWe are seeing a major reduction in Reverse Repurchase Agreement Operations in a situation where interest rates are stabilizing ( in a maximum position?). Interesting to note how the fed on the one hand raises interest rates (increasing the cost of debt). But at the same time it reduces the supply of government bonds, which might suggest the fed's implicit desire to divert liquidity in financial markets so as to maintain a balance. This still allows firms to find financing in the capital markets despite the high cost of debt reference: www.newyorkfed.org di TheBlock980
Dot Plot e Tassi: La Settimana Cruciale delle Finanze GlobaliSettimana importantissima per quanto riguarda le politiche monetarie di tutti i più grandi paesi. Sono completamente cambiate le aspettative sulle politiche monetarie. Secondo gli analisti e le proiezioni non ci saranno aumenti dei tassi ma saranno fondamentali le dichiarazioni dei governatori delle varie banche centrali. Inoltre la Federal Reserve pubblicherà le nuove proiezioni economiche(dot plot). I principali treasury americani hanno avuto una correzione di circa il 10% rispetto al picco del 27 luglio quando una narrativa più aggressiva della FED ha spinto i rendimenti obbligazionari ai massimi dal 2008 esercitando una forte pressione al ribasso sull'azionario. Durante l'ultimo mese e mezzo però il tono di Powell si è ammorbidito notevolmente e stando ai dati, non gli si può dar torto L'inflazione ha ripreso il suo percorso discendente sia nella componente generale (3,2% ad ottobre dal 3,7% di settembre) che in quella «core» (4% dal 4,1%) nonostante la vischiosità dell'inflazione degli affitti, senza la quale Bloomberg stima che il CPI core avrebbe già raggiunto l'obiettivo della FED del 2%. Insomma con il PIL che ha retto molto meglio delle attese, il mercato del lavoro in moderazione, i tassi di rendimento obbligazionari lontani dai massimi di periodo, gli utili societari tornati a crescere dopo 3 trimestri in rosso. L’ultimo dato che manca per avere una panoramica generale per analizzare meglio cosa succederà mercoledì è il dato inerente all’inflazione. Ma com’è uscito? In effetti il dato di oggi non si è rivelato quel dato shock che in molti si aspettavano con l'inflazione generale in linea con le aspettative al 3,1% e l'inflazione «core» stabile per il 2° mese consecutivo al 4% a causa della oramai rinomata vischiosità dei prezzi degli alloggi che a novembre sono saliti dello 0,4% VS il +0,3% del mese precedente. Dal nostro punto di vista, il dato di oggi è molto più positivo che negativo in quanto ha dissipato un po' di entusiasmo circa le aspettative sui futuri tagli dei tassi e renderà meno «traumatica» la narrativa prudente di Powell nella Conferenza post meeting del FOMC di domani dal quale continuiamo ad attenderci un miglioramento nelle proiezioni su PIL, PCE e FED FUND RATE nel 2024. Ma perché i dati inerenti all’inflazione sono molto più positivi che negativi? Lo possiamo notare da come gli investitori, nonostante dati sull'inflazione di novembre misti, mantengono un sentiment positivo sull'azionario, con i principali indici in leggero rialzo. Sorprendentemente, le obbligazioni, inizialmente colpite, hanno iniziato a recuperare terreno con diminuzione dei rendimenti su tutte le scadenze nelle ultime ore. Le persone hanno un ottica abbastanza negativa sull’economia americana ma le cose stanno andando molto meglio del previsto. Tutti si stanno concentrando sul dato inerente all’inflazione in linea e agli NFP a rialzo(rialzo dovuto a circa 44.000 lavoratori rientrati a lavoro dopo lo sciopero del settore automobilistico,sennò il dato era in linea con le attese). Nel passato quando c’è stato sia un’accelerazione della disoccupazione e un crollo dei consumi e quindi dei prezzi la FED ha sempre fatto dietrofront sui tassi d’interesse. Questa situazione è molto simile al soft landing del ‘95 con tassi che si ristabiliscano al calare dell’inflazione. Apriamo ora una breve parentesi sulla Bank of Japan. Attualmente, resta l'unica banca centrale con tassi d'interesse negativi, nonostante un'inflazione superiore al 3% e un gravoso debito pubblico. Al contempo, gestisce il tasso a breve termine e ha imposto un limite per il debito a 10 anni, mantenendo una politica monetaria espansiva, ma con un occhio attento all'inflazione in crescita. Dopo anni di politica monetaria accomodante, sorge la domanda: seguirà la Bank of Japan l'aggressività di FED e BCE? Un possibile aumento dei tassi potrebbe spingere gli investitori giapponesi a privilegiare i rendimenti nazionali, dismettendo quelli esteri e potenzialmente innescando un'onda di cambiamenti a livello internazionale, specialmente sui treasury. La prospettiva si orienta verso posizioni short swing su USDJPY, anticipando variazioni significative nelle politiche monetarie nei prossimi mesi. Parallelamente, confermiamo la nostra strategia di posizioni long sui principali indici americani, puntando a sfruttare un promettente rally natalizio e mirando a nuovi massimi storici, come previsto nelle analisi precedenti.di NFAinvestment3
Ma quale QT?!la liquidità netta calcolata sottraendo al bilancio della fed , il c/c di tesoreria e la'mmontre dei reverse repo repurchase agreement risulta sempre il principale driver dei mercatidi REDJAY1
UN DATO ANTICIPATORE CHE OGNI INVESTITORE DOVREBBE MONITORAREBuongiorno a tutti! L’analisi di oggi si concentra su un particolare indicatore macroeconomico che ha la capacità di prevedere le tendenze future, un elemento chiave che ogni investitore dovrebbe tenere d’occhio. 1. LE ASPETTATIVE DI INFLAZIONE DEI CONSUMATORI Venerdì 8 dicembre è stata una giornata significativa poiché sono stati rilasciati due dati macroeconomici cruciali: le buste paga del settore non agricolo (NFP) e il tasso di disoccupazione. Ecco i dettagli: • Le buste paga del settore non agricolo (NFP) hanno registrato un valore di 199K, superando le aspettative di 188K e mostrando un incremento rispetto alla precedente lettura di 150K • Il tasso di disoccupazione si è attestato al 3.7%, inferiore sia alle aspettative del 3.9% che alla precedente lettura, anch’essa del 3.9% Tuttavia, questi non sono stati gli unici dati rilevanti della giornata. Un altro dato di rilievo è stato l’indice di fiducia dei consumatori, rilasciato dall’Università del Michigan, che ha mostrato un aumento a 69.4 punti, in netto miglioramento rispetto ai 61.3 punti della precedente rilevazione. Infine, un sottoindice del dato sulla fiducia dei consumatori, sempre rilasciato dall’Università del Michigan, ha suscitato particolare interesse: si tratta delle aspettative di inflazione dei consumatori per l’anno a venire. Questo dato, illustrato nella figura successiva, sarà il protagonista dell’analisi di oggi. Le aspettative di inflazione dei consumatori. Grafico mensile Si può notare un cambiamento significativo nelle aspettative dei consumatori riguardo all’inflazione. In dettaglio: • La rilevazione di novembre indicava un tasso di inflazione previsto del +4.5% • L’ultima rilevazione ha segnato un tasso del +3.1%, un livello che non si registrava da marzo 2021 Le aspettative di inflazione sono state sicuramente influenzate dalla recente diminuzione dei prezzi della benzina. Come si può vedere nel grafico successivo, dal picco raggiunto l’11 agosto 2023, il prezzo di questa risorsa energetica ha registrato un calo di oltre 30 punti percentuali, scendendo a 2.04$. Il recente crollo dei prezzi della benzina; importanti la resistenza a 2.32$ e il supporto 2.02$. Grafico giornaliero La correlazione tra i prezzi della benzina e le aspettative di inflazione dei consumatori è evidenziata nel grafico seguente. Questo dimostra come le variazioni nel costo della benzina possano avere un impatto diretto sulle previsioni inflazionistiche. La correlazione positiva tra prezzi della benzina e aspettative di inflazione a un anno. Grafico mensile 2. LE ASPETTATIVE DI INFLAZIONE DEI CONSUMATORI SONO UN LEADING INDICATOR Potreste chiedervi perché ho condiviso questo specifico dato macroeconomico, derivante da un sondaggio. La ragione è semplice: esso funge da indicatore anticipatore. In particolare, come dimostrano le prossime tre figure, le aspettative di inflazione a un anno tendono a prevedere il tasso di inflazione, calcolato su base mensile rispetto all’anno precedente. Le aspettative di inflazione dei consumatori hanno anticipato l’indice dei prezzi al consumo a/a negli anni ’80. Grafico mensile Le aspettative di inflazione dei consumatori hanno anticipato l’indice dei prezzi al consumo a/a negli anni 2000. Grafico mensile Le aspettative di inflazione dei consumatori hanno anticipato l’ultimo picco dell’indice dei prezzi al consumo a/a nel 2022. Grafico mensile Analizzando un periodo storico più esteso, si può notare una forte correlazione positiva tra le aspettative di inflazione dei consumatori e il tasso di inflazione effettivo rilevato. Questo suggerisce che le previsioni dei consumatori tendono ad essere un indicatore affidabile dell’inflazione futura. La correlazione positiva tra aspettative di inflazione dei consumatori e tasso di inflazione anno/anno. Grafico mensile 3. ASPETTATIVE DI INFLAZIONE DEI CONSUMATORI, FEDERAL RESERVE E…OBBLIGAZIONI Data la capacità predittiva delle aspettative di inflazione dei consumatori, è naturale chiedersi se queste possano influenzare le decisioni di politica monetaria della Federal Reserve; la risposta è affermativa. Infatti, uno degli obiettivi della Federal Reserve è proprio la stabilità dei prezzi. Le aspettative di inflazione sono attentamente monitorate perché possono influenzare le spese correnti dei consumatori. Ecco perché: • Se ci attende un’inflazione del +10% per l’anno prossimo, è plausibile che i consumatori aumenteranno la loro domanda e quindi le spese per acquistare prodotti che probabilmente costeranno di più l’anno successivo • Al contrario, se si prevede un’inflazione del +0.5%, è probabile che i consumatori posticiperanno alcune spese che costeranno meno l’anno seguente Nel primo scenario, un aumento delle aspettative di inflazione porterà ad un aumento del tasso di inflazione effettivo a causa dell’aumento della domanda di beni e servizi. Nel secondo scenario, ci sarà una diminuzione, che potrebbe essere uno dei fattori scatenanti di una deflazione. Ecco perché un calo così significativo delle aspettative di inflazione, al 3.1%, deve essere attentamente monitorato. C’è, tuttavia, un altro motivo importante: le aspettative dei consumatori possono influenzare direttamente le decisioni di investimento degli investitori. Facciamo un esempio: come illustrato nel grafico seguente, esiste una correlazione positiva tra le aspettative di inflazione e l’indice TIP/IEF. La correlazione positiva tra TIP/IEF e aspettative di inflazione dei consumatori. Grafico mensile • Quando le aspettative di inflazione crescono, le obbligazioni indicizzate all’indice dei prezzi al consumo (ETF TIP) tendono a sovraperformare quelle non indicizzate con una duration simile (ETF IEF) • Al contrario, quando le aspettative di inflazione calano, è l’ETF IEF a sovraperformare l’ETF TIP Questo fenomeno non è casuale, ma un riflesso delle dinamiche del mercato. Spero che queste informazioni vi offrano nuovi spunti di riflessione. Ricordate, tuttavia, che questo “indicatore anticipatore” che ho presentato oggi non è infallibile. Non dovreste aspettarvi che ogni sua lettura anticipi ogni variazione successiva dell’indice dei prezzi al consumo. Un’altra insidia che presenta è la sua volatilità, che è notevolmente superiore rispetto al tasso di inflazione tradizionale. Alla prossima! Selezione editorialedi MatteoFarci6622
L’Indice Economico: Prospettive Incerte e Segnali di RecessioneIl Leading Economic Index (LEI) fornisce una prospettiva avvincente sui punti cruciali del ciclo economico e sul futuro a breve termine dell'economia. A ottobre 2023, il LEI degli Stati Uniti ha registrato una significativa contrazione dell'0,8%, lanciando l'allarme di un'imminente recessione. La Senior Manager della Conference Board attribuisce questo calo a aspettative negative dei consumatori, ordini industriali in ribasso, un crollo in borsa e condizioni creditizie più restrittive. Nonostante un breve rallentamento a settembre, il LEI ha ripreso a indicare una recessione imminente. La previsione? Una breve contrazione economica guidata da inflazione elevata, tassi d'interesse elevati e riduzione della spesa dei consumatori. Il Coincident Economic Index (CEI) è rimasto saldo a ottobre, evidenziando un modesto incremento nell'ultimo semestre. Tra i componenti, l'occupazione e il reddito personale hanno svolto un ruolo chiave, suggerendo una resilienza nell'economia attuale. Il Lagging Economic Index (LAG) ha mostrato un modesto miglioramento a ottobre 2023, segnando un possibile punto di svolta nella crescita annuale del LEI. L'analisi si avvale del "3D’s rule" per anticipare recessioni, esaminando durata, profondità e diffusione della contrazione. La diffusione, misurata attraverso un indice, indica la recessione quando scende sotto il 50. La previsione si basa su aspetti come occupazione, ordini industriali, mercato azionario e condizioni di credito. La Conference Board, utilizzando dieci componenti per costruire il Leading Economic Index, ha notato un cambio nelle aspettative sull'economia americana, evidenziando uno "sbilanciamento" con una crescita annuale del PIL dell'0,8%. Passando alle banche centrali, la leva dei tassi è al centro del palcoscenico, decidendo fino a quando danneggiare la domanda. Negli USA, carte revolving al 22%, mutui al 7,5%, risparmi minimi e le piccole imprese finanziate al 10% secondo l'indice Russel 2000, che stagna rispetto agli altri indici(+ 0% da inizio anno). La FED crea le condizioni per un forte rallentamento economico e un possibile hard landing, nonostante i dati puntino a un soft landing. La recessione, così ampiamente prevista, ha tardato ad arrivare grazie a un audace deficit fiscale dell'8% da parte dell'amministrazione americana, stimolando l'economia e rendendola sorprendentemente resiliente. Nel 2024, i catalizzatori chiave saranno la politica fiscale americana, influenzata dalle elezioni, e le mosse della Fed nella politica monetaria. Questi elementi delineeranno se ci dirigiamo verso un hard o soft landing, nonostante tutti i dati e i mercati suggeriscano quest'ultima ipotesi. Infine, l'oro, come rifugio contro l'inflazione, sfida le aspettative. Valutato oltre i 2.000, il suo valore, nonostante l'assenza di dividendi, si eleva grazie alla sua unicità in scenari disinflazionistici macroeconomici.Selezione editorialedi NFAinvestment16
LA PIU' GRANDE CRISI IMMOBILIARE?🔄 Il settore #immobiliare è noto per la sua 𝗰𝗶𝗰𝗹𝗶𝗰𝗶𝘁𝗮̀, che è influenzata da vari fattori, tra cui l'economia generale, i tassi di interesse e la domanda del mercato. ❌ Oggi 21 Novembre è uscito il dato sulla 𝘃𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗮𝗯𝗶𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗲𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗻𝘁𝗶 negli USA, che è inferiore rispetto al precedente e persino sotto le attese degli analisti. Come anticipato prima, i #tassi di interesse stabiliti dalle banche centrali influenzano molto il settore immobiliare. In effetti #mutui troppo costosi 𝗿𝗮𝗹𝗹𝗲𝗻𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗿𝗮𝘃𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗶 𝗮𝗯𝗶𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶. Di seguito schematizza il 𝗰𝗶𝗰𝗹𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗶𝗺𝗺𝗼𝗯𝗶𝗹𝗶𝗮𝗿𝗲 influenzato dai tassi: 🔸𝗧𝗮𝘀𝘀𝗶 𝗯𝗮𝘀𝘀𝗶 --> crescita delle vendite 🔸𝗧𝗮𝘀𝘀𝗶 𝗶𝗻 𝗮𝘂𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 --> crescita delle vendite (la domanda supera l'offerta) (Inflazione) 🔸𝗧𝗮𝘀𝘀𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗶 --> Picco della crescita delle vendite 🔸𝗧𝗮𝘀𝘀𝗶 𝗶𝗻 𝗱𝗶𝗺𝗶𝗻𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 --> calo delle vendite 🔸𝗧𝗮𝘀𝘀𝗶 𝗯𝗮𝘀𝘀𝗶 --> nuovo stimolo per una ripresa della crescita Inizialmente ho analizzato semplicemente il grafico delle vendite immobiliari, e ciò che mi ha spinto a fare un analisi inter-market è stata la 𝗿𝗲𝗽𝗲𝗻𝘁𝗶𝗻𝗮 𝗱𝗶𝘀𝗰𝗲𝘀𝗮 delle vendite nell'ultimo periodo. 💡 Affiancando il grafico che riassume l'andamento dei tassi FED, ho notato che la contrazione delle vendite immobiliari sono 𝗮𝗰𝗰𝗼𝗺𝗽𝗮𝗴𝗻𝗮𝘁𝗲 𝗱𝗮𝗶 𝘁𝗮𝗴𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗶 𝘁𝗮𝘀𝘀𝗶 𝗱'𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗲𝘀𝘀𝗲 dopo circa 550 giorni dal picco delle vendite e dopo un esigua discesa di quest'ultime. 🔍 Diversamente, 𝗼𝗴𝗴𝗶 notiamo come nonostante ci sia stato un calo importante e vertiginoso delle vendite, e siano passati ben 1030 giorni dal picco di quest'ultime, i tassi non accennano ad abbassare, anzi si parla di mantenerli alti per un bel po'. 𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘪𝘵𝘶𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘱𝘶𝘰̀ 𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘦𝘵𝘦𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘦𝘳 𝘪𝘭 𝘴𝘦𝘵𝘵𝘰𝘳𝘦 𝘪𝘮𝘮𝘰𝘣𝘪𝘭𝘪𝘢𝘳𝘦 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦́ 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘳𝘢𝘳𝘳𝘦𝘣𝘣𝘦 𝘶𝘭𝘵𝘦𝘳𝘪𝘰𝘳𝘮𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘭𝘦 𝘷𝘦𝘯𝘥𝘪𝘵𝘦 𝘦 𝘥𝘪 𝘤𝘰𝘯𝘴𝘦𝘨𝘶𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘦𝘳𝘦𝘣𝘣𝘦 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘨𝘪𝘶̀ 𝘪 𝘱𝘳𝘦𝘻𝘻𝘪 𝘥𝘦𝘨𝘭𝘪 𝘪𝘮𝘮𝘰𝘣𝘪𝘭𝘪. Diversamente la FED dovrebbe accelerare il taglio dei tassi per stimolare il settore, ma dubito che questo avvenga perché l'obiettivo principale della Federal Reserve è contenere l'inflazione al 2%. 🎙 E tu cosa ne pensi della situazione? di Orazio_Curiazio0
Lezione dagli anni '80: Inflazione, Tassi e Banche CentraliECONOMICS:USINTR ECONOMICS:USIRYY Negli ultimi tempi, siamo stati testimoni di una crescente preoccupazione riguardo all'ascesa dell'inflazione. Ma c'è una differenza significativa tra questa ondata inflazionistica e quella del 1973 che è degna di discussione. La chiave di questa distinzione è il modo in cui le banche centrali stanno reagendo alle pressioni inflazionistiche. Negli anni '70, l'inflazione raggiunse livelli preoccupanti, causando una crescente preoccupazione tra gli economisti e i decisori politici. La Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, reagì abbassando i tassi d'interesse in modo tempestivo. Ma cosa successe dopo? Sorprendentemente, l'inflazione dopo essere diminuita, tornò più forte di prima. Oggi, ci troviamo di fronte a un'altra ondata inflazionistica, per molti simile a quella degli anni '80, ma il comportamento delle banche centrali è notevolmente diverso. Nonostante l'inflazione sia in calo, molte banche centrali, inclusa la Federal Reserve, hanno scelto di mantenere i tassi d'interesse a livelli più alti per un periodo più lungo. Questa strategia sembra controintuitiva, ma c'è una spiegazione dietro questa decisione. L'approccio delle banche centrali attuali riflette una lezione appresa dalla storia. Nel 1973, l'abbassamento tempestivo dei tassi d'interesse non solo non riuscì a salvare l'economia da una recessione, ma alimentò ulteriormente la spirale inflazionistica. Questa volta, le banche centrali sono più caute e preferiscono aspettare prima di agire drasticamente. Mantenere i tassi d'interesse elevati per un periodo più lungo potrebbe contribuire a contenere l'inflazione in modo più efficace, anche se potrebbe comportare sacrifici temporanei in termini di crescita economica. Tuttavia, è importante notare che questa strategia non è priva di rischi. L'alto costo del denaro potrebbe avere effetti negativi sull'accesso al credito e sull'andamento dei mercati finanziari, scatenando una recessione profonda. Inoltre, è fondamentale che le banche centrali rimangano flessibili e pronte a modificare la loro politica se la situazione lo richiede. In conclusione, la differenza chiave tra l'inflazione del 1973 e quella attuale sta nella risposta delle banche centrali. Imparando dagli errori del passato, le banche centrali stanno adottando una strategia più cauta per affrontare l'attuale ondata inflazionistica. Resta da vedere se questa lezione appresa dalla storia darà i risultati sperati, ma è un aspetto che merita sicuramente attenzione e discussione. Grazie della lettura! Orazio Curiazio CFA di Orazio_Curiazio2
Un grafico per ANTICIPARE le future mosse della Federal ReserveBuongiorno a tutti. Questa analisi ha l’obiettivo di esaminare le recenti decisioni di politica monetaria della Federal Reserve e di sviluppare un indice di forza che possa prevedere le future strategie monetarie. Ci stiamo avvicinando a un taglio dei tassi di interesse? Buona lettura! 1. TASSI DI INTERESSE INVARIATI E PAROLE DI POWELL Come previsto, per il secondo incontro consecutivo, la Federal Reserve ha deciso di mantenere inalterati i tassi di interesse, che rimangono nell’intervallo tra i 525 e i 550 punti base. Tassi di interesse invariati Il comunicato stampa rilasciato in seguito all’annuncio del dato può essere visualizzato nella figura successiva. Il comunicato stampa Non ci sono molte novità da segnalare, in quanto le dichiarazioni rilasciate sono molto simili a quelle precedenti. • L’inflazione rimane elevata • Il tasso di disoccupazione rimane basso • Il sistema bancario statunitense è solido e resiliente • Condizioni finanziarie e creditizie più restrittive per le famiglie e imprese probabilmente peseranno sull’attività economica • La portata di questi effetti rimane incerta Tuttavia, l’elemento che realmente influenza il mercato non è tanto l’annuncio del dato, quanto le dichiarazioni rilasciate dal presidente Jerome Powell trenta minuti dopo. Ecco alcune delle sue osservazioni più significative: • “Il processo per portare l’inflazione in modo sostenibile al 2% ha una lunga strada da percorrere” • “Non abbiamo preso alcuna decisione sugli incontri futuri” • “Non stiamo parlando di tagli dei tassi” • “L’idea che sarebbe difficile aumentare nuovamente i tassi dopo esserci fermati per un incontro o due non è corretta” • “Credo ancora, e la maggior parte dei miei colleghi crede ancora, che probabilmente avremo bisogno di vedere una crescita economica più lenta e un certo indebolimento nel mercato del lavoro per ripristinare completamente la stabilità dei prezzi” In seguito, approfondiremo questa ultima osservazione, cercando di visualizzarla in un grafico per cercare di ottenere un vantaggio competitivo. Ma per il momento, chiediamoci quale sia stata la reazione del mercato a questa notizia. 2. LA REAZIONE DEI DIVERSI ASSET FINANZIARI Ora esaminiamo la reazione dei vari asset finanziari, osservando dei grafici a 5 minuti dalle 19:00 alle 20:30. Il rendimento del titolo di stato a 2 anni, che è fortemente influenzato dalle aspettative di politica monetaria, ha registrato un calo dell’1.92%. Questo suggerisce un acquisto di questi bond governativi a breve termine, considerando la relazione inversa tra prezzo e rendimento delle obbligazioni. La performance del rendimento del titolo di stato a 2 anni. Grafico a 5 minuti Il rendimento del titolo di stato a 10 anni, che è più influenzato da fattori come il tasso di inflazione e la crescita economica, ha registrato un calo dell’1.22%. La performance del rendimento del titolo di stato a 10 anni. Grafico a 5 minuti Riferendoci al prezzo delle obbligazioni, un ETF come TLT (che include titoli di stato con scadenze superiori ai 20 anni) ha avuto una performance positiva del +0.61%. La performance di TLT. Grafico a 5 minuti Passando ai due benchmark azionari di riferimento, sia l’S&P500 (+0.82%) che il Nasdaq (+1.07%), più volatile del precedente, hanno avuto buone performance. La performance dell’S&P500. Grafico a 5 minuti La performance del Nasdaq. Grafico a 5 minuti Le dichiarazioni e le parole di Powell hanno stimolato una certa propensione al rischio nel mercato, come evidenziato dalle performance del VIX. La performance del VIX. Grafico a 5 minuti Il dollaro ha avuto una performance negativa (-0.28%), essendo fortemente influenzato dalla FED, mentre l’oro, legato alla dinamica dei tassi reali, ha avuto una performance leggermente positiva (+0.17%). La performance dell’indice del dollaro. Grafico a 5 minuti La performance dell’oro. Grafico a 5 minuti In sintesi, gli asset osservati hanno risposto in modo complessivamente positivo all’annuncio del dato e alle dichiarazioni successive. Tuttavia, non abbiamo osservato grandi rialzi o significative fluttuazioni, probabilmente perché Powell è apparso piuttosto ambiguo riguardo alle prossime riunioni. L’incertezza non è generalmente vista dai mercati come un catalizzatore positivo. 3. L’INDICE DA SEGUIRE PER CAPITARE LE FUTURE MOSSE: USCCI/USIJC La domanda principale alla quale i mercati vorrebbero vedere risposta è: “Quando saranno tagliati i tassi di interesse?” Come si può vedere nel grafico seguente, al momento si prevede che ciò avverrà nel secondo trimestre del 2024, precisamente a giugno. Aspettative tassi di interesse. Fonte: FedWatchTool Nelle sue dichiarazioni, sembra che Powell e i suoi colleghi non siano soddisfatti del processo di disinflazione in corso dal giugno 2022. Una dichiarazione particolarmente rilevante espressa durante la conferenza stampa è stata la seguente: • “Credo ancora, e la maggior parte dei miei colleghi crede ancora, che probabilmente avremo bisogno di vedere una crescita economica più lenta e un certo indebolimento nel mercato del lavoro per ripristinare completamente la stabilità dei prezzi” Questa affermazione suggerisce che la banca centrale inizierà a tagliare i tassi quando vedrà una crescita economica più lenta e un aumento del tasso di disoccupazione. Questo potrebbe essere plausibile, dato che la crescita economica è inversamente correlata al tasso di disoccupazione. Ad un aumento della disoccupazione dovrebbe corrispondere un minor reddito, un aumento dei risparmi personali e, di conseguenza, una minore spesa in beni e servizi e una riduzione del livello di inflazione. Ad una crescita economica corrisponde un basso tasso di disoccupazione. Grafico a 3 mesi È possibile creare un grafico che tenga conto delle parole di Powell? In altre parole, è possibile creare un indice che indichi dove sta andando l’economia e che, una volta raggiunta una certa soglia, potrebbe segnalare un possibile taglio dei tassi? La risposta è sì. Considerando che la FED dovrebbe (teoricamente) cercare di evitare una recessione economica (dato che uno dei suoi obiettivi è il pieno impiego), è plausibile pensare che agirà prima che ciò possa accadere. Pertanto, è necessario creare un indice che anticipi il ciclo economico. È quindi necessario creare un indice che anticipi il tasso di disoccupazione e la spesa dei consumatori: quello tra le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione e la fiducia dei consumatori. Il primo, come mostrano le quattro grafiche successive, tende ad anticipare il tasso di disoccupazione stesso. Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione anticipano il tasso di disoccupazione. Grafico settimanale Il consumer confidence può anticipare la spesa dei consumatori. Infatti, ai consumatori vengono poste domande riguardanti le spese future. L’indice di forza tra i due dati, come illustrato nel grafico successivo, mostra una correlazione positiva con la crescita economica. Considerando che l’indice si aggiorna mensilmente, mentre il PIL viene aggiornato trimestralmente, l’indice funge da indicatore anticipatore del ciclo economico. La correlazione positiva tra USCCI/USIJC e PIL anno/anno. Grafico a 3 mesi Analizziamo l’indice nella figura successiva: dopo il drastico calo del 2022, si nota un forte recupero che si è concluso a dicembre 2021, un mese prima dell’inizio del mercato ribassista. Sono stati registrati dei minimi relativi a giugno 2022 e, da quel mese, l’indice ha ripreso a salire, evidenziando la tanto discussa resilienza dell’economia. In sintesi, l’indice, ad oggi, mostra un andamento laterale. L’indice si trova all’interno di una lateralizzazione. Grafico mensile Questi non sono dati che indicano una contrazione economica. Come illustrato nel grafico successivo, l’indice si trova ben al di sopra della soglia rossa tracciata a partire dai minimi dell’indice durante la recessione del 1970. Sembra quasi che ci sia ampio spazio per ulteriori cali. USCCI/USIJC e recessioni statunitensi. Grafico mensile Per vedere un ritorno alla stabilità dei prezzi, la FED potrebbe dover osservare un significativo rallentamento economico. Sarà interessante monitorare l’andamento dell’indice USCCI/USIJC, che anticipa la spesa dei consumatori e il tasso di disoccupazione. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare altri indicatori economici chiave come i PMI, la produzione industriale e le vendite al dettaglio. Se l’indice dovesse salire, superando la resistenza del canale di lateralizzazione (con la fiducia dei consumatori a sovraperformare le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione), allora la FED avrebbe meno incentivi a tagliare i tassi di interesse. Questo perché una situazione del genere potrebbe generare un aumento dell’inflazione. Al contrario, se l’indice dovesse scendere, rompendo il supporto della lateralizzazione (con le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione a sovraperformare la fiducia dei consumatori), allora la FED potrebbe considerare un taglio dei tassi (perché una situazione del genere potrebbe accelerare il processo di disinflazione e una recessione). Vorrei sottolineare un punto: anche se in futuro l’indice dovesse rimanere stabile ai livelli attuali e l’inflazione dovesse diminuire, ciò non significa necessariamente che la FED non ridurrà i tassi di interesse. L’indice dovrebbe essere visto come un riferimento per cercare di prevedere alcune future dichiarazioni del FOMC. A presto, buon weekend! Selezione editorialedi MatteoFarci2215
Saranno i bond a svolgere il lavoro della Federal Reserve?Buongiorno a tutti. Nel biennio 2022-2023, la politica monetaria è stata il tema preponderante nei mercati finanziari. Nonostante la convinzione diffusa che l’inasprimento monetario abbia toccato il suo culmine, l’aumento dei rendimenti obbligazionari continueranno a “giocare sporco”, fornendo un sostegno a Jerome Powell. Ma cosa significa esattamente? Questa analisi mira a fare chiarezza su questo punto. Detto questo, vi auguro una piacevole lettura! 1. COME LE BANCHE CENTRALI CATALIZZANO L’INTENSITA’ DELL’ECONOMIA La banca centrale è senza dubbio il motore principale dell’intensità di un’economia, con l’obiettivo primario di mantenere stabili i prezzi, o in altre parole, di controllare il livello di inflazione. Ma come raggiunge questo obiettivo? Andiamo avanti passo dopo passo. Consideriamo due scenari: • Un’impresa agricola ha bisogno di denaro per acquistare un trattore per aumentare il suo raccolto • Alcuni consumatori hanno bisogno di denaro per acquistare una casa, una automobile e per partire in viaggio A chi si rivolgeranno per ottenere il capitale necessario? Come illustrato nella figura successiva, si rivolgeranno ad una banca commerciale. Questa fornirà liquidità sotto forma di prestiti e, come è noto, trarrà profitto da un tasso di interesse che applicherà sui prestiti concessi. A questo punto, l’impresa agricola acquisterà il trattore e aumenterà il raccolto, mentre i consumatori acquisteranno la casa, l’automobile e partiranno in viaggio. Il ruolo di una banca commerciale e gli interessi sui prestiti Esiste tuttavia una “banca” delle banche: si tratta della banca centrale, come la FED negli Stati Uniti o la BCE in Europa. Le banche “più piccole” solitamente prendono in prestito denaro dalle banche centrali per vari scopi, principalmente per avere risorse sufficienti per soddisfare le esigenze dei loro clienti e per garantire la stabilità del sistema bancario. Questi prestiti, che sono tipicamente a brevissimo termine, comportano un costo che corrisponde al tasso di interesse applicato dalla banca centrale, noto come “tasso di sconto”. La banca centrale e il tasso di sconto È proprio attraverso il tasso di sconto che la banca centrale controlla l’intensità economica. Per comprendere meglio questo concetto, analizziamo la figura precedente e quella successiva, descrivendole nel dettaglio. Una situazione di inasprimento della politica monetaria Nella prima figura, la banca commerciale ottiene un prestito di 10 e restituisce 15. Nella seconda figura, l’importo del prestito alla banca commerciale rimane invariato, 10, ma la restituzione aumenta a 20. Quindi, cosa cambia tra le due figure? Nella seconda figura, la banca centrale ha adottato una politica monetaria più rigida, aumentando i tassi di interesse per le banche commerciali. In un contesto come quello proposto, come reagiranno le banche commerciali? La risposta è semplice e può essere dedotta osservando il grafico precedente: per preservare un margine di interesse adeguato, aumenteranno a loro volta i tassi di interesse su mutui, prestiti e finanziamenti. Quello che ho appena descritto è il meccanismo attraverso il quale una banca centrale regola l’intensità economica, noto come trasmissione della politica monetaria . 2. PERCHE’ I RENDIMENTI DELLE OBBLIGAZIONI SALGONO ALL’AUMENTO DEI TASSI DI INTERESSE? È un dato di fatto che un incremento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve si riflette in un aumento dei rendimenti obbligazionari. Questa correlazione positiva tra tassi di interesse e rendimenti dei bond è chiaramente illustrata nelle due grafiche seguenti. La correlazione positiva tra tassi di interesse e rendimento del decennale americano. Grafico mensile La correlazione positiva tra tassi di interesse e rendimenti dei corporate bond di rating BBB. Grafico mensile La questione che sorge spontanea è: come mai un aumento dei tassi di interesse comporta una diminuzione del prezzo delle obbligazioni e un conseguente incremento dei loro rendimenti? Per trovare una risposta a questo interrogativo, diamo uno sguardo alla grafica seguente: Tassi di interesse all’1% Consideriamo un momento X in cui il tasso di interesse impostato dalla banca centrale è dell’1%. In questo contesto, nel mercato secondario, avremmo una serie X di obbligazioni, denominate “A”, che propongono un rendimento dell’1% (ricordiamo: solitamente, il rendimento dei bond segue quello della banca centrale). Di conseguenza, gli investitori inizieranno ad acquistare queste obbligazioni. Immaginiamo ora, come mostrato nella figura seguente, che la banca centrale decida di elevare i tassi di interesse dall’1% al 2%. Tassi di interesse al 2% In questa nuova situazione, gli investitori sarebbero attratti dalle nuove obbligazioni, chiamate “B”, che offrono un rendimento doppio rispetto alle obbligazioni A. Quale sarà la loro mossa? Probabilmente venderanno le obbligazioni A precedentemente detenute per acquistare le obbligazioni B dal rendimento superiore. Di conseguenza, il prezzo delle vecchie obbligazioni A diminuirà e, data la relazione inversa, il loro rendimento aumenterà (questo spiega il deprezzamento di alcuni ETF obbligazionari come TLT). Alla fine, il mercato troverà un equilibrio, con le obbligazioni A e B che offriranno lo stesso rendimento. Tuttavia, potrebbe sorgere un dubbio: perché Stati e società dovrebbero emettere debito a un tasso di interesse più elevato? In altre parole, è vero che i tassi di interesse aumentano, ma perché un aumento dei tassi di interesse dovrebbe comportare un aumento dei rendimenti dei bond? Gli emittenti non potrebbero semplicemente continuare a emettere “a basso rendimento” e avere un debito meno oneroso? La risposta è no, poiché in un contesto del genere emerge un concorrente per le obbligazioni: i conti deposito, cioè depositi presso le banche che generano interessi. Per attrarre capitali e continuare a generare guadagni, le banche commerciali potrebbero decidere di aumentare i rendimenti sui conti deposito. In questo modo, attirerebbero più clientela e potrebbero utilizzare i fondi depositati per concedere nuovi prestiti e per investire, generando ulteriori profitti. Pertanto, se gli interessi sui conti deposito aumentano, gli investitori saranno più attratti da questi (considerando anche che i conti deposito sono generalmente a bassissimo rischio e garantiti) e quindi le società non potrebbero permettersi di emettere debito a basso rendimento poiché nessuno lo acquisterebbe. Non dimentichiamo: un’obbligazione rappresenta un debito per chi la emette, ma diventa un credito per chi la acquista! 3. SE LA FED NON ALZERA’ I TASSI, SARANNO I BOND A FARE IL “GIOCO SPORCO”. COSA VUOL DIRE? Recentemente, si sente spesso dire: “Anche se la FED non aumenterà i tassi di interesse, saranno i bond, con l’aumento dei loro rendimenti, a fare il lavoro sporco”. Ma cosa significa esattamente? Prima di tutto, diamo un’occhiata ai dati recenti: I rendimenti del decennale e trentennale americano. Grafico giornaliero I rendimenti dei titoli decennali e trentennali americani hanno raggiunto livelli molto alti. In particolare: • Il decennale ha quasi raggiunto il 5% • Il trentennale ha raggiunto il 5.118% Inoltre, i rendimenti dei titoli di stato a due anni hanno recentemente superato il 5.26%. Il rendimento del titolo di stato a scadenza due anni. Grafico giornaliero Come potrebbero influenzare l’economia gli aumenti dei rendimenti lungo tutta la curva, anche se la FED non dovesse aumentare i tassi di interesse? Potrebbero avere diversi effetti. Tuttavia, per capire meglio, facciamo riferimento ad un’analisi che ho pubblicato qualche settimana fa, in cui mi sono concentrato sullo spread BTP-BUND e sulla possibilità di vendere allo scoperto le banche italiane, al link: • In quell’analisi, ho specificato che il bilancio di una banca ha due componenti principali: l’attivo e il passivo. • L’attivo rappresenta le attività che la banca detiene e che possono generare reddito. Queste includono liquidità e riserve obbligatorie (essenziali per il funzionamento di una banca, anche se non generano direttamente reddito), crediti verso altre istituzioni, prestiti e finanziamenti alla clientela e investimenti. • Il passivo rappresenta la fonte di finanziamento della banca. Queste includono i depositi dei clienti, i prestiti interbancari, l’emissione di obbligazioni, il capitale proprio (ad esempio, le risorse finanziarie ottenute dagli azionisti) e altre passività. Dunque, una delle strategie che una banca utilizza per ottenere risorse è l’emissione di obbligazioni. Quindi, cosa succede se i rendimenti sul mercato secondario continuano a salire? La banca dovrà emettere obbligazioni con alti rendimenti per essere competitiva, pagando così interessi più elevati. Per compensare questa maggiore spesa per interessi, la banca aumenterà il costo del denaro prestato a famiglie e imprese per mantenere buoni margini di profitto. Consideriamo anche un altro aspetto: • Il rendimento del trentennale è un benchmark per i mutui a tasso fisso trentennali Questo aspetto è evidenziato nella grafica successiva: La correlazione positiva tra rendimenti e tassi sui mutui. Grafico settimanale Il grafico mostra che, se il rendimento del trentennale continua a salire, il costo dei mutui aumenterà. Quanto continueranno a salire i rendimenti? È difficile da dire, ma una cosa è certa: un aumento dei rendimenti non è benefico per la salute dell’economia. Pensiamo al fatto che, se i tassi sui mutui aumentano, ci sarà una diminuzione delle vendite di nuove case: La vendita di nuove case è dipendente dal prezzo dei mutui. Grafico mensile Se ci sarà una diminuzione delle vendite di case, l’economia rallenterà come mostra la correlazione nella grafica seguente: La correlazione positiva tra vendita di nuove abitazione e intensità economica. Grafico a 3 mesi La spiegazione è semplice: PIL = CONSUMI + INVESTIMENTI + SPESA PUBBLICA + (EXPORT – IMPORT) Minor richieste di mutui, minori investimenti, rallentamento del PIL! Qualora qualche concetto non fosse chiaro, commentate pure. A presto! Selezione editorialedi MatteoFarci10
INVERSIONE CURVA DEI RENDIMENTI: COSA MANCA PER LA RECESSIONE?L’inversione della curva dei rendimenti è sempre attentamente monitorata da analisti, investitori ed economisti perché tende ad anticipare una recessione che, per il momento, non si è ancora verificata. Questo potrebbe farci pensare che la famosa ‘inversione’ non sia più un segnale affidabile. Perché la tanto attesa contrazione economica non si è ancora verificata? Buongiorno a tutti. L’obiettivo di questa analisi è quello di fornirvi un mio punto di vista su questo argomento tanto discusso negli ultimi tempi, fornendovi la variabile mancante affinché la recessione si verifichi realmente. Buona lettura. 1. LA CURVA DEI RENDIMENTI 10-2 ANNI La curva dei rendimenti 10-2 anni rappresenta la differenza tra il rendimento del titolo di stato americano a 10 anni e quello a 2 anni. Questa curva, che è illustrata nella figura successiva in azzurro, tende a seguire un andamento ciclico, con fasi di rialzo e ribasso. Quando la curva scende al di sotto della soglia dello 0%, si verifica la sua tanto famosa inversione. Rendimento a 10 anni, a 2 anni e la relativa curva dei rendimenti a quelle scadenze. Grafico mensile La figura successiva è particolarmente utile perché illustra i motivi per i quali una curva si espande (diventa ‘rialzista’) o si contrae, superando poi al ribasso la soglia dello 0%: • Quando il rendimento a 2 anni è più basso rispetto a quello a 10 anni (come accaduto dal settembre 2000 al giugno 2003), la curva tende ad inclinarsi verso l’alto • Successivamente, quando il rendimento a 2 anni inizia a riallinearsi con quello a 10 anni, la curva tende a inclinarsi verso il basso (come accaduto da novembre 2010 a settembre 2019) • Quando il rendimento a 2 anni supera quello a 10 anni, si verifica l’inversione Questi aspetti saranno chiariti nel paragrafo successivo. L’espansione e la contrazione della curva dei rendimenti 10-2 anni. Grafico mensile 2. LA CURVA DEI RENDIMENTI 10-2 ANNI È INFLUENZATA DALLA POLITICA MONETARIA L’evoluzione della curva è fortemente influenzata dalle aspettative di politica monetaria. Come illustrato nella figura successiva, esiste una correlazione negativa tra la curva e i tassi di interesse applicati dalla Federal Reserve. La correlazione negativa tra curva dei rendimenti 10-2 anni e tassi di interesse della Federal Reserve. Grafico mensile • Quando la FED riduce i tassi di interesse, la curva tende a espandersi • Al contrario, quando la FED adotta una politica monetaria più rigida, la curva tende a contrarsi Più aggressiva è la politica monetaria, più la curva tende a raggiungere valori inferiori allo 0%, in maniera progressivamente decrescente. Questo si verifica perché: • Il rendimento a 2 anni risente maggiormente delle aspettative di politica monetaria • Il rendimento a 10 anni, invece, è influenzato principalmente dalle aspettative di inflazione I punti discussi in questo paragrafo mirano a chiarire un concetto fondamentale: il movimento della curva dei rendimenti è direttamente legato alle aspettative del mercato riguardo ai tassi di interesse. 3. CURVA DEI RENDIMENTI, PIL E…FIDUCIA DEI CONSUMATORI, LA VARIABILE MANCANTE! Nell’introduzione dell’analisi abbiamo evidenziato come l’inversione della curva dei rendimenti 10-2 anni sia comunemente riconosciuta come un indicatore anticipatore delle recessioni economiche. Questo concetto è illustrato nella figura successiva: La curva dei rendimenti 10-2 anni è un leading indicator di recessioni economiche. Grafico mensile Perché, nonostante l’inversione della curva nell’estate del 2022, non si intravede ancora all’orizzonte una contrazione economica? Iniziamo ricordando le variabili che compongono il PIL (secondo il metodo della spesa: PIL = C + I + G + (EXPORT – IMPORT) Dove: C: Consumi, ossia la quantità di beni e servizi acquistati dai consumatori I: Investimenti, ossia le spese delle imprese e delle famiglie in immobili e beni strumentali G: Spesa pubblica (EXPORT – IMPORT): Bilancia commerciale È fondamentale sottolineare che la variabile dei consumi è probabilmente la più significativa, dato che il PIL degli Stati Uniti ne dipende per il 70%. Questo suggerisce che l’economia della prima potenza mondiale è fortemente influenzata dai suoi consumatori. In particolare: • Se i consumatori sono fiduciosi, tenderanno probabilmente ad aumentare le spese in beni e servizi, rafforzando così la variabile C del PIL e, di conseguenza, il PIL stesso. • Al contrario, se la loro fiducia è bassa, la stessa variabile si indebolirà e il PIL risentirà di questa situazione. Da queste due considerazioni deriva una delle correlazioni più importanti in ambito macroeconomico: quella positiva tra la fiducia dei consumatori e prodotto interno lordo! La correlazione positiva tra fiducia dei consumatori e prodotto interno lordo. Grafico mensile Abbiamo quindi individuato la variabile mancante per la recessione: la fiducia dei consumatori. Infatti, se osserviamo il grafico successivo, notiamo che, sebbene la curva dei rendimenti si sia invertita, segnalando un allarme di recessione, la fiducia dei consumatori non ha seguito lo stesso andamento. Al contrario, è in rialzo! La curva dei rendimenti e la fiducia dei consumatori non stanno seguendo la stessa tendenza. Grafico mensile È importante tenere presente un altro elemento: prima dell’insorgere di una possibile recessione, dopo l’inversione, la curva dei rendimenti dovrebbe risalire al di sopra dello 0%. Questo dettaglio è stato messo in evidenza tre grafici fa. Tuttavia, questo ‘ritorno allo zero’ (come si può osservare nel grafico successivo) dovrebbe essere accompagnato da una diminuzione della fiducia dei consumatori. Affinché ci possa essere una recessione, il ritorno allo zero della curva dovrebbe essere accompagnato da un calo della fiducia dei consumatori. Grafico mensile Ecco, quindi, nel grafico successivo, quello che dovrebbe accadere: Rimbalzo della curva accompagnato da un calo della fiducia dei consumatori. Grafico mensile Per concludere l’analisi: • L’economia statunitense dipende fortemente dai consumatori e dalle loro spese per beni e servizi. In un periodo di ‘espansione’ economica, la domanda di beni e servizi aumenta, rafforzando la variabile C del PIL e alimentando l’inflazione. A questo punto, la FED è costretta ad aumentare i tassi di interesse per mantenere la stabilità dei prezzi, causando di fatto l’inversione della curva dei rendimenti. Tassi di interesse elevati possono influenzare negativamente il sentiment dei consumatori. Pensate a coloro indebitati a tassi di interesse variabili per acquistare una casa, un’auto o qualsiasi altro bene discrezionale: avranno un reddito inferiore a causa delle rate più onerose. A redditi inferiori corrisponderanno spese minori, un indebolimento della variabile C del PIL e… una successiva (potenziale) contrazione dello stesso. Quindi… sì, osserviamo la curva dei rendimenti, ricordando di tenere d’occhio anche altre variabili. A presto Selezione editorialedi MatteoFarci2233
WisdomTree - Tactical daily update - 03.10.2023Borse depresse per prospettiva di recessione in UE e stagnazione in US. Il Prezzo del petrolio Wti torna sotto 90 Dollari/barile, ma non basta... Inflazione EU migliora a Settembre, attendiamo conferme. Borse asiatiche deboli, pesa costo del denaro e rallentamento globale. Il quadro macro europeo e’ in peggioramento e i dati congiunturali di settembre descrivono l’industria manufatturiera in uno stato recessionistico. L'indice Pmi (Purchasing managers Index) della manifattura è risalito +0,1 punti a 43,4 rispetto ad agosto, dunque ben poco, ed e’ al 5’ mese consecutivo in area di contrazione, cioe’ sotto 50. L'accordo sul bilancio Usa ha evitato lo shutdown fino al 17 novembre, e sulla notizia gli indici azionari europei avevano aperto in rialzo la seduta di ieri, 2 ottobre: poi il deterioramento di alcuni indicatori macro e i dubbi sulle future mosse di politica monetaria delle banche centrali hanno guastato la festa e causato chiusure negative. Milano ha perso -1,39%, Parigi -0,94%, Francoforte -0,91%, Londra -1,28%, Amsterdam -0,63%. A Wall Street chiusure eterogenee: Dow Jones -0,22%, S&P500 +0,01% e Nasdaq +0,67%, grazie ai recuperi di big tech come Microsoft, Apple e Nvidia. Hanno invece prevalso le vendite sull’obbligazionario Usa, col rendimento del Treasury 10 anni che ha toccato 4,7%. Peraltro, diversamente che in Europa, l'indice PMI sull'attività manifatturiera Usa è migliorato più del previsto a settembre, pur continuando a segnalare contrazione nel comparto. Il relativo Indice Ihs Markit è cresciuto a 49,8 punti da 47,9 di agosto, battendo le attese di 48,9. Va detto che l’Indici PMI manifatturiero e’ migliorato in alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, a 46,8 vs 45,7 stimato, ma peggiora ulteriormente in Germania dove addirittura cala a 39,6 dal 39,8 atteso. E’ ancora sotto 50 e vicino ai minimi del maggio 2020, (al picco del lockdown da pandemia Corona), l'Indice ISM (Institute for the Supply management) della manifattura degli Stati Uniti: a settembre, è salito da 47,6 a 49,0 punti, superando le attese di 47,9. Ieri il Vicepresidente della Banca centrale americana (Federal Reserve-FED) Michael Barr, ha detto di non esclude ulteriori rialzi e ribadito che i tassi possano restare alti più a lungo del previsto. La “musica” non e’ molto diversa in Europa, dove il Capo economista dell’ECB (Banca centrale europea) Philip Lane ha ricordato che la battaglia contro l'inflazione non e’ vinta e c’e’ ancora del lavoro da fare. Sul mercato valutario si accentua la debolezza dell’Euro verso Dollaro Usa: il cross e’ ora sotto 1,05: molti analisti attribuiscono la forza del Dollaro all’aumento dei rendimenti del Treasury, che hanno segnato nuovi massimi da 20 anni. L’Euro vale 157,4 Yen giapponesi, Il Dollaro Usa 149,8 Yen. La Banca mondiale (World bank) rivede al ribasso le previsioni di crescita dell’economia cinese, ora a +4,4% nel 2024, e piu’ in generale segnala che il ritmo di crescita delle economie asiatiche in via di sviluppo potrebbe essere uno dei più bassi degli ultimi 50 anni: tra le principali cause il protezionismo Usa ed il crescente del costo del denaro. Stamattina, 3 ottobre, il prezzo del petrolio, sceso ieri al minimo da 3 settimane, dopo un avvio debole, tende a stabilizzarsi poco sopra 89 Dollari/barile (WTI). Va ricordato che siamo reduci da un trimestre di rialzo del +30% del prezzo del greggio, in presenza di una domanda che resta vicina ai massimi storici e di un’offerta in lieve contrazione, dopo i tagli decisi da Russia e Arabia Saudita. Occhi aperti, questa settimana, alla conferenza Adipec di Abu Dhabi, alla quale partecipano tutte i “giant players” del settore energetico. Il prezzo del gas naturale europeo, sulla piattaforma di riferimento TTF di Amsterdam stamane scende del -4% circa a 37,7 Euro/megawattora. Il Congresso degli Stati Uniti, all’ultimo minuto, ha trovato l’accordo per scongiurare lo shutdown della “macchina federale”, ma i mercati hanno evidentemente altro che li impensierisce, a cominciare da inflazione e tassi di interesse, che difficilmente potranno scendere se il prezzo del petrolio continuasse a salire come da 3 mesi a questa parte. Stamane, 3 ottobre, le azioni di Evergrande, gigante del comparto immobiliare cinese alle prese con debito eccessivo e difficile da rifinanziare, sono state riammesse agli scambi: partite con un +30%, sono salite fin sopra il +50% e poi hanno oscillato paurosamente, pur conservando il segno positivo. Tra le maggiori Borse dell’Asia-Pacifico, quella di Tokyo (Nikkei) ha chiuso a -1,6%: il Governo, per voce del Ministro delle finanze Shunichi Suzuki dichiarato che monitora costantemente il mercato valutario, pronto a intervenire per contrastare un’eccessiva debolezza dello Yen, giunto a sfiorare quota 150 contro Dollaro Usa. Deboli, con perdite tra -1 e -2% tutte le maggiori borse dell’area Asia-Pacifico, mentre quelle europee, a fine mattinata, sono negative del -0,6% medio con tendenza a peggiorare. I future su Wall Street anticipano riaperture in calo del -0,4% medio, anche qui in peggioramento dopo una mattinata col segno “+” Sul comparto bbligazionario segnaliamo la forte domanda del pubblico “retail” al 2’ giomo di collocamento del nuovo Btp Valore da parte del Tesoro italiano: l’offerta, che durera’ sino a venerdi’ 6, salvo chiusura anticipata, e’ di tipo “book to build”, cioe’ senza limiti prefissati di quantita’. Nel pomeriggio, occhi aperti sui alcuni dati/eventi di rilievo, tra cui quello sui posti di lavoro “pendenti” negli Usa (JOLTS) di agosto, ed il discorso del Presidente della Fed di Atlanta, Raphael Bostic. Informazioni importanti Comunicazioni emesse all’interno dello Spazio economico europeo (“SEE”): Il presente documento è stato emesso e approvato da WisdomTree Ireland Limited, società autorizzata e regolamentata dalla Central Bank of Ireland. Comunicazioni emesse in giurisdizioni non appartenenti al SEE: Il presente documento è stato emesso e approvato da WisdomTree UK Limited, società autorizzata e regolamentata dalla Financial Conduct Authority del Regno Unito. Per fare riferimento a WisdomTree Ireland Limited e a WisdomTree UK Limited si utilizza per entrambe la denominazione “WisdomTree” (come applicabile). La nostra politica sui conflitti d’interesse e il nostro inventario sono disponibili su richiesta. Solo per clienti professionali. Le informazioni contenute nel presente documento sono fornite a titolo meramente informativo e non costituiscono né un’offerta di vendita né una sollecitazione di un’offerta di acquisto di titoli o azioni. Il presente documento non deve essere utilizzato come base per una qualsiasi decisione d’investimento. Gli investimenti possono aumentare o diminuire di valore e si può perdere una parte o la totalità dell’importo investito. 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REPORT Q4 2023: I GRAFICI DA SEGUIRE PER INVESTIRE CON SICUREZZABuongiorno. L’obiettivo dell’analisi è quello di commentare le ultime decisioni di politica monetaria della Federal Reserve e successivamente costruire dei particolari indici di forza obbligazionari che, come scoprirete, aiuteranno a prendere delle scelte di investimento più consapevoli. I protagonisti dell’analisi: • Politica monetaria • Tasso di inflazione • Grafici intraday delle principali asset class USA • TIP/IEF • LQDH/LQD • Tassi reali • Oro • Nasdaq • VIX • Settori ciclici • Settori difensivi • Indice SPHB/SPLV Buona lettura. 1. DECISIONI DI POLITICA MONETARIA E REAZIONE INTRADAY DEI MERCATI FINANZIARI “La FED ha rifiutato di aumentare i tassi di interesse, ma punta a mantenere gli stessi più in alto più a lungo” Questo è quello che recita il titolo di uno dei diversi articoli rilasciati dalla CNBC americana. Come è possibile osservare nella figura successiva, i tassi di interesse sono stati mantenuti nel range compreso tra il 5.25% e il 5.50%. Cinque sono state le decisioni sui tassi di interesse nel 2023: • Febbraio: +25 punti base • Marzo: +25 punti base • Maggio: +25 punti base • Giugno: nessun aumento • Luglio: +25 punti base • Settembre: nessun aumento Il piccolo grafico a istogrammi all’interno della figura precedente chiarifica come l’intensità dell’inasprimento della politica monetaria nell’anno corrente sia stata notevolmente più “bassa” rispetto a quella commentata del 2022. I motivi? I livelli di inflazione! Infatti, come mostra la figura successiva: • Nel 2022 la banca centrale americana doveva affrontare un’inflazione compresa nel range dei 750-650 punti base • Nel 2023, al contrario, un processo di disinflazione (ergo: un rallentamento del tasso di inflazione) Perché la FED non ha alzato i tassi di interesse nella riunione di mercoledì 20? Perché la lotta all’inflazione è terminata? Ebbene…no. Per rispondere alla domanda è utile esaminare una frase pronunciata dal presidente Powell nella consueta riunione post-comunicazione tasso di interesse: “Vogliamo vedere prove convincenti del fatto che abbiamo raggiunto il livello sui tassi appropriato; stiamo vedendo progressi e ne siamo lieti. Ma, sai, dobbiamo vedere ulteriori progressi prima di essere disposti a raggiungere quella conclusione” Ergo: “È vero che il processo di disinflazione è in atto, ma vogliamo vedere lo stesso processo ancora più convincente” È quindi possibile affermare come i progressi ottenuti sul “versante” inflazione abbiano giustificato la pausa commentata poche righe fa che, oltretutto, era stata ampiamente scontata dai mercati nelle settimane precedenti. La comunicazione del tasso di interesse può essere considerata come un market mover, ossia un fattore capace di influenzare in maniera più o meno significativa i mercati finanziari. In genere: • Quanto più la comunicazione di un dato si discosta dalle attese degli analisti, tanto più quel dato stesso impatta in maniera positiva o negativa sugli asset finanziari Ricollegandoci al discorso, come hanno reagito le principali asset class alla comunicazione del tasso di interesse di riferimento? Commentiamolo nelle immagini successive: I rendimenti dei titoli di stato a 2 anni e 10 anni sono saliti, in particolare: • Il 2 anni dal 5% al 5.2% • Il 10 anni dal 4.32% al 4.44% Visto il rapporto inverso prezzo/rendimento delle obbligazioni, è possibile affermare come queste ultime siano state vendute dal mercato. Prestazioni negative anche per gli indici azionari S&P500 e Nasdaq: • L’S&P500 ha visto un ritorno ai 4430$ (dai 4500$) • Il Nasdaq ai 15088$ (dai 15430$) Proseguiamo: • Il dollaro ha visto un rafforzamento contro l’euro, arrivando a 1.061 (dagli 1.072 pre-comunicazione del dato) • L’oro un indebolimento di 1.22 punti percentuali (1968$-1944$) Dal momento in cui la comunicazione sul tasso di interesse era in linea con le aspettative degli analisti, cosa ha potuto giustificare una reazione così marcatamente negativa da parte degli asset analizzati? La risposta è nascosta nella figura successiva: il dot plot chart. • Il dot plot chart è uno strumento che indica le proiezioni di ogni membro del FOMC (Federal Open Market Commitee) su quelli che saranno i livelli sui tassi di interesse futuri I puntini azzurri osservabili sulla sinistra della figura rappresentano i membri del FOMC; essi si collocano all’interno di determinati range percentuali (visualizzabili a destra della figura). L’informazione più importante del dot plot chart è la seguente: • 12 membri (12 puntini) si aspettano un ulteriore aumento di 25 punti base per la fine del 2023 (con tassi compresi nel range dei 550-575 punti base, evidenziato di color rosso) • 7 di essi si aspettano un’ulteriore pausa Ecco dunque spiegata la reazione negativa di mercato azionario, obbligazionario, oro e cambio EUR/USD: al contrario di quello che il mercato prezzava, l’inasprimento di politica monetaria non è (probabilmente) ancora terminato! Il motivo di ciò è presto spiegato dalle proiezioni economiche rilasciate dalla banca centrale stessa. Osserviamo la figura successiva: 2. I GRAFICI DA OSSERVARE PER L’ULTIMO TRIMESTRE DELL’ANNO A mio parere saranno due gli indici da osservare prossimamente: TIP/IEF e LQDH/LQD. Essi esplicitano due aspettative degli investitori diverse: • TIP/IEF sul tasso di inflazione • LQDH/LQD sui tassi di interesse In particolare: • Se il mercato avrà aspettative di un aumento del prezzo dei beni e servizi, TIP (ETF sui titoli di stato USA indicizzati all’inflazione) sovraperformerà IEF (ETF sui titoli di stato USA non indicizzati) e l’indice TIP/IEF intraprenderà una traiettoria rialzista • Se ciò accadrà, il mercato inizierà a scontare una politica monetaria più restrittiva e le obbligazioni corporate coperte dal rischio “tassi di interesse” (ETF LQDH) sovraperformeranno quelle corporate non coperte (ETF LQD) È importante capire che, come mostra la figura successiva, uno è leading indicator dell’altro. Proseguiamo. Le aspettative di inflazione hanno intrapreso una traiettoria rialzista da fine gennaio 2023, influenzate in positivo dall’aumento dei prezzi del petrolio, arrivato alla soglia psicologica dei 90$ a barile: Gli ultimi due aspetti hanno spinto al rialzo LQDH/LQD: Una tendenza rialzista di quest’ultimo indice di forza ha la capacità di impattare in maniera negativa su diverse asset class. Partiamo dall’oro, osservando la grafica successiva: Il metallo prezioso è negativamente correlato alle aspettative di politica monetaria. Il motivo è semplice: • Ad un aumento di quelle aspettative aumenteranno i rendimenti offerti dalle obbligazioni, con un contemporaneo apprezzamento dei tassi reali Esiste infatti una correlazione positiva tra aspettative sui tassi e real yields: Immaginate ora l’oro e le obbligazioni come due asset class simili, con una differenza: • Il metallo prezioso, a differenza dei bond, non paga le cedole Questo significa che: • All’aumentare di LQDH/LQD, aumenteranno i tassi reali e, a questo punto, diventerà più conveniente detenere un’attività che paga interessi (i bond) Stesso discorso per il Nasdaq: anche l’indice azionario, come l’oro, mostra una correlazione negativa con le aspettative di politica monetaria. Esaminiamo la grafica successiva: L’indice azionario è rialzista da ottobre 2022; la tendenza positiva ha avuto inizio proprio quando l’indice LQDH/LQD raggiungeva dei massimi di periodo. A maggio 2023 si è persa la correlazione negativa tra i due, divenuta positiva, complice il boom dell’intelligenza artificiale. I due asset hanno ritrovato la loro correlazione originale dal 18 luglio 2023, quando l’indice azionario ha raggiunto i suoi massimi di periodo e ha iniziato un ritracciamento. Tassi di interesse più in alto più a lungo danneggiano le prestazioni delle società quotate in borsa, agendo in negativo sui loro utili; il motivo è presto spiegato: • Al salire del costo del denaro, diminuirà la domanda dei consumatori per prestiti e finanziamenti per acquisti di beni come automobili, elettrodomestici, televisori e tanti altri A minor domanda corrisponderanno minori vendite delle società e…minori utili! Per non parlare del mercato immobiliare e dell’aumento del costo dei mutui: • Più le rate aumenteranno e più le famiglie (con un tasso variabile) avranno minor reddito da destinare ad altre spese “discrezionali” C’è ora da porsi una domanda: “Se le aspettative sui tassi di interesse continuassero a salire, su quali settori azionari puntare?” Proviamo a scoprirlo nelle figure successive. È riconosciuto che: • Ad un risk on gli investitori punteranno su società aggressive (o ad alto beta) • Ad un risk off punteranno su quelle difensive (o bassa volatilità) Uno strumento in grado di esplicitare il grado di propensione al rischio del mercato è il VIX, l’indice di paura dell’S&P500. C’è dunque da capire una questione: le aspettative sui tassi stanno impattando sull’indice di volatilità? Proviamo a scoprirlo nella figura successiva: Dal 5 luglio del 2023 la correlazione tra i due indici è positiva. Se il movimento rialzista di LQDH/LQD dovesse alzare la volatilità (e quindi l’avversione al rischio degli investitori) sarebbe più logico puntare sui titoli a basso beta rispetto a quelli ad alto beta. Il motivo? La grafica successiva è molto chiara: la correlazione inversa tra l’indice di forza SPHB/SPLV e VIX. • Ad un ribasso del VIX corrisponderà una propensione al rischio e gli investitori destineranno i loro capitali su società ad alto beta (ETF SPHB) • Ad un rialzo del VIX corrisponderà un’avversione al rischio e gli investitori destineranno i loro acquisti su società a basso beta (ETF SPLV) I due ETF menzionati sono stati trattati in maniera approfondita nell’ultima analisi da me pubblicata, relativa ad una strategia di investimento su ARM, reperibile al link: • Quindi…su quali settori puntare? Per rispondere, è necessario sapere quali sono i settori che più contribuiscono al peso percentuale dei panieri dei due ETF: • Puntare sui settori ciclici (settore tecnologico e dei beni discrezionali) ad una maggior forza di SPHB rispetto a SPLV • Puntare sui settori difensivi (settori utilities, sanitario e dei beni di prima necessità) nel caso opposto Se avvenisse una potenziale rotazione di capitali dai settori ciclici a quelli difensivi si potrebbe affermare che il mercato non starebbe più scontando un soft landing ma…una recessione! I motivi sono spiegati da tutte le correlazioni positive illustrate dalle grafiche successive: • L’indice SPHB/SPLV è fortemente correlato positivamente ad alcuni dati macroeconomici chiave come i due PMI e, più in generale, al prodotto interno lordo. Ad una crescita economica corrisponderà un aumento degli utili societari e i capitali saranno destinati sui settori ciclici mentre, ad una contrazione economica, su quelli difensivi È stato quindi illustrato il rapporto tra aspettative di inflazione e aspettative sui tassi di interesse e di come queste ultime siano poi in grado di impattare in maniera significativa sulle diverse classi. Personalmente, nei prossimi mesi, andrò a verificare la tendenza di LQDH/LQD e le relative correlazioni con oro, Nasdaq e VIX. Se esse si mantenessero tali e vista e considerata la funzione dell’indice di forza, come sarà questo Q4 2023, ormai alle porte? Il nuovo trimestre sarà governato dalle aspettative sulla politica monetaria? Spero il mio approccio vi possa essere stato utile, lo stesso utilizzato nel mio libro dal titolo “Investire in obbligazioni for dummies” per Hoepli Editore. Se ci fossero dei dubbi sull’analisi commentate pure o visualizzate il video, dove andrò a discutere gli argomenti in maniera più ampia. In settimana, probabilmente, parlerò anche di come LQDH/LQD potrebbe impattare sul cambio EURUSD e….sul DAX! A presto. di MatteoFarci9
SPREAD HIGH YIELD: INDIVIDUARE LE FASI DEL CICLO ECONOMICO1. INTRODUZIONE Le grafiche successive mostrano sei importanti correlazioni negative che lo spread obbligazionario ad alto rendimento presenta con alcuni dati macroeconomici chiave: • Fiducia dei consumatori • PMI manifatturiero • PMI sui servizi • Produzione industriale • Vendite al dettaglio • PIL Una semplice chiave di lettura utile per comprendere le sei grafiche precedenti è la seguente: • Lo spread obbligazionario ad alto rendimento è correlato inversamente al ciclo economico (PIL), influenzato a sua volta dai dati macroeconomici rappresentati graficamente. Ad un’intensità economica crescente corrisponderà uno spread ribassista, al contrario uno rialzista Perché? Buongiorno a tutti. L’obiettivo di questa analisi è quello di presentare lo spread obbligazionario ad alto rendimento in maniera tale da fornirvi un importante strumento di analisi del ciclo economico, argomento tanto dibattuto negli ultimi mesi. I protagonisti dell’analisi: • Spread obbligazionario ad alto rendimento • Fiducia dei consumatori • PMI manifatturiero • PMI sui servizi • Produzione industriale • Vendite al dettaglio • PIL • Utili societari • S&P500 Buona lettura. 2. COS’E’ LO SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO? L’ICE BofA High Yield Index Option-Adjusted Spread (questo è il nome) è uno spread costruito attraverso una differenza tra i rendimenti di obbligazioni societarie americane di grado high yield (i famosi “junk bonds”) e i rendimenti dei titoli di stato americani. Queste le caratteristiche dei bond high yield: • Rating di BB o inferiori (B, CCC) • Scadenze superiori all’anno La figura precedente denota un importante aspetto: ci sono delle fasi nelle quali lo spread è rialzista e altre nelle quali è ribassista. Per capire il motivo, si osservi la figura successiva: Immaginatevi che lo spread di color nero sia costruito attraverso la differenza tra il rendimento dei bond societari BB (in rosso) e quello sul decennale americano (in blu). La grafica mostra un aspetto importante: • Lo spread tende ad essere rialzista quando il rendimento dei bond BB sovraperforma il rendimento del decennale e tende ad essere ribassista nel caso opposto Il rendimento offerto da un’obbligazione incorpora il rischio al quale un investitore si espone quando la acquista; da qui, una delle uguaglianze più conosciute nel mondo degli investimenti: RISCHIO = RENDIMENTO I rischi che le obbligazioni incorporano all’interno del loro rendimento sono essenzialmente i seguenti: • Rischio inflazione • Rischio tassi di interesse • Rischio di default • Rischio di liquidità • Rischio di cambio Tralasciamo i rischi liquidità e cambio (non sono essenziali in questo contesto) e poniamoci una domanda: “Che rischi sono incorporati nel rendimento dei bond BB e in quello del decennale americano?” I rischi associati sono gli stessi, con una piccola differenza: • I bond societari BB, a differenza del decennale, incorporano il rischio default Eliminando dunque i due fattori comuni rischio inflazione e tassi di interesse, arriviamo al punto cruciale: • Lo spread high yield misura l’aumento o il rallentamento delle probabilità di default di emittenti di obbligazioni societarie ad alto rendimento Nella grafica precedente è possibile osservare come lo spread sia pari al 3.9%. Questo significa che: • Ad oggi il mercato richiede un rendimento aggiuntivo del 3.9% per investire in bond societari altamente rischiosi rispetto a quello che chiederebbero per investire nei titoli di stato a massima affidabilità; detto in parole ancora più semplici, lo stesso 3.9% è l’interesse aggiuntivo richiesto per assumersi il rischio default Importanti informazioni nella grafica successiva: • Lo spread tende a registrare dei rialzi durante le recessioni (rialzi più o meno forti a seconda dell’intensità della contrazione) mentre dei ribassi nelle successive riprese ed espansioni economiche Interessante osservare all’interno delle ultime tre recessioni i diversi comportamenti dei rendimenti: • Quello del decennale è sempre stato ribassista, mentre l’altro sempre rialzista Perché? • Durante le recessioni gli investitori acquistano i cosiddetti beni rifugio, capaci di garantire dei rendimenti nonostante condizioni economiche avverse; il decennale (nonostante l’America sia stata qualche tempo fa declassata) ne rappresenta un esempio, al contrario dei bond societari 3. LA CORRELAZIONE TRA SPREAD E CICLO ECONOMICO Per spiegare la correlazione positiva tra spread e ciclo economico è importante porsi una domanda: “Le obbligazioni rappresentano una classe di investimento dal basso grado di rischio. Perché quelle del tesoro americano rappresentano un bene rifugio al contrario di quelle societarie?” Le società ripagano i loro debiti (gli interessi delle loro obbligazioni) grazie agli utili che sono capaci di generare. Più una società sarà in grado di pagare i suoi debiti e tanto meno sarà probabile un suo potenziale default. La correlazione tra utili societari e spread high yield, come mostra la grafica successiva, è negativa: La grafica è da leggere in questo modo: • La probabilità di default degli emittenti BB e inferiori è tanto più alta quanto più è forte il rallentamento (o la contrazione) degli utili societari degli stessi emittenti. Gli utili, a loro volta, tenderanno ad essere influenzati in positivo e in negativo dal PIL: Ecco, dunque, il motivo delle correlazioni negative tra spread e dati macroeconomici chiave osservate nell’introduzione dell’analisi: • Il rallentamento di quei dati nelle fasi 5, 6 e 1 del ciclo economico impatterà in maniera negativa sul PIL e, per la correlazione osservata precedentemente, in negativo sugli utili societari: le aziende, avendo meno liquidità per ripagare gli interessi sulle obbligazioni, aumenteranno la probabilità di default • Il contrario accadrà durante le fasi 2, 3 e 4: con più liquidità nelle casse, le società avranno maggior capacità di onorare le obbligazioni assunte Ecco il motivo per il quale i bond high yield non rappresentano una classe di investimento “sicura”: • Più aumenterà la probabilità di default e più sarà meno probabile per gli investitori ricevere il valore nominale del bond alla sua scadenza; questo non accade per gli Stati Uniti, dall’alto grado di rating e, per lo stesso motivo, altamente affidabili. Che correlazione esisterà tra spread ed S&P500? Si osservi la grafica successiva: Essa è negativa: • Il mercato azionario tenderà a registrare dei rialzi nelle fasi 2,3 e 4 del ciclo economico, caratterizzate da un aumento degli utili societari e da uno slancio positivo dei dati macroeconomici Essa è negativa: • Il mercato azionario tenderà a registrare dei rialzi nelle fasi 2,3 e 4 del ciclo economico, caratterizzate da un aumento degli utili societari e da uno slancio positivo dei dati macroeconomici 4. LO SPREAD OBBLIGAZIONARIO ATTUALE Come si presenta ad oggi lo spread? Si osservi la grafica successiva: Esso ha intrapreso una traiettoria ribassista dal 24 marzo 2023. Negli ultimi tempi ha realizzato un doppio mimino: vedremo se la figura tecnica darà il via ad un’inversione di tendenza. Osservando la grafica si può affermare che, ad oggi, il mercato prezzi più “soft landing” di una recessione. Detto in altre parole: • Ad oggi, il mercato non prezza una forte contrazione degli utili societari A presto! Selezione editorialedi MatteoFarci7