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Obiettivi NZD / USD per la notte delle elezioni Obiettivi NZD / USD per la notte delle elezioni
Voglia di vendere nell'incertezza? Questo potrebbe essere uno scenario per il NZD / USD in vista delle elezioni in Nuova Zelanda, che è troppo vicino per richiedere uno dei principali partiti politici in questo momento (Labour vs National). Il voto è stato aperto tutta la settimana e chiude il 14 ottobre, con il vincitore chiamato lo stesso giorno (ma dopo la chiusura di questa settimana di negoziazione).
I sondaggi hanno il partito nazionale di destra che si sta ritagliando un piccolo vantaggio al momento, ma alcuni singhiozzi hanno visto questo vantaggio ridursi nella scorsa settimana (ad esempio, sono stati sorpresi a mentire consapevolmente sull'importo che la persona media avrebbe ricevuto dai loro tagli fiscali promessi)
National ha anche promesso di rimuovere il mandato della Reserve Bank of New Zealand di considerare l'occupazione nelle sue decisioni sui tassi di interesse, il che potrebbe spostare la banca centrale verso una tendenza più accomodante (poiché le attuali forti cifre sull'occupazione in Nuova Zelanda stanno forse aumentando la sua propensione a salire). Combinate questo con l'incertezza generale indotta dalle elezioni, e alcuni obiettivi al ribasso per la coppia NZD/USD potrebbero essere tracciati in previsione della notte delle elezioni e del lunedì successivo ai risultati.
Il recente punto di contatto per 0.5861 è l'obiettivo più ovvio che la coppia dovrà superare se vuole cercare obiettivi più bassi. Ciò aprirebbe anche nuovi minimi del 2023, con i benchmark del 2022 che aiutano a fissare possibili obiettivi.
SFRUTTARE LO SPREAD PER VENDERE ALLO SCOPERTO LE BANCHE ITALIANE• Qual è l’importanza del BTP-BUND nel nostro Paese?
• Perché diventa un argomento di discussione frequente, soprattutto quando tende ad aumentare?
• Come si può trarre profitto dal suo aumento?
Buongiorno a tutti.
L’obiettivo di questo articolo è rispondere alle tre domande sopra citate, con la speranza di fornirvi contenuti il più possibile teorici, pratici e operativi. I protagonisti sono:
• BTP
• BUND
• Spread BTP-BUND
• Il rischio di credito
• L’impatto della svalutazione dei BTP e del rialzo dello spread sui bilanci delle banche italiane
• Una strategia operativa di vendita allo scoperto in trend-following
Vorrei sottolineare che i contenuti non devono essere interpretati come “consigli finanziari”. Buona lettura.
LO SPREAD BTP-BUND
Lo spread BTP-BUND, illustrato nella grafica successiva, rappresenta la differenza tra il rendimento del BTP decennale e quello del bund decennale. Esso è definito dalla semplice differenza matematica:
SPREAD BTP-BUND = IT10Y – DE10Y
Lo spread presenta variazioni che possono essere sia rialziste che ribassiste. La figura seguente illustra le implicazioni di tali variazioni:
• Quando lo spread è rialzista, il rendimento del BTP sovraperforma quello del Bund
• Al contrario, quando è in ribasso, il rendimento del BTP tende a “riavvicinarsi” a quello tedesco.
Lo spread è un indicatore attentamente monitorato poiché misura il grado di default del nostro Stato, ossia la sua capacità di onorare i suoi obblighi finanziari. Ora, con dei semplici esempi, sarà spiegato il modo in cui esso deve essere inteso.
Gli Stati mondiali, per finanziare le loro casse, emettono tipicamente obbligazioni (o titoli di Stato, se preferite), conosciute come “debito pubblico”:
• “Il debito” rappresenta l’interesse che gli Stati sono tenuti a rimborsare ai loro obbligazionisti, che costituiscono quindi il “pubblico”
Le obbligazioni, in quanto strumenti finanziari, presentano cinque rischi fondamentali:
• Rischio inflazione
• Rischio di credito
• Rischio di cambio
• Rischio di tasso di interesse
• Rischio di liquidità
Ogni rischio associato a un’obbligazione è riflettuto nel rendimento offerto al momento dell’acquisto. Di conseguenza:
• Più numerosi e significativi sono i rischi associati, maggiore sarà il suo rendimento
Questo ci porta a una delle eguaglianze più importanti nel mondo degli investimenti:
RISCHIO = RENDIMENTO
Abbiamo visto che lo spread differenzia i rendimenti del BTP e del BUND. Questo implica che:
• Se il BTP ha un rendimento più alto del Bund, l’emittente “Italia” sarà considerata più rischiosa rispetto all’emittente “Germania”
Entrambi i Paesi utilizzano la stessa valuta e sono quindi influenzati da una banca centrale comune, la BCE. Di conseguenza, condividono rischi molto simili, tra i quali quelli di inflazione, cambio, tasso di interesse e liquidità. Considerando solo il rischio di credito, possiamo affermare che:
• Se il BTP ha un alto rendimento rispetto al Bund, l’emittente “Italia” sarà considerata più rischiosa dal punto di vista creditizio rispetto all’emittente “Germania”
Non si può considerare la Germania più rischiosa rispetto al nostro Paese? La risposta è no; la Germania presenta il massimo grado di solvibilità, il che significa che è praticamente impossibile che dichiari default. Per questa ragione, viene utilizzata come riferimento per determinare il grado di solvibilità degli altri Paesi dell’euro zona, tra i quali proprio l’Italia.
Attualmente, lo spread BTP-BUND è intorno a valori del 2%. Questo implica che:
• Gli investitori richiedono un rendimento supplementare del 2% per investire nei titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi. Questo incremento del 2% rappresenta la remunerazione richiesta per assumersi il rischio di default
2. LO SPREAD DAL 2000 AD OGGI
L’Italia è sempre stata considerata più rischiosa della Germania dall’introduzione dell’euro? Per rispondere a questa domanda, osserviamo le grafiche successive:
• Dal 2000 al 2006 i rendimenti dei titoli decennali di entrambi i Paesi seguivano percorsi quasi paralleli, con il rendimento del BTP leggermente superiore a quello del BUND
Da questo possiamo dedurre che il rischio di default era praticamente lo stesso per entrambi. Per confermare questa deduzione, esaminiamo la grafica successiva che mostra i ratings assegnati ai due Paesi dall’agenzia Fitch:
• Nel periodo considerato, la Germania ha sempre mantenuto il massimo grado di rating, mentre l’Italia aveva un rating leggermente inferiore. Questo suggerisce che i due Paesi avevano una stabilità creditizia quasi identica e che il mercato richiedeva un rendimento supplementare molto basso per assumersi il rischio di default
Per coloro che non sono a conoscenza dei rating, si tratta di valutazioni fornite da agenzie di ratings come Fitch, Moody’s e S&P riguardanti la capacità di un emittente di ripagare i suoi debiti. Questi “giudizi” sono espressi in forma letteraria e, a scopo informativo, sono rappresentati nella grafica seguente:
Tra il 2007 e il 2012 si sono verificate due importanti crisi economico-finanziarie:
• La crisi immobiliare negli Stati Uniti, che ha successivamente scatenato la crisi del debito sovrano in Europa
Proprio nel 2007 i rendimenti hanno iniziato a divergere, con l’Italia percepita come sempre più rischiosa. Il picco è stato raggiunto nel 2011, quando lo spread ha toccato i suoi massimi storici (oltre il 5.5%).
Durante questo periodo la Germania ha mantenuto costantemente il suo rating di AAA, mentre l’Italia ha subito un declassamento da AA ad AA-, poi ad A+ e infine ad A-. Questo ha portato quest’ultima ad essere percepita sempre più rischiosa, sia dal mercato (come evidenziato dall’aumento dei rendimenti dei BTP sul mercato secondario), sia dalle agenzie di ratings.
Come evidenziato nelle due grafiche successive, la divergenza tra i due rendimenti si è mantenuta dalla crisi del debito sovrano fino ad oggi. Il rendimento italiano è rimasto costantemente superiore a quello tedesco, con il nostro Paese che ha subito un declassamento da A- a BBB.
Abbiamo esaminato come eventi economico-finanziari di grande portata possono mettere a rischio la solvibilità di uno Stato. Tuttavia, è importante non trascurare altri fattori come il debito pubblico e la crescita economica, che sono strettamente interconnessi, e la stabilità politica. Infatti:
• Esiste una differenza notevole se l’aumento del debito si verifica in un contesto di crescita economica rispetto ad un’economia stagnante: nel primo caso il debito verrebbe ripagato più facilmente poiché uno Stato genererebbe maggiori entrate fiscali (con un basso tasso di disoccupazione i consumatori avranno maggior reddito soggetto…a tassazione!). Questo non è vero in un contesto di decrescita economica o in un’economia stagnante. Il parametro per misurare questo è il rapporto debito/pil, espresso in percentuale
• Le instabilità politiche minano il sentiment degli investitori poiché generano incertezza. Sappiamo che i mercati non gradiscono affatto questa condizione
Le ultime tre grafiche mostrano i debiti pubblici italiano e tedesco al 2022 e le rispettive crescite economiche:
3. COME UTILIZZARE LO SPREAD BTP-BUND PER VENDERE ALLO SCOPERTO LE BANCHE ITALIANE
Negli ultimi due anni gli investitori retail sono stati particolarmente preoccupati per le obbligazioni. Si chiedono costantemente quando esse risaliranno e quando la banca centrale taglierà i tassi di interesse. Queste domande riflettono la loro incertezza, e non è difficile capire il motivo: avere titoli di stato svalutati nel proprio portafoglio di investimento non è certo piacevole.
La figura che segue illustra la svalutazione di un ETF obbligazionario “italiano” dal 2020 ad oggi:
Attualmente, il debito pubblico italiano si trova a livelli straordinariamente alti; al momento della scrittura di questo articolo, l’Italy Debt Clock si attesta a 3.010.345.819.700€. Ma chi detiene la maggior parte di questo debito? Una grafica elaborata da Unimpresa fornisce una risposta:
A marzo 2023:
• Il 26.3% era detenuto da investitori stranieri
• Il 25.8% dalla Banca d’Italia
• Il 25% circa dalle banche italiane
• Il 12.3% da fondi e istituzioni finanziarie
• Il 10.7% dalle famiglie italiane
Ciò che risalta nella grafica precedente è la quantità di titoli di stato detenuti dalle banche italiane. Il motivo? Anche loro investono la loro liquidità! Questo porta a una domanda naturale:
Cosa succede ad una banca se i titoli di stato che ha acquistato perdono valore? Cerchiamo di spiegare questa dinamica nel modo più semplice possibile.
In generale, il bilancio di una banca presenta due componenti principali: l’attivo e il passivo.
• L’attivo rappresenta “le attività” che la banca detiene e che possono generare reddito; queste includono la liquidità e le riserve obbligatorie (queste due sono essenziali per il funzionamento di una banca, anche se non generano direttamente reddito), i crediti verso altre istituzioni, i prestiti e finanziamenti alla clientela, e investimenti (titoli)
• Il passivo rappresenta la fonte di finanziamento della banca; queste includono i depositi dei clienti, i prestiti interbancari, l’emissione di obbligazioni, il capitale proprio (ad esempio, le risorse finanziare ottenute dagli azionisti) e altre passività
È importante capire un concetto fondamentale:
• La banca riceve del denaro attraverso le sue passività e utilizza quella liquidità per generare profitti attraverso le sue attività
La gestione di queste due voci del bilancio influisce sull’utile netto, che si calcola come segue:
UTILE NETTO = RICAVI TOTALI – COSTI TOTALI – AMMORTAMENTI – TASSE
Focalizziamoci ora sull’attivo e sui BTP. Cosa succede se i titoli di stato acquistati da una banca perdono valore?
La voce “investimenti” nel bilancio dell’attivo subirà una riduzione di valore.
Supponiamo che una banca abbia acquistato una grande quantità di BTP a un prezzo X. Il prezzo pagato per l’acquisto viene registrato dalla banca come “valore contabile”. Se a causa di particolari condizioni di mercato il valore di quella stessa grande quantità di BTP diminuisce, il valore di mercato delle obbligazioni diventa inferiore al valore contabile precedente. In questo caso, la banca è tenuta a rivalutare al valore corrente di mercato (un processo noto come “valutazione al fair value”), registrando così una perdita nell’attivo (processo noto come “svalutazione dell’attivo”) ma garantendo al contempo il valore reale del suo attivo.
Una perdita come quella descritta rappresenterebbe un costo per la banca, che andrebbe ad impattare sulla variabile “costi totali” nella formula di calcolo dell’utile netto.
Potreste chiedervi legittimamente:
“Qual è il legame tra tutto questo e lo spread? E come può essere utilizzato per vendere allo scoperto le banche italiane?”
Prendiamo in considerazione la prossima grafica, che illustra la correlazione negativa tra lo spread BTP-BUND e una banca italiana, Intesa San Paolo. Questo ci aiuterà a capire meglio la situazione.
La spiegazione della correlazione inversa è piuttosto semplice:
• Quando lo spread si rafforza, il rischio di credito dello Stato italiano aumenta. Di conseguenza, le obbligazioni aumentano il loro rendimento per compensare l’aumento di questo rischio. A causa della relazione inversa tra prezzo e rendimento, ciò si traduce in una svalutazione del prezzo delle obbligazioni sul mercato secondario. Questa svalutazione si riflette anche nei bilanci delle banche, come Intesa San Paolo, che potrebbe vedere una possibile diminuzione dell’utile netto per le ragioni discusse in precedenza.
• Se gli utili societari diminuiscono (e di conseguenza anche i dividendi distribuiti, dato che questi ultimi sono una parte dell’utile), i prezzi delle azioni probabilmente subiranno un ribasso.
Una strategia potenziale potrebbe essere quella di utilizzare lo spread come “indicatore” per vendere allo scoperto le banche italiane. Ma come si può utilizzare il BTP-BUND? E quali banche si dovrebbero scegliere? Ecco una possibile strategia di vendita piramidale basata sul trend-following:
• Impostare lo spread su un grafico giornaliero e osservare se esso mostra una tendenza:
Lo spread mostra una tendenza al rialzo!
• Correlare lo spread con le banche italiane e scegliere quella con il coefficiente di correlazione più negativo
L’ultima banca, Fineco, è quella che mostra la correlazione più negativa con lo spread.
• Se il coefficiente di correlazione continua a rimanere in territorio negativo (più è negativo, meglio è), con lo spread in rialzo, si potrebbe utilizzare lo spread come indicatore operativo per una strategia di vendita piramidale basata sul trend-following.
Credo che un esempio grafico spiegherà bene il concetto:
Al primo segnale short (breakout al rialzo) si sarebbe potuto allocare una parte del capitale per un primo short, mentre al secondo segnale (re-test del supporto) si sarebbe potuto allocare un’ulteriore porzione di capitale. Il prossimo grafico mostra un’ipotesi di un altro potenziale ingresso short sfruttando i ritracciamenti di Fibonacci.
Questo può essere un modo per riuscire a realizzare una strategia di trend following che preveda di utilizzare un indicatore come riferimento principale e un sottostante sul quale operare. Si tratta di un esempio volutamente semplicistico: per individuare le tendenze di un asset o di un indicatore, stabilire la forza o la debolezza del suo andamento e individuare quali possano essere i punti di entrata o di uscita del mercato, è necessario avere competenze di tipo tecnico.
Coloro che sono più interessati potrebbero chiedersi per quanto tempo lo spread potrebbe continuare a salire. Se dovesse verificarsi una recessione, sarebbe probabile che la sua tendenza rialzista continuerà. Se siete curiosi di conoscere i motivi dietro a ciò, vi invito a commentare l’analisi. Sarò lieto di creare un seguito per approfondire l’argomento.
A presto.
GUERRA IN ISRAELE, NFP e ORO!L’aumento delle tensioni geopolitiche sta pesando sulla propensione al rischio, in seguito all’attacco di Hamas contro Israele nel fine settimana.
I prezzi del petrolio sono balzati del 4%, con il greggio scambiato appena sotto la soglia degli 88 dollari al barile, dopo aver terminato la scorsa settimana appena sopra gli 84 dollari al barile.
I futures sui titoli del Tesoro sono aumentati, riflettendo una certa avversione al rischio a seguito degli eventi di questo fine settimana in Medio Oriente.
Il rapporto sull'occupazione di settembre ha fornito un'enorme sorpresa al rialzo per le buste paga del settore non agricolo, con l'NFP che ha quasi raddoppiato la stima di consenso a +336.000, mentre i mesi precedenti sono stati rivisti al rialzo.
Ciò aggiunge ulteriore benzina sul fuoco a sostegno della posizione “più alta per più tempo” della Fed.
Detto questo, i dettagli del rapporto sono stati contrastanti, poiché la retribuzione oraria media ha sorpreso al ribasso con un secondo aumento consecutivo dello 0,2% su base mensile che ha visto il tasso su base annua scendere dal 4,3% al 4,2%; il tasso di disoccupazione ha sorpreso al rialzo, dati i deboli guadagni occupazionali di soli 86.000 unità nel sondaggio sulle famiglie.
Inoltre, c'è da evidenziare che le revisioni al rialzo per il NFP di agosto sono state interamente guidate dalle buste paga governative, poiché le buste paga private sono state in realtà riviste leggermente al ribasso.
Al di fuori dei dati, bisogna tenere d'occhio la situazione a Washington.
Anche se per ora lo shutdown del governo è stato scongiurato, rimane una possibilità a metà novembre.
Quanto più si protrae la ricerca da parte della Camera di un nuovo relatore, tanto maggiore diventa il rischio.
Il calendario questa settimana è ricco di dati importanti, con il rapporto CPI di settembre, insieme al PPI e ai prezzi di importazione/esportazione.
In agenda ci sono anche la fiducia dei consumatori e i verbali della riunione del FOMC di settembre.
Sul fronte della Fed, i verbali della riunione del FOMC di settembre dovrebbero ribadire un forte sostegno all’orientamento “rialzista più a lungo”, come è stato evidenziato nel recente discorso della Fed.
Le ultime escalation della guerra in Israele hanno portato a rialzo i futures di diverse materie prime, tra cui l'oro.
Il futures dell'oro ha aperto con un GAP di oltre 100 pips a rialzo.
Perchè la guerra in Israele influenza l'oro?
L’aumento del rischio geopolitico spinge l’acquisto di asset come l’oro e al contempo aumenta la domanda di titoli del Tesoro statunitensi.
A preoccupare gli investitori è l’ipotesi di un conflitto più ampio a causa delle accuse di un coinvolgimento di Teheran negli attacchi.
Una valutazione che riguarda anche il dollaro che, in passato, ha tratto beneficio dalle crisi internazionali.
Il dollaro e lo yen sono infatti rimbalzati in scia alla recrudescenza delle tensioni in Medio Oriente, che hanno spinto i mercati anche verso le valute cosiddette rifugio.
Il gap rimane un'ottima occasione di trading, ma attenzione alle instabilità di breve termine.
L'oro dopo aver raggiunto i livelli segnalati la scorsa settimana a 1810$ l'oncia ha dato qualche segnale di possibile riassorbimento.
Nonostante questo i posizionamenti istituzionali rimangono ribassisti.
Buon trading a tutti
MERCATI EMERGENTI: tre indicatori da seguire attentamente Quali sono le prospettive attuali per i mercati emergenti? Rappresentano un’opportunità per il medio termine?
Buongiorno. L’analisi si concentrerà sui mercati emergenti, esaminati da una prospettiva macroeconomica e intermarket, utilizzando l’ETF iShares MSCI Emerging Markets e altri indicatori chiave, tra i quali:
• PMI composito globale
• Dollaro americano
• Indice di sentiment economico SPHB/SPLV
• Spread obbligazionario ad alto rendimento dei mercati emergenti
Buona lettura.
1. ANALISI TECNICA “EEM”
La figura successiva ha lo scopo di analizzare dal punto di vista tecnico il prezzo dell’ETF “EEM”, che mira a replicare i risultati di investimento di un indice composto da azioni di società dei mercati emergenti a grande e media capitalizzazione.
Il prezzo, dopo aver toccato il minimo del mercato ribassista raggiunto a fine ottobre 2022, ha registrato un significativo impulso rialzista che si è concluso il 26 gennaio del 2023; da quella data in poi, tuttavia, esso ha mostrato segni di debolezza:
• Le strutture di prezzo più significative includono una resistenza dinamica ribassista, testata due volte (fine gennaio e fine luglio), e il supporto situato a 37.5$/36.5$
La figura di analisi tecnica caratterizzata da una resistenza dinamica ribassista e un supporto statico è comunemente nota come “triangolo discendente” che effettivamente indica una debolezza del prezzo; quest’ultima si è accentuata a partire dall’ultimo massimo del 31 luglio, portando ad una performance negativa del -11.4% da quel giorno in avanti.
A scopo informativo rilascio le successive due grafiche che mostrano i principali componenti dell’ETF, l’esposizione settoriale e quella geografica.
2. I FATTORI CHE INFLUENZANO I MERCATI EMERGENTI
Prima di acquistare (o vendere) un asset finanziario è necessario sapere (e poi capire) quali sono le dinamiche che vanno ad influenzarlo.
Per quanto riguarda i mercati emergenti, le due più importanti sono:
• L’intensità economica
• Il dollaro americano
Le dinamiche sopra descritte sono confermate dalle due grafiche successive:
• La correlazione diretta EEM – PMI composito globale
• La correlazione inversa EEM – indice del dollaro americano
Le due grafiche precedenti sottintendono che i mercati azionari dei Paesi emergenti realizzano buone performance al crescere dell’intensità economica e all’indebolirsi del dollaro americano.
Perché? I motivi sono presto spiegati.
Lato economia:
• Durante i periodi di crescita economica si verificano sentiment positivi tra i consumatori, che si traducono in una maggior domanda per beni e servizi. L’aumento delle vendite da parte delle società si traduce in utili in crescita e, di conseguenza, in buone performance nei mercati azionari
Lato dollaro americano:
• Una caratteristica comune della maggior parte delle valute emergenti è la loro elevata volatilità rispetto alle valute delle principali potenze economiche mondiali. Le società, come gli Stati, ricorrono a diversi mezzi per ottenere fondi, tra i quali l’emissione di obbligazioni. Tuttavia, per i Paesi emergenti, non è sempre facile reperire denaro attraverso l’emissione di debito denominato nella loro valuta locale poiché potenziali obbligazionisti potrebbero essere riluttanti a sopportare un rischio di cambio elevato; quest’ultimo rischio afferma che:
“Quanto più la valuta nella quale è denominato un bond si deprezza rispetto alla valuta detenuta dal creditore, tanto più il rischio di cambio è alto”
È così che i Paesi emergenti, insieme alle loro società, emettono obbligazioni in valuta estera (o valuta forte) per assumersi il rischio di cambio, rendendo così il debito più attraente per i mercati.
Tuttavia, sorge un problema nell’emissione in valuta estera quando quella valuta stessa (la valuta forte) inizia a rafforzarsi rispetto alla valuta emergente. In questo caso, per pagare gli interessi, sarà necessario utilizzare una maggiore quantità di denaro a causa della svalutazione. Questo significa che il debito diventa più oneroso da rimborsare in termini di valuta locale.
È interessante notare un aspetto importante: come mostrato nella grafica successiva, il dollaro americano tende ad indebolirsi al crescere dell’intensità economica.
3. I GRAFICI CHE INFLUENZANO I MERCATI EMERGENTI
Per creare i grafici da seguire per ottenere un vantaggio sui mercati emergenti è necessario rappresentare graficamente le informazioni contenute nel paragrafo precedente, sviluppando degli indicatori a cadenza giornaliera. Mentre l’indice del dollaro americano fornisce risultati giornalieri, il PMI composito globale viene comunicato mensilmente. Per risolvere questo problema, è necessario creare un indice “a cadenza giornaliera” che sia correlato positivamente al dato macroeconomico stesso. Tale indice è rappresentato da SPHB/SPLV, che misura la forza relativa tra l’ETF delle società dell’S&P500 ad alta volatilità (SPHB) e l’ETF delle società dello stesso benchmark a bassa volatilità (SPLV). Non tratterò dettagliatamente questo indice in questo contesto; per ulteriori informazioni, è possibile consultare una descrizione all’interno di altre analisi da me scritte; una di queste al link:
Calcoliamo ora la correlazione tra SPHB/SPLV e PMI composito globale:
Essa è fortemente positiva. In breve:
• Durante una crescita economica, le società ad alta volatilità tendono a sovraperformare quelle a bassa volatilità, mentre durante un rallentamento economico si verifica il contrario
Avendo costruito l’indice a cadenza giornaliera, passiamo allo step successivo: che prestazioni realizza l’ETF “EEM” quando si verificano ribassi del dollaro e rialzi dell’indice? Osserviamolo nella figura successiva:
In quei particolari contesti, indicati all’interno della figura dai rettangoli di color verde, sono sempre positive. Per questo motivo, dollaro americano e SPHB/SPLV sono degli “indicatori” da conoscere se si vuole investire sui mercati emergenti. Questi ultimi, ad oggi, rappresentano un’opportunità? Per rispondere alla domanda in modo soggettivo (non è un consiglio finanziario), si osservi la figura successiva:
L’indice relativo ai settori ad alta e bassa volatilità mostra un trend ribassista, mentre il dollaro americano sta registrando un trend rialzista. A causa delle forti correlazioni osservate, la mia visione attuale sull’ETF “EEM” è short. Cambierò idea solo nel caso in cui le condizioni economiche subiscano un cambiamento significativo.
4. LO SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO DEI MERCATI EMERGENTI
Ci tengo a fornirvi un ulteriore strumento di studio: lo spread obbligazionario ad alto rendimento dei mercati emergenti.
Esso è il risultato di una sottrazione (spread) tra i rendimenti di obbligazioni societarie dei mercati emergenti ad alto grado di rischio (high yield, o junk bonds) e i rendimenti dei titoli di stato americani (considerati privi di rischio).
SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO DEI MERCATI EMERGENTI = RENDIMENTI DEI BOND SOCIETARI HIGH YIELD EMERGENTI – RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO USA
Nella sua costruzione è simile allo spread obbligazionario ad alto rendimento statunitense, descritto in maniera approfondita nell’analisi al link:
Gli spread obbligazionari sono utilizzati per misurare il rischio di credito delle società appartenenti ad una determinata classe di rating:
• Il rischio aumenta all’espandersi dello spread
• Il rischio diminuisce nel caso opposto
La figura successiva mostra come il rischio sia legato all’intensità economica.
La chiave di lettura della figura è la seguente:
• Durante i periodi di crescita economica le società tendono a registrare maggiori vendite, il che si traduce in utili in crescita. La presenza di maggior liquidità disponibile riduce il rischio di default, in quanto le società hanno la capacità di pagare gli interessi sul debito senza troppi problemi
• In un periodo di rallentamento economico accade l’opposto: una minore liquidità disponibile può causare difficoltà nel ripagare i debiti, aumentando di fatto la probabilità di insolvenza
Contestualizzando lo spread con i due indicatori, possiamo ottenere ulteriori informazioni:
• Il rischio di default non è unicamente correlato all’intensità economica, ma anche alle prestazioni del dollaro americano. La figura seguente dimostra che un indebolimento del dollaro può effettivamente ridurre il rischio di default delle società emergenti (queste ultime avranno un onere sul debito inferiore perché sarà meno costoso ripagare gli interessi in termini di valuta locale)
Per i motivi discussi, lo spread high yield rappresenta il terzo indicatore da seguire se si vuole investire con successo nei mercati emergenti.
Risponderò alle vostre domande (qualora ci fossero dei dubbi) nella sezione commenti. Un saluto, a presto.
LA FORZA DEL DOLLARO, GOLD 1840$Questa settimana i protagonisti saranno i dati macroeconomici sul lavoro, con il rapporto sull'occupazione non agricola previsto per venerdì e i nuovi lavori JOLTS di domani.
Le previsioni preliminari per il rapporto sull'occupazione di settembre prevedono un ulteriore raffreddamento, proseguendo la tendenza in atto negli ultimi mesi.
Nello specifico, gli analisti prevedono che i salari del settore non agricolo aumenteranno di 160.000, ovvero il quarto mese consecutivo al di sotto dei 200.000.
Il tasso di disoccupazione potrebbe scendere dal 3,8% al 3,7%.
La settimana precedente è stata un’altra settimana contrastante sul fronte dei dati macroeconomici.
Considerato il dato più debole per l’inflazione PCE core, nel complesso possiamo pensare che la Fed rimarrà sulla stessa strada, lasciando il tasso invariato al 5.5% nella riunione di novembre.
I prezzi PCE headline sono aumentati dello 0,4% su base mensile con il ritmo annuale in riaccelerazione al 3,5%.
Detto questo, la forza dell’inflazione complessiva è stata in gran parte determinata da un’impennata dei prezzi dell’energia.
In tema di risparmio, il tasso di risparmio personale rimane a un livello basso, scendendo al 3,9% in agosto dal 4,1% di luglio per raggiungere il livello più basso dalla fine del 2022.
Per un periodo si è mantenuto saldamente al di sotto della media pre-Covid.
I consumatori sono diventati meno ottimisti nell'economia, con i parametri relativi alla fiducia e al sentiment in calo negli ultimi mesi.
Ad esempio, l’indice della fiducia dei consumatori del conference board è sceso di altri 5 punti, oltre al calo di oltre 5 punti di agosto.
Le vendite di nuove case sono crollate del -8,7% su base mensile, indicando che il settore immobiliare rimane sotto pressione nonostante i segnali di stabilizzazione all'inizio dell'anno.
Infine, i diversi sondaggi regionali sul settore manifatturiero sono rimasti deboli, con l'indice della Fed di Dallas profondamente in territorio negativo.
DASHBOARD degli ultimi dati:
Dopo la sessione di venerdì, negli Stati Uniti sono state approvate con successo leggi per evitare uno shutdown del governo, assicurando finanziamenti fino al 17 novembre.
Questo sviluppo ha indotto una ripresa della traiettoria ascendente del dollaro USA.
Il rendimento del titolo del Tesoro USA a 10 anni si attesta al 4,62%, ai massimi dal 2007.
L'oro ha rotto tutti i livelli di supporto e si trova ora a 1835$ l'oncia.
Attualmente non vedo livelli di supporto prima del livello 1810-1800$.
Il futuro dell'oro è sempre più legato al contesto dei tassi d'interesse.
Le previsioni a breve termine per l'oro rimangono ribassiste.
Buon trading a tutti
CAD/JPY: i grafici da seguire per speculare sul tasso di cambioIl tasso di cambio CAD/JPY (dollaro canadese / yen giapponese) era ed è rialzista. Ma come sarà nei prossimi mesi? Perché è importante dal punto di vista didattico?
Questo è l’obiettivo della guida/analisi: rispondere alle domande precedenti e mostrare alcuni grafici da seguire in ottica speculazione di breve-medio termine sul tasso di cambio medesimo.
I protagonisti dell’analisi:
• Indice del dollaro canadese
• Indice dello yen giapponese
• Tasso di cambio CAD/JPY
• Spread tra tassi di interesse canadesi e giapponesi
• Spread tra rendimenti dei titoli di stato a scadenza due anni canadesi e giapponesi
• Economia canadese e prezzo del petrolio
• PMI composito globale
• Lo yen come valuta rifugio e la sua correlazione con il decennale giapponese
• Due prospettive future per il tasso di cambio
Buona visione.
1. ANALISI TECNICA CAD E JPY
Come di consueto, iniziamo il primo paragrafo con l’analisi tecnica delle due valute, partendo dal dollaro canadese.
La valuta sta lateralizzando da un anno a questa parte. È possibile osservare una resistenza a 0.755, un supporto intermedio a 0.731 e un supporto “basso” a 0.72. Il prezzo, durante l’estate, ha tentato la rottura della resistenza arrivando a valori di 0.766 per poi rientrare all’interno del canale di lateralizzazione di colore giallo.
Commentiamo ora lo Yen:
La valuta è ribassista dal 17 gennaio 2023, con il prezzo incanalato tra una resistenza e un supporto dinamici; a partire da luglio si ha avuta la formazione di un supporto dinamico intermedio, testato diverse volte.
Quelli rappresentati nei due grafici altro non sono che i futures delle due valute, che misurano il valore di esse rispetto a diverse altre valute di riferimento (come il dollaro americano, l’euro, la sterlina britannica, il franco svizzero); i due, pertanto, possono essere considerati come indici.
Andiamo ora ad analizzare il tasso di cambio CAD/JPY:
Dal punto di vista settimanale, la figura soprastante lascia pochi dubbi:
• Il tasso di cambio è fortemente rialzista da marzo del 2020; il trend si è sviluppato lungo un supporto dinamico testato svariate volte da minimi via via crescenti. In Q4 2022 e Q3 2023 il prezzo ha raggiunto valori che non testava dal lontano dicembre del 2014 (a 106.5 ¥); quella resistenza è ora la struttura più importante (su TM weekly)
Diamo uno sguardo al grafico giornaliero, ricco di figure tecniche:
La prima figura che balza all’occhio è un cup & handle rialzista (in italiano, tazza e manico); esso ha avuto inizio il 20 ottobre 2022. All’interno della tazza è individuabile un doppio minimo che da cui successivamente, da manuale di analisi tecnica, si è sviluppato un nuovo impulso rialzista; il prezzo ha successivamente realizzato il manico, rotto al rialzo due settimane dopo la formazione. Nelle ultime settimane è individuabile un triangolo ascendente (accompagnato da una compressione di volatilità). Il prezzo è ora ai massimi dal 2014.
2. LA DIVERGENZA TRA POLITICHE MONETARIE
Perché questa netta supremazia del dollaro canadese? I motivi sono presto spiegati con l’applicazione dell’analisi intermarket e macroeconomica:
• L’enorme divergenza tra politiche monetarie del Canada e del Giappone
Osserviamo la figura seguente:
I tassi del Canada sono pari al 5%, mentre quelli applicati dalla Bank of Japan addirittura negativi, al -0.1%. Questa netta divergenza è visualizzabile nella grafica successiva, dove è rappresentato lo spread tra i due tassi di interesse (al +5.1%).
Un modello migliorare per rappresentare graficamente la divergenza stessa è quello di realizzare un altro spread, correlato positivamente allo spread tra i tassi di interesse: quello tra il rendimento a 2 anni del titolo di stato canadese e il rendimento alla stessa scadenza del titolo giapponese.
Perché i due spread raffigurati sono correlati positivamente? I bond presentano il rischio “tassi di interesse”; più essi vengono alzati e più il prezzo delle obbligazioni tende a soffrire con relativo…rialzo del rendimento. Dei titoli alle diverse scadenze (della curva dei rendimenti) quello a 2 anni è tra i più influenzati dalle aspettative di politica monetaria. In particolare:
• Ad aspettative di politica monetaria restrittiva, il rendimento del bond tenderà a rafforzarsi
• Ad aspettative opposte, tenderà ad indebolirsi
Tutto ciò significa che:
• Se le aspettative di politica monetaria saranno più restrittive per il Canada rispetto al Giappone, allora CA02Y (rendimento del bond canadese a due anni) si rafforzerà più di JP02Y (rendimento del bond giapponese alla stessa scadenza)
• Ad aspettative opposte accadrà il contrario, con JP02Y a sovraperformare CA02Y
È importantissimo capire che:
• Lo spread tra i tassi di interesse è frutto di un’operazione matematica
• Lo spread tra i rendimenti, al contrario, esplicita quello che il mercato si aspetta nell’immediato futuro
Ecco, quindi, che uno spread è leading indicator dell’altro!
La prossima grafica chiarifica che il tasso di cambio CAD/JPY è catalizzato dalle aspettative sugli interest rates dei due Stati:
Per coloro che non capiscono le dinamiche dietro a questa correlazione positiva:
• Più una banca centrale aumenterà i tassi di interesse e più aumenteranno i rendimenti offerti dagli asset denominati in quella valuta; un esempio? Le obbligazioni! Più esse offriranno alti rendimenti e più saranno attraenti per gli investitori che, per acquistarle, venderanno la loro valuta per acquistare quella nella quale esse sono denominate aumentando di fatto…la loro domanda!
Per quest’ultimo punto e, soprattutto, per la legge di domanda e offerta, una valuta tenderà ad apprezzarsi. Considerando i differenziali di rendimento offerti dai due Stati, ne deriva la correlazione positiva tra tasso di cambio e spread; tuttavia, il dollaro canadese potrebbe essere rafforzato ulteriormente da un'altra dinamica!
3. DOLLARO CANADESE E PETROLIO: UNA CORRELAZIONE DA RICORDARE
Di seguito è possibile osservare la correlazione positiva esistente tra CAD e prezzo del petrolio:
Il titolo del paragrafo ha esordito con un “ricordare”; in effetti, il binomio CAD-petrolio è uno dei più conosciuti nel mondo forex.
Perché? Proviamo a spiegarlo.
Secondo l’International Energy Agency (IEA), nel 2020 il Canada:
• Era il quarto paese produttore di petrolio (255 milioni di tonnellate, il 6% del totale) ed il quarto paese esportatore (154 milioni di tonnellate, il 7.5% del totale)
Le esportazioni canadesi, come riporta il sito di Trading Economics, valgono il 30% del PIL:
L’immagine successiva mostra i principali partner commerciali del Canada; di spicco gli Stati Uniti d’America.
Quanto impattano le esportazioni di petrolio sulle esportazioni totali? Eseguendo un rapido calcolo, il 14% circa:
Ovviamente, all’aumentare del prezzo del crude oil, aumenteranno i guadagni derivati dalle esportazioni della materia prima energetica stessa:
Tutto questo avrà un impatto sul PIL totale. Infatti, considerando la sua formula di calcolo con il metodo della spesa:
PIL = C + I + G + (EX – IM)
Dove:
C: Consumi
I: Investimenti
G: Spesa pubblica
EX: Esportazioni
IM: Importazioni
Più aumenterà il valore delle esportazioni, più salirà la differenza tra EX – IM e (trattandosi infine di una somma) più si rafforzerà il prodotto interno lordo.
Ecco quindi spiegata la correlazione positiva tra dollaro canadese e prezzo del petrolio:
• All’aumentare delle esportazioni (e del prezzo) di petrolio il PIL canadese tenderà a rafforzarsi e, di riflesso, la valuta tenderà ad apprezzarsi
• Al diminuire delle esportazioni e del prezzo del crude oil il PIL del Canada tenderà ad indebolirsi con associato deprezzamento della valuta
È importante ricordare che una valuta non è influenzata unicamente dai tassi di interesse, ma anche dalle condizioni economiche di un Paese.
4. I GRAFICI DA OSSERVARE IN OTTICA SPECULATIVA: CL1!, CA02Y-JP02Y E RELATIVE CORRELAZIONI
Andiamo ora a studiare la correlazione tra petrolio e CAD a livello giornaliero:
La valuta e la materia prima sono (e sono stati) correlati positivamente negli archi di tempo indicati dai rettangoli di colore verde. Andiamo ora ad osservare la correlazione CAD/JPY e CL1!:
Essa, nell’ultimo periodo, appare fortemente positiva (ad altissimi valori, +0.88).
L’analisi ha esordito con un:
“Il cambio CAD/JPY era ed è rialzista. Ma come sarà?”
Rispondiamo osservando le prossime figure:
• Sarà rialzista se il prezzo del petrolio e lo spread continueranno ad essere rialzisti, a patto che le correlazioni continueranno a mantenersi stabili, ai valori osservati
Se si eviterà una recessione globale e si materializzasse il famoso “soft landing” sarà probabile osservare un rialzo generalizzato dei tre protagonisti
• Il petrolio sarà sostenuto al rialzo da un aumento della domanda globale
• I rendimenti canadesi continueranno ad essere superiori a quelli giapponesi.
Al momento, personalmente (e per la mia operatività), non andrò alla ricerca di entrate short, perché non avrei dei vantaggi (viste e considerate le correlazioni).
Osservate dunque quei grafici, potrebbero indicarvi la via da seguire.
E se invece si materializzasse una contrazione economica?
5. IL CAMBIO CAD/JPY IN UNA POTENZIALE RECESSIONE
Che prestazioni ha registrato lo Yen nelle ultime due recessioni?
• + 11% circa nella recessione del 2020
• Quasi il +30% in quella del 2008
Perché queste performance?
• Lo yen è considerata una valuta rifugio, ossia un asset in cui gli investitori ricercano “protezione del capitale” durante momenti di forte incertezza economica (da qui la correlazione diretta VIX – YEN, osservabile nelle due grafiche precedenti).
Il motivo per il quale la valuta agisce da porto sicuro è semplice:
• Abbiamo citato svariate volte la parola “rendimenti”; ebbene, maggiore è il rendimento offerto da un asset, più grande sarà il rischio al quale l’investitore si esporrà acquistandolo. Durante momenti di incertezza economica, definita di “risk off”, gli investitori andranno a caccia di asset dal basso rischio e, quindi, dal basso rendimento. Un Paese in grado di offrire rifugio è proprio il Giappone, caratterizzato da obbligazioni con quelle qualità.
Più acquisti di quei bond (bond sovrani, per intendere) si verificheranno, tanta più domanda di yen giapponesi ci sarà, con annesso apprezzamento della valuta (per la dinamica spiegata precedentemente).
Le due figure successive concentrano l’attenzione proprio su questo aspetto:
Nelle ultime due recessioni il rendimento del decennale giapponese ha visto dei ribassi:
• Questo aspetto, per il rapporto inverso rendimento – prezzo dei bond, sottolinea l’acquisto di quell’asset rifugio, con annesso rafforzamento della valuta
Concludiamo l’analisi rispondendo dunque alla domanda “se si materializzasse una contrazione economica”?
Personalmente, mi aspetterei questo:
• Il prezzo del petrolio, OPEC permettendo, tenderà a deprezzarsi per un indebolimento della domanda globale
Lo spread CA02Y-JP02Y inizierà probabilmente a contrarsi, infatti:
• La banca centrale canadese inizierà un processo di taglio dei tassi (per favorire la ripresa dell’economia), con annesso ribasso del rendimento a 2 anni; la banca centrale giapponese probabilmente no. Il motivo? La sua politica monetaria è già caratterizzata da tassi di interesse negativi!
Le ultime due grafiche mostrano le prestazioni di CAD/JPY durante le ultime due recessioni:
• -13% nel 2020
• -45% nel 2007-2009
Domanda delle domande:
“E se il cambio CAD/JPY, al contrario delle aspettative, diventasse uno dei migliori short del 2024?”
E voi che ne pensate?
Per qualsiasi domanda utilizzate la sezione commenti. A presto!
Zigzag Ciclo finale ABC ha un target di 2955$.Vediamo SP500 che sta formando un a bellissima (4) in un super ciclo.
Se il prezzo si muove con da me previsto prossimità di una formazione di un zigzag (5-3-5) un movimento ABC ciclico di correzione dove ce una A 5 onde una B 3 onde e una C 5 onde.
Se notiamo il prezzi sul canale che si trova, a già formato una A 5 onde e una B a 5 onde attualmente siamo ai principi del movimento finale della C ciclica a 5 onde.
Scendendo da tf W al D si nota che la prima onda impulsiva short la fatta con una 2 di ritraccio ritornando sui ad sfiorare il canale, probabile movimento dell'onda 3 violento ed duraturo nel temo, tutto il ciclo finale della ABC ha un target di 2955$.
REPORT Q4 2023: attenzione al DAX!Questa settimana ho pubblicato un’analisi dal titolo “Report Q4 2023: i grafici da seguire per investire consapevolmente”. Essa è reperibile al link:
•
All’interno della discussione elencavo diversi indici di forza da seguire, responsabili dei movimenti di diverse asset class, tra le quali il mercato azionario statunitense. Uno di questi indici era LQDH/LQD, correlato inversamente al Nasdaq:
Questo a livello statunitense. E per quanto riguarda il mercato europeo? Quali indici o dati da monitorare per cavalcare potenziali tendenze sul DAX?
Buongiorno a tutti.
Questa analisi altro non è che un “sequel” dell’analisi precedente, frutto dell’estratto di un mio report personale. Come da titolo il focus sarà rivolto sul DAX tedesco, mentre gli altri protagonisti del report saranno:
• IFO sulla fiducia delle imprese
• ZEW sulla fiducia degli investitori
• Fiducia dei consumatori
• Indicatore sulle aspettative dei tassi BCE (IBGS/IBGM)
• PMI manifatturiero
• PMI sui servizi
Buona lettura!
1. LE PRESTAZIONI DEL DAX
Andiamo a commentare il DAX dal punto di vista tecnico:
L’indice azionario tedesco ha vissuto dei momenti di forte tendenza rialzista (dal 29 settembre 2022 al 19 maggio 2023) in cui è riuscito a realizzare una grande prestazione del +37.60% circa; la stessa forza pare sia svanita negli ultimi mesi. Osserviamo la grafica seguente:
Possiamo assistere ad una lateralizzazione del prezzo, indicata dal rettangolo di color giallo. Interessante notare come esso, dal 31 luglio, abbia realizzato un triangolo discendente (figura tecnica ribassista) che ha visto un breakout lo scorso 25 settembre.
2. DAX E DATI MACROECONOMICI CHIAVE: IFO, ZEW E FIDUCIA DEI CONSUMATORI
C’è ora da chiedersi quali potevano essere le forze che avevano sostenuto il rialzo dell’indice e quelle che ora stanno catalizzando il suo ribasso; a tal proposito, si osservino le due figure successive:
Il rialzo del 29 settembre ’22 / 19 maggio ’23 era stato sostenuto dalla forza di alcuni dati macroeconomici chiave (ovviamente a livello tedesco), tra i quali:
• IFO sulle aspettative future (che misura la fiducia delle imprese tedesche con un’ottica temporale a sei mesi)
• ZEW sulle aspettative future (che misura la fiducia di investitori istituzionali e analisti sul futuro economico tedesco)
• Fiducia dei consumatori
L’ultimo ribasso, al contrario, è stato sostenuto dalla debolezza degli stessi dati macroeconomici.
Perché essi riescono ad impattare sul DAX? Per spiegare ciò occorre osservare le tre grafiche successive che, in ordine, mostrano:
• La correlazione positiva DAX – IFO sulle aspettative future
• La correlazione positiva DAX – ZEW sulle aspettative future
• La correlazione positiva DAX – fiducia dei consumatori
Le correlazioni positive osservate sottolineano come quei dati macro riescano ad influenzare decisamente l’indice azionario.
Domanda delle domande:
“Perché?”
Proviamo a realizzare dei ragionamenti logici, partendo dal dato sulla fiducia dei consumatori.
• Ad una maggior fiducia di questi ultimi corrisponderà molto probabilmente un aumento della loro domanda per beni e servizi: essi andranno ad aumentare le loro spese; questo andrà a migliorare il sentiment delle imprese, che rafforzeranno i loro utili societari. Al verificarsi di queste condizioni migliorerà altresì il sentiment di analisti e investitori.
È importante ricordare che una delle variabili della formula del calcolo del PIL (utilizzando il metodo della spesa) sono proprio i consumi. La formula in questione è:
PIL = C + I + G + (EX – IM)
Dove:
C: Consumi
I: Investimenti
G: Spesa pubblica
(EX - IM): Export – Import
Dunque:
• All’aumentare della fiducia dei consumatori aumenterà la variabile C ma anche…quella I. Il motivo è semplice: vedendo un aumento della fiducia dei consumatori, le imprese saranno più incentivate ad investire dei capitali in nuovi progetti e beni strumentali
L’esempio è stato realizzato immaginando un contesto di espansione economica, caratterizzata da un aumento della domanda e degli investimenti delle imprese. È vero l’opposto in condizioni di rallentamento economico, dove le “variabili” di consumo e di sentiment andranno ad invertire la tendenza.
In un contesto del genere, come potrà mai essere il sentiment degli investitori? Sicuramente positivo, dal momento in cui è proprio in un’espansione economica che il mercato azionario realizza le sue migliori performance, sostenuto da un aumento degli utili delle società quotate!
L’esempio sottintende una questione importante:
• I tre dati macroeconomici si influenzano a vicenda e, a loro volta, influenzano il mercato azionario (DAX)
Troviamo conferma nelle successive correlazioni positive tra i tre dati macro:
3. ATTENZIONE ALLA BCE
Concentriamoci ora sulla politica monetaria in Euro Area.
L’ultima riunione datata 14 settembre ha visto una BCE “falco” aumentare i tassi di interesse di altri 25 punti base con lo scopo di combattere l’aumento dell’indice dei prezzi al consumo.
I tassi, ad oggi, si trovano al 4.5%, come nell’epoca della bolla di internet (2000-2001); c’è da stupirsi? Direi di no, dal momento in cui la banca centrale ha dovuto affrontare un tasso di inflazione che al suo massimo anno/anno registrava valori in doppia cifra: +10% e poco oltre.
Più una politica monetaria si presenta restrittiva e più, nel medio periodo, impatta in negativo sul mercato azionario; spiegherò i motivi più avanti.
Ora è necessario ricavare un indice di forza che espliciti le aspettative del mercato sui tassi di interesse BCE; sarebbe stato utile avere un “LQDH/LQD” europeo, ma questo non è possibile. Come “arrangiarsi” in tal senso? Sfruttando il concetto di duration!
• Sappiamo che l’asset class obbligazionaria presenta il rischio “tassi di interesse”; all’aumentare di essi corrisponderà un deprezzamento dei bond. La duration, espressa in termini di tempo (in anni, tipicamente), ci fornisce una misura di quanto una particolare obbligazione (o ETF obbligazionario) venga effettivamente impattata. All’aumentare della duration, aumenterà il potenziale deprezzamento di un bond in seguito a un rialzo dei tassi di interesse
Prendiamo in considerazione due ETF obbligazionari che replicano l’andamento di prezzo di un indice di titoli di stato europei. Essi sono mostrati nella figura successiva:
• L’iShares € Govt Bond 1-3yr ETF, dal ticker “IBGS”
• L’iShares € Govt Bond 7-10yr ETF, dal ticker “IBGM”
Le due grafiche successive mostrano gli emittenti principali e le relative duration dei due ETF:
La duration di IBGM (7.84 anni) si presenta superiore rispetto a quella di IBGS (1.68 anni).
Il prezzo del primo ETF è stato più ribassista del secondo durante l’inasprimento della politica monetaria? Proprio così, e questo è dimostrato nella grafica successiva:
Dal 2022 ad oggi, durante il processo di rialzo dei tassi, l’ETF a maggior duration ha realizzato performance peggiori (del -21.36%) rispetto all’altro (-3.45%).
Osservate l’arco temporale gennaio 2022-giugno 2022:
• Nonostante i tassi di interesse fossero ancorati allo 0%, il movimento dei due ETF a diversa duration aveva anticipato il rialzo dei tassi
Questo cosa significa?
• Gli investitori acquistano o vendono le loro aspettative
Infatti, creando un indice di forza tra i due ETF, “IBGS/IBGM”, si ottiene un indicatore anticipatore (leading indicator) sui tassi di interesse. Questo è rappresentato nella figura successiva:
• Ad un rialzo dell’indicatore leading corrisponderanno aspettative di inasprimento monetario, al contrario aspettative di allentamento
Le aspettative del mercato sui tassi di interesse stanno impattando sull’indice azionario DAX? Proviamo a scoprirlo nella grafica seguente:
Sembrerebbe di sì. In particolare:
• È dal 6 luglio 2023 che DAX e IBGS/IBGM presentano tra loro una correlazione negativa; il ribasso dell’indice azionario (dal 31 luglio) ha avuto inizio al rialzo del leading indicator (nella medesima seduta di contrattazioni). La stessa correlazione inversa ha dato vita a due figure tecniche completamente opposte: un triangolo discendente ribassista e uno ascendente rialzista
Ma…non finisce qua! È interessante notare la formazione di altre correlazioni inverse del leading indicator con i tre dati macroeconomici citati precedentemente. A tal proposito, si osservino le tre figure successive:
Più una politica monetaria si presenta restrittiva e più, nel medio periodo, impatta in negativo sul mercato azionario.
• Al salire del costo del denaro, diminuirà la domanda dei consumatori per prestiti e finanziamenti per acquisti di beni discrezionali; a risentirne in negativo saranno le imprese, che vedranno volumi di vendita in rallentamento. A questo punto, in uno scenario di rallentamento economico, peggiorerà il sentiment di investitori e analisti
In uno scenario di questo tipo, riconducibile alla fase 6 del ciclo economico (che stiamo vivendo), che tendenza presenta (o, per lo meno, dovrebbe presentare) il mercato azionario? Ribassista!
Per tutti i motivi evidenziati, la mia visione da oggi alla fine dell’anno sarà ribassista. Andrò ad osservare attentamente le correlazioni, specie quella inversa IBGS/IBGM – DAX. Senza dimenticare altri due dati macro: i due PMI (servizi e manifatturiero), entrambi in territorio di contrazione:
Per terminare l’analisi:
• L’area di prezzo più importante che il DAX andrebbe a testare in un eventuale ribasso sarebbe quella dei 14500€ - 14900€.
Per qualsiasi domanda contattatemi pure.
A presto.
GOLD: PRONTI A PARTIRE?!Vorrei condividere degli spunti interessanti sull'asset XAU/USD.
Credo che tutti conoscano il motivo per cui XAU/USD è temuto dalla maggior parte dei retail: Grandi volumi e grandi volatilità.
Negli ultimi 3 mesi abbiamo potuto assistere a movimenti e attacchi ribassisti da parte del Gold, che continua ad attaccare i livelli 1920-1900.
Tutti questi movimenti ribassisti sono stati neutralizzati dai buyers in quanto il prezzo ha sempre chiuso sopra i 1920$ all'oncia.
Quali sono i pilastri che reggono l'oro ancorato ai massimi?
Vorrei subito mostrare un grafico che rende l'idea dello scenario attuale.
Dopo le parole di Powell di mercoledì scorso, dove ha confermato il tasso d'interesse al 5,5%, 440.000 opzioni call sull'oro sono apparse sul mercato.
Questo livello rappresenta i massimi da Marzo 2023.
Cosa vuol dire se aumentano le opzioni call sul Gold?
Le opzioni call sono contratti che concedono all'acquirente il diritto, ma non l'obbligo, di acquistare una determinata quantità di oro a un prezzo specifico (chiamato "strike price").
I motivi per cui le opzioni call aumentano sono molteplici, di seguito ne voglio elencare uno nello specifico.
"Cambiamento del sentiment di mercato".
In situazioni di pessimismo o turbolenze sui mercati finanziari, gli investitori tendono a cercare attività rifugio, come l'oro, che è tradizionalmente considerato un bene sicuro in periodi di incertezza economica.
Gli investitori potrebbero acquistare opzioni call sull'oro come forma di copertura (hedging) contro il rischio di ulteriori perdite nei loro portafogli.
Spiegato il possibile motivo dell'aumento delle opzioni call sull'oro soffermiamoci ora sul motivo del cambiamento del sentiment.
Powell, mercoledì scorso, ha ribadito la missione di riportare l'inflazione al 2% ad ogni costo.
Dalle proiezioni ufficiali rilasciate dalla FED ho visto un cambiamento del dot plot chart, mostrando un consenso da parte dei partecipanti del FOMC più alto.
In parole povere? Tassi altri per PIU' TEMPO.
Un altro fattore che potrebbe aver fatto storcere il naso agli investitori è una domanda fatta dai giornalisti.
Powell nelle precedenti riunioni ha sempre voluto sottolineare come il "soft landing" (atteraggio morbido" è sempre stato il suo obbiettivo.
Nell'ultima riunione la dichiarazione è stata diversa:
“Se l’economia risulta più forte del previsto significa che dobbiamo fare di più per ridurre l’inflazione.
I prezzi più alti dell’energia, se sostenuti, possono influenzare l’inflazione.
L'atterraggio morbido è un'aspettativa che vogliamo che si verifichi ma non è scontata”
Passando ora alla parte grafica, il dollaro continua nel suo movimento rialzista da diverso tempo.
Prezzi alti del dollaro portano pressioni ribassiste sul Gold, per via della correlazione storica negativa.
Ho aggiunto alla lettura del dollaro un'altra correlazione molto importante, i tassi reali.
Con dxy e tassi reali ho creato un'indice di forza.
Il risultato è il seguente:
Il prezzo dell'oro se contestualizzato con l'indice di forza appare "slegato".
La rottura a ribasso dell'indice mostra come i prezzi dell'oro dovrebbero trovarsi in area 1890-1880.
Oro che a questo punto si trova in un bivio interessante:
Scendere per riallinearsi alla correlazione fondamentale o rimanere aggrappato ai livelli dei 1920$ al barile prima di ricevere vento a favore rialzista?
Le mie condizioni sono le seguenti:
XAU/USD è tornato a fare visita ai livelli 1940 ma è stato rigettato a ribasso.
In caso di una rottura del minimo del 14 settembre posso aspettarmi un ritorno sui livelli 1890$ e in caso di rottura sui 1860$.
Al contrario, se i livelli del 14 settembre dovessero reggere e gli scenari macroeconomici peggiorare, l'oro potrebbe rompere a rialzo e tornare sui 1980$.
Questa settimana saranno importanti i dati di mercoledì e venerdì, PIL trimestrale e Prezzi PCE.
Buon trading a tutti
REPORT Q4 2023: I GRAFICI DA SEGUIRE PER INVESTIRE CON SICUREZZABuongiorno.
L’obiettivo dell’analisi è quello di commentare le ultime decisioni di politica monetaria della Federal Reserve e successivamente costruire dei particolari indici di forza obbligazionari che, come scoprirete, aiuteranno a prendere delle scelte di investimento più consapevoli.
I protagonisti dell’analisi:
• Politica monetaria
• Tasso di inflazione
• Grafici intraday delle principali asset class USA
• TIP/IEF
• LQDH/LQD
• Tassi reali
• Oro
• Nasdaq
• VIX
• Settori ciclici
• Settori difensivi
• Indice SPHB/SPLV
Buona lettura.
1. DECISIONI DI POLITICA MONETARIA E REAZIONE INTRADAY DEI MERCATI FINANZIARI
“La FED ha rifiutato di aumentare i tassi di interesse, ma punta a mantenere gli stessi più in alto più a lungo”
Questo è quello che recita il titolo di uno dei diversi articoli rilasciati dalla CNBC americana.
Come è possibile osservare nella figura successiva, i tassi di interesse sono stati mantenuti nel range compreso tra il 5.25% e il 5.50%.
Cinque sono state le decisioni sui tassi di interesse nel 2023:
• Febbraio: +25 punti base
• Marzo: +25 punti base
• Maggio: +25 punti base
• Giugno: nessun aumento
• Luglio: +25 punti base
• Settembre: nessun aumento
Il piccolo grafico a istogrammi all’interno della figura precedente chiarifica come l’intensità dell’inasprimento della politica monetaria nell’anno corrente sia stata notevolmente più “bassa” rispetto a quella commentata del 2022. I motivi? I livelli di inflazione!
Infatti, come mostra la figura successiva:
• Nel 2022 la banca centrale americana doveva affrontare un’inflazione compresa nel range dei 750-650 punti base
• Nel 2023, al contrario, un processo di disinflazione (ergo: un rallentamento del tasso di inflazione)
Perché la FED non ha alzato i tassi di interesse nella riunione di mercoledì 20? Perché la lotta all’inflazione è terminata? Ebbene…no.
Per rispondere alla domanda è utile esaminare una frase pronunciata dal presidente Powell nella consueta riunione post-comunicazione tasso di interesse:
“Vogliamo vedere prove convincenti del fatto che abbiamo raggiunto il livello sui tassi appropriato; stiamo vedendo progressi e ne siamo lieti. Ma, sai, dobbiamo vedere ulteriori progressi prima di essere disposti a raggiungere quella conclusione”
Ergo:
“È vero che il processo di disinflazione è in atto, ma vogliamo vedere lo stesso processo ancora più convincente”
È quindi possibile affermare come i progressi ottenuti sul “versante” inflazione abbiano giustificato la pausa commentata poche righe fa che, oltretutto, era stata ampiamente scontata dai mercati nelle settimane precedenti.
La comunicazione del tasso di interesse può essere considerata come un market mover, ossia un fattore capace di influenzare in maniera più o meno significativa i mercati finanziari. In genere:
• Quanto più la comunicazione di un dato si discosta dalle attese degli analisti, tanto più quel dato stesso impatta in maniera positiva o negativa sugli asset finanziari
Ricollegandoci al discorso, come hanno reagito le principali asset class alla comunicazione del tasso di interesse di riferimento? Commentiamolo nelle immagini successive:
I rendimenti dei titoli di stato a 2 anni e 10 anni sono saliti, in particolare:
• Il 2 anni dal 5% al 5.2%
• Il 10 anni dal 4.32% al 4.44%
Visto il rapporto inverso prezzo/rendimento delle obbligazioni, è possibile affermare come queste ultime siano state vendute dal mercato. Prestazioni negative anche per gli indici azionari S&P500 e Nasdaq:
• L’S&P500 ha visto un ritorno ai 4430$ (dai 4500$)
• Il Nasdaq ai 15088$ (dai 15430$)
Proseguiamo:
• Il dollaro ha visto un rafforzamento contro l’euro, arrivando a 1.061 (dagli 1.072 pre-comunicazione del dato)
• L’oro un indebolimento di 1.22 punti percentuali (1968$-1944$)
Dal momento in cui la comunicazione sul tasso di interesse era in linea con le aspettative degli analisti, cosa ha potuto giustificare una reazione così marcatamente negativa da parte degli asset analizzati? La risposta è nascosta nella figura successiva: il dot plot chart.
• Il dot plot chart è uno strumento che indica le proiezioni di ogni membro del FOMC (Federal Open Market Commitee) su quelli che saranno i livelli sui tassi di interesse futuri
I puntini azzurri osservabili sulla sinistra della figura rappresentano i membri del FOMC; essi si collocano all’interno di determinati range percentuali (visualizzabili a destra della figura).
L’informazione più importante del dot plot chart è la seguente:
• 12 membri (12 puntini) si aspettano un ulteriore aumento di 25 punti base per la fine del 2023 (con tassi compresi nel range dei 550-575 punti base, evidenziato di color rosso)
• 7 di essi si aspettano un’ulteriore pausa
Ecco dunque spiegata la reazione negativa di mercato azionario, obbligazionario, oro e cambio EUR/USD: al contrario di quello che il mercato prezzava, l’inasprimento di politica monetaria non è (probabilmente) ancora terminato!
Il motivo di ciò è presto spiegato dalle proiezioni economiche rilasciate dalla banca centrale stessa. Osserviamo la figura successiva:
2. I GRAFICI DA OSSERVARE PER L’ULTIMO TRIMESTRE DELL’ANNO
A mio parere saranno due gli indici da osservare prossimamente: TIP/IEF e LQDH/LQD.
Essi esplicitano due aspettative degli investitori diverse:
• TIP/IEF sul tasso di inflazione
• LQDH/LQD sui tassi di interesse
In particolare:
• Se il mercato avrà aspettative di un aumento del prezzo dei beni e servizi, TIP (ETF sui titoli di stato USA indicizzati all’inflazione) sovraperformerà IEF (ETF sui titoli di stato USA non indicizzati) e l’indice TIP/IEF intraprenderà una traiettoria rialzista
• Se ciò accadrà, il mercato inizierà a scontare una politica monetaria più restrittiva e le obbligazioni corporate coperte dal rischio “tassi di interesse” (ETF LQDH) sovraperformeranno quelle corporate non coperte (ETF LQD)
È importante capire che, come mostra la figura successiva, uno è leading indicator dell’altro.
Proseguiamo.
Le aspettative di inflazione hanno intrapreso una traiettoria rialzista da fine gennaio 2023, influenzate in positivo dall’aumento dei prezzi del petrolio, arrivato alla soglia psicologica dei 90$ a barile:
Gli ultimi due aspetti hanno spinto al rialzo LQDH/LQD:
Una tendenza rialzista di quest’ultimo indice di forza ha la capacità di impattare in maniera negativa su diverse asset class.
Partiamo dall’oro, osservando la grafica successiva:
Il metallo prezioso è negativamente correlato alle aspettative di politica monetaria. Il motivo è semplice:
• Ad un aumento di quelle aspettative aumenteranno i rendimenti offerti dalle obbligazioni, con un contemporaneo apprezzamento dei tassi reali
Esiste infatti una correlazione positiva tra aspettative sui tassi e real yields:
Immaginate ora l’oro e le obbligazioni come due asset class simili, con una differenza:
• Il metallo prezioso, a differenza dei bond, non paga le cedole
Questo significa che:
• All’aumentare di LQDH/LQD, aumenteranno i tassi reali e, a questo punto, diventerà più conveniente detenere un’attività che paga interessi (i bond)
Stesso discorso per il Nasdaq: anche l’indice azionario, come l’oro, mostra una correlazione negativa con le aspettative di politica monetaria. Esaminiamo la grafica successiva:
L’indice azionario è rialzista da ottobre 2022; la tendenza positiva ha avuto inizio proprio quando l’indice LQDH/LQD raggiungeva dei massimi di periodo.
A maggio 2023 si è persa la correlazione negativa tra i due, divenuta positiva, complice il boom dell’intelligenza artificiale. I due asset hanno ritrovato la loro correlazione originale dal 18 luglio 2023, quando l’indice azionario ha raggiunto i suoi massimi di periodo e ha iniziato un ritracciamento.
Tassi di interesse più in alto più a lungo danneggiano le prestazioni delle società quotate in borsa, agendo in negativo sui loro utili; il motivo è presto spiegato:
• Al salire del costo del denaro, diminuirà la domanda dei consumatori per prestiti e finanziamenti per acquisti di beni come automobili, elettrodomestici, televisori e tanti altri
A minor domanda corrisponderanno minori vendite delle società e…minori utili!
Per non parlare del mercato immobiliare e dell’aumento del costo dei mutui:
• Più le rate aumenteranno e più le famiglie (con un tasso variabile) avranno minor reddito da destinare ad altre spese “discrezionali”
C’è ora da porsi una domanda:
“Se le aspettative sui tassi di interesse continuassero a salire, su quali settori azionari puntare?”
Proviamo a scoprirlo nelle figure successive.
È riconosciuto che:
• Ad un risk on gli investitori punteranno su società aggressive (o ad alto beta)
• Ad un risk off punteranno su quelle difensive (o bassa volatilità)
Uno strumento in grado di esplicitare il grado di propensione al rischio del mercato è il VIX, l’indice di paura dell’S&P500.
C’è dunque da capire una questione: le aspettative sui tassi stanno impattando sull’indice di volatilità? Proviamo a scoprirlo nella figura successiva:
Dal 5 luglio del 2023 la correlazione tra i due indici è positiva.
Se il movimento rialzista di LQDH/LQD dovesse alzare la volatilità (e quindi l’avversione al rischio degli investitori) sarebbe più logico puntare sui titoli a basso beta rispetto a quelli ad alto beta. Il motivo? La grafica successiva è molto chiara: la correlazione inversa tra l’indice di forza SPHB/SPLV e VIX.
• Ad un ribasso del VIX corrisponderà una propensione al rischio e gli investitori destineranno i loro capitali su società ad alto beta (ETF SPHB)
• Ad un rialzo del VIX corrisponderà un’avversione al rischio e gli investitori destineranno i loro acquisti su società a basso beta (ETF SPLV)
I due ETF menzionati sono stati trattati in maniera approfondita nell’ultima analisi da me pubblicata, relativa ad una strategia di investimento su ARM, reperibile al link:
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Quindi…su quali settori puntare? Per rispondere, è necessario sapere quali sono i settori che più contribuiscono al peso percentuale dei panieri dei due ETF:
• Puntare sui settori ciclici (settore tecnologico e dei beni discrezionali) ad una maggior forza di SPHB rispetto a SPLV
• Puntare sui settori difensivi (settori utilities, sanitario e dei beni di prima necessità) nel caso opposto
Se avvenisse una potenziale rotazione di capitali dai settori ciclici a quelli difensivi si potrebbe affermare che il mercato non starebbe più scontando un soft landing ma…una recessione!
I motivi sono spiegati da tutte le correlazioni positive illustrate dalle grafiche successive:
• L’indice SPHB/SPLV è fortemente correlato positivamente ad alcuni dati macroeconomici chiave come i due PMI e, più in generale, al prodotto interno lordo. Ad una crescita economica corrisponderà un aumento degli utili societari e i capitali saranno destinati sui settori ciclici mentre, ad una contrazione economica, su quelli difensivi
È stato quindi illustrato il rapporto tra aspettative di inflazione e aspettative sui tassi di interesse e di come queste ultime siano poi in grado di impattare in maniera significativa sulle diverse classi. Personalmente, nei prossimi mesi, andrò a verificare la tendenza di LQDH/LQD e le relative correlazioni con oro, Nasdaq e VIX. Se esse si mantenessero tali e vista e considerata la funzione dell’indice di forza, come sarà questo Q4 2023, ormai alle porte? Il nuovo trimestre sarà governato dalle aspettative sulla politica monetaria?
Spero il mio approccio vi possa essere stato utile, lo stesso utilizzato nel mio libro dal titolo “Investire in obbligazioni for dummies” per Hoepli Editore.
Se ci fossero dei dubbi sull’analisi commentate pure o visualizzate il video, dove andrò a discutere gli argomenti in maniera più ampia.
In settimana, probabilmente, parlerò anche di come LQDH/LQD potrebbe impattare sul cambio EURUSD e….sul DAX!
A presto.