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Buyback: il Governo pensa di tassarli, ecco le società che li hanno annunciati nel 2025

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Nuova manovra, solito tran tran. Come da tradizione il governo sta cercando delle soluzioni alternative per allungare la 'coperta' - già molto corta - per finanziare la prossima Legge di Bilancio. In questa direzione, sta tornando in auge la possibilità di trovare nelle banche un alleato per ricavare risorse. Da qui l'ipotesi dell'esecutivo, discussa proprio in questi giorni, di introdurre una tassa sui buyback, ossia sui programmi di riacquisto di azioni proprie.

Un'idea diversa, ma al tempo stesso simile rispetto a quella ipotizzata per la manovra dello scorso anno di tassare gli extraprofitti bancari. Idea che poi è stata accantonata e trasformata in contributo di solidarietà richiesto a banche e assicurazioni per sostenere la spesa sociale. Peraltro, l’imposta potrebbe aggiungersi al congelamento per il terzo anno di fila delle dta, le imposte differite attive convertibili in crediti fiscali: la misura è stata inserita nella scorsa manovra e permetterà al governo di raccogliere circa 4 miliardi tra 2025 e 2026.

In questo articolo:

  • Legge di Bilancio 2026: l'ipotesi della tassa sui buyback
  • Piazza Affari e la "stagione dei riacquisti"

Legge di Bilancio 2026: l'ipotesi della tassa sui buyback

La tassa sui buyback non è affatto una novità nel panorama internazionale. Negli Usa è scattata nel 2022 con un'accisa dell'1%, mentre in Francia è stata introdotta da pochi mesi, ma con effetto retroattivo e con un'aliquota di addirittura l'8%. Ma perché incidere proprio sui riacquisti di azioni proprie?

Diventati nel corso degli anni uno strumento molto ricorrente per le società quotate, i buyback permettono di ridurre il flottante e, indirettamente, sostenere le quotazioni. Ma c’è anche un effetto di ottimizzazione fiscale: rispetto al dividendo, il riacquisto può risultare più efficiente per la società e, in alcuni casi, anche per gli investitori. Ed è proprio questo aspetto ad aver attirato l’attenzione del governo.

Tassare i buyback, almeno nel settore bancario, avrebbe una duplice funzione: da un lato garantire nuove entrate in un contesto di conti pubblici sotto pressione, dall’altro scoraggiare un utilizzo ritenuto eccessivo di questa leva, spingendo gli istituti a privilegiare il dividendo tradizionale. Contestualmente, è abbastanza chiaro che la tassa graverebbe sugli azionisti che, negli ultimi anni, hanno beneficiato della rivalutazione dei titoli, oltre che appunto dei vari dividendi delle banche.

Piazza Affari e la “stagione dei riacquisti”

Il tema arriva in un anno particolarmente ricco di programmi di buyback a Piazza Affari. Dal credito all’energia, passando per industria e giochi, diverse blue chip hanno annunciato operazioni di rilievo. Vediamo i casi più significativi del 2025.

Intesa Sanpaolo: il buyback record

Il programma di riacquisto di Intesa Sanpaolo è senza dubbio tra i più rilevanti dell’anno. Partito a giugno e con termine fissato a ottobre, prevede fino a 2 miliardi di euro di acquisti sul mercato. Solo nelle prime settimane, l’istituto guidato da Carlo Messina ha rastrellato oltre 190 milioni di azioni, pari a circa l’1% del capitale, per un controvalore vicino al miliardo. 

Un’operazione che ha un obiettivo chiaro: valorizzare il titolo, oggi considerato sottovalutato rispetto ai multipli del settore. 

Dentro anche Unicredit e Generali

Lo scorso luglio, anche Unicreditha definito le modalità attuative per l'esecuzione del programma di acquisto di azioni proprie a valere sull'esercizio 2024 per un ammontare residuo pari a 3,57 miliardi di euro. L'operazione verrà eseguita in due tranche nel corso del 2025: la prima avrà un ammontare di 1,8 miliardi di euro e un numero di azioni Unicredit non superiore a 110.000.000 (pari a circa il 7% del capitale sociale).

Generali, invece, i primi di agosto ha autorizzato l’acquisto, ai fini dell’annullamento, in una o più tranche, di azioni ordinarie della società per un esborso complessivo massimo di 500 milioni di euro entro e non oltre 18 mesi dalla delibera assembleare. Resta inteso che il numero di azioni oggetto di tale acquisto non potrà eccedere il 2% del capitale sociale della società. 

Eni ed Enel: maxi riacquisti sull’onda degli utili energetici

Un altro colosso protagonista del 2025 è Eni. A maggio il gruppo ha avviato un piano di riacquisto che, solo fino a metà agosto, ha portato al rientro in portafoglio di oltre 45 milioni di azioni, pari all’1,4% del capitale, per un controvalore superiore a 630 milioni di euro. La partecipazione complessiva di azioni proprie detenute da Eni è così salita al 4,34%. L'obiettivo, come dichiarato dalla stessa società, è quello di arrivare entro la fine di aprile 2026 a un massimo di 315 milioni di azioni Eni (circa il 10% del capitale sociale) con un esborso massimo di 1,5 miliardi di euro.

A fine luglio, anche il cda di Enel ha approvato l’avvio di un programma di buyback per un esborso complessivo fino a 1 miliardo di euro e un numero massimo di azioni in ogni caso non superiore a 495 milioni, equivalenti a circa il 4,87% del capitale sociale della società.

Mediobanca: buyback e governance

Mediobanca è un altro nome caldo del 2025. Alla data del 2 luglio Piazzetta Cuccia aveva già comprato circa 24 milioni di azioni, pari al 2,9% del capitale, per un investimento vicino ai 385 milioni di euro. Un’operazione che si intreccia con le dinamiche di governance dell’istituto, da sempre al centro delle attenzioni dei grandi azionisti e del mercato, come dimostra l'assalto lanciato da Mps e l'offerta, respinta dal cda, per Banca Generali. 

Non solo big. Anche realtà di dimensioni più contenute hanno scelto la strada del buyback

Guardando ad altre realtà, anche Italmobiliare ha avviato un piano limitato a 350 mila azioni (0,8% del capitale), per un controvalore massimo di 10 milioni. Recordati, invece, tra il 7 e l’11 luglio ha riacquistato oltre 75 mila azioni, portando la propria quota di azioni proprie a circa l’1,8% del capitale. Anche Lottomatica Group, solamente in questo mese, ha riacquistato circa 155 mila azioni per un controvalore di 3,6 milioni di euro, consolidando la fiducia del mercato in una fase di forte espansione del business.