Trump, il debito e la FedÈ appena terminata una delle settimane più importanti degli ultimi due anni, con l’elezione di Donald Trump a nuovo Presidente americano (al secondo mandato, dopo quello dal 2016 al 2020) e con la decisione della Fed relativa al taglio del costo del denaro, abbassato nella forbice 4,50%-4,75%. Gli altri avvenimenti degni di nota sono state le dichiarazioni di Jerome Powell, la decisione della Bank of England sui tassi e i vari dati macro relativi ai PMI services e composite.
Le price action hanno visto una borsa ancora dominante, con Wall Street che ha chiuso su nuovi record storici, alimentati dalle promesse del neo eletto Presidente, che intende rilanciare l’America riducendo la pressione fiscale e alimentando la macchina produttiva USA, senza, per così dire, badare a spese, ovvero attraverso una crescita a debito. Ciò potrebbe rappresentare, in sintesi, un primo significativo problema per un’economia, quella USA, che in questo momento rallenta moderatamente e, secondo le previsioni, non dovrebbe andare incontro a un hard landing. Pertanto, non ci sarebbe il bisogno immediato di stimoli per ridare slancio agli aggregati macro, in ragione del fatto che i dati attuali mostrano comunque resilienza e implicherebbero un rialzo dell’inflazione, evento che la Fed vuole assolutamente evitare per non dover essere costretta a nuovi rialzi dei tassi.
In quest’ottica, prevediamo che non sarà facile per Trump far passare manovre lassiste sui conti pubblici (nel recente passato molti senatori, anche repubblicani, avevano votato contro provvedimenti di aumento del deficit), che peraltro si scontrerebbero con le recenti dichiarazioni di Jerome Powell che ha parlato di fiscalità non sostenibile nel medio termine. Ergo, per ora, i mercati danno credito a Trump e salgono ininterrottamente, ma con alcuni punti di domanda per il prossimo futuro, che non possono essere trascurati.
WALL STREET, DOVE VAI?
Le borse USA proseguono nel loro percorso, fatto di una sola direzione, ovvero rialzo, chiudendo un’altra settimana a livelli record, sostenute dall’ottimismo che circonda la vittoria di Donald Trump e da un taglio favorevole dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve. L’S&P 500 ha guadagnato lo 0,4%, così da segnare un nuovo record storico, dopo aver superato la soglia dei 6.000 durante la sessione. Anche il Dow ha chiuso a un massimo storico, aggiungendo 259 punti, raggiungendo per la prima volta i 44.000, mentre il Nasdaq ha registrato guadagni marginali, +0,07% con nuovo massimo a 21.154.
I settori con le migliori performance sono stati utility, immobiliare e beni di consumo. Le azioni di Tesla sono balzate dell’8,2% a 321 dollari, con una capitalizzazione che ha raggiunto la cifra record di mille miliardi di dollari per la prima volta in oltre due anni. Axon Enterprises è salita del 28,7% dopo aver aumentato le previsioni sui ricavi. Il rally è stato alimentato dal taglio dei tassi dello 0,25% della Fed, con il presidente Jerome Powell che ha ribadito la propria fiducia nell’economia. Nel corso della settimana, l’S&P 500 e il Dow Jones sono saliti rispettivamente del 4,6% e del 4,8%, registrando la performance migliore da novembre 2023, mentre il Nasdaq ha registrato un guadagno del 5,8%.
CAMBI, IL DOLLARO NON MOLLA
Dollaro sempre sugli scudi, con tentativi di rialzo persistente contro le principali valute, che provano a reagire, ma non riescono a consolidare limitandosi a timidi pull back correttivi. Il Dollar Index ha provato il test di 105,20, sfiorandolo, per poi correggere e tornare a 104,50 mentre l’EUR/USD, dopo il test dei minimi a 1,0680, ha reagito ritornando in area 1,0715-20. La possibilità di scendere sui supporti di 1,0650 e 1,0600 è concreta anche se per ora, il momentum pro dollaro sembra aver perso un poco di slancio. Cable a 1,2920, dopo aver provato il test di 1,2840 e poi 1,2880, che per ora ha tenuto egregiamente. Per ripartire al rialzo però, la valuta britannica deve rompere 1,3040. USD/JPY che dopo aver testato 152,00 si è ripreso quota 152,60. BoJ ancora assente ma attenzione perché i livelli di possibile intervento non sono lontani. Oceaniche in sofferenza, mentre USD/CAD si riavvicina alla resistenza chiave di 1,3950.
CINA, IN CALO L’INFLAZIONE
Il tasso di inflazione, misurato su base annua, in Cina, è salito dello 0,3% nell’ottobre 2024, rispetto alle stime di mercato e alla cifra di settembre dello 0,4%. Ciò ha segnato il nono mese consecutivo di inflazione al consumo, ma la lettura più bassa da giugno, sottolineando i crescenti rischi di deflazione nonostante le misure di stimolo di Pechino, poste in essere a fine settembre per sostenere un’economia in rallentamento. I prezzi dei beni non alimentari hanno continuato a scendere, in gran parte a causa di ulteriori cali nei costi dei trasporti e degli alloggi. Al contrario, i prezzi sono aumentati per l’assistenza sanitaria e istruzione. Per quanto riguarda i prodotti alimentari, i prezzi si sono riequilibrati dopo aver registrato il loro aumento più importante degli ultimi 20 mesi, a settembre. I prezzi al consumo core, escludendo cibo ed energia, sono aumentati dello 0,2% anno su anno dopo il guadagno più basso da febbraio 2021 dello 0,1%. Mensilmente, l’indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,3%, superando il consenso di un calo dello 0,1%, dopo una lettura neutra a settembre.
CANADA, DISOCCUPAZIONE
Il tasso di disoccupazione in Canada è uscito al 6,5% ad ottobre, invariato rispetto al mese precedente e leggermente al di sotto delle aspettative di mercato del 6,6%. Il risultato ha ulteriormente alleviato le preoccupazioni sull’economia canadese, dopo i dati negativi e ripetuti sul mercato del lavoro, che si è raffreddato in modo significativo nella seconda metà dell’anno. La disoccupazione è diminuita drasticamente per i giovani, compensando un aumento più netto nella popolazione anziana, mentre quella per la popolazione adulta è rimasta pressoché invariata. Nel frattempo, il tasso di partecipazione alla forza lavoro è sceso di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente, attestandosi al 64,8%, il livello più basso da gennaio 2021.
LA SETTIMANA ENTRANTE
Tutti gli occhi saranno puntati, questa settimana, sui dati sull’inflazione dei consumatori e dei produttori, sulle vendite al dettaglio e sui vari discorsi dei funzionari della Federal Reserve, con gli investitori in attesa di indizi sulle prospettive di politica monetaria della Fed dopo l’elezione di Trump. Inoltre, sono attesi i numeri sulla produzione industriale e sui prezzi all’esportazione e all’importazione. Nel frattempo in Cina, saranno pubblicati i nuovi prestiti in yuan, gli investimenti in beni fissi, la produzione industriale, le vendite al dettaglio e l’indice dei prezzi del mercato immobiliare. Dall’altra parte dell’Atlantico, nel Regno Unito, attesa per il tasso di disoccupazione, la crescita dei salari, i dati sul PIL del terzo trimestre e i dati sulla produzione industriale. In Eurozona, la Germania pubblica lo ZEW, indice di fiducia del settore istituzionale tedesco. In via di pubblicazione anche il PIL del Giappone, Russia, Paesi Bassi e Polonia. In Australia, sono previsti il tasso di disoccupazione, la fiducia delle imprese NAB e gli indici di fiducia dei consumatori Westpac.
Buon trading e buona settimana.
Saverio Berlinzani
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