La crisi dei carry trade riesuma Taper TantrumIl mercato dei titoli di Stato giapponesi (JGB) riveste un ruolo sistemico nell’equilibrio finanziario globale, non solo per l’entità del debito pubblico nipponico – tra i più elevati al mondo – ma anche per la sua capacità di generare effetti a catena sui mercati internazionali in seguito a variazioni repentine dei rendimenti. Questo fenomeno, spesso paragonato al cosiddetto “butterly effect”, si manifesta con particolare intensità nei momenti di incertezza politica o di transizione monetaria.
Negli ultimi giorni, in vista delle elezioni della Camera Alta previste per il 20 luglio, si è assistito a un marcato incremento dei rendimenti lungo tutta la curva dei JGB. Il rendimento del decennale ha raggiunto l’1,60%, il livello più alto dal 2008,
mentre il trentennale ha superato la soglia del 3%.
Questo rally riflette le aspettative di un’espansione fiscale post-elettorale, alimentate da promesse di tagli alle imposte sul consumo e da un contesto politico che, come spesso accade in campagna elettorale, tende a privilegiare misure populiste a breve termine.
Il Giappone, primo detentore mondiale di Treasury statunitensi in termini nominali, esercita un’influenza significativa anche sul mercato obbligazionario globale. In questo contesto, la Bank of Japan (BoJ) si trova a gestire un equilibrio estremamente delicato: da un lato, l’inflazione domestica è in ascesa; dall’altro, l’inasprimento delle condizioni finanziarie rischia di compromettere la sostenibilità del debito pubblico, il cui rapporto debito/PIL ha superato il 200%. Inoltre, la spesa per interessi ha raggiunto il 12% delle entrate fiscali, in netto aumento rispetto all’8% precedente.
La BoJ ha avviato un processo graduale di normalizzazione monetaria, portando il tasso di riferimento allo 0,50% e riducendo progressivamente il programma di acquisto di titoli di Stato (quantitative and qualitative easing, QQE). Tuttavia, l’istituto ha annunciato che nel 2026 rallenterà il ritmo di riduzione degli acquisti, consapevole che un’uscita troppo rapida potrebbe innescare ulteriori pressioni al ribasso sui prezzi obbligazionari e, di conseguenza, un aumento dei rendimenti.
Il contesto attuale evidenzia le difficoltà strutturali della politica monetaria giapponese: l’adozione di un approccio più restrittivo è resa complessa dalla fragilità fiscale e dalla sensibilità del mercato obbligazionario. Un eventuale allentamento della disciplina di bilancio, soprattutto in un contesto elettorale, rischia di amplificare le tensioni sui mercati, con potenziali ripercussioni ben oltre i confini nazionali.
L’incremento dei rendimenti obbligazionari giapponesi rappresenta un elemento di rilievo per la stabilità dei mercati finanziari globali, in quanto segna un potenziale punto di svolta nella dinamica del carry trade* basato sullo yen. L’aumento del costo del finanziamento in valuta giapponese, storicamente utilizzata come fonte di liquidità a basso costo, potrebbe innescare un progressivo disfacimento di posizioni speculative costruite su differenziali di rendimento favorevoli.
Tale processo comporterebbe un apprezzamento dello yen, alimentato dal rientro dei capitali verso il Giappone, e una liquidazione di asset rischiosi detenuti in valute ad alto rendimento, con conseguente aumento della volatilità sui mercati azionari e obbligazionari globali. In risposta a questi flussi, i rendimenti dei titoli di Stato statunitensi ed europei potrebbero subire pressioni al rialzo, nel tentativo di attrarre capitali e compensare la riduzione della domanda estera, in particolare da parte degli investitori giapponesi.
Questo scenario richiama alla memoria il cosiddetto “Taper Tantrum” del 2013, quando la sola comunicazione da parte dell’allora presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, circa l’intenzione di ridurre gradualmente gli acquisti di titoli di Stato (dopo un prolungato periodo di Quantitative Easing), fu sufficiente a generare una forte reazione negativa dei mercati. I rendimenti dei Treasury decennali aumentarono bruscamente, le valute dei mercati emergenti si deprezzarono e si assistette a un repentino deflusso di capitali da asset percepiti come più rischiosi.
In analogia, un’uscita troppo rapida o mal calibrata dalla politica ultra-accomodante da parte della Bank of Japan potrebbe generare effetti simili, minando la fiducia degli investitori e amplificando le tensioni sistemiche a livello globale.
*approfondimento sul carry trade: emea01.safelinks.protection.outlook.com