La BCE taglia di 25 punti base, anzi no, di 60

La giornata di ieri passerà alla storia come quella della Bce, che ha tagliato il tasso di deposito al 3.50% dal 3.75%, come da attese, anche se nella realtà i tassi ufficiali, quelli che in gergo sono chiamati tassi di rifinanziamento principali, e che erano al 4.25%, sono scesi di 60 punti base fino al 3.65%. Il tutto per effetto di modifiche (decise tempo orsono) dell’assetto operativo per l’attuazione della politica monetaria, che hanno riguardato il delta tra il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali e il tasso sui depositi preso la banca centrale, fissato ad un massimo di 15 punti base, mentre quello tra il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale e quello sulle operazioni di rifinanziamento principale è rimasto a 25 punti base.

La diretta conseguenza è che un abbassamento del tasso di deposito dal 3.75% al 3.50% (che è stata la decisione presa ieri dalla Bce) ha avuto l’effetto immediato di far scendere il tasso sui finanziamenti principali dal 4.25% a 3.65% in ragione del delta massimo fissato a 15 punti base (3.50% il primo e 3.65% il secondo). Nella realtà dei fatti però i tassi ufficiali oggi, sono scesi al 3.50% (quello sui depositi) e al 3.65% quello su cui tutti facevano riferimento quando si parlava di tassi di sconto.

Se la comunicazione della Bce da un lato non può definirsi pertanto ottimale, perché ha generato equivoci evidenti, dall’altro però da oggi, i tassi di riferimento saranno al 3.65% con un taglio di 60 punti base effettivi dal livello del 4.25% del mese di luglio e di 85 punti base dal picco dei tassi di giugno al 4.5%. Un bell’aiuto a quei paesi che oggi, nel vecchio continente, si trovano in difficoltà economiche, Germania in testa. La reazione dei mercati e’ stata inizialmente quasi nulla, forse perché molti operatori sono rimasti sorpresi da questi cambiamenti e/o non li hanno compresi fino in fondo, per poi invece assistere ad un rialzo dell’EurUsd, arrivato quasi a ridosso di 1.1100.

JOBLESS CLAIMS

A dispetto della salita dello Jpy che avrebbe dovuto generare avversione al rischio, Wall Street ha chiuso in positivo, dopo che il rapporto PPI ha mostrato un aumento leggermente superiore alle attese nei prezzi alla produzione. Il PPI principale è aumentato dello 0,2% mese su mese e anche quello di base ha superato le previsioni allo 0,3%. Tuttavia, le letture del mese precedente sono state riviste al ribasso e i tassi annuali hanno sorpreso al ribasso.

Nel frattempo, il numero di persone che hanno richiesto sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti è aumentato di 2.000 rispetto alla settimana precedente, raggiungendo quota 230.000 nel periodo conclusosi il 7 settembre, in linea con le aspettative del mercato. La cifra è rimasta ben al di sopra delle medie registrate all'inizio di quest'anno, riflettendo il trend continuo di un mercato del lavoro in flessione, ulteriormente sottolineato dai deboli dati sulle buste paga di agosto. Nel frattempo, le richieste continuative sono aumentate di 5.000, arrivando a 1.850.000 nella settimana precedente.

VALUTE

Sui cambi, segnaliamo la caduta del UsdJpy, avvenuta questa notte, con la violazione di 141.80 e il ritorno sotto quota 141.00 che apre la strada al test fatidico di 140.00, soglia psicologica importante. Se consideriamo che i big players, si sono messi long Jpy da un paio di settimane, comprendiamo il perché di queste accelerazioni della valuta giapponese, che a questo punto, nel caso di breakout della soglia richiamata, aprirebbe la strada al test di 127.40, minimo del Gennaio 2023, prima della grande salita a 162.00.

Ciò potrebbe provocare, nella seduta di oggi, il ritorno del risk off a livello generale, con una ripresa del franco svizzero e una accelerazioni al rialzo delle valute rifugio. Per ora l’indice Vix rimane però sotto quota 20 e non sembra dare segnali di aumento dell’avversione, anche se la giornata è lunga. Sulle altre coppie segnaliamo la ripresa del Cable, tornato a 1.3150 da 1.3000 di ieri e quella delle oceaniche tornare a 0.6730 con AudUsd e 0.6180 con NzdUsd, A dir la verità è solo una correzione rialzista e manca ancora molto per rompere i massimi precedenti delle ultime settimane.

USA, DEBITO ALLE STELLE

Continua inesorabilmente a peggiorare il debito Usa, che ad agosto ha fatto registrare un buco di 380 miliardi di dollari, il peggior risultato dal settembre 2022. Negli ultimi 12 mesi, solo due volte si è registrato un surplus, ad agosto 2023 e ad aprile 2024, mentre tutti gli altri mesi il numero è stato ampiamente negativo. Il dato è stato inferiore alle previsioni di un deficit di quasi 350 miliardi di dollari.

Le ragioni vanno ricercate nell’aumento delle spese del 254%, intorno ai 687 miliardi di dollari, trainate da un aumento di 129 miliardi di dollari nella spesa Medicare e da un aumento di 124 miliardi di dollari nella spesa per la previdenza sociale. Nel frattempo, le entrate sono aumentate solo dell'8,3% a 307 miliardi di dollari, in gran parte a causa di 137 miliardi di dollari di imposte sul reddito delle persone fisiche e 131 miliardi di dollari di contributi previdenziali.

Nei primi 11 mesi dell'anno fiscale 2024, il deficit degli Stati Uniti è aumentato del 24%, passando da 1.525 miliardi di dollari nello stesso periodo dell'anno fiscale 2023 a 1.897 miliardi di dollari, poiché i costi degli interessi sul debito pubblico dell'anno in corso hanno superato per la prima volta 1.000 miliardi di dollari.

PREZZI ALLA PRODUZIONE USA

I prezzi alla produzione, negli Stati Uniti, sono aumentati dello 0,2% mese su mese ad agosto 2024, dopo che il dato del mese precedente è stato rivisto al ribasso a luglio, ma superiore alle previsioni dello 0,1%. I prezzi dei servizi sono aumentati dello 0,4%, dopo un calo dello 0,3% a luglio, e con essi sono saliti anche i costi per la vendita all'ingrosso di macchinari e veicoli, la vendita al dettaglio di carburanti, e quella di attrezzature professionali e commerciali.

Nel frattempo, il costo dei beni è rimasto invariato, Su base annua, i prezzi alla produzione sono aumentati dell'1,7%, al di sotto di un 2,1% rivisto al ribasso a luglio e delle previsioni dell'1,8%. Nel frattempo, il CPI core è aumentato dello 0,3%, al di sopra delle previsioni dello 0,2%, e dopo un calo rivisto al ribasso dello 0,2% a luglio. Il tasso core annuale si è inaspettatamente stabilizzato al 2,4%.

Buona giornata e buon trading.

Saverio Berlinzani




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