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Borse e USD salgono dopo i dati

L’economia USA, a giudicare dai dati delle ultime settimane, sembra godere di uno stato di salute ottimale, e le correlazioni che fino a qualche mese fa erano inverse tra borse e dollaro, per molteplici ragioni, oggi invece sono dirette.

I dati sui Non Farm Payrolls pubblicati venerdì, hanno letteralmente “spaccato”, si direbbe in gergo, con un aumento degli occupati nel settore non agricolo di 353 mila unità, il livello più alto dell’ultimo anno. Senza dimenticare che il numero di dicembre scorso di 333 mila è stato anch’esso rivisto al rialzo.

Un dato che dovrebbe far riflettere, considerato che gli aumenti dei posti di lavoro si sono verificati in questi tutti i settori, servizi professionali, imprese, assistenza sanitaria, commercio al dettaglio, settore manifatturiero e pure nel settore pubblico.

La media di aumenti di posti di lavoro ha raggiunto il livello di 255 mila, al di sopra della media di 225 mila precedente. Il tasso di disoccupazione generale è sceso al 3.7% rispetto alle previsioni di +3.8%, mentre i guadagni settimanali, sono saliti dello 0.6% nel mese contro lo 0.3% atteso.

La reazione dei mercati è stata diretta, nel senso che i mercati azionari, anziché scendere per il timore che le “good news are bad news” in ragione dell’idea che la Fed possa ancora alzare il costo del denaro (eventualità esclusa da Jerome Powell), hanno reagito andando a testare nuovi massimi storici con il Dow salito di oltre 130 punti, l’S&P in guadagno dell’1.07% e il Nasdaq a + 1.74%.

In aggiunta va segnalato che le azioni Meta sono salite del 20.3% dopo che la società ha annunciato il maggior aumento delle vendite trimestrali in due anni. Anche il titolo Amazon ha fatto registrare un +14%, mentre Nvidia è salita di quasi il 5%.

VALUTE

E il dollaro? Anziché scendere come ci si sarebbe potuto attendere in relazione alle correlazioni vigenti fino a qualche settimana orsono, ovvero borse in rialzo e dollaro in ribasso in condizioni di risk on, è salito violentemente come si fosse esplosa l’avversione al rischio, sfruttando la caratteristica di valuta rifugio.

Ma, osservando gli indici di rischio, non è presente alcuna avversione come si poteva pensare, con l’indice Vix a 13.50, i rendimenti dei titoli di stato leggermente saliti, ma sempre ampiamente nel range delle ultime settimane, con il decennale USA al 4%, ben lontano da quel 5% raggiunto nel massimo momento di risk off.

L’EurUsd da 1.0880 ha ceduto un centinaio di pip chiudendo sotto quota 1.0800, mentre il Cable ha mollato 50 pip raggiungendo il supporto di 1.2630. 250 pip di recupero anche per il UsdJpy tornato a 148.40 mentre le oceaniche hanno ballato toccando i supporti chiave di 0.6500 e 0.6060 rispettivamente per AudUsd e NzdUsd.

E ora che succede? Ricomincerà il trend del dollaro di medio e lungo termine o si tratta del canto del cigno della divisa americana? Osservando il Dollar Index, siamo di fronte ad una possibile ripartenza su base settimanale con possibili target sulla trendline discendente che unisce i massimi visti nel settembre 2022 e dell’ottobre 2023 (come da grafico allegato), con una proiezione di 105.00-20 area, la cui rottura eventuale farebbe tornare il bull trend storico partito a maggio del 2021 con massimi visti a 114.80 proprio nel settembre 2022.

Il che vorrebbe dire un EurUsd di nuovo sotto la parità con obiettivo al minimo già visto in area 0.9500. Ma è chiaro che sono, allo stato attuale, supposizioni. Prima andrà osservato l’eventuale test di 105.00-20 che significa un movimento di un 1.5% dai livelli attuali. A quei livelli si giocherà la partita cruciale e si capirà se il dollaro avrà la forza oppure no di violare questo livello critico, accompagnato dal massimo dell’ottobre 2023 di 107.00.

Di conseguenza, almeno nei prossimi giorni, dovremmo, in linea teorica (e condizionale sempre d’obbligo) assistere ad un rafforzamento del dollaro almeno fino ai livelli di resistenza richiamati, dove probabilmente si giocherà la partita tra le posizioni long e short di medio termine.


PETROLIO E DATI

Cade rovinosamente il petrolio, con il Wti sceso in 4 sedute dai massimi di 79.80 a 72.40 di venerdì sera, in ragione del venir meno delle aspettative di ribasso dei tassi immediato da parte della Fed. In aggiunta il Fondo Monetario ha rivisto al ribasso la crescita per il 2024 al 4.6% mentre per il 2025 è prevista scendere ulteriormente, con “solo” un +3.5%.

La domanda di greggio pertanto sembra essere rivista al ribasso e le conseguenze sul prezzo del petrolio non si sono fatte attendere. Infine, anche l’OPEC ha deciso per ora di non tagliare la produzione, alimentando ulteriormente la spirale ribassista dei prezzi.

Sul fronte dati la settimana entrante vede la pubblicazione delle trimestrali di colossi quali Mc Donald, Caterpillar, Walt Disney, e Uber, mentre dal lato dei numeri macroeconomici, attenzione all’ISM service Pmi e bilancia commerciale USA. Sui tassi occhio alla decisione della RBA che potrebbe influenzare la price action del dollaro australiano. Infine, dati sulle bilance commerciali di Australia, Germania, Francia e Canada.

Buon trading e buona settimana.

Saverio Berlinzani





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