Market mover daily: EUR/USD, giornata verde per l'euroL'euro re per un giorno, questo è quello che ha portato l'epifania sui cross Eur/Usd, tra dichiarazioni più morbide in tema di dazi narrate sulle righe del Washington Post e i dati macroeconomici europei, tra PMI dei servizi e Inflazione al rimbalzo in Germania.
Il calendario economico odierno ha dato lettura dei dati sul PMI in Europa e negli Stati Uniti, mostrando generalmente, tranne che per UK e USA, prospettive al rialzo.
Fronte Europa.
Fronte Europa
PMI servizi
Nell'area euro, il PMI servizi si è stampato a 49.6, leggermente sopra le stime di 49.5 e i dati precedenti di 48.3. Seppur ancora al di sotto al livello 50 (linea d'espansione), si è registrato un aumento delle vendite interne con le richieste estere che si sono andate a contrarre per il diciannovesimo mese consecutivo. Le aziende hanno mantenuto costante il tasso d'assunzione seppur lo stesso rimane tra i più deboli dell'ultimo periodo. Sul fronte prezzi c'è stato un aumento dei prezzi input con aumenti sui costi alla produzione per il terzo mese consecutivo raggiungendo i massimi degli ultimi sette mesi. Lievemente al rialzo l'ottimismo sulle prospettive ad un anno che si innalza dai minimi degli ultimi 14 mesi. In Germania e Italia il dato si è stampato rispettivamente al 51.2 e 50.7 mentre in Francia è rimasto in territorio di contrazione a 49.3, comunque tutti al rialzo rispetto le stime degli analisti.
CPI tedesco
Oltre alle letture del PMI è stato pubblicato il dato preliminare sull'inflazione al consumo in Germania, con una lettura al rialzo per il terzo mese consecutivo al 2.6%, superiore al dato relativo al mese di novembre del 2.2% e leggermente al di sopra delle stime al 2.4%. Come testimoniato anche dalle letture del PMI, i prezzi sono aumentati nel settore dei servizi con un +4.1% vs il 4%, l'alimentare con un +2% vs l'1.8% mentre i prezzi energetici sono continuati a scendere dell'1.7%, ma ad un tasso più basso rispetto al precedente -3.7%. Il dato core annuale si è stampato al 3.1% rispetto il 3% precedente.
Su base mensile il dato è aumentato dello 0.4% rispetto il -0.2% del mese precedente e stime dello 0.3%.
Fronte USA
Il PMI S&P Global US Services
Il dato è stato rivisto al ribasso a 56.8 punti rispetto le stime che lo davano a 58.5 ma superiore al dato precedente al 56.1. Il dato è stato il più alto registrato da marzo 2022, a testimoniare ulteriormente la resilienza economica del settore in questo periodo. Il dato ha visto, al suo interno, un entusiasmo rinnovato da parte dei clienti dopo le elezioni presidenziali che li ha portato ad elevare la domanda. Sono aumentate le nuove attività ad un ritmo più sostenuto, soprattutto verso l'estero ma sono stati registrati nuove commesse incompiute. Importante dato arriva anche per l'occupazione che per la prima volta dopo cinque mesi, torna ad aumentare seppur modestamente. La fiducia delle imprese ha raggiunto il massimo degli ultimi 18 mesi grazie alle grosse aspettative di politica più permissiva da parte del nuovo presidente.
Novità in tema di dazi
Il dollaro perde terreno dopo le dichiarazioni trapelate sul Washington Post dallo staff di Donald Trump in tema di dazi. Le indiscrezioni riguarderebbero un'alleggerimento dell'applicazione tariffaria riducendola nei settori più critici lasciando la situazione inalterata per il resto dei settori, questo sembrerebbe un primo declassamento delle minacce pre-elettorali su larga scala (come era già successo nel suo primo mandato). Per ora sono indiscrezioni, staremo a vedere.
A livello tecnico, come vedremo in maniera speculare sul grafico Eur/Usd, rimaniamo ancora nell'ottica fisiologica di ritracciamento del trend rialzista sul DXY. Infatti il prezzo, dopo essersi poggiato sul supporto dinamico (Trump Trade) ha subito rimbalzato verso l'alto.
Analisi tecnica intraday
Sul grafico H4 si può notare come il prezzo si sia poggiato sulla resistenza data dalla media mobile SMA a 100 periodi (linea gialla), entrato nella Kumo fino a sfiorare la Senkou Span B e poi abbia ripreso il percorso verso il basso. Guardando in una prospettiva più ampia, al netto dei dati macroeconomici che hanno aiutato la moneta comune, rimaniamo nell'ottica di una normalissima presa di profitti del sellers.
Sul grafico daily bellissima reazione sulla Kijun Sen, quasi chirurgica, zona di confluenza con il pivot point al livello 1.044. Rimaniamo, ovviamente in un trend ribassista con le medie mobile distanti dal prezzo e discendenti. Anche la kumo rimane al ribasso e distante dal prezzo con la Chikou Span, al di sotto del prezzo e priva di ostacoli al ribasso. Siamo nell'ottica di correzioni fisiologiche anche perché i dati odierni sono rialzisti per l'euro ma comunque ancora al di sotto di quelli USA.
Dazi
EUR/USD - Economia a due velocità sulle sponde dell'AtlanticoIl corss EUR/USD, il cosiddetto "Fiber", ha iniziato il 2024 a circa 1,1040 per poi arrivare, il 22 settembre, a registrare il suo minimo di 1,033 per poi ritestarlo quasi il 18 dicembre. Mentre scriviamo il prezzo si trova a 1,04032.
Il mondo finanziario, a inizi 2024, ruotava sostanzialmente intorno ai livelli d'inflazione e le speranze che le banche centrali potessero iniziare il prima possibile ad abbandonare le politiche restrittive. Adesso che siamo a fine anno possiamo dire che le speranze erano ben lungi dall'essere soddisfatte. I livelli d'occupazione e la crescita economica sono diventati sempre più preoccupanti e hanno messo, per gran parte dell'anno, in ombra il problema inflazione.
Sebbene il ruolo delle banche centrali sia orientato ai livelli d'inflazione e occupazione con lo scopo di bilanciarli e non ha nulla a che fare con la crescita economica, sicuramente le loro politiche monetarie possono influenzarla. Questo è quello che è successo nel 2024.
I motivi che hanno portato la BCE ad attuare i primi tagli.
La BCE è stata tra le prime banche centrali a modificare la propria politica monetaria e quindi, dopo un lungo anno di restrizioni, a giugno scorso ha annunciato il primo taglio dei tassi d'interesse, riducendo i tassi di riferimento di 25 bps ciascuno. Il quarto taglio di 25 bps è stato attuato a dicembre, portando il tasso sulle principali operazioni di finanziamento, i tassi sulla linea di credito marginale e sulla linea di deposito rispettivamente al 3.15%, 3,4% e 3%.
A differenza di quanto è stato negli Stati Uniti, l'allentamento monetario in Europa non è stato operato per motivi inflazionistici ma, soprattutto, per il timore di una battuta d'arresto dell'economia.
L'inflazione al consumo YoY, nell'ultima lettura relativa al mese di novembre ha registrato il 2,2%, con il dato "core", depurato dalle componenti volatili energetiche e cibo, al 2,7%.
Sebbene il tasso inflazionistico sia quasi vicino all'obiettivo della banca centrale, la preoccupazione principale che ha portato al cambio di rotta è stata la scarsa crescita economica con gli indicatori macroeconomici che non escludono affatto una recessione (che ha già colpito la Germania nel 2024). Su base annua il PIL destagionalizzato è aumentato dello 0,9% sia nell'area euro che nell'Unione Europea nel terzo trimestre grazie al colpo di coda dell'ultimo trimestre. Il Purchasing Managers Index, comunemente PMI, che misura i livelli di produzione nel settore manifatturiero e dei servizi, ha mostrato che il settore manifatturiero ha trascorso quasi due anni consecutivi di contrazione, salvato solo da un settore dei servizi che da marzo, tranne che per la lettura di inizio dicembre, ha sempre registrato dati sopra il livello dei 50 punti, seppur basso rispetto all'analogo americano. Questo scenario macroeconomico porterà la BCE a continuare ad abbassare i tassi sebbene l'inflazione rimanga sopra il livello prefissato del 2%. Ad aggravare la situazione ci sono state le crisi di governo dei paesi trainanti, Germania e Francia. Il governo di coalizione tedesco è crollato dopo che il Bundestag ha espresso un voto di sfiducia nei confronti del cancelliere Olaf Scholz portando a nuove lezioni nel prossimo febbraio. In Francia, invece, il governo è caduto a seguito della mozione di sfiducia del primo ministro Michel Barnier.
Dall'altra parte dell'Atlantico
La situazione negli States è per molti aspetti totalmente diversa, e ha portato il dollaro ad eleggersi vincitore 2024 (si veda l'idea pubblicata 29.12.2024). Il neo eletto presidente Donald Trump è stato sicuramente ed è il catalizzatore principale dell'ascesa del dollaro. Non solo Trump ha vinto le elezioni presidenziali ma il partito repubblicano ha preso il controllo di Camera e Senato rafforzando, così, ulteriormente il potere del presidente.
La vittoria repubblicana è stata, almeno per ora, ben vista dai mercati finanziari, con gli indici americani che hanno raggiunto livelli record con la promessa di Trump di tagliare il cuneo fiscale e imporre dazi sui beni e servizi esteri, con i valori azionari alle stelle e quello dei titoli di stato a picco.
L'attuale euforia potrebbe essere minacciata dai rinati rischi di un surriscaldamento dell'inflazione legati alle politiche accomodanti di Trump. Inoltre, bassi livelli di disoccupazione e alti livelli di disoccupazione (rispetto al periodo) potrebbero portare ad un fisiologico aumento di domanda dei consumatori e, di conseguenza, riportare i prezzi su.
A tutto ciò, ovviamente, incideranno i tanto blasonati dazi. Se la politica di campagna elettorale dovesse essere attuata, questa porterà sicuramente ad un aumento dei prezzi al cittadino americano con conseguenza diretta di un perdita di valore della moneta. In riferimento a questo aspetto preoccupazioni di non poca rilevanza attanagliano i membri della BCE, che vedono l'attuazione delle politiche trumpiane per l'economia europea, già malmessa, come la Kriptonite per Superman.
La Fed, a differenza della BCE, ha tagliato i tassi tre volte nel 2024, con un taglio di 50 bps a settembre, un taglio di 25 bps a novembre e altri 25 bps a dicembre, per arrivare all'intervallo attuale di 4,25% - 4,50%. I funzionari della Fed hanno tenuto l'attenzione sull'inflazione per gran parte del 2024, spostandola solo temporaneamente sull'occupazione mentre l'apprensione sulla crescita economica non è mai stata eccessiva.
Il tema inflazione è tornato alla ribalta nell'ultima riunione del FOMC, quando i responsabili politici hanno sottolineato che la decisione di tagliare ulteriormente il tasso d'interesse di riferimento è stata una scelta rischiosa e, infatti, hanno annunciato che nel 2025 la politica di ammorbidimento subirà un rallentamento a fronte di un'economia ancora calda e un'inflazione ancora al di sopra dell'obiettivo. Le previsioni per il 2025, secondo il Summary of Economic Projections di dicembre, sono di solo due tagli, a differenza di quanto era stimato nella riunione di settembre in cui erano stati segnalati quattro tagli per il 2025.
L'inflazione, infatti, è tornata a preoccupare dopo che nella lettura dell'US Bureau of Labor Statistics ha segnato un aumento del 2,7% YoY a novembre, rispetto al 2,6% di ottobre, mentre il dato "core" è aumentato del 3,3%, comunque in linea con le aspettative di mercato.
A differenza dell'Europa, le preoccupazioni di una recessione negli Stati Uniti si sono attenuate nel 2024, con una probabilità di un soft landing sempre più concreta. Infatti, l'economia, per tutto l'anno, ha segnato dati molto buoni al netto del periodo di restrizioni monetarie. Il Pil è cresciuto del 3,1% in Q3 e l'ottimismo ha portato tutti gli indici azionari americani a registrare nuovi massimi sebbene l'ultimo dot plot chart abbia portato l'interesse speculativo a prendere qualche profitto.
Oltre alla crescita economica registrata nel 2024, la Fed ha ottimizzato anche le sue prospettive di crescita per il 2024 al 2,5%, rispetto al precedente 2% stimato a settembre, nonostante si stima che al 2026, il trend tornerà ai livelli di crescita di lungo termine pari all'1,8%. Le stime sull'inflazione sono state riviste al rialzo, con un tasso al 2,5% per il 2025, in aumento rispetto le previsioni precedenti di 2,1%, con il dato core al 2,8%.
Di contro, dall'altra parte dell'oceano, la BCE taglierà ulteriormente i tassi anche nel 2025 in un contesto di crescita debole persistente e di inflazione in calo (almeno per adesso). Qualche analista sfrontato stima addirittura che nel 2025 potrebbero arrivare al livello neutrale del 2%.
I tagli in Europa sono dettati dalle previsioni al ribasso d'inflazione in calo al 2,1% e il dato core al 2,3%, con una prospettiva di allineamento, nel 2026, all'1,9%. Congiuntamente, sono state viste a ribasso anche le previsioni di crescita, con un 1,1% per il 2025 e 1,4% per il 2026.
Per dirla in due parole, mentre la Fed potrebbe trovarsi a gestire una rinnovata ventata inflazionistica, l'Europa dovrà continuare a far fronte alla battuta d'arresto dell'economia che potrebbe acuirsi nel caso in cui Trump dovesse mettere pedissequamente in atto il suo piano d'azione pubblicizzato in campagna elettorale.
Prospettive tecniche sul cross EUR/USD
monthly chart
Se si osservano gli ultimi due anni vediamo che il trend piuttosto laterale, con il prezzo che si è mosso nel range tra 1,1275 (luglio 2023) e 1,03319 (novembre 2024), superando la resistenza posta a circa 1,044. Salvo notizie apocalittiche, il cross si appresta a chiudere il terzo mese di fila in negativo registrando un calo di più del 6,50%. A livello tecnico la linea di prezzo si trova all'interno della Kumo seppur quest'ultima in posizione quasi neutrale. Una chiusura della candela al di sotto della Kijun Sen potrebbe sicuramente aprire nuove prospettive al ribasso sul lungo termine e trascinare nuovamente l'euro verso la parità, verso i minimi del 2022. La media mobile a 200 periodi è molto distante dalla linea di prezzo sebbene abbia una lieve pendenza, mentre la media mobile a 50 periodi ha agito da resistenza per gli ultimi due anni. L'RSI si trova in zona ribassista al di sotto della sua media, ma ancora molto lontano dalla zona di ipervenduto.
Siamo comunque a circa il livello 0,50 di Fibonacci calcolato sul rally partito dal 2022, questo è un livello molto importante, considerato che ci troviamo su un livello sensibile, a circa 1,040 (al momento in cui scriviamo).
daily chart
Sul grafico giornaliero traspare chiaramente il trend ribassista di breve medio termine con il prezzo che ha sempre reagito alla resistenza data dalla Kijun Sen nell'occasioni in cui è stata toccata al rialzo. Dopo aver superato la Tenkan Sen al rialzo il 25 novembre, è rimasto intrappolato tra la Kijun e la Tenkan per poi tornare nuovamente al di sotto delle stesse. La Kumo, che disegna un trend al ribasso, viaggia molto distante dalla linea di prezzo mentre abbiamo assistito al "death cross" tra la media mobile a 50 periodi sulla media mobile a 200 periodi (segnale di forte spinta al ribasso). Anche la Chikou Span è sotto la linea di prezzo e dopo averlo toccato (candela del 24 novembre) ora sembra orientata nuovamente al ribasso con nessun ostacolo. A ostacolare le spinte bullish c'è anche una linea di tendenza dinamicha che sta fungendo da resistenza (linea blu). Attualmente le prospettive al rialzo non sono sorrette da alcun segnale tecnico, con un RSI che rimane in una zona di venduto sulla sua media, con ulteriori margini di discesa per toccare la linea di ipercomprato.
Che dire, il quadro macroeconomico sicuramente da forza al dollaro a danno dell'euro, con una presidenza Trump che, se dovesse palesarsi così come propagandato dallo stesso, porterebbe ancora più ostacoli all'economia europea. Gli Stati Uniti rischiano un ritorno dell'inflazione a causa di una domanda che rimane forte e con i dazi che potrebbero comunque agevolarne il rimbalzo ma sorretti da un'economia tra le più resilienti del globo che è riuscita ben a tener botta anche negli anni neri della pandemia. L'Europa rischia doppiamente, il collasso definitivo di un economia che già stenta e un ritorno dell'inflazione a causa dei prezzi che rischia di dover sostenere sia a causa dei dazi minacciati da Trump ma anche per quelli che dovrà sostenere per approvvigionarsi della componente energetica che la vedrebbe costretta a rifornirsi dagli Stati Uniti e non a prezzi vantaggiosi...
Trump davvero metterà in atto quel che ha chiacchierato fin oggi? Staremo a vedere, con la speranza che, infine, non faccia così come è stato nel Trump 1.0. Come spesso capita, le sorti dell'Europa sono alle volontà dei più forti... ma ne parleremo in altre occasioni.
DAX idea settimanaleA causa dell'espansione del coronavirus proveniente dalla Cina e dell'aumento dei dazi da parte del presidente degli Stati Uniti d'America, Donald Trump, sarò SHORT su DAX. Ho come obiettivo 13000 punti, ossia un ribasso di circa il 4%. La mia idea, si basa solo su questa settimana, pertanto si concluderà venerdì, oppure al raggiungimento dell'obiettivo.
S&P 500 future: livelli chiave per la settimanaIl future sul S&P 500 chiude la settimana con un'importante balzo in avanti verso il superamento della forte resistenza a 2990 punti, ma poi conclude la seduta di venerdì troppo distante dai massimi.
Oggi il future prosegue con una flessione verso il supporto a quota 2940 punti, palesando una crescente incertezza sulle reali possibilità di consolidare e superare le resistenze più alte, quali 2980 e 3005 pt.
Infatti sebbene il mercato mostri un certo entusiasmo per gli sviluppi positivi in merito ad un possibile accordo sui dazi tra Usa e Cina e sia rimasto favorevolmente colpito dall'improvvisa decisione della Fed di sostenere il mercato monetario, vi sono segnali di incertezza nell'aggiornare i massimi storici, rappresentati da una scarsa pressione in acquisto che sostenga l'allungo recente.
Infatti in gergo candlestick l'ampia shadow sviluppata venerdì, ovvero un eccessiva distanza tra i massimi e la chiusura e l'incerta apertura di oggi dei mercati europei, non convincono tutti gli operatori ad unirsi al rialzo.
Evidentemente gli operatori pretendono maggiori certezze circa le buone notizie arrivate a fine settimana.
In tal senso è chiaro l'andamento del indicatore di trend cci che mostra un andamento ancora decrescente, sebbene nell'ultimo tratto rialzista con valori prossimi allo zero ma ugualmente negativi, dunque senza confermare il cambio di trend di brevissimo termine.
Dunque le prospettive rialziste sono tutte legate alla capacità del future di difendere rispettivamente i supporti sotto 2940 e 2905 punti, livelli ancora una volta fondamentali per evitare che la struttura ribassista di breve termine che si è consolidata il primo ottobre torni a minacciare il forte supporto a 2860 pt.
Quest'ultimo livello insieme ai minimi registrati ad agosto intorno quota 2820/2780 punti, rappresentano gli ultimi baluardi per conservare una struttura di medio termine rialzista.
Inoltre il doppio massimo decrescente formato dal top di fine agosto e di metà settembre rischia di prendere in contropiede la maggioranza degli operatori, che con il balzo di venerdì si aspettano un prolungamento in settimana dei rialzi aggiornando ancora una volta i massimi storici.
Aggiornamento assolutamente non scontato come dimostra l'apertura incerta, per cui gli scenari contrapposti hanno medesimi probabilità di verifica una volta che verrà violato uno degli estremi del cuscinetto, compreso tra 2990 e 2940 punti.
Strategie operative sul S&P 500
Per le posizioni long: diffidare da ingressi troppo ravvicinati ai prezzi di quotazione del momento, ma attendere la conferma dei livelli di sostegno compresi tra 2960 e 2947, sfruttando eventualmente un rischio limitato a 13 punti ed una prospettiva di target superiore ai 2985 pt.
Con un profilo di rischio più basso attendere la stabilizzazione di livelli di supporto ancora malfermi, come 2932 e 2922, da cui poter meglio sfruttare eventuali rimbalzi oltre 2960, con un profilo di rischio limitato a 10 punti di stop.
Per le posizioni short: attendere un nuova verifica della fascia di supporto di estremi 2980/2994 da cui valutare ingressi al ribasso, con un rischio massimo di 12 punti e prospettive di target sotto quota 2960 punti.
Con un profilo di rischio minore attendere la verifica della resistenza oltre 3005, rischiando 12 punti di stop e prospettive di target sotto 2977 punti.
Fca a un bivio: se scende ancora sono guaiFase in netto peggioramento per le quotazioni di Fca colpita da vendite sostenute e che hanno spinto i prezzi al di sotto di importanti supporti, fino al test dell'ormai "classico" sostegno di 11.20€ e mai messo in discussione da fine maggio.
La struttura tecnica di medio termine rimane per una manciata di punti laterale, con il rigido schema della resistenza a 12.25 e 11.10 ancora in piedi.
Ma è evidente l'accelerazione al ribasso accusata dai prezzi nel periodo compreso tra metà settembre e l'inizio di ottobre, lascia intuire delle criticità non indifferenti inducendo gli investitori a vendere il titolo.
Probabilmente la crisi annunciata da Ford in termini di vendite e le implicazioni negative dei dazi Usa su tutto il ciclo economico mondiale, non fanno che colpire uno dei settori più rappresentativi in fatto di consumi.
Il cedimento del supporto a 12.25 e 11.75 in rapida successione e la caduta a ridosso dello sbarramento a 11.25€, chiudono definitivamente il cerchio sulle prospettive future del titolo.
Le dinamica delle vendite di nuovi veicoli negli Usa sono rimaste stabili nel terzo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2018, grazie al contributo del marchio Ram che ha compensato i cali di tutti gli altri marchi del gruppo automobilistico.
Sfortunatamente però durante i primi nove mesi dell'anno le vendite di Fiat Chrysler sono diminuite dell'1%.
Ciò impatterà sullo scenario tecnico che si fa negativo in tutte le prospettive temporali considerate anche in presenza di rimbalzi verso quota 11.80/12.20, con la proiezione ribassista verso il target sotto i 10.50 che gode delle maggiori probabilità.
Strategie operative su FCA
Per le posizioni long : nel caso si voglia sceglier un profilo d'investimento di medio termine occorrerà attendere nuovi sviluppi societari per approfittare, con eventuali sconti sulle quotazioni ora in evidente affanno.
Per operazioni di breve termine collocare un alert di prezzo lungo quota 10.90 e 10.60 verificando un loro possibile consolidamento, da cui lanciare un ordine con stop di 1€ e target oltre 12.40€, con un profilo di rischio non esaltante.
Per le posizioni short: poiché appare tardivo e comunque assai rischioso lo short selling diretti sul titolo, nell'eventualità di un rimbalzo oltre 11.40€ meglio approfittare delle opzioni Put.
Più precisamente acquistare opzioni Put, strike 10.50€, scadenza dicembre 2019, entro la fine ottobre.
S&P 500 future: livelli chiave per la settimanaChiusura di settimana in recupero per il future sul S&P 500 che non modifica l'assetto orizzontale acquisito dalla struttura recente dei prezzi, ma a dispetto della delusione per chi si aspettava qualcosa di più, la conferma della resistenza a 2945 tutto sommato è una buona notizia.
Date le aspettative ribassiste accumulate con la pessima chiusura di venerdì scorso, il netto recupero avvenuto a cavallo tra i 2860 e i 2920 punti di fatto annulla il tentativo dei venditori di estendere il ribasso almeno sotto quota 2790 punti.
Questa circostanza dimostra l'incertezza che regna tra i piani d'investimento degli operatori che si aspettano risposte positive sul sempre più dannoso scontro su dazi tra Cina ed Usa.
La contrapposizione tra le due maggiori economie mondiali rischia di costare molto caro non solo ciclo economico degli stati direttamente interessati ma, come dimostra la contrazione del settore manifatturiero tedesco, rischia di estendersi al resto del mondo.
Dunque se lo scenario delineato dovesse aumentare di concretezza, sarà gioco forza per i fondi azionari più capitalizzati scaricare ulteriori posizioni in portafoglio ed i valori del future di conseguenza rischiano di tornare a ridosso di quota 2840 punti.
Infatti come dimostra l'andamento dell'indicatore di trend cci i valori si fermano appena sopra la linea dello zero, non confermando in maniera netta la svolta rialzista di breve termine oltre 2930 punti.
Nella prossima ottava sarà dunque necessario strappare chiusure oltre 2970 punti per ristabilire definitivamente il tratto rialzista, ora compromesso dal forte sbarramento prima citato.
Lo scenario ribassista alternativo ma ancora latente potrebbe tornare a fare paura soltanto con il cedimento di quota 2855 prima e soprattutto 2818 punti a seguire.
Ciò a sua volta aumenterà le probabilità che la struttura neutrale assunta dalla tendenza di breve periodo evolva definitivamente in senso negativo, paventando il raggiungimento di quello che rappresenta tutt'oggi il perno centrale del trend rialzista di medio termine ovvero quota 2750 punti, scenario al momento improbabile.
Strategie operative sul future S&P 500
Per le posizioni long: attendere il consolidamento ancora da completare del supporto intraday a 2915, collocando un ordine con stop di massimo 12 punti ed un target oltre 2935 pt.
Con un profilo di rischio maggiore agire con strumenti complementari al future distribuendo più ingressi al rialzo, il primo in corrispondenza dei prezzi del momento e in seguito lungo 2910 e 2878, con stop complessivo a 2863 e target oltre 2927 punti.
Per le posizioni short : attendere la conferma della resistenza posta a 2947, collocando un ordine con stop di 13 punti ed un target sotto quota 2908 pt.
Con un profilo di rischio minore attendere il test di quota 2968, rischiando al massimo 13 punti ed un target sotto 2933 pt.