Fed, tassi invariatiCome ampiamente previsto, la Fed ha lasciato i Fed Funds invariati nella forbice 4.50% - 4.75%. Nello statement si legge che la previsione media del FOMC indica un taglio dei tassi pari a 50 punti base nel 2025, fino al 3,9%, a causa dell'aumentata incertezza sulle prospettive economiche.
La Fed ha ridotto infatti le previsioni di crescita per il 2025 e al contempo si attende un'inflazione, benché transitoria, in rialzo. Ipotesi di un periodo di possibile stagflazione. Le previsioni medie del FOMC indicano un PIL per il 2025 pari all'1,7%, rispetto al 2,1% di dicembre.
Le proiezioni della Fed (dot plot) mostrano che 4 funzionari su 19 non prevedono tagli nel 2025, 4 ne prevedono uno, 9 ne prevedono 2 e 2 ne prevedono 3. Le proiezioni dell’Istituto Centrale prevedono tagli dei tassi pari a 50 punti base nel 2025 e altri 50 punti base nel 2026.
I futures indicano che gli analisti vedono una probabilità del 62,1% che la Fed riprenda a tagliare i tassi nella riunione di giugno, mentre prima della decisione della Fed era del 57%. L'inflazione resta piuttosto elevata, anche se attualmente l'economia continua a espandersi a un ritmo sostenuto.
CONFERENZA STAMPA DI POWELL
Nella conferenza stampa che ha fatto seguito alla decisione, Powell ha ammesso che sarà difficile sapere quanta inflazione deriverà dai dazi. Anche se quella relativa ai beni è salita, cercare di ricondurla esclusivamente agli aumenti tariffari è difficile. Chiaramente però i dazi ne sono una concausa.
Lo scenario di base è che l'inflazione sarà comunque transitoria. Sul fronte dei dati, il Presidente ha ribadito che la congiuntura macroeconomica rimane solida, con l’indice dei prezzi che ha cominciato a salire, in parte in risposta ai dazi.
Le previsioni confermano un aumento significativo dell'incertezza e dei rischi al ribasso per la crescita nell’anno in corso. Powell, quindi, realista, non ha voluto creare le condizioni per uno scontro istituzionale, rimanendo assai prudente sulla questione delle tariffe.
La reazione dei mercati è stata positiva con i listini in rialzo e il dollaro in ribasso, con un ritorno dell’appetito al rischio e il Vix che torna sotto quota 20.
LA FED NON DEPRIME LA BORSA
Wall Street è salita ieri, dopo che la Federal Reserve ha mantenuto i tassi invariati, come previsto, e ha continuato a prevedere altri due tagli dei tassi quest'anno. L'S&P 500 e il Dow Jones sono saliti dell'1,1% e dello 0,959%, mentre il Nasdaq 100 ha sovraperformato con un guadagno del 2%.
Le proiezioni dei membri del FOMC confermano che quest'anno saranno probabilmente necessari più tagli dei tassi, poiché le revisioni al ribasso delle aspettative di crescita e un tasso di disoccupazione più elevato hanno pesato sulle proiezioni di un'inflazione più alta a seguito delle aggressive svolte di politica economica del presidente degli Stati Uniti Trump.
Le azioni tecnologiche hanno mantenuto i loro guadagni mattutini mentre la volatilità si attenuava, con Nvidia, Broadcom e Alphabet che hanno aggiunto quasi il 3%. Inoltre, Tesla è balzata del 3,5% dopo aver raccolto 1 miliardo di dollari in azioni.
Nel frattempo, le azioni sono state anche supportate dalle prospettive di maggiore liquidità dopo la decisione della Fed di rallentare il deflusso del bilancio.
VALUTE
Sui cambi, ancora trading range, con i principali rapporti di cambio compressi in 30-40 pips. La lira turca è crollata del 12% a 45 Lire per Euro, per poi tornare in area 41.30, facendo registrare un nuovo minimo storico, in mezzo ai crescenti tumulti politici in Turchia.
Il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, uno dei politici più popolari della Turchia e principale rivale del presidente Erdogan, è stato arrestato con l'accusa di frode e terrorismo, dopo che le autorità gli hanno revocato il diploma universitario, una mossa che potrebbe impedirgli di candidarsi contro Erdogan.
La lira turca è stata scambiata a minimi storici mentre la banca centrale ha continuato a intervenire sul mercato dei cambi. I banchieri centrali hanno tagliato i tassi di 25 punti base a marzo, portando il tasso di riferimento al 42,5%, in linea con le aspettative. Gli analisti prevedono che il tasso scenderà a circa il 30% entro la fine dell'anno.
I salari nell'Eurozona sono aumentati del 4,1% anno su anno nel quarto trimestre del 2024, il minimo di quest'anno, rispetto a un aumento rivisto al ribasso del 4,3% nel terzo trimestre. La crescita salariale ha rallentato nelle costruzioni e nei servizi, ma è aumentata leggermente nell'industria. Tra le maggiori economie del blocco, la crescita salariale è rallentata in Francia, Spagna e Belgio e si è stabilizzata in Italia, ma ha accelerato in Germania, Paesi Bassi e Irlanda.
Saverio Berlinzani
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