Dazi caos o strategia?

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Ancora una giornata apparentemente caotica sul fronte delle comunicazioni dei responsabili della nuova amministrazione USA, i quali si sono lasciati andare, per bocca del Presidente, a nuove esternazioni che hanno generato volatilità sui mercati.

Poche decine di minuti dopo le dichiarazioni di Trump, che ha deciso di applicare da oggi un altro 25% alle importazioni di acciaio e alluminio dal Canada, un portavoce del Governo ha ammesso che la documentazione per l’aumento delle tariffe, in realtà, non è stata firmata.

Immaginatevi le "price action", che ogni due per tre cambiano repentinamente, spesso con movimenti opposti. Volatilità, incertezza, nervosismo e "risk off" che la fa da padrone.

In serata, poi, Trump ha affermato di valutare la possibile riduzione dei dazi al Canada, facendo marcia indietro rispetto alla dichiarazione del pomeriggio.

Il Presidente ha poi ricordato che i mercati salgono e scendono, ma in questo momento è più importante ricostruire il paese. Ma tutto ciò è caos o è strategia? Noi propendiamo per la seconda ipotesi.

Gli effetti ad oggi sono un indebolimento del dollaro, borse in correzione e un'inflazione in calo. Il dollaro che perde valore aggiusta il disavanzo commerciale e di bilancia dei pagamenti, mentre le borse in ribasso, insieme ad un eventuale "soft landing", inducono la Fed ad abbassare i tassi senza provocare uno scontro istituzionale.

Inoltre, i tassi in calo riducono gli interessi sui "bonds" governativi e pertanto causano una diminuzione del debito eccessivamente alto. Tagliare "US Aid", l'Ucraina e le spese federali è il terzo pilastro della strategia per rimettere in carreggiata un deficit impazzito.

LE BORSE RESPIRANO

Wall Street ha ridotto le perdite nella seconda parte della sessione USA, quando Trump, che in mattinata aveva dichiarato di voler alzare le tariffe su acciaio e alluminio provenienti dal Canada al 50% dal 25% precedente, è tornato sui suoi passi dichiarando di voler fare marcia indietro.

L'S&P 500 è scivolato dello 0,3%, mentre il Dow ha perso lo 0,75%. Solo il Nasdaq ha chiuso leggermente positivo (+0,35%), recuperando oltre l'1% dell’apertura di sessione. Tra i titoli, Delta ha perso il 5% a causa delle deboli previsioni sugli utili, mentre Oracle è scesa del 3% in seguito a risultati deludenti.

Le azioni tecnologiche hanno rimbalzato, riducendo le perdite precedenti, mentre la volatilità è aumentata dopo il declassamento delle azioni statunitensi da parte di Citigroup. Gli investori ora attendono con interesse il rapporto CPI di mercoledì, decisivo per comprendere le prossime mosse della Fed.

VALUTE

Euro sopra 1.0900 contro dollaro, con il mercato che ha testato l’area di resistenza posta a 1.0946, in un trend ancora orientato verso la debolezza del biglietto verde. È forse questa la volontà di Trump, che minaccia continuamente nuovi dazi per poi toglierli?

Il deprezzamento del dollaro consentirebbe un miglioramento, nel medio termine, di parte, almeno, degli squilibri commerciali, mentre il dazio rappresenta un aumento dei costi immediato. Detto ciò, le esternazioni del Presidente creano incertezze e caos tra gli investitori, che diversificano ed escono dalle posizioni "growth", cercando alternative a basso rischio, cioè "value".

Oltre all’Euro, in generale tutte le valute hanno recuperato qualcosa sulla divisa USA, eccezion fatta per lo JPY, che però aveva guadagnato terreno nelle ultime settimane e ha quindi semplicemente corretto. Spazio di ribasso, ad osservare il "dollar index", ne esiste ancora, con possibili target posti a 101.90, e anche fino a 100.00.

istantanea

JOLTS OPENINGS

Le offerte di lavoro negli Stati Uniti sono aumentate di 232.000 unità, arrivando a 7,74 milioni a gennaio 2025, rispetto ai 7,51 milioni rivisti di dicembre e superando le aspettative di mercato di 7,63 milioni.

Aumenti notevoli si sono verificati nel commercio al dettaglio, finanza e assicurazioni e assistenza sanitaria e sociale. Al contrario, le offerte di lavoro sono diminuite nei servizi professionali e aziendali.

Nello stesso periodo, le assunzioni sono aumentate di 19.000 unità, arrivando a 5,39 milioni, mentre le separazioni totali sono aumentate di 170.000 unità, arrivando a 5,25 milioni.

GIAPPONE, RENDIMENTI IN SALITA

Il rendimento dei titoli di Stato giapponesi a 10 anni è salito sopra l'1,5% mercoledì, attestandosi vicino ai livelli più alti dalla crisi finanziaria globale del 2008, poiché le aziende giapponesi hanno concordato sostanziali aumenti salariali per il terzo anno consecutivo, con l'obiettivo di aiutare i lavoratori a far fronte all'inflazione e alla carenza di manodopera.

Le annuali trattative primaverili sul lavoro hanno ora prodotto significativi aumenti salariali per tre anni consecutivi, senza precedenti da quando il Giappone è entrato nel suo prolungato periodo deflazionistico negli anni '90.

Si prevede che salari più alti stimoleranno la spesa dei consumatori, alimentando l'inflazione, potenzialmente offrendo alla BOJ più spazio per ulteriori aumenti dei tassi.

Nel frattempo, il governatore della BOJ Kazuo Ueda ha segnalato che non hanno piani immediati per intervenire nel mercato obbligazionario, sottolineando che i rendimenti riflettono le aspettative del mercato sulle condizioni economiche, l'inflazione e le variazioni dei tassi di interesse globali.

Mentre è ampiamente previsto che la BOJ mantenga stabili i tassi nella sua riunione di marzo, i responsabili politici rimangono sulla buona strada per un ulteriore inasprimento prossimamente.

Buona giornata e buon trading.

Saverio Berlinzani




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