L’S&P supera quota 6.000 nonostante le tensioni internazionali.

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L’S&P supera quota 6.000 nonostante le tensioni internazionali.

Il fine settimana appena trascorso si è rivelato particolarmente denso di eventi drammatici sul piano geopolitico: gli Stati Uniti si sono infatti uniti a Israele nei bombardamenti contro impianti nucleari iraniani, provocando immediate ritorsioni da parte di Teheran. Tuttavia, nonostante il clima internazionale appaia teso e incerto, la giornata di lunedì ha visto un’apertura positiva dei mercati, con i principali indici in decisa risalita e una sorprendente flessione nei prezzi del petrolio.

L’indice S&P 500 ha interrotto la serie negativa che durava da tre sedute, chiudendo in rialzo dello 0,96% a quota 6.025,17, superando così la soglia psicologica dei 6.000 punti. Anche il NASDAQ ha fatto registrare un balzo dello 0,94% (pari a circa 183 punti), trainato in particolare dalla crescita dell’8,2% di Tesla (TSLA), che ha recentemente lanciato ad Austin il suo innovativo servizio di robotaxi. Il Dow Jones ha seguito a ruota, con un incremento dello 0,89% a 42.581,78 punti.

La giornata era iniziata con cautela, alla luce dei bombardamenti statunitensi su tre siti nucleari iraniani. A metà seduta, gli indici hanno temporaneamente virato in negativo, dopo la notizia di un attacco iraniano a una base militare americana in Qatar. Fortunatamente, l’assenza di vittime ha attenuato le reazioni dei mercati. L’apertura dello Stretto di Hormuz – cruciale per il transito di circa un quinto del petrolio mondiale – ha ulteriormente rassicurato gli investitori. Di fatto, il prezzo del greggio ha subito una flessione del 7%, mentre il mercato azionario ha beneficiato di un clima di maggiore serenità.

È lecito attendersi una fase di accentuata volatilità nei prossimi giorni. Tuttavia, in assenza di un’escalation significativa da parte dell’Iran o di un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti su più ampia scala, è probabile che l’attenzione torni a concentrarsi su tematiche economiche: crescita, utili societari e politica monetaria.

In settimana sono attesi diversi eventi di rilievo, fra cui spicca la testimonianza semestrale del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, davanti al Congresso. Il suo intervento inizierà domani presso la Commissione per i Servizi Finanziari della Camera e si concluderà mercoledì al Senato, davanti alla Commissione Bancaria.

Ci si attende, come di consueto, un approccio prudente da parte del governatore, che probabilmente ribadirà la necessità di non affrettare tagli ai tassi di interesse. Non mancheranno, tuttavia, pressioni politiche: da un lato i Repubblicani potrebbero incalzarlo sulle divergenze emerse tra i membri del board, in particolare Michelle Bowman e Christopher Waller; dall’altro, i Democratici vorranno conoscere la sua posizione in merito alla proposta di tagli più aggressivi promossa dal presidente Trump.

Venerdì sarà inoltre pubblicato l'indice PCE (Personal Consumption Expenditures), ovvero l’indicatore d’inflazione prediletto dalla Fed. I dati precedenti hanno mostrato un incremento contenuto (+0,1% mensile; +2,1% annuale), con valori “core” anch’essi sotto controllo. Un’ulteriore conferma di questa tendenza potrebbe rafforzare l’ipotesi di un allentamento della politica monetaria.

Parallelamente, l’attenzione degli investitori continuerà a essere rivolta al Medio Oriente, in attesa di ulteriori sviluppi sul fronte dei negoziati commerciali internazionali. Notizie favorevoli su entrambi i fronti potrebbero contribuire a spingere S&P e NASDAQ verso nuovi massimi storici, distanti rispettivamente solo dell’1,94% e del 2,69%.

I future sui principali indici statunitensi lasciano presagire un’apertura positiva, sostenuta dalla dichiarazione del presidente Trump circa un cessate il fuoco nel conflitto israelo-iraniano. Resta tuttavia da chiarire quanto tale tregua sia destinata a durare. La reazione dei mercati è stata immediata: il petrolio ha continuato a scendere, mentre l’oro ha perso terreno per via del calo della domanda di beni rifugio.

Il crollo del petrolio

I prezzi del greggio hanno registrato un brusco calo in seguito all’annuncio della tregua. Il timore che l’Iran potesse bloccare il traffico di petrolio attraverso lo Stretto di Hormuz – snodo cruciale del commercio energetico globale – aveva sostenuto le quotazioni nelle settimane precedenti. Tuttavia, la risposta iraniana all’attacco americano, percepita come moderata, ha indotto gli operatori a rivedere al ribasso le aspettative su un'escalation imminente.

In questo contesto, il raffreddamento delle tensioni geopolitiche potrebbe offrire al mercato l’occasione per riorientarsi su fondamentali economici più prevedibili. I prossimi giorni saranno dunque decisivi per valutare la traiettoria dei mercati e la capacità degli investitori di convivere con l’incertezza.

Marco Bernasconi Trading

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