Wall Street spezza la caduta: dietro al rimbalzo di venerdì si nasconde la prossima mossa della Fed
Le azioni interrompono una sequenza di tre ribassi, ma chiudono la settimana in calo
Venerdì i listini hanno interrotto la striscia negativa durata tre giorni; tuttavia, i principali indici hanno archiviato la prima settimana in perdita del mese. Nel complesso, gli investitori possono comunque ritenersi soddisfatti dell’andamento di settembre.
Il Dow Jones è avanzato dello 0,65% (quasi 300 punti) a quota 46.247,29; l’S&P 500 è salito dello 0,59% a 6.643,70, mentre il Nasdaq ha guadagnato lo 0,44% (circa 100 punti) attestandosi a 22.484,07.
L’indice dei prezzi PCE pubblicato venerdì ha coinciso con le attese del mercato: l’inflazione complessiva è aumentata dello 0,3% su base mensile e del 2,7% su base annua, mentre il dato “core” è salito dello 0,2% e del 2,9%. Tali valori, pur restando ben al di sopra dell’obiettivo del 2%, non mostrano un’accelerazione significativa. Nulla, quindi, che possa modificare nell’immediato le prospettive della Fed in merito ai futuri tagli dei tassi.
A meno di sorprese nei prossimi dati macroeconomici, la banca centrale statunitense appare orientata a un ulteriore ribasso dei tassi in ottobre, con la possibilità di un secondo intervento a dicembre. Tuttavia, la Fed continua a ribadire che ogni decisione dipenderà dai dati, i quali assumono dunque un peso crescente.
Negli ultimi giorni alcuni indicatori avevano generato un certo nervosismo: il PIL del secondo trimestre, al 3,8% contro il 3,3% previsto, e le richieste di sussidi di disoccupazione scese a 218.000 (attese 235.000). Una congiuntura eccessivamente robusta potrebbe infatti frenare i tagli, tanto più che il presidente Jerome Powell si mostra restio a un allentamento eccessivo dopo la riduzione di 25 punti base.
Intanto, l’indice di fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan è sceso a 55,1 dai 58,2 di agosto, ma il dato resta vicino alle previsioni. Le aspettative d’inflazione a un anno e di lungo periodo risultano entrambe in calo, un segnale accolto favorevolmente dal mercato.
La prossima settimana sarà cruciale sul fronte del lavoro: martedì usciranno le posizioni vacanti, mercoledì l’ADP, giovedì le consuete richieste di sussidi e venerdì le buste paga non agricole, il dato più atteso. Il report precedente aveva mostrato soltanto 22.000 nuovi posti, contro i 75.000 previsti, alimentando timori di recessione ma anche speranze di nuovi tagli. Per settembre la stima è di circa 45.000 unità.
Sul piano politico, l’attenzione si concentra sul rischio di shutdown federale dal 1° ottobre: eventi che, storicamente, hanno avuto impatti limitati sui mercati, ma che potrebbero ritardare la pubblicazione di alcuni report macroeconomici.
Da Washington arrivano inoltre nuove tensioni tariffarie: il presidente Trump ha minacciato un’imposta del 100% sui farmaci di marca prodotti all’estero. A queste si aggiungono una tariffa del 25% sui camion pesanti e del 50% su arredi da cucina e bagno, oltre all’annuncio di possibili limiti all’importazione di semiconduttori.
Nonostante le preoccupazioni, la settimana si è chiusa con ribassi contenuti: il Nasdaq ha perso lo 0,7%, l’S&P 500 lo 0,3% e il Dow Jones lo 0,2%. Si tratta della prima flessione per Nasdaq e S&P dopo quattro settimane positive, un bilancio comunque favorevole per un mese storicamente complesso come settembre.
Marco Bernasconi Trading
Le azioni interrompono una sequenza di tre ribassi, ma chiudono la settimana in calo
Venerdì i listini hanno interrotto la striscia negativa durata tre giorni; tuttavia, i principali indici hanno archiviato la prima settimana in perdita del mese. Nel complesso, gli investitori possono comunque ritenersi soddisfatti dell’andamento di settembre.
Il Dow Jones è avanzato dello 0,65% (quasi 300 punti) a quota 46.247,29; l’S&P 500 è salito dello 0,59% a 6.643,70, mentre il Nasdaq ha guadagnato lo 0,44% (circa 100 punti) attestandosi a 22.484,07.
L’indice dei prezzi PCE pubblicato venerdì ha coinciso con le attese del mercato: l’inflazione complessiva è aumentata dello 0,3% su base mensile e del 2,7% su base annua, mentre il dato “core” è salito dello 0,2% e del 2,9%. Tali valori, pur restando ben al di sopra dell’obiettivo del 2%, non mostrano un’accelerazione significativa. Nulla, quindi, che possa modificare nell’immediato le prospettive della Fed in merito ai futuri tagli dei tassi.
A meno di sorprese nei prossimi dati macroeconomici, la banca centrale statunitense appare orientata a un ulteriore ribasso dei tassi in ottobre, con la possibilità di un secondo intervento a dicembre. Tuttavia, la Fed continua a ribadire che ogni decisione dipenderà dai dati, i quali assumono dunque un peso crescente.
Negli ultimi giorni alcuni indicatori avevano generato un certo nervosismo: il PIL del secondo trimestre, al 3,8% contro il 3,3% previsto, e le richieste di sussidi di disoccupazione scese a 218.000 (attese 235.000). Una congiuntura eccessivamente robusta potrebbe infatti frenare i tagli, tanto più che il presidente Jerome Powell si mostra restio a un allentamento eccessivo dopo la riduzione di 25 punti base.
Intanto, l’indice di fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan è sceso a 55,1 dai 58,2 di agosto, ma il dato resta vicino alle previsioni. Le aspettative d’inflazione a un anno e di lungo periodo risultano entrambe in calo, un segnale accolto favorevolmente dal mercato.
La prossima settimana sarà cruciale sul fronte del lavoro: martedì usciranno le posizioni vacanti, mercoledì l’ADP, giovedì le consuete richieste di sussidi e venerdì le buste paga non agricole, il dato più atteso. Il report precedente aveva mostrato soltanto 22.000 nuovi posti, contro i 75.000 previsti, alimentando timori di recessione ma anche speranze di nuovi tagli. Per settembre la stima è di circa 45.000 unità.
Sul piano politico, l’attenzione si concentra sul rischio di shutdown federale dal 1° ottobre: eventi che, storicamente, hanno avuto impatti limitati sui mercati, ma che potrebbero ritardare la pubblicazione di alcuni report macroeconomici.
Da Washington arrivano inoltre nuove tensioni tariffarie: il presidente Trump ha minacciato un’imposta del 100% sui farmaci di marca prodotti all’estero. A queste si aggiungono una tariffa del 25% sui camion pesanti e del 50% su arredi da cucina e bagno, oltre all’annuncio di possibili limiti all’importazione di semiconduttori.
Nonostante le preoccupazioni, la settimana si è chiusa con ribassi contenuti: il Nasdaq ha perso lo 0,7%, l’S&P 500 lo 0,3% e il Dow Jones lo 0,2%. Si tratta della prima flessione per Nasdaq e S&P dopo quattro settimane positive, un bilancio comunque favorevole per un mese storicamente complesso come settembre.
Marco Bernasconi Trading
Declinazione di responsabilità
Le informazioni ed i contenuti pubblicati non costituiscono in alcun modo una sollecitazione ad investire o ad operare nei mercati finanziari. Non sono inoltre fornite o supportate da TradingView. Maggiori dettagli nelle Condizioni d'uso.
Declinazione di responsabilità
Le informazioni ed i contenuti pubblicati non costituiscono in alcun modo una sollecitazione ad investire o ad operare nei mercati finanziari. Non sono inoltre fornite o supportate da TradingView. Maggiori dettagli nelle Condizioni d'uso.