Dollaro
E SE FOSSERO GLI INVESTITORI A RENDERE PIU AGGRESSIVA LA FED?Le scommesse errate dei tori potrebbero rendere più hawkish Powell e la politica monetaria?
Nonostante la Federal Reserve si sia sempre mostrata “aggressiva” nel combattere un’inflazione arrivata a livelli insostenibili, il mercato ha sempre cercato e trovato dei pretesti per pensare il contrario e far, successivamente, salire i mercati. Alcuni esempi:
• Il rimbalzo del Nasdaq di poco più del 23% nel periodo estivo era giustificato dal pensiero che la FED si mostrasse meno “hawkish”, salvo poi chiarire quest’ultima la sua posizione al Jackson Hole del 26 agosto dove lo stesso Powell dichiarava che “sarà necessaria per qualche tempo una politica monetaria restrittiva per vincere inflazione”
• Nella lettura del comunicato da parte della Federal Reserve del 2 novembre traspariva la frase che “nel determinare il ritmo dei futuri incrementi nell’intervallo obiettivo, il comitato terrà conto dell’innasprimento cumulativo della politica monetaria”; il mercato, alla lettura, segnava delle ottime prestazioni per poi rimangiarsi tutto una volta che, nella conferenza stampa successiva, Powell stesso dichiarava che “c’è ancora molta strada da fare prima di concludere il ciclo di aumento dei tassi”
• Il dato sul mercato del lavoro del 4 novembre: gli investitori festeggiavano per una lettura “positiva” sul dato riguardante la disoccupazione, che batteva le stime del 3.6% attestandosi al 3.7%:
Nonostante il dato migliore delle aspettative, esso si attesta comunque vicino ai valori del minimo storico del 1953, al 2.5%!
Nella grafica successiva viene mostrato il binomio “azionario in salita-Fed meno aggressiva”:
La voglia da parte del mercato di far risalire gli indici azionari potrebbe essere tuttavia un’arma a doppio taglio, per questo motivo:
• Se i mercati azionari salgono il dollaro registra delle cattive performance, per due motivi:
1. Non agisce da bene rifugio (questo è chiarito dalla sua correlazione diretta con il VIX, l’indice di paura dell’S&P500):
2. Viene penalizzato dal tasso di interesse che il mercato sconta; infatti, quanto più il tasso di interesse di una nazione sale, tanto più la moneta di riferimento si rafforza; dunque, vien logico pensare che se il mercato sconta tassi di interesse futuri stabili o addirittura “tagliati”, la valuta va a risentirne in negativo; questo punto è ben rappresentato dalla correlazione inversa tra la stessa currency e il future Federal Fund scadenza febbraio 2023:
La stessa correlazione è ancora più apprezzabile in un timeframe a 15 minuti:
Il dollaro dunque viene penalizzato da due eventi negativi.
La domanda che io stesso mi sono posto dopo l’uscita del dato sulla disoccupazione è stata:
“Se le scommesse sbagliate da parte del mercato portano ad un indebolimento del dollaro, quali potrebbero essere le ripercussioni”?
• Una FED ancora più aggressiva
Il motivo?
Esiste una correlazione inversa tra il dollaro e le aspettative di inflazione, in questo caso a 5 anni:
Quando il dollaro si deprezza, le aspettative tendono a salire, come mostra appunto la grafica. Il coefficiente di correlazione tra i due elementi è per lo più in territorio inverso.
Il coefficiente di correlazione utilizzato è pari a 20 periodi, ossia tiene conto nel calcolo delle ultime 20 candele (dal momento in cui una settimana di contrattazioni è pari a 5 candele, 20 periodi indicano un mese di contrattazioni). Applicando lo stesso coefficiente a più ampio raggio, ad esempio a 40 periodi, possiamo notare una correlazione ancora più marcata:
Perché questo? Perché il dollaro influenza le aspettative di inflazione? Il terzo incomodo di questa breve storia è il petrolio, infatti:
La correlazione che esso presenta con il dollaro (nelle ultime 40 sedute) è inversa, motivo per il quale:
• Se il mercato scommette su una Fed meno aggressiva e fa salire i mercati azionari il dollaro, per i motivi visti precedentemente, va ad indebolirsi…favorendo la salita del petrolio che, guarda caso, con chi è correlato in maniera diretta?
Con le stesse aspettative di inflazione! E… qual è lo strumento a disposizione della banca centrale per combattere l’inflazione? Il rialzo dei tassi di interesse. Ecco spiegato il motivo per il quale “le scommesse errate dei tori potrebbero inasprire la politica della FED”!
Se il pensiero degli investitori di una FED meno aggressiva sarà più forte di quello che la FED effettivamente è (ossia che la stessa banca centrale utilizzerà tutta la sua forza per combattere l’inflazione), il dollaro andrà ad indebolirsi, andando a favorire una probabile risalita del petrolio che, come è abbastanza noto da due anni a questa parte, è stata la componente “più problematica” all’interno del paniere del consumer price index.
E’ doveroso specificare che:
• Dall’inizio del percorso di inasprimento di politica monetaria, le scommesse dei “tori sull’azionario” hanno trovato vita breve, motivo per il quale la recente debolezza del US Dollar potrebbe essere solo episodica
• Il petrolio non risponde soltanto alla tematica relativa alla sua correlazione inversa con il dollaro, bensì anche a questioni di domanda e offerta, motivo per il quale se le più grandi economie al mondo (Stati Uniti, Cina, Europa e Giappone) entrasssero nel futuro più prossimo in una recessione, la domanda di crude oil calerebbe e con essa il prezzo della materia prima
Tra i grafici che osserverò attentamente le prossime settimane ci sarà sicuramente il seguente:
Una cosa appare comunque certa:
• Se tutte le correlazioni si manterranno stabili un dollaro debole, nei prossimi tempi, non aiuterebbe il lavoro di Jerome Powell!
Grazie per l’attenzione, Matteo Farci
📈 Eur-Usd e Wall Street: analisi price action.Il dollaro sembra poter riprendere la tendenza rialzista mentre Wall Street appare piuttosto variabile nei suoi 3 indici. Nel video di oggi ti mostro lo scenario operativo sull'Eur-Usd (e non solo), sui cfd azionari americani ed il mio ultimo trade appena aperto!
Maurizio
EUR/USD rimbalzo su trendline In attesa del fomc, euro dollaro sta ritracciando sulla trendline ribassista che ha rotto settimana scorsa. Il mercato ha già prezzato un aumento da 75 pb ma a questo punto una mossa inaspettata della Fed che potrebbe essere un aumento minore, o delle dichiarazioni di Powell in cui dice che la Fed sarà più dovish nell'aumento dei tassi in futuro, potrebbero andare ad innescare una ripartenza bullish di euro dollaro.
📈 Dollar Index e Nzd-Usd: scenario operativo.Il Dollar Index si trova all'interno di un movimento di correzione sia nel grafico giornaliero che in quello settimanale, dopo la spinta rialzista che ha contraddistinto la valuta statunitense negli ultimi tre mesi. L'idea è quella di rientrare in un movimento di rialzo del dollaro e per fare questo dovremmo ricercare un segnale di Price Action o nella prima zona di supporto, dove si trova attualmente il prezzo, oppure nella successiva area chiave dei 13.100 punti che rappresenta un'interessante zona"settimanale" di acquisto. Per correlazione, Nzd-Usd ci mostra una tendenza ribassista, attualmente in fase di correzione tecnica nelle ultime due settimane, con una quotazione che è giunta sul livello di resistenza 0,5850 che potrebbe rappresentare una prima valida area dove cercare degli set up in vendita, con target sul supporto 0,5550. In caso di rottura della resistenza la quotazione potrebbe continuare il movimento correttivo fino all'area 0,60 dove arriverebbe la media mobile nel time frame settimanale e potrebbe raprresentare una migliore opportunità di vendita di medio termine. Al momento non considero entrate in vendita di Usd ed attenderei al riguardo la violazione rialzista della EMA21 sul weekly del Dollar Index.
👉 Continuate a seguire la mia operatività giornaliera, tutte le info all'interno del mio profilo personale!
Maurizio
SE L'AZIONARIO RIMBALZASSE? DELLE BUONE SCELTE: ORO ED ETF "XME"IL DOLLARO COME BENE RIFUGIO E L’INDICE DI FORZA SPX/DXY
Dall’inizio del 2022, ogni qualvolta si sono registrati dei ribassi sul benchmark di riferimento S&P500 (nell’immagine seguente evidenziati da dei rettangoli di color rosso), le incertezze (o paure) degli investitori sono aumentate, con relativo incremento del VIX che, negli stessi momenti, si è correlato inversamente all’S&P500 stesso. Nell’immagine possiamo osservare la forte correlazione inversa tra i due.
Chi si poteva comportare da bene rifugio? Sicuramente un asset correlato positivamente all’indice di volatilità, che andava dunque ad apprezzarsi all’aumentare delle incertezze. Quest’ultimo è stato il dollaro americano:
La sua forte correlazione diretta con l’indice di volatilità è testimoniata dal coefficiente di correlazione stesso che si attesta negli ultimi 20 giorni a valori di +0.91 (correlazione diretta quasi perfetta).
Il suo ottimo comportamento da bene rifugio è ben evidenziato dalla grafica che segue, dove vado a correlare la stessa currency con l’S&P500:
Ogni qualvolta il riferimento azionario ha registrato dei ribassi (all’interno delle zone evidenziate dai rettangoli di color rosso) il dollaro si è apprezzato; viceversa, all’interno delle zone evidenziate dai rettangoli di color azzurro (corrispondenti ai ritracciamenti dell’S&P all’interno del bear market) possiamo osservare come il dollaro abbia registrato prestazioni più deboli (perché veniva meno la forza derivata dalla sua qualità di safe heaven). Da quest’ultimo piccolo ragionamento, cosa ne deriva? Una correlazione inversa tra questi ultimi due!
Per concludere il paragrafo, possiamo creare un indice di forza tra S&P500 e US Dollar (SPX/DXY):
• Quanto più l’indice di forza registra dei ribassi, tanto più il dollaro sovraperforma l’SPX (etf del benchmark)
• Quanto più l’indice di forza registra dei rialzi, tanto più SPX sovraperforma il US Dollar
Come potrà mai essere il coefficiente di correlazione tra l’indice di forza e il VIX? In territorio negativo, come mostra l’immagine. Negli ultimi 20 giorni, essa si attesta addirittura a -0.96 (ancora più forte della correlazione positiva tra US Dollar e VIX che, come abbiamo visto precedentemente, si attesta a +0.91).
Com’è da leggere questa informazione?
• Se il dollaro registra delle sedute di contrattazioni migliori dell’S&P500 (con l’indice di rischio che registra allo stesso tempo dei ribassi) siamo in clima di risk off; viceversa, di risk on!
Questo significa che l’indice di forza SPX/DXY può essere considerato un ottimo indicatore risk on/risk off per il contesto di mercato che viviamo da inizio anno. A conferma di ciò arriva la sua correlazione diretta con un altro indicatore di rischio che utilizzo sempre, quello tra il settore azionario dei beni ciclici rispetto a quello dei beni difensivi (o di prima necessità):
Ci tengo a ricordare un concetto fondamentale: l’indice di forza tra XLY (beni ciclici)/ XLP (beni di prima necessità) costituisce un ottimo indicatore di rischio perché:
• Quando gli investitori concentrano i loro acquisti maggiormente su aziende cicliche (ossia tutte quelle che sono fortemente influenzate dai cicli economici, come il settore automobilistico) rispetto a quelle difensive (ossia tutte quelle che non sono influenzate dai cicli economici come, ad esempio, Procter & Gamble), l’indice di forza tende ad apprezzarsi segnalando il “risk on nei mercati”
• Quando gli investitori concentrano maggiormente i loro acquisti su aziende difensive rispetto a quelle cicliche, l’indice di forza tende a deprezzarsi segnalando il “risk off nei mercati”
SE L’AZIONARIO AMERICANO RIMBALZASSE FORTEMENTE, QUALI POTREBBE ALCUNI TRA I MIGLIORI ASSET? ORO ED ETF “XME” METALS & MINING
Il 3 e il 4 ottobre abbiamo assistito a due forti sedute di rimbalzo dell’azionario americano. La domanda che molti si porranno è:
“Se il rimbalzo continuasse per qualche tempo, quali potrebbero essere gli asset migliori?”
Facciamo dunque un’ipotesi:
Ipotizziamo che l’S&P500 rimbalzi di 15 punti percentuali e vada a rivisitare la struttura di prezzo dei 4150$ evidenziata nella grafica da un rettangolo di color grigio.
Bisogna chiedersi a questo punto che comportamento dovrebbe mostrare l’indice di rischio SPX/DXY se le stesse condizioni di mercato mostrate nel paragrafo 1 dovessero persistere:
• Vista la correlazione inversa tra S&P500 e VIX, se il benchmark dovesse apprezzarsi, il VIX dovrebbe deprezzarsi
• Vista la correlazione diretta tra dollaro americano e VIX e quella inversa tra S&P500 e lo stesso dollaro, se il benchmark dovesse apprezzarsi e il VIX deprezzarsi, allora la currency dovrebbe a sua volta “svalutarsi”
Da questo ne conviene che:
• Se le condizioni di mercato persistessero e l’S&P500 rimbalzasse di 15 punti percentuali, allora l’indice di forza SPX/DXY dovrebbe sicuramente apprezzarsi
Avendo capito che gli antagonisti del risk-on sono il dollaro e il VIX (con i loro relativi apprezzamenti), nasce dunque la necessità di ricercare un asset che si muova in controtendenza rispetto ad essi che è rappresentato, in questa analisi, dall’oro!
Infatti:
• Esso, dal mese di maggio, è correlato in maniera fortemente inversa al dollaro (coefficiente di correlazione negli ultimi 20 giorni pari a -0.82)
• Esso, da inizi agosto 2022, è correlato inversamente all’indice di volatilità; il coefficiente di correlazione presenta un valore di -0.73 per i 20 giorni precedenti
Dopo queste due grafiche vien da chiedersi: quale può essere la correlazione tra oro e indice di rischio SPX/DXY?
Da inizi maggio 2022 la correlazione appare diretta, con l’indice di correlazione che ad oggi segna un +0.78, simboleggiando una correlazione forte.
Prima ho ipotizzato che nell’eventualità in cui il benchmark rimbalzasse oltre di 15 punti percentuali, l’indice SPX/DXY dovrebbe muoversi al rialzo.
Chiediamoci: che prestazioni ha dimostrato l’oro da inizi maggio ad oggi ogni qualvolta lo stesso indice di forza si è apprezzato?
Sono state buone prestazioni. Osservate i rettangoli di color rosso:
• Dal 18 maggio al 7 giugno ha realizzato una performance del +2.04%
• Dal 14 luglio al 15 agosto un +5.04%
• Dal 26 settembre al momento della scrittura dell’analisi (4 ottobre, ore 18:40) un +6.3%
Spero di essere stato chiaro sul fatto che se le condizioni di mercato dovessero persistere, l’oro potrebbe essere tra i migliori asset. Ma…non solo! Una delle correlazioni che sto osservando attentamente da qualche tempo è quella esistente tra lo stesso metallo prezioso e l’ETF SPDR S&P METALS & MINING.
Esso presenta ticker “XME” e fornisce esposizione al segmento “metalli ed estrazione mineraria” che comprende le seguenti sotto industrie:
• Alluminio
• Carbone e combustibili di consumo
• Rame
• Metalli diversificati ed estrazione mineraria
• Oro
• Metalli preziosi e minerali
• Argento e acciaio
Le prime 5 partecipazioni nel paniere sono:
• Peabody Energy Corp: 4.63%
• Consol Energy Inc: 4.26%
• Hecla Mining Corp: 4.23%
• Newmont Corp: 4.16%
• Royal Gold Inc: 4.13%
Che correlazione esiste tra esso e l’oro?
Fortemente positiva. Il coefficiente di correlazione a 20 periodi si attesta a valori di +0.91. La grafica mostra come ad un apprezzamento dell’oro corrisponda il rafforzarsi di XME (idem se si tratta del deprezzarsi dello stesso metallo prezioso e dello stesso indebolirsi dell’etf metals & mining).
Quali potranno dunque essere le prestazioni di XME all’interno delle fasi rialziste dell’indice di forza SPX/DXY?
• Dal 18 maggio al 7 giugno ha realizzato una performance del +13.4%
• Dal 14 luglio al 15 agosto si è apprezzato di 22.8 punti percentuali
• Dal 26 settembre al momento della scrittura dell’articolo (4 ottobre ore 19:45) un +14.2%
Perché queste forti prestazioni? Per la grande correlazione diretta tra lo stesso ETF e SPX/DXY:
Si pensi che, ad oggi, la forte correlazione positiva tra i due si attesta al +0.94, ben superiore a quella che aveva mostrato l’oro, di +0.78.
Spero di non avervi ubriacato troppo con queste correlazioni, purtroppo sono appassionato.
Se l'azionario rimbalzasse del 15%? i migliori asset: oro e..etf metals & mining
Matteo Farci
Dollaro verso i massimi del 2000Il dollaro, come evidenzia il grafico, sta andando verso i massimi degli anni 2000.
Fino a quel momento, ammesso che il livello possa fungere da resistenza, non cercherei alcuno short su questo asset.
Come ben sappiamo il mercato crypto, è fortemente collegato al dollaro.
Tenete bene a mente questo livello, una volta raggiunto PROBABILMENTE potremmo godere di un pò di respiro e cercare dei long.
I miei non sono consigli finanziari, andare a prendere una posizione long sul dollaro in questo momento è abbastanza pericoloso, come potrebbe esserlo mettere un sell limit al livello indicato.
Cercate sempre una conferma con dei volumi accettabili prima di prendere qualsiasi tipo di posizione.
Non possiamo escludere altri scenari, questo è (per il mio punto di vista) uno dei più probabili.
EUR/USD: LO SPREAD DA SEGUIRE PER CHI VUOLE SPECULARE Buongiorno a tutti.
Qual è il motivo per il quale il dollaro statunitense si palesa molto più forte rispetto all’euro dagli inizi di giugno 2021? Quale catalizzatore seguire per avere un indicatore oggettivo di “sentiment” sul tasso di cambio EURUSD? Questo è l’obiettivo dell’analisi: cercare di fornirvi un “grafico guida” che possa indirizzarvi qualora decideste di aprire operazioni a mercato sulla stessa copia forex.
Prima di trattare l’argomento riguardante il grafico guida cercherò di trasmettere i seguenti concetti:
• Il rapporto diretto tra tassi di interesse applicati dalla Federal Reserve e rendimenti dei titoli di stato americani
• Come i tassi di interesse rendono più attraenti i titoli di stato USA
• Il rapporto tra titoli di stato, U.S Dollar e tassi di interesse
• Lo spread tra i Federal Funds Futures scadenza dicembre 2022 e i Three Month Euribor Futures scadenza dicembre 2022
• Come ho utilizzato lo spread per speculare sul tasso di cambio
Buona lettura.
IL RAPPORTO DIRETTO TRA TASSI DI INTERESSE E RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO
All’interno della grafica potete osservare due linee di prezzo:
• Quella in nero rappresenta il livello dei tassi di interesse applicati dalla Federal Reserve dall’estate del 1971 ad oggi (ticker “USINTR”)
• Quella in rosso mostra i rendimenti del decennale americano (ticker “US10Y”)
Ogni qualvolta la FED ha innalzato i tassi di interesse (all’interno dei rettangoli di color azzurro) i rendimenti sui titoli di stato a 10 anni sono, di pari passo, aumentati. È anche vero il contrario (all’interno dei rettangoli di color verde): ai ribassi degli stessi il rendimento del decennale ha sofferto, creando degli impulsi ribassisti.
Il coefficiente di correlazione conferma ciò appena discusso: il rapporto tra i due si mantiene dagli anni ’80 in territorio diretto, salvo qualche breve picco in territorio inverso (ognuno dei quali indicato da dei rettangolini di color verde).
Che informazione chiave bisogna trarne? Che i tassi di interesse e i rendimenti del decennale americano hanno un rapporto diretto tra loro:
• All’apprezzarsi di uno corrisponde il rafforzamento dell’altro
Prendendo in considerazione il rendimento del titolo di stato a due anni (quello che più risponde a dinamiche riguardanti le politiche monetarie), possiamo osservare una correlazione ancora più forte:
I picchi di correlazione inversa che mostra il rapporto tra “US02Y” e i tassi di interesse hanno intensità notevolmente inferiore rispetto a quelli osservati nella grafica precedente. Il motivo è semplice: come ho scritto qualche riga fa, il rendimento del titolo di stato a due anni è più correlato alle decisioni di politica monetaria.
COME IL RIALZO DEI TASSI DI INTERESSE RENDONO PIU’ ATTRAENTI I TITOLI DI STATO AMERICANI
Un titolo di Stato è un titolo di debito emesso dal governo di una particolare Paese. Per quale motivo uno Stato emette queste particolari obbligazioni? Per finanziarsi.
Il meccanismo di funzionamento degli stessi è estremamente semplice ed intuitivo.
Acquistare un titolo di stato equivale a prestare del denaro al Paese emittente, che definiremo debitore; il creditore (ossia chi acquista il titolo di debito) guadagnerà attraverso degli interessi, riconosciuti sotto forma di cedola e successivamente, alla scadenza dell’obbligazione, si vedrà restituito l’intero ammontare di denaro prestato precedentemente; a titolo di esempio:
• Immaginiamo di acquistare un titolo di stato a 100$ con scadenza a 1 anno con tasso di interesse al 2%: il nostro guadagno, dopo un anno, sarà di 102$
Negli ultimi 13 anni abbiamo avuto archi temporali con tassi di interesse americani relativamente bassi:
Dal 16 dicembre 2008 al 30 novembre 2015 gli stessi rimanevano ancorati a 25 punti base in maniera tale da permettere un più facile accesso al credito (e quindi ai prestiti) con lo scopo di rafforzare l’economia che usciva dalla pesante crisi dei mutui-subprime. Nello stesso arco temporale, l’oscillazione del rendimento del decennale è stata di 2.65 punti percentuali.
Stessa situazione tra il 2020 e il 2022:
Dal 15 marzo 2020 al 28 febbraio 2022 i tassi di interesse presentavano un valore tradotto in 25 punti base (tanto bassi per permettere all’economia americana di riprendersi dopo la terribile pandemia che tutto il mondo ha vissuto); nello stesso arco temporale, il rendimento del decennale ha avuto un’escursione media di 1.38 punti percentuali.
Consideriamo ora archi temporali coincidenti con degli aumenti dei tassi:
Tra il 2015 e il 2019 essi vennero aumentati da 25 a 250 punti base.
I rendimenti del decennale oscillarono tra valori percentuali di 1.5 e 3.2, con oscillazione media del 2.37%.
Consideriamo ora il ciclo dei rialzi 2004-2006, quando essi passarono da 100 a 525 punti base:
In quei due anni il rendimento del decennale oscillò tra il 3.9% e il 5.2%, con oscillazione media intorno ai 4.5 punti percentuali.
Guardando ai giorni nostri? Da marzo 2022 al 21 settembre la Fed traduce la sua aggressività in un innalzamento dei tassi da 25 a 325 punti base:
In quei pochi mesi l’oscillazione media si è attestata a 2.65 punti percentuali.
Arriviamo ora al vero concetto da estrapolare da questo paragrafo: perché il rialzo dei tassi di interesse rende più attraenti i titoli di stato per gli investitori? Perché gli stessi, acquistando i titoli di debito a rendimenti più alti, guadagnerebbero di più dalle cedole!
Infatti:
• Acquistando titoli di stato dal 2008 al 2015 (quando i tassi stagnavano a 25 punti base) avrebbero guadagnato attraverso interessi di circa 2.65 punti percentuali
• Acquistando titoli di stato dal 2020 al 2022 (con tassi stagnanti a 25 punti base) avrebbero guadagnato attraverso cedole di circa 1.38 punti percentuali
• Durante il ciclo di rialzi da 25 a 250 punti base del 2015-2019 il guadagno medio si sarebbe attestato intorno al 2.37%
• Tra il 2004 e il 2006, prima della bolla immobiliare, gli interessi pagati sarebbero stati intorno a valori del 4.5% (con rialzi dai 100 ai 525 punti base)
• Da marzo 2022 al 21 settembre 2022 gli interessi medi pagati avrebbero sfiorato il 3%
È quindi scontato come i titoli di stato siano più convenienti quando forniscono interessi più elevati.
Tuttavia...attenzione!
Ho spesso espresso il concetto del “RISCHIO=RENDIMENTO”:
• Quanto maggiore è l’interesse o il rendimento riconosciuto su un’obbligazione, tanto più è grande il rischio al quale ci si espone acquistandola
Questa eguaglianza non vale se si parla di titoli di stato governativi americani. Il motivo?
Il Paese America presenta rating AAA, giudizio che indica la quasi totale impossibilità che la stessa nazione registri un default e non riesca a rispettare le obbligazioni con i creditori. Gli USA sono considerati talmente tanto stabili dal punto di vista creditizio tanto che i titoli di stato emessi dal tesoro, in particolare proprio il decennale preso in considerazione negli esempi, rappresentano un bene rifugio, ossia un asset che tende ad apprezzarsi durante momenti di crisi finanziarie/economiche/geopolitiche (come, ad esempio, l’oro).
L’eguaglianza “RISCHIO=RENDIMENTO” vale per tutte quelle obbligazioni che presentano rating inferiore alla “tripla A”, ossia per quelli emittenti che non garantiscono una credibilità finanziaria tanto forte quanto quella americana.
IL RAPPORTO TRA IL DOLLARO AMERICANO, TITOLI DI STATO E TASSI DI INTERESSE
È probabile che dagli inizi del 2022 sentiate o leggiate la frase:
“L’aumento dei tassi di interesse impatta positivamente su una valuta, rafforzandola”
Che significato ha questa frase? Provo a spiegarlo.
Abbiamo visto come il rialzo dei tassi di interesse impatti “positivamente” sui titoli di stato, aumentandone il relativo rendimento e rendendoli più appetibili; quanto più essi saranno attraenti, tanto la domanda degli investitori aumenterà; non parlo propriamente di investitori americani, bensì di investitori provenienti da ogni angolo del globo.
Dipingiamo ora uno scenario: immaginiamo che diversi investitori europei, inglesi e giapponesi vogliano acquistare titoli di stato del tesoro americano ad alti rendimenti; le loro valute di riferimento saranno l’euro, la sterlina britannica e lo yen giapponese, mentre la valuta di riferimento per i titoli di debito desiderati è senza dubbio il dollaro americano; questo cosa vuol dire? Gli stessi investitori dovranno cambiare le loro valute di riferimento (euro, yen e sterline) in dollari americani, in quanto le stesse obbligazioni sono commercializzate attraverso quest’ultima valuta. Questo a cosa equivale? Ad un aumento di domanda di valuta statunitense. Basandosi essa (anche) sulla legge della domanda e dell’offerta, quanto più essa viene richiesta, tanto più il suo valore, in linea teorica, dovrebbe incrementare.
Da ciò si può dedurre dunque che un aumento dei tassi di interesse impatti positivamente sui titoli di stato, apprezzandone i relativi rendimenti che, come conseguenza, andrebbero a valorizzare a loro volta il dollaro americano. Questo è vero? Proviamo a spiegarlo attraverso una grafica che metta in rapporto l’aumento degli interest rates con il US Dollar:
Ho utilizzato dei rettangoli di color azzurro per indicare tutti i cicli di rialzi dei tassi di interesse e le relative correlazioni con il dollaro.
La correlazione tra loro appare “mista”, ossia a tratti diretta e ad altri inversa; questo significa che è vero che i tassi di interesse impattano su una valuta, ma non sono l’unico “catalizzatore” da considerare, dal momento in cui la currency stessa risente dell’influenza di altri fattori, tra i quali, ad esempio, il suo ruolo di bene rifugio.
IL “GRAFICO GUIDA” DA SEGUIRE QUALORA SI VOLESSERO APRIRE POSIZIONI SUL CAMBIO EURO/DOLLARO
Quali sono i motivi per i quali il dollaro statunitense si palesa molto più forte rispetto all’euro dagli inizi di giugno 2021? A parer mio sono tre:
• Decisioni di politica monetaria
• Dollaro come bene rifugio
• Conflitto Russia-Ucraina
Per quanto riguarda il primo punto, possiamo affermare con certezza che la Federal Reserve sia sempre stata, nell’ultimo anno, più “aggressiva” della Banca Centrale Europea; ciò in cosa si è tradotto? In un aumento dei tassi di interesse più aggressivo in America (325 punti base) che in Europa (125 punti base).
Per quanto riguarda il secondo punto, è risaputo come il dollaro americano sia un bene rifugio, ossia un asset acquistato in momenti di turbolenza sui mercati; a conferma di questa ipotesi giunge in aiuto la correlazione diretta tra la stessa
valuta e il VIX:
Dall’estate del 2021 la valuta e l’indice di volatilità dell’S&P500 sono correlati positivamente, per cui:
• Al salire delle turbolenze, il dollaro si apprezza
Per quanto riguarda il terzo punto, è scontato che l’Europa sia più esposta al conflitto di quanto non lo sia l’America viste le diverse dipendenze dal gas, motivo per il quale è lecito aspettarsi una debolezza maggiore sull’euro rispetto al dollaro (dal momento che la forza espressa da una valuta è chiaramente dipendente dalla stabilità dello Stato che la emette).
Quando ho deciso di creare un grafico guida ho pensato essenzialmente a questi tre punti, in particolare:
“Come posso crearmi una guida che possa inglobare al suo interno questi tre “market movers”?
La risposta è stata:
Lo spread tra i Federal Funds Futures scadenza dicembre 2022 e i Three Month Euribor Futures scadenza dicembre 2022 (ZQZ2022-IZ2022)
I due futures appena citati sono contratti finanziari che rappresentano l’opinione del mercato su dove si troverà il tasso di interesse applicato dalla banca centrale al momento della scadenza del contratto (in questo caso, a dicembre). In particolare:
• Il tasso sui Fed Funds è il tasso sui prestiti interbancari overnight per le riserve in eccesso delle banche commerciali
• Il tasso di interesse Euribor a 3 mesi è l’interesse al quale le banche europee si prestano in maniera reciproca fondi in euro con scadenza a 3 mesi
Perché ho il parere che questi due futures abbiano inglobato i tre punti trattati precedentemente?
Sono dei futures e, come tali, è possibile specularci. Gli investitori che hanno mosso gli stessi contratti alla stessa scadenza a determinati valori (95.9 per i federal fund e 97.7 per gli euribor) avranno sicuramente tenuto conto delle diverse influenze che il mondo economico/finanziario/geopolitico ha nei riguardi dell’America e dell’Europa, ragion per cui:
• Nelle speculazioni sugli Euribor avranno sicuramente tenuto conto del conflitto Russia-Ucraina al quale si collega il relativo prezzo del gas europeo, della probabile pesante recessione che potrebbe avvolgere la stessa nazione e ciò, tradotto, si materializza in un prezzo del contratto scadenza dicembre 2022 a 97.7
• Nelle speculazioni sui Federal Funds avranno tenuto conto di altri fattori come, ad esempio, l’aggressività della FED, trascinando il prezzo del contratto scadenza dicembre 2022 a 95.9
È doveroso considerare un ulteriore aspetto: la libertà di rialzo dei tassi di interesse della Federal Reserve è ben più ampia rispetto a quella della Banca Centrale Europea. Il motivo è legato al fatto che, al momento, è più probabile una pesante recessione in Europa che non in America; se nutriste dei dubbi, pensate al fatto che l’America, al contrario dell’Europa, non sta combattendo una crisi energetica.
Esprimo questa considerazione per un semplice motivo: sappiamo che il rialzo dei tassi di interesse ha lo scopo di rallentare un’economia con la funziona di abbassare l’inflazione. Se è vero ciò, come potrebbe la BCE alzare in maniera pesante il costo del denaro dal momento in cui si potrebbe prospettare una pesante recessione? È improbabile lo faccia.
In cosa si traduce questo? In quello che stiamo vivendo da inizi 2022: tassi di interesse americani ben più alti rispetto a quelli Europei.
Nel terzo paragrafo dell’articolo spiegavo come il valore di una valuta è legata al tasso di interesse applicato dalla sua banca centrale di riferimento per la serie dei motivi che voi stessi avete osservato.
Se è vera questa informazione e se fosse vero il fatto che i futures mostrati inglobano all’interno di essi tutte le informazioni precedentemente descritte, uno spread tra questi ultimi potrebbe essere correlato al cambio Euro/Dollaro?
Direi di sì. La correlazione tra lo spread ed EURUSD è positiva, tranne qualche picco di correlazione negativa episodico.
Alcune informazioni sullo spread:
• Quanto più esso registra dei ribassi, tanto più il mercato sconta una FED più aggressiva rispetto alla BCE
• Quanto più esso registra dei rialzi, tanto più il mercato sconta una FED meno aggressiva rispetto alla BCE
• Lo spread ingloba al suo interno le aspettative sulle politiche monetarie americane ed europee, influenzate a loro volta dal conflitto Russia-Ucraina, dai livelli di inflazione e dalle probabilità di recessione
I primi due punti possono essere spiegati dalla grande correlazione diretta tra lo stesso spread e lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato tedeschi a due anni e gli stessi americani alla stessa scadenza (DE02Y-US02Y):
Come spesso sottolineo, sono i titoli di stato a scadenza due anni che subiscono più di altri l'influenza delle politiche monetarie, infatti:
• Quanto più lo spread registra dei ribassi, tanto più il mercato sconta una FED più aggressiva della BCE, tanto più il rendimento del titolo di stato USA a 2 anni sovraperforma quello tedesco alla stessa scadenza
• Quanto più lo spread sale, tanto più il mercato sconta una BCE più aggressiva della FED, tanto più il rendimento del titolo di stato tedesco a 2 anni sovraperforma quello americano alla stessa scadenza
Lo spread potrebbe essere utilizzato per diversi scopi, tra i quali:
• Come conferma della tendenza del cambio Euro/Dollaro
• Per ricercare delle divergenze che potrebbero ripercuotersi successivamente sul cambio valutario
Cosa voglio intendere con questi ultimi due punti? Avendo capito ciò che lo spread ingloba al suo interno, è lecito pensare che se EURUSD dovesse continuare a rimanere correlato allo stesso, continuerebbe a seguire lo stesso “binario”; se dovessero iniziare a crearsi delle divergenze tra i due? A quel punto sarebbe lecito pensare che, a titolo di esempio, esista la possibilità che il cambio valutario stia iniziando a seguire nuovi “sentiment”, non più necessariamente legati alle diverse aggressività della FED e della BCE o legati a tutti i diversi punti trattati in precedenza.
COME HO UTILIZZATO LO SPREAD PER SPECULARE SUL TASSO DI CAMBIO
Arriviamo dunque all’ultimo paragrafo, dove descriverò passo passo una strategia di trading basata proprio sullo spread descritto, in cui ho impostato dal 2021 delle operazioni al ribasso sulla copia forex.
La stessa è simile ad una che avevo pubblicato sul Bitcoin, che potete trovare al link:
•
1. Ho selezionato lo spread "ZQZ2022-IZ2022" e ho applicato allo stesso due medie mobili:
• Una a 15 periodi (in blu)
• Una a 30 periodi (in verde)
2. Ho calcolato il coefficiente di correlazione tra lo spread ed EURUSD in maniera tale da intercettare i “momenti” di correlazione positiva tra i due. Essi iniziano il 3 marzo 2021:
Il passaggio della media veloce al di sotto di quella lenta (death cross) mi forniva il punto di entrata a mercato su EURUSD (in short); il successivo passaggio della media veloce al di sopra di quella lenta (golden cross) mi forniva il punto di chiusura della posizione precedentemente aperta.
Il mio obiettivo era quello di intercettare una forte tendenza al ribasso su EURUSD dal momento in cui la moneta statunitense avrebbe offerto tassi di interesse ben più alti di quelli che avrebbe offerto, da lì a qualche mese, l’euro. L’operazione potrebbe essere ricondotta ad una di “carry trade”:
Grazie per l’attenzione, Matteo Farci
USD/CAD alle prese con l'1,30700!Per il Dollaro contro il Dollaro canadese la visione di Cot Report e Stagionalità è ribassista.
Il cambio è long dall'11 di agosto ma si sta avvicinando ad un interessante area di resistenza che in passato è stata sentita in modo quasi chirurgico.
Si potrebbe rimanere in osservazione di eventuali sviluppi da parte degli operatori e l'area da monitorare è proprio quella ma si deve attendere una minor forza da parte dei compratori che per il momento il CVD decreta come assolutamente la forza preponderante in campo.
Buon trading!!!
EURUSD 1.0205/1.0170 Vivo o morto...La settimana si è chiusa leggermente positiva dello 0.12% se non erro...
La mia idea di possibile target in area 1.0350 a al momento sembra rimandata, ma rimango ancora fiducioso visto la tenuta della zona 1.0205/1.0170.
Il target non non manca, serve solo pazienza. Buone vacanze a tutti ci rivediamo a Settembre ;)