PAURA sui mercati? Ecco cosa succedeCon una situazione Macroeconomica allarmante, dobbiamo capire ciò che succede sui mercati.
Abbiamo infatti un'inflazione che è ancora altissima, sia livello eurozona che USA. Una delle banche più importanti USA, la SVB ha dichiarato bancarotta, ieri Credit Suisse ha registrato -22% in borsa crollando a picco. La FED ha preannunciato che saranno mesi difficili e sono previsti ancora aumenti dei tassi di interesse almeno fino a 5.5%. Stessa cosa la BCE ha previsto un aumento dei tassi di 0.5%.
Tutto questo significa che i mercati sono molto suscettibili al momento.
Gli investitori in momenti di risk off spostano il proprio denaro al sicuro in asset come il gold (bene rifugio per eccellenza), USD (valuta più forte) e anche sul JPY (ovvero lo yen Giapponese).
Riskoff
Analisi Macroeconomica scenario di mercato.Confrontando le aziende value (S&P 500) con quelle growth (Nasdaq), notiamo come da inizio anno le prime hanno sempre sovraperformato sulle seconde istaurando uno scenario di risk off (paura del rischio da parte degli investitori ) giustificato dalle forti tensioni (economiche politiche finanziari ) che caratterizzavano il primo semestre di quest’anno , scenario che , come possiamo notare dal grafico (Nasdaq/S&P500), nel ultima settimana sembra cambiare: favorendo l’acquisto di titoli growth (azioni con grande potenziale di crescita futura) e facendo intuire quindi, una possibile fase di risk on (fiducia nei mercati da parte degli investitori quindi maggiore propensione ad investimenti più rischiosi).
Analisi che, collegata alla crescita del settore obbligazionario delle ultime settimane, va a supportare un possibile scenario positivo ma allo stesso tempo, mancano ancora molti tasselli del puzzle per poter confermare una ripresa dei mercati.
UNA STATEGIA DI TRADING A FAVORE DEI CROLLI DEI MERCATI AZIONARIBuongiorno ragazzi, il 20 maggio pubblicavo un’analisi dal titolo “La mia visione ribassista sull’azionario USA spiegata con gli indici di forza relativa” in cui spiegavo la mia visione bearish giustificata dalla combinazione di diversi grafici di prezzo che indicavano il sentiment del mercato.
Ho ricevuto tanti messaggi in cui diversi di voi esprimevamo le loro perplessità riguardo la loro attività di trading recente; ho per questo motivo deciso di svelarvi l’idea che ho avuto io stesso per speculare sui ribassi del mercato azionario, attraverso un’operazione in spread in cui ho acquistato e venduto allo stesso tempo sei aziende sfruttando i coefficienti beta delle stesse. Spiegherò in maniera dettagliata tutti i motivi che mi hanno portato ad entrare a mercato attraverso lo studio di particolari asset, indici di volatilità e indici di forza relativa. Detto ciò, questo non è assolutamente da intendere come un invito ad investire.
Per capire in maniera chiara ed esaustiva questa strategia, vi consiglio caldamente di rileggere l’ultima analisi che trovate al link:
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Ci tengo comunque a fare un breve riepilogo!
Buona lettura.
RISK OFF E CAMBIO DI CICLO ECONOMICO
Siamo in risk off! Ebbene si ragazzi, siamo in quel particolare momento in cui gli investitori iniziano ad essere più prudenti dal momento che investire e fare trading è considerato più rischioso. Lo stesso è confermato dal cambio di ciclo economico e da diversi indici di forza relativa che ho avuto il piacere di condividere con voi.
Riferendoci al cambio di ciclo facciamo riferimento ad una panoramica più ampia; ci troviamo ora all’interno della quinta fase dello stesso:
La fase 5 è quella particolare fase nella quale le performance dell’azionario e dell’obbligazionario sono negative a differenza delle materie prime, che continuano a rimanere positive (aiutate anche dall’inflazione, territorio in cui esse registrano buone performance):
Il cambio di ciclo economico ha impattato sul sentiment degli investitori, portandoli verso una strada di incertezza; ciò è testimoniato dall’indice di forza relativa tra S&P500 e VIX e tra il Nasdaq e il VXN (ossia tra due dei principali mercati azionari statunitensi e i loro rispettivi indici di volatilità):
Come ho spiegato nella precedente analisi, essendo gli indici di volatilità considerati “indici di paura”, ne consegue il fatto che se sono essi a sovraperformare gli indici ai quali sono associati, si può affermare che la “paura” è più forte della “certezza”; viceversa, a parti alternate, saranno le certezze a superare le paure. La condizione emotiva in cui riversa in questo momento il mercato è ben spiegata nella grafica che segue:
L’incertezza degli investitori è alta, testimoniata dal triangolo discendente nell’indice SPX/VIX e dal canale discendente parallelo nell’indice NASDAQ/VXN.
E’ importante considerare una cosa: l’incertezza non è episodica bensì tendenziale; essa in questo momento non dà segni di una possibile inversione.
A questo punto come hanno reagito gli investitori? Hanno iniziato a ruotare i loro capitali.
In particolare, hanno pian piano scaricato le loro posizione considerate a “rischio”, infatti:
Dal lato obbligazionario, hanno iniziato a scaricare più obbligazioni “junk” considerate rischiose rispetto ad altre meno rischiose e ciò è ben rappresentato dallo spread obbligazionario high yield; interessante notare la correlazione tra lo stesso è il VIX: maggiore è l’incertezza (tanto più sale il VIX), maggiore sarà la vendita di obbligazioni rischiose, più lo spread si allargherà correlandosi quindi positivamente con lo stesso indice di volatilità (link in cui tratto dettagliatamente questo spread: ).
Ricordate: in risk on, ossia quando gli investitori sono disposti a rischiare, le obbligazioni ad alto rendimento sono tra gli asset preferiti in quanto, appunto, offrono un rendimento alto a dispetto di un’esposizione al rischio maggiore.
Il fatto che gli investitori stiano scaricando bond ad alto rischio è ben rappresentato dal sell-off sull’ETF HYG che replica l’andamento di un paniere di junk bond a lunga scadenza:
Dal lato azionario, quali sono stati i settori più colpiti dal sell-off?
Il settore ciclico per eccellenza, ossia quello dei beni discrezionali, ha subito una perdita del -33.71% e quello tecnologico un -29.36%.
I migliori sono stati invece l’energetico (spinto chiaramente dal prezzo del petrolio) con una performance dal +37.34% e il settore difensivo delle utilities, con un modesto +2.79%.
Vi mostrerò ora gli indici di forza relativa tra i settori dei beni discrezionali e tecnologico con quello delle utilities (non andrò a considerare quello energetico dal momento che non è utile ai fini della strategia):
E’ ben visibile la maggior forza dei settori tecnologico e ciclico da marzo 2020 a novembre 2021 così come la maggior forza del settore utilities rispetto agli stessi dalla stessa data ad oggi.
L’IMPORTANZA DEI COEFFICIENTI BETA
Come ho specificato nell’ultima analisi, in clima di risk on sono i settori “aggressivi” a sovraperformare il mercato di riferimento; al contrario, sono invece quelli “difensivi” ad avere la meglio. In base a cosa si esprime l’aggressività di un titolo? Attraverso i coefficienti beta, che attraverso un valore che oscilla intorno ad 1 identificano il grado di rischio di un titolo.
Come avevo specificato nella precedente analisi, i settori o i titoli con beta superiore ad 1 sono quelli considerati rischiosi vista la loro volatilità, mentre quelli con beta inferiore ad 1 sono quelli considerati “difensivi”; infatti:
• Un titolo con un beta superiore ad 1, ad esempio 1.5, tenderà a muoversi 1.5 volte rispetto al suo mercato di riferimento, sia al rialzo che al ribasso
• Un titolo con un beta inferiore ad 1, ad esempio 0.5, tenderà a muoversi 0.5 volte rispetto al suo mercato di riferimento, al rialzo o al ribasso
Ho appena considerato il settore tecnologico, dei beni discrezionali e delle utilities. I loro beta sono:
• Settore Tech: 1.05
• Settore Consumer Discretionary: 1.18
• Settore Utilities: 0.38
Questo significa che ad una performance dell’S&P500 pari al +1.3%, la performance attesa dai tre settori sarà:
• Settore tech: 1.05 x 1.3 = 1.365%
• Settore Consumer Discretionary: 1.18 x 1.3 = 1.534%
• Settore Utilities: 0.38 x 1.3 = 0.49%
Ad una performance negativa da parte dell’S&P500 pari al -3%, le diverse performance settoriali saranno invece:
• Settore tech: 1.05 x (-3) = -3.15%
• Settore Consumer Discretionary: 1.18 x (-3) = -3.54%
• Settore Utilities: 0.38 x (-3) = -1.14%
I coefficienti beta, dunque, spiegano la diversa aggressività dei settori:
• Il tech e quello dei consumi discrezionali sono considerati settori “risk on” in quanto tendono a performare meglio del benchmark di rifermento quando gli investitori sono appunto disposti a rischiare
• Quello delle utilities è considerato “difensivo” in quanto tende a reggere meglio gli urti durante possibili crolli di mercato (infatti, come vediamo nell’esempio, a un -3% da parte del riferimento appartiene un -1.14% da parte del settore) ma tende a performare peggio rispetto ad altri settori con beta superiori quando il clima di mercato è risk-on.
LA PIANIFICAZIONE DELLA STRATEGIA
PARTE 1: I SEGNALI CHE MI HANNO FATTO ENTRARE A MERCATO
Ho avuto i primi segnali di una possibile inversione dei mercati azionari americani a metà novembre 2021 e, successivamente, altri che hanno confermato la mia visione.
1. Il primo segnale è giunto dal mercato obbligazionario ad alto rendimento:
Quando a metà novembre la media ad un mese (30 periodi) è passata al di sotto di quella a 200 periodi ho avuto il primo segnale di un possibile cambiamento di umore. Infatti, come dico sempre, gli stessi bond tendono ad avere buone performance quando il clima è risk on.
2. Il secondo segnale è giunto dagli indici di forza relativa tra benchmarks e indici di volatilità:
Come spiego all’interno della grafica, i massimi segnati dagli indici tra fine dicembre 2021 e inizi gennaio 2022 si sono dimostrati decrescenti rispetto ai precedenti; sintomo di debolezza che, tradotto, significava “forza dell’incertezza” dal momento che più gli indici sono ribassisti, maggiore sarà la forza degli indici di volatilità!
3. Il terzo segnale: il rimbalzo dell’etf HYG sulla media a 200 periodi
Negli stessi giorni in cui i massimi segnati dagli indici di forza S&P500/VIX E NASDAQ/VXN si dimostravano decrescenti rispetto ai precedenti, l’ETF HYG rimbalzava sulla media a 200 periodi, ulteriore segnale ribassista.
A questo punto ho considerato gli indici di forza settoriali in maniera da vedere se ci fosse una rotazione di capitali da settori rischiosi a difensivi.
4. Il quarto segnale: la rotazione dei capitali dai settori più rischiosi a quelli meno rischiosi
La quarta conferma di un cambiamento di sentiment è arrivata quando ho visto che al 5 gennaio 2022 era già iniziata una rotazione di capitali da settori “rischiosi” a settori “difensivi”; in particolare, gli investitori chiudevano operazioni sul tecnologico e sul consumer discretionary per posizionarsi su quello delle utilities.
PARTE 2: PERCHE’ HO PENSATO DI SFRUTTARE I COEFFICIENTI BETA
Arrivato a questo punto, la mia visione era chiaramente diventata ribassista, non solo per i motivi elencati nell’ultimo paragrafo, ma anche per la questione riguardante i cicli economici di cui ho parlato a inizio articolo.
Vista la rotazione dei capitali e vista la mia visione pessimista, ho quindi pensato: perché non vendere 3 titoli e acquistarne altri tre, aprendo quindi un’operazione in spread?
La mia idea era quella di vendere 3 titoli che statisticamente avrebbero sofferto di più di altri e acquistarne 3 che avrebbero invece performato bene o comunque avrebbero ammortizzato gli urti di un possibile crollo.
Tradotto, che significa ciò?
• I titoli che avrei venduto avrebbero dovuto avere un beta superiore a 1 in quanto sarebbero scesi in maniera più aggressiva rispetto all’S&P500 e al Nasdaq (vista la mia visione ribassista sugli indici), facendomi quindi guadagnare di più
• I titoli che avrei acquistato avrebbero dovuto avere un beta inferiore ad 1 in quanto se gli indici azionari avessero registrato delle brusche discese (dal momento della mia idea al futuro più “vicino”) i settori avrebbero comunque perso meno, ma allo stesso tempo avrebbero potuto avere delle performance positive vista la rotazione di capitali da settori aggressivi a difensivi osservata prima
PARTE 3: L’INDICE DI FORZA RELATIVA TRA L’ETF AD ALTO BETA (SPHB) E QUELLO A BASSO BETA (SPLV)
Vista la mia idea di aprire un’operazione in spread vendendo 3 titoli aggressivi e acquistando 3 titoli difensivi, ho utilizzato l’indice di forza relativo tra SPHB (ETF contenente al suo interno aziende ad alto beta) ed SPLV (ETF contenente invece aziende a basso beta) per analizzare se anche in questo caso fosse avvenuta la stessa rotazione di capitali di cui ho parlato prima:
La rotazione dei capitali da aziende aggressive ad aziende difensive era avvenuto agli inizi di gennaio, ossia nella stessa data in cui avevo ricevuto dagli altri grafici condivisi precedentemente dei segnali “risk off”.
PARTE 4: GLI ETF SPLV ED SPHB
Avendo constatato che la rotazione dei capitali era avvenuta, ho “spacchettato” i due etf in maniera tale da capire quale fosse la loro allocazione settoriale e i primi titoli che componevano essi per peso percentuale.
INVESCO S&P500 LOW VOLATILITY ETF
Come potete osservare dalla grafica, il 26.19% del peso dell’ETF è costituito dal settore delle Utilities, confermando quindi la sua natura “difensiva” di cui parlavo prima. Ho dunque deciso che le 3 aziende difensive che avrei scelto per la strategia sarebbero appartenute allo stesso settore visto il suo peso all’interno dell’ETF.
INVESCO S&P500 HIGH BETA ETF
Il maggior peso di questo etf (66.83%) è detenuto dal settore tecnologico (42.51%) e dal consumer discretionary (24.32%). Nonostante il peso maggiore sia rappresentato dal settore tecnologico, ho deciso che 2 delle 3 aziende da vendere sarebbero appartenute al settore dei beni discrezionali mentre solo una al settore tecnologico. Perché? Arriviamo ora all’ultimo punto e lo capirete.
PARTE 5: L’INDICE DI FORZA RELATIVA TRA SETTORI TECNOLOGICO E CONSUMI DISCREZIONALI/SETTORE UTILITIES
L’ultimo segnale che mi mancava per entrare a mercato era dato dalla rotazione di capitali che doveva avvenire tra i settori tecnologico e consumer discretionary con quello delle utilities. Perché? Perché l’operazione in spread era chiaramente basata, tra le altre cose, sulla rotazione dei capitali tra gli stessi tre settori!
Ho quindi applicato ai due indici di forza relativa due medie mobili:
• Una media veloce a 30 giorni
• Una media lenta a 200 giorni
Il passaggio della media mobile veloce al di sotto di quella lenta mi avrebbe dato il segnale di entrata a mercato:
Come potete osservare dalle due grafiche, ho avuto dei segnali di entrata a mercato a metà febbraio per quanto riguarda lo spread tra XLY e XLU e ad inizi di marzo tra XLK e XLU.
Ho quindi preso la decisione di entrare a mercato dapprima a metà febbraio acquistando due aziende del settore XLU e vendendone due del settore XLY e successivamente aspettare ad inizi marzo per acquistarne una del settore XLU e venderne una del settore XLK.
Avete capito ora il motivo per il quale non ho scelto due aziende tecnologiche bensì solo una nonostante lo stesso settore rappresentasse il 42.51% totale del peso dell’ETF “high beta”? Perché volevo entrare a mercato il prima possibile! Esiste inoltre un ulteriore motivo, che spiegherò nel prossimo paragrafo.
PARTE 5: LA SCELTA DEI TITOLI AGGRESSIVI E DIFENSIVI
Per semplificare la ricerca dei titoli su cui speculare ho “spacchettato” i due etf SPLV e SPHB come ho mostrato prima.
La scelta delle 3 aziende del settore utilities è ricaduta su:
• DUKE ENERGY CORP (DUK), con beta 0.33
• DTE ENERGY CORP (DTE), con beta 0.63
• NISOURCE INC (NI), con beta 0.33
La scelta delle due aziende del settore dei beni discrezionali è stata:
• Caesars Entertainment (CZR), con beta 2.85
• PVH Corp (PVH), con beta 2.07
La scelta dell’azienda tecnologica è stata:
• Nvidia Corp (NVDA), con beta 1.59
L’altro motivo per il quale ho scelto due aziende di XLY e non di XLK deriva dal beta: le aziende del settore XLY presentano dei coefficienti ben più alti rispetto al settore tech e, come vi spiegavo, la ricerca dei titoli da vendere era orientata sull’aggressività che gli stessi dovevano presentare!
Se vi state chiedendo il motivo per il quale non ho allora deciso direttamente di vendere 3 titoli di XLY, vi rispondo che mi piace diversificare.
PARTE 6: LE PERFORMANCE ATTUALI DELLA STRATEGIA
Il 15 febbraio, ossia il giorno in cui si è verificato il “death cross” sull’indice di forza XLY/XLU, ho acquistato Duke Energy e Dte Energy e venduto Caesars Entertainment e Pvh Corp; le performance, ad oggi 26 maggio, sono:
Due settimane dopo, il 2 marzo, giorno in cui è avvenuto il “death cross” sull’indice di forza relativa XLK/XLU, ho venduto Nvidia e acquistato NiSource Inc. Ad oggi le performance sono:
CONCLUSIONI
Ad oggi le performance della strategia parlano chiaro, non credo ci siano da aggiungere ulteriori considerazioni. Vi terrò comunque aggiornati.
Ultimamente, spesso, mi è stato chiesto se utilizzassi soltanto le medie mobili nel mio processo di trading, e la risposta che voglio dare, ma soprattutto un concetto che vorrei trasmettere, è questo: non è tanto lo strumento, l’indicatore o l’oscillatore che utilizzi per investire che fa la differenza, tanto le idee che applichi che ti fanno raggiungere il risultato atteso.
Spero abbiate apprezzato il lavoro. Per qualsiasi domanda, chiarimento o semplice opinione contattatemi pure o commentate la strategia, non abbiate problemi. Un saluto!
Matteo Farci
GLI INDICI CHE PALESANO IL MOMENTO RIBASSISTA DEI MERCATIBuongiorno ragazzi. Mercoledì discutevo argomenti riguardanti la mia visione ribassista sui mercati azionari americani basandomi su un’analisi della curva dei rendimenti dei titoli di stato americani e sui diversi cicli economici, sottolineando il fatto che la mia visione ribassista era dettata dalla particolare fase economica attraversata.
Trovate tale argomento a questo link:
Riprenderò ora lo stesso concetto condividendo indici di forza e particolari grafici in maniera da darvi una visione più “tecnica”.
GLI OPERATORI HANNO “PAURA”: GLI INDICI DI VOLATILITA’ VIX E VXN
Nel mondo finanziario esistono due particolari indici che tendono a rafforzarsi quando l’incertezza tra gli operatori aumenta; di essi ne parlo molto spesso: il VIX e il VXN. Essi sono gli indici di volatilità dell’S&P500 e del Nasdaq.
La storia economica finanziaria racconta che quando gli operatori sono incerti, le volatilità aumentano e i mercati azionari tendono ad avere cattive performance; questo è il motivo per il quale entrambi sono definiti come “indici di paura”:
Ricordo che i valori degli indici di volatilità al di sopra dei quali i mercati sono considerati “in tensione” sono i 20 punti per quanto riguarda il VIX e i 25 per quanto riguarda il VXN.
Specificato ciò, la mia operatività e le analisi che condivido con voi si basano sull’analisi intermarket; grazie ad essa riesco a combinare diversi asset tra loro che hanno lo scopo di fornirmi una visione più ampia di ciò che accade; è per questo motivo che non tendo spesso a studiare i due benchmark e i corrispondenti indici di volatilità singolarmente, bensì combinandoli tra loro; è così che, cliccando nella barra di ricerca di tradingview i ticker “SPX/VIX” E “NQ1!/VXN” otteniamo i due indici di forza relativa:
I due indici di forza danno informazioni riguardanti il sentiment degli operatori:
• Essendo gli indici di volatilità definiti come “indici di paura”, possiamo affermare che quando gli stessi tendono a sovraperformare i corrispettivi benchmark (disegnando nei due grafici di prezzo dei trend ribassisti) le “paure” superano le “serenità”. Quando un mercato è incerto, l’azionario tende a salire? Direi di no, dal momento che la stessa asset class tende a performare bene in risk on
• Quando le “certezze” superano le “incertezze” i due benchmark tendono invece a sovraperformare gli stessi indici di paura andando a disegnare nei grafici di prezzo dei trend rialzisti
Facciamo un’analisi tecnica dei due indici di forza:
• S&P500/VIX mostra debolezza da inizi novembre 2021; la stessa continua a palesarmi ancora oggi, motivo per il quale la linea di prezzo ha formato una figura di analisi tecnica ribassista, ossia un triangolo discendente
• NASDAQ/VXN mostra gli stessi identici comportamenti, ma stavolta la figura tecnica ribassista è un canale parallelo discendente
Le due figure di analisi tecnica mostrano la maggior forza dell’incertezza rispetto alla certezza. Un ulteriore considerazione è il fatto che questo sentiment negativo sta raggiungendo i minimi visitati durante il crollo dei mercati indotto dalla pandemia nel 2020: gli indici raggiungeranno nuovamente gli stessi? Non posso saperlo in questo momento, ma in ogni caso lo commenteremo assieme.
Questi sono solo due degli indici di forza che considero per capire il sentiment del mercato; pertanto, finchè gli stessi non dimostreranno dapprima segnali di ripresa e successivamente un’inversione di tendenza, la mia visione sui mercati azionari continuerà a rimanere ribassista!
COME LA “PAURA” SI MANIFESTA SUI SETTORI CICLICI E DIFENSIVI
Nella grafica in basso trovate in color rosso l’indice di forza relativo tra i settori dell’S&P500 ciclico e difensivo; in particolare, tra il settore dei beni discrezionali (etf XLY) e quello dei beni di prima necessità (etf XLP). Ho scelto di condividere questo indice per un determinato motivo: la grande correlazione positiva tra l’indice di forza S&P500/VIX.
Commentiamo la grafica:
• Un settore ciclico tende a performare bene quando l’economia si presenta forte e robusta, mentre tende a perdere parte dei guadagni quando la stessa inizia a rallentare e a contrarsi.
• Un settore difensivo non è fortemente dipendente dai cicli economici, motivo per il quale tende a reggere meglio gli urti causati da un rallentamento economico o da una recessione
Nella grafica ho inserito una linea verticale di demarcazione di color blu, che indica il periodo prima dell’8 dicembre 2021, che definiamo “fase di certezza”, e dopo la data stessa, che chiamiamo “fase di incertezza”.
L’indice di forza XLY/XLP dimostra che quando gli investitori “sono impauriti” (ricordate, è il VIX che lo dice!) si ha una preferenza verso i settori difensivi che i settori ciclici (il trend diventa ribassista dal momento in cui XLP inizia a sovraperformare XLY). Ciò che è curioso è questo: nell’ultima analisi spiegavo come l’appiattimento della curva dei rendimenti fosse ricollegata ad un rallentamento economico dove, appunto, il settore dei beni di prima necessità tende a reggere meglio il “pessimismo” rispetto al settore dei beni discrezionali. La sovraperformance da parte dei settori difensivi è iniziata ad inizi dicembre 2021; in quello stesso periodo, come si presentava la curva dei rendimenti?
Stava iniziando ad appiattirsi. Non è un caso quindi che il settore difensivo abbia iniziato a mostrare i muscoli proprio intorno a quella data! L’informazione da trarne è un’ulteriore: è probabile che i mercati azionari abbiano iniziato a cambiare tendenza ad inizi 2022 in quanto pensavano potesse esserci un rallentamento economico, che poi si è palesato attraverso il rallentamento dei diversi dati macroeconomici ma anche dall’ulteriore appiattimento della curva:
Appare quindi chiaro che finché l’indice di forza tra settori XLY/XLP non invertirà la tendenza da ribassista a rialzista la mia visione pessimista nei riguardi dei benchmark azionari persisterà.
L’IMPORTANZA DEI COEFFICIENTI BETA
Non potevo non menzionare in questa analisi i coefficienti beta. Nonostante non sia la prima volta che li nomino, faccio un breve riassunto chiarendo cosa sono e perché rivestono una grande importanza.
Come dice il nome, essi sono dei coefficienti che vengono attribuiti ad ogni azienda. Ogni coefficiente beta oscilla attorno a valori di 1; in particolare, se il beta di un’azienda è uguale a 1, essa tenderà a muoversi in linea con il suo benchmark di riferimento; se il beta di un’azienda è maggiore di 1, essa viene considerata “aggressiva” in quanto tenderà ad avere fluttuazioni maggiori rispetto al mercato di riferimento (in gergo, stiamo parlando di un’azienda considerata “volatile” e quindi rischiosa); se il beta è compreso tra 0 e 1, siamo di fronte ad un’azienda “difensiva” che tende ad avere fluttuazioni di prezzo meno pronunciate rispetto al riferimento (quindi un’azienda meno “volatile” e meno “rischiosa”).
Prendiamo ad esempio due coefficienti beta di due settori totalmente diversi tra loro:
• XLP -> 0.58
• XLY -> 1.18
Immaginiamo che un giorno X l’S&P500 registri una performance del +1,43%. Quali sono i rendimenti attesi dai due settori?
• XLP -> si muoverà 0.58 volte l’S&P500 -> 1.43 x 0.58 = +0.83%
• XLY -> si muoverà 1.18 volte l’S&P500 -> 1.43 x 1.18 = +2.57%
Stesso esempio se il benchmark di riferimento registrasse una performance del -1.43%; prendiamo ora come esempi XLK (settore tech, beta 1.05) e XLU (settore utilities, beta 0.38):
• XLK -> si muoverà 1.05 volte l’S&P500 -> -1.43 x 1.05 = -1.5%
• XLU -> si muoverà 0.38 volte l’S&P500 -> -1.43 x 0.38 = -0.54%
Capito questo concetto, ragioniamo assieme: da marzo 2020 a dicembre 2021 il mercato azionario ha avuto un’unica direzione: quella rialzista. Avendo sempre avuto delle performance positive, esso sarà stato spinto al rialzo da tutti quei settori (o aziende) con coefficienti beta superiori ad 1, giusto? Nello stesso arco di tempo i settori con beta minore di 1, per lo stesso ragionamento, dovrebbero aver sofferto rispetto a quelli con beta superiore ad 1; esistono due etf che replicano i movimenti delle aziende ad alto beta e a basso beta:
• SPLV (aziende a basso beta)
• SPHB (aziende ad alto beta)
Vediamo se da marzo 2020 a dicembre 2021 tutto ciò ipotizzato è vero:
Possiamo affermare che lo è.
Possiamo dire che nell’ultimo periodo siano state invece le aziende a basso beta a sovraperformare quelle ad alto (visto che tendono a soffrire di meno durante i crolli, a differenza delle altre)?
Possiamo affermarlo!
Correlo lo stesso indice di forza al VIX per mostrarvi una qualcosa di interessante:
Esiste una correlazione inversa tra l’indice di forza e l’indice della paura; in particolare, quando il mercato ha certezze (ossia quando il VIX scende) le high beta tendono a sovraperformare le low beta; quando invece le stesse si palesano (ossia quando il VIX sale), sono le low beta ad avere la meglio.
Cosa voglio dire con questo? Che finché saranno le aziende con beta basso a sovraperformare quelle ad alto, la mia visione sui mercati azionari continuerà a rimanere ribassista!
CORRELAZIONE TRA VIX E SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO
Come ultimo esempio considero la correlazione diretta tra spread obbligazionario ad alto rendimento e VIX. Ho già trattato questo spread precedentemente, trovate l’argomento al link:
Nonostante ciò, spiego brevemente come va visualizzato:
Innanzitutto, esso è la differenza tra il rendimento delle obbligazioni societarie high yield (obbligazioni spazzatura) con scadenze superiori a un anno e i rendimenti dei titoli di stato del tesoro americano, alla stessa scadenza.
• Vengono paragonati rendimenti di obbligazioni “pericolose” (con bassi ratings) a rendimenti di obbligazioni estremamente “sicure” (con alti ratings, essendo emesse dal governo degli Stati Uniti). Più lo spread sale, più le obbligazioni pericolose aumentano i loro rendimenti rispetto a quelle meno pericolose, più investire nelle high yield è considerato rischioso per l’uguaglianza RISCHIO = RENDIMENTO (più il rendimento della cedola è alto, tanto la stessa è considerata rischiosa). Discorso opposto quando lo spread si restringe.
• Il rendimento di un’obbligazione è inverso al prezzo della stessa: più un bond viene venduto, più il rendimento crescerà; viceversa, quando gli stessi sono acquistati, il loro rendimento decrescerà
• Di conseguenza, se lo spread sale verso l’alto ci sarà una maggior vendita di obbligazioni pericolose (che offrono però dei rendimenti più alti) rispetto a quelle che lo sono meno; quando invece esso si contrae, saranno preferiti i bond più rischiosi di quelli che lo sono meno
• Capito ciò, come possiamo concludere? Quando lo spread sale verso l’alto, ci si ritrova in clima di “pessimismo” in quanto vengono venduti strumenti rischiosi a dispetto di altri poco rischiosi ma meno “attraenti”; quando invece lo spread si contrae, vengono preferiti strumenti ad alto rendimento rispetto a quelli a basso rendimento, tipica situazione di risk on dei mercati.
Questo “pessimismo” dovuto all’allargamento dello spread è correlabile al VIX?
Direi di si! Il VIX riflette le scelte degli operatori:
• Se essi sono incerti e vendono strumenti rischiosi, l’indice della “paura” sale
• Se essi sono ottimisti, il VIX cala mentre gli acquisti di strumenti high yield aumentano
Nel link condiviso poco fa tratto diverse correlazioni con questo spread; qualora non l’aveste ancora fatto consiglio di leggerlo, è importantissimo.
Vediamo come si presenta lo spread in questo periodo:
Esso si trova in territorio rialzista da fine dicembre 2021.
Gli investitori, di conseguenza, stanno scaricando quantità abbondanti di obbligazioni pericolose.
SIAMO IN RISK OFF!
Tutti gli indici di forza condivisi in questa analisi hanno uno ed un unico scopo: farvi capire quale sia da inizio anno ad oggi il clima di mercato. Avrete già capito durante la lettura che gli investitori non sembra siano disposti a rischiare. La domanda che faccio a voi è questa: considerando gli indici di forza condivisi, come si può aver una visione rialzista dei mercati azionari, essendo le azioni una asset class definita “ad alto rendimento”?
Fintanto che tutti gli indici di forza mostrati non invertiranno la loro tendenza, la mia visione rimarrà ribassista.
Spero di aver dato un contributo, vi terrò aggiornati qualora si presentassero nuovi sviluppi o qualora cambiasse la mia visione.
Buona giornata, Matteo Farci
SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO: LA SUA IMPORTANZA Salve lettori! Prosegue la guida al mercato obbligazionario iniziata il 16 febbraio 2022. I temi trattati sono stati:
• Introduzione al mercato obbligazionario
• Move Index e le sue correlazioni
• Correlazione tra obbligazioni e dollaro americano in diversi scenari economici finanziari
• Correlazione tra mercato obbligazionario e mercato azionario
• Forza e debolezza di uno stato espresso dai ratings e dalle obbligazioni
• Indice di forza relativo capace di anticipare un segnale di recessione
• La correlazione tra obbligazioni e materie prime
• Obbligazioni societarie: investment grade e high yield
Spero di aver trattato i diversi argomenti in maniera chiara e semplice, in maniera da fornirvi una visione più semplice e chiara dei mercati finanziari (dopotutto, l’obiettivo primo è proprio questo).
In questa analisi mi concentrerò su un argomento riagganciandomi all’ultima analisi in cui trattavo le obbligazioni societarie: lo spread obbligazionario ad alto rendimento.
E’ un argomento che potrebbe creare qualche problema di comprensione, per cui cercherò di trattarlo in maniera semplice. Per qualsiasi dubbio, contattatemi pure.
Iniziamo!
COS’E’ UNO SPREAD OBBLIGAZIONARIO?
Come spesso ho spiegato, uno spread non è altro che una differenza; se si tratta di spread obbligazionario, sarà una differenza tra i rendimenti di due obbligazioni diverse tra loro; in particolare esse:
• Possono appartenere alla stessa classe dello stesso Paese emittente (esempio: titoli di stato del tesoro americano, come lo spread “US10Y-US02Y”)
• Possono appartenere alla stessa classe ma derivare da emittenti statali diversi (come ad esempio il famoso spread “btp-bund”)
• Possono appartenere a diversa classe, derivanti da emittenti diversi (obbligazioni statali e obbligazioni corporate).
Gli spread sono espressi in termini di punti percentuali o punti base.
SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO: CHI IL MINUENDO E CHI IL SOTTRAENDO DELLA DIFFERENZA?
Uno spread obbligazionario ad alto rendimento è la differenza tra il rendimento di un’obbligazione ad alto (minuendo) e una a basso rendimento (sottraendo).
Per l’uguaglianza di cui parlo spesso “RISCHIO = RENDIMENTO”, sarà quindi il differenziale tra un’obbligazione rischiosa ed una meno rischiosa; infatti, tenete bene a mente:
• Più è alto il rischio che un emittente non riesca ad onorare il compito di debitore (più è alta la possibilità che un emittente non riesca a ripagare l’interesse dell’obbligazione) più il creditore (un investitore, ad esempio) richiederà un alto rendimento per essersi assunto tale rischio
• Più è alta la possibilità che l’emittente riesca a onorare l’obbligazione assunta, minore sarà il rendimento richiesto dal creditore.
Ricordo brevemente:
• Le obbligazioni ad alto rendimento sono quelle che tipicamente vengono definite “junk bonds” (obbligazioni spazzatura), ai quali emittenti appartengono ratings da BB+ a D (emittenti considerati “poco capaci” di rispettare i propri doveri di debitori)
• Le obbligazioni a basso rendimento sono quelle che vengono definite “investment grade”, ai quali emittenti appartengono ratings AAA fino ad arrivare a BBB- (emittenti considerati in linea generale “capaci” di rispettare le obbligazioni assunte)
Gli emittenti di obbligazioni high yield sono rappresentati tipicamente da società o da Paesi Emergenti, mentre quelli di obbligazioni investment grade da Paesi come Stati Uniti e Germania.
In questa analisi prenderò in considerazione lo spread tra obbligazioni high yield emesse da società americane e obbligazioni del tesoro americano.
RISK ON E RISK OFF
Nella precedente analisi che trovate qui su tradingview dal titolo "obbligazioni societarie: investment grade e high yield" elencavo alcuni etf che replicavano il movimento di obbligazioni high yield a diversa scadenza.
Questi erano l’ISHARES 0-5 YEAR HIGH YIELD CORPORATE BOND ETF (SHYG):
e l’ISHARES IBOXX $ HIGH YIELD CORPORATE BOND ETF (HYG):
Avevo giustificato le recenti discese dei due etf basandomi sul concetto di risk-off dei mercati: quando l’avversione al rischio da parte degli investitori è bassa, essi tipicamente ruotano i loro capitali da asset più rischiosi ad asset meno rischiosi; era quindi piuttosto normale che si sarebbe verificato un deflusso di capitali da questi etf replicanti movimenti di obbligazioni molto rischiose, non credete?
Questo è solo uno dei tantissimi modi per capire quale sia il sentiment del mercato. Un altro è quello di paragonare tra loro i rendimenti di obbligazioni con stessa scadenza appartenenti a diversa classe, emesse da diversi emittenti, con diverso rischio, attraverso uno spread.
E’ possibile costruirne uno prendendo in considerazione obbligazioni high yield societarie e obbligazioni investment grade emesse dal governo statunitense? Si. L’ICE BofA US High Yield
ICE BOFA US HIGH YIELD: LO SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO
Lo spread ICE BofA US High Yield, con ticker “BAMLH0A0HYM2”, esprime il differenziale tra i rendimenti di obbligazioni high yield di società americane e i rendimenti del tesoro americano (con tutte le obbligazioni con scadenze superiori all’anno solare). Possiamo esprimere il segno “-“ della differenza come metro di paragone tra i due termini dello spread; molti di voi si chiederanno:
”che senso avrebbe paragonare i rendimenti obbligazionari societari con quelli dei titoli di stato”?
La spiegazione è da ricercare nell’affidabilità di debitore degli Stati Uniti: i suoi titoli di stato vengono considerati dal mercato come “esenti da ogni rischio” (avendo l’USA come rating AAA) vista la forza economica dello Stato e l’inesistente possibilità di default da parte sua; il rischio praticamente assente si riflette sui rendimenti che, per l’uguaglianza RISCHIO = RENDIMENTO, saranno bassi. Ciò fa degli stessi rendimenti un ottimo strumento di riferimento, in particolare come sottraendo dello spread.
Come minuendo dello spread vengono invece utilizzati gli high yield delle società americane che, in questo modo, vengono paragonati ai rendimenti dei titoli del tesoro:
• Se lo spread sale verso l’alto (ossia si “allarga”) significa che i rendimenti delle obbligazioni societarie stanno sovraperformando i rendimenti dei titoli di stato USA
• Se lo spread scende verso il basso (ossia si “contrae”) significa che i rendimenti delle obbligazioni societarie stanno sottoperformando i rendimenti dei titoli di stato USA
Come tutti sappiamo, il rendimento di un’obbligazione è correlato inversamente al suo prezzo, per cui:
• Se lo spread si allarga significa che c’è una maggior vendita di junk bonds societari rispetto alla vendita di titoli di stato USA. Ciò è da interpretare come una preferenza del mercato verso obbligazioni più sicure (US Treasury Bonds) rispetto a quelle high yield
• Se lo spread si restringe, significa che c’è una preferenza in acquisto di junk bonds rispetto a titoli di stato USA. Gli acquisti si concentrano più su strumenti ad alto rischio che su quelli a basso rischio (dal momento che il rendimento delle obbligazioni societarie scende maggiormente rispetto a quello delle obbligazioni statali)
Capire questi ultimi 4 punti è di fondamentale importanza, in quanto:
• Se il mercato si concentra su strumenti a più alto rischio rispetto ad altri a meno rischio, possiamo affermare il fatto di essere in clima di risk-on; graficamente, tale situazione viene rappresentata dal restringimento dello spread:
• Se il mercato si concentra su strumenti a più basso rischio rispetto ad altri a più alto rischio, possiamo affermare il fatto di essere in clima di risk-off; graficamente, tale situazione viene rappresentata dall’allargamento dello spread:
Per certificare queste mie ultime due affermazioni, correlo lo spread all’andamento dell’S&P500, utilizzando come etf l’SPX:
Osservate: ogni qualvolta il mercato preferisce acquistare junk bonds societari rispetto a titoli di stato, l’S&P500 tende ad avere ottime performance: il motivo è da ricercare nel clima risk-on, ossia quella particolare condizione in cui gli investitori si concentrano su asset finanziari rischiosi che offrono alti rendimenti. E in clima di risk off?
Quando l’avversione al rischio è bassa, gli investitori preferiscono concentrarsi su strumenti a più basso rischio (come titoli di stato) lasciando da parte strumenti ad alto rischio: è cosi che, in tale situazione, lo spread si allarga, con conseguenti discese più o meno brusche da parte del benchmark azionario (fatta eccezione per il periodo 1997-2000, in cui questo evento non si è verificato).
I grafici in cui correlo lo spread e il benchmark azionario sono utili per capire un qualcosa di necessario:
• Più lo spread si allarga raggiungendo percentuali sempre più alte, più l’avversione al rischio da parte degli operatori di mercato diminuisce
• Più lo spread si restringe raggiungendo percentuali sempre più basse, più l’avversione al rischio degli investitori aumenta
Per spiegare in maniera ancora più semplice questi ultimi due concetti mi servirò di una grafica in cui andrò a ricreare quattro situazioni di rischio diverse:
1. Grafico 1
Nel piano cartesiano rendimento (asse y) e tempo (asse x) ritroviamo i rendimenti dei titoli del tesoro (1%) e gli high yields dei junk bonds (4%). Lo spread, calcolato come differenza, è:
SPREAD AD ALTO RENDIMENTO = RENDIMENTO JUNK BONDS – RENDIMENTO TITOLI DI STATO
SPREAD AD ALTO RENDIMENTO = (4 – 2)% = 2%
Il grafico 1 riporta quella particolare condizione in cui gli operatori a mercato sono più avversi al rischio, in quanto lo spread è il più ristretto di tutti i quattro che vedremo
2. Grafico 2
In questo caso lo spread si allarga, raggiungendo valori del 3.6%, infatti:
SPREAD AD ALTO RENDIMENTO = RENDIMENTO JUNK BONDS – RENDIMENTO TITOLI DI STATO
SPREAD AD ALTO RENDIMENTO = (6 – 2.4)% = 3.6%
Con uno spread in aumento di 1.6 punti percentuali rispetto al caso precedente, il mercato inizia ad avere meno appetito al rischio
3. Grafico 3
Spread al 6.4%, in aumento di 4.4 punti percentuali rispetto al caso 1 e di 2.8 rispetto al caso 2. Allargandosi lo spread, l’appetito al rischio inizia a restringersi sempre di più
4. Grafico 4
Esso descrive la situazione tra le quattro diverse in cui gli operatori sono meno propensi a concentrarsi su strumenti ad alto rischio, visto lo spread a valori di 8 punti percentuali.
Spero di essere stato ancora più chiaro con questi ultimi 4 esempi.
ALCUNE CORRELAZIONI INTERMARKET
• CORRELAZIONE TRA SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO E PIL POCO PRIMA E IMMEDIATAMENTE DOPO UNA RECESSIONE
Sapete quanto io reputi importante l’analisi intermarket e la correlazione tra le varie asset classes.
Ragionando sul fatto che il mondo obbligazionario è strettamente legato all’economia di un Paese, ho pensato che probabilmente potesse esistere una correlazione tra lo spread discusso in questa analisi e il pil statunitense; la forte correlazione è presto ritrovata intorno alle aree ombreggiate di color celeste, che indicano le recessioni americane dal 1997 ad oggi:
• Ogni qualvolta lo spread si è mosso al di sopra dei 9 punti percentuali (tutti i punti temporali sono stati cerchiati di rosso) siamo stati protagonisti di una recessione
• Aiutato da delle frecce di color nero e arancio, vi ho indicato come il dato macroeconomico e lo spread si correlino in maniera indiretta immediatamente prima e immediatamente dopo una recessione: osservate come ai crolli del prodotto interno lordo del 2000, 2008 e 2020 lo spread si sia mosso in maniera inversa, in particolare verso l’alto; al contrario, durante le successive riprese economiche, osservate il suo restringimento; perché ciò è accaduto?
Lo spread si è allargato durante i crolli economici in quanto, come ho detto prima, gli investitori in risk-off preferiscono strumenti meno rischiosi che più rischiosi; una massiccia vendita di obbligazioni high yield si riflette sui relativi rendimenti che “esplodono” verso l’alto, con effetto diretto sullo spread, che va ad allargarsi. Caso contrario per quanto riguarda le successive riprese economiche, in cui abbiamo assistito ad un restringimento visti gli acquisti di strumenti rischiosi ai danni di quelli meno rischiosi.
• CORRELAZIONE TRA SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO E INDICE DI VOLATILITA’ DEL MERCATO AZIONARIO VIX
A metà analisi analizzavo la correlazione tra lo spread e l’S&P500, sottolineando come l’allargamento dello spread trascinasse al ribasso il benchmark e il suo restringimento lo riaccompagnasse al rialzo; la stessa correlazione appare molto più chiara correlando allo stesso spread il VIX, ossia l’”indice di paura” dell’S&P500. La correlazione tra i due appare diretta, per cui possiamo affermare che:
• Una preferenza di obbligazioni meno rischiose rispetto ad altre più rischiose coincide con un momento di incertezza e “paura” degli operatori: ciò si riflette sul VIX che in questo modo aumenta in valor percentuale, con la conseguente discesa del benchmark azionario
• Una preferenza di obbligazioni più rischiose rispetto ad altre meno rischiose coincide con un momento di “tranquillità” degli operatori: ciò si riflette in un ribasso del VIX con conseguente salita del benchmark
• CORRELAZIONE TRA SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO E INDICE DI FORZA TRA SETTORE DEI BENI DI PRIMA NECESSITA’ E DEI BENI DISCREZIONALI
Possiamo ritrovare un’ulteriore correlazione diretta se paragoniamo lo stesso asset protagonista dell’analisi all’indice di forza relativa tra il settore dei beni di prima necessità e quello dei beni discrezionali:
Il motivo sta nella diversa natura dei due settori azionari:
• Quello dei beni di prima necessità ha natura difensiva e tipicamente sovraperforma quello dei beni discrezionali in momenti di risk-off, ossia quando si verifica l’allargamento dello spread. Al contrario, quello dei beni discrezionali, avendo natura ciclica (ossia essendo più dipende dal corso economico) ha la meglio in risk-on, ossia quando il rischio percepito dal mercato diminuisce, testimoniato dal restringimento dell’Ice BofA US High Yield
• CORRELAZIONE TRA SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO E INDICE DI FORZA TRA ORO ED S&P500
Applicando gli stessi concetti espressi nella precedente correlazione, ritroviamo un’altra correlazione diretta, stavolta utilizzando come metro di paragone l’indice di forza tra oro ed S&P500:
Questa correlazione positiva nasce dal momento che l'oro, essendo un asset risk-off, va ad apprezzarsi all'allargamento dello spread obbligazionario, spingendo l'indice di forza al rialzo; contraria la situazione per l'S&P500 che, essendo un asset risk-on, va ad apprezzarsi invece al restringimento dello stesso spread, spingendo al ribasso l'indice di forza.
IL RAPPORTO TRA LO SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO E LO SPREAD TRA I RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO DEL TESORO AMERICANO A 10 E 2 ANNI
Esiste un modo per anticipare l’allargamento dello spread obbligazionario con successiva recessione? Osservando la grafica che segue, sembrerebbe di si. E’ necessario utilizzare come metro di riferimento lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato del tesoro americano a 10 e 2 anni. Perché?
La discesa dello spread US10Y-US02Y al di sotto dello 0% (ossia quando la curva dei rendimenti ha invertito) è stata sempre seguita dall’allargamento dell’ICE BofA US High Yield , culminata poi con periodi di recessione evidenziati nella grafica con dei rettangoli di color azzurro.
Si dimostra quindi utile il paragone tra i due spread, in quanto sembra che l’uno possa anticipare le successive mosse dell’altro.
L’analisi termina qua. E’ abbastanza lunga, ma volevo essere preciso in tutti i diversi paragrafi discussi.
Grazie per l’attenzione, Matteo Farci
STRATEGIA DI TRADING INTERMARKET: MICROSOFT E BOND SOCIETARIBuongiorno lettori. Quella che leggerete non è la tipica analisi incentrata su un argomento economico finanziario particolare, bensì una strategia di investimento basata sull’ultimo argomento trattato riguardante le obbligazioni societarie (corporate bond) pubblicata il 22 aprile sul blog, che trovate anche al link:
Per chi non l’avesse fatto, consiglio la sua lettura per due motivi:
• Vi sarà utile per capire in maniera profonda le meccaniche che governano la strategia da me creata
• Non riprenderò nuovamente tutti i concetti spiegati all’interno dello stesso argomento
Avevo già proposto questo tipo di format con la pubblicazione dell’idea “strategia intermarket tra oro e rendimenti del decennale americano USA” che potete trovare ai link:
• Tradingview:
• Youtube: www.youtube.com
Credo sia importante per voi capire i miei ragionamenti ma soprattutto come questi siano poi applicati ai mercati in maniera da trarne guadagni, ragion per cui credo continuerò a riproporre in futuro questo genere di “strategie intermarket”.
Ho pubblicato la stessa versione di questa strategia in forma video sul canale youtube al link:
www.youtube.com
Partiamo ora con la parte "letterale"!
I SEGNALI DEL MERCATO CORPORATE BOND: RISK-ON E RISK-OFF
Come specificavo nel paragrafo precedente, il 22 aprile ho pubblicato all’interno del blog un’analisi riguardante il mercato obbligazionario societario. Analizzando le varie tematiche e i vari scenari, ho condiviso in un grafico particolare tre indici di forza relativa riguardanti le obbligazioni societarie investment grade (ossia quelle a basso rischio):
• Indice di forza tra obbligazioni a breve e lunga durata
• Indice di forza tra obbligazioni a breve e media durata
• Indice di forza tra obbligazioni a media e lunga durata
CORRELAZIONE TRA VCSH/VCLT ED S&P500
Ho dunque correlato l’indice di forza VCSH/VCLT (obbligazioni investment grade a breve termine/obbligazioni investment grade a lungo termine) al mercato azionario, in particolare all’S&P500:
Quello che possiamo osservare è come la forza maggiore dei bond a brevi rispetto a quelli a lunghe scadenze abbia il più delle volte accompagnato l’S&P500 al ribasso.
Si può dire il contrario se analizziamo i periodi in cui i bond a lunga durata abbiano avuto la meglio:
In questo scenario, l’S&P ha sempre avuto grandi prestazioni.
LA MIA IDEA
Avendo constatato la “robustezza” del segnale passatomi dall’indice di forza VCSH/VCLT ed S&P500, ho quindi pensato:” posso utilizzare a mio favore questo indicatore per poter entrare ed uscire dal mercato azionario?” È quindi iniziata la costruzione della mia strategia, che prevede diversi step:
• Step 1: la ricerca del miglior settore azionario dell’S&P500 dal 2010 ad oggi
• Step 2: la ricerca della miglior azienda all’interno del miglior settore
• Step 3: backtasting della strategia
STEP 1: LA RICERCA DEL MIGLIOR SETTORE
Lo scopo della prima parte della strategia è quello di trovare il settore migliore dell’S&P500 dal 2010 ad oggi (in quanto i dati storici dell’indice di forza relativa tra VCSH/VCLT partono proprio da quell’anno).
Perché? Tanto un settore si dimostra forte, più è probabile che esso performi bene in periodi di risk-on dei mercati.
Tendenzialmente, i settori che si comportano meglio in periodi di risk-on sono:
• Settore tecnologico (etf XLK)
• Settori dei beni discrezionali (etf XLY)
• Settore industriale (etf XLI)
• Settore dei materiali (etf XLB)
• Settore del real estate (etf XLRE)
Ho creato un indice di forza relativa tra l’S&P500 e ognuno di questi etf:
In ogni indice di forza relativa l’S&P500 si trova al numeratore della differenza (dal momento che la forza relativa tra due asset si esprime in termini di differenza o divisione), mentre i settori al denominatore della stessa: questo significa che a un trend rialzista appartiene una maggior forza del benchmark rispetto ad un particolare settore e, al contrario, a un trend ribassista una maggior forza del settore rispetto al riferimento.
Osservando la grafica balza subito all’occhio la forza di due settori:
• Settore dei beni discrezionali
• Settore tecnologico
Ho così creato un ulteriore indice di forza, settoriale, in maniera tale da sceglierne uno in maniera definitiva e passare alla seconda parte della strategia:
Anche in questo caso l’arco temporale considerato ha inizio nel 2010. La grafica indica la maggior forza del settore tech, che sovraperforma quello dei beni discrezionali dall’oramai estate 2013.
La mia decisione ricade quindi sul settore tech!
STEP 2: LA RICERCA DELLA MIGLIOR AZIENDA ALL’INTERNO DEL MIGLIOR SETTORE
Per semplicità ho raggruppato all’interno della grafica soprastante le prime cinque partecipazioni dell’etf:
• APPLE: 23.56%
• MICROSOFT: 21.85%
• VISA: 3.83%
• NVIDIA: 3.57%
• MASTERCARD: 3.36%
Ho quindi riportato all’interno della stessa le stesse aziende posizionandole nella stessa scala percentuale (mostrerò nel video sul canale youtube il procedimento qualora non riusciste a farlo): è lampante che l’azienda migliore sia stata Nvidia, con una performance da oltre 5000 punti percentuali dal 2010 ad oggi!
Ciò nonostante, ho deciso di testare la strategia su Microsoft, per rimanere collegato all’analisi riguardante le obbligazioni societarie; infatti, come avevo spiegato, essa è un’azienda dal rating AAA, giudizio affidato ad aziende con capacità eccellenti di rispettare le obbligazioni assunte.
Ad ogni modo, il mio consiglio è questo: qualora vogliate scoprire l’azienda migliore degli ultimi 12 anni sul settore XLK applicate lo stesso procedimento da me utilizzato poc’anzi; non sarà un processo breve, dal momento che l’Etf conta oltre 60 partecipazioni!
STEP 3: STRATEGIA DI INVESTIMENTO CON MEDIE MOBILI A 20 E 99 PERIODI CON CROSS-DOWN SU VCSH/VCLT E SEGNALI DI ACQUISTI (E DI VENDITA) SU MICROSOFT
La strategia è semplice da applicare; è estremamente simile a quella costruita qualche settimana fa in cui utilizzavo i rendimenti del decennale americano come riferimento e l’oro per gli acquisti e le vendite.
La mia idea è stata quella di utilizzare l’indice di forza relativo tra obbligazioni societarie investment grade a brevi e a lunghe scadenze come grafico di prezzo di riferimento, applicandogli due medie mobili:
• Una veloce a 20 periodi (nel grafico di color blu, che mi indica la tendenza del prezzo nel breve periodo)
• Una lenta a 99 periodi (nel grafico di color verde, che mi indica il trend di lungo periodo)
Ogni qualvolta la media veloce sta al di sotto della media lenta ci fornisce un segnale di trend ribassista che tipicamente, come ho mostrato prima, corrisponde a buone performance da parte del mercato azionario. Viceversa, a medie mobili invertite, abbiamo il segnale di un trend rialzista corrispondente a dei ribassi o comunque a delle performance non esaltanti da parte del benchmark azionario.
Il segnale di acquisto su Microsoft mi viene dato dal cross-down (o death cross) della media veloce su quella lenta (ossia la veloce passa al di sotto della lenta), e il segnale di vendita della posizione precedentemente acquistata dal successivo cross-over (o golden cross) della media veloce su quella lenta (ossia la media veloce passa nuovamente al di sopra di quella lenta).
Voglio inoltre ricordare che la strategia sarà ideale, ossia non terrà conto dello strumento finanziario da utilizzare per poter operare, non terrà conto degli eventuali finanziamenti di overnight, del rischio, dei drawdown e dell’eventuale leva; è semplicemente un modo per farvi capire come vado a costruirmi una strategia di trading, per cui ciò non è assolutamente da intendere come un consiglio finanziario.
I trade ideali saranno eseguiti su un grafico giornaliero.
Ipotizziamo:
• Un investimento da 1000€
• Un reinvestimento di tutto il capitale dopo ogni trade, sia che esso sia terminato in profitto che in perdita
Questi sono i risultati:
Utilizzo una tabella in cui vi riporto i dati principali di ogni trade illustrato:
TABELLE FINALI
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Al netto di tasse, strumenti finanziari per completare gli acquisti su Microsoft, rischi, eventuali leve finanziarie eccetera, la strategia “ideale” si è dimostrata piuttosto efficace, con 12 trade andati a segno contro 3 in perdita. Massima perdita del -13.7%, performance finale +390.2%.
La mia opinione personale è questa:
• L’indice di forza relativa tra obbligazioni societarie investment grade a breve e lungo periodo si dimostra uno strumento estremamente efficace per cogliere momenti di risk-on e risk-off dei mercati, e ciò conferma i grafici di forza relativa condivisi nei primissimi paragrafi.
• Lo stesso indice di forza si presenta estremamente utile anche per costruire una strategia di investimento che, come ho spiegato in quella pubblicata all’interno del blog il 14 aprile e sul canale youtube, ha bisogno di essere “aggiornata” per poter essere ancora più efficace.
CONCLUSIONI
Tutte le analisi che condivido nel blog hanno lo scopo di aiutarvi ad inquadrare con una facile lettura i mercati finanziari. Spero che, attraverso esse, possa dare un contributo alla causa.
La finanza è un mondo immenso, ma grazie allo studio, al perseverare e alla (soprattutto) passione, si possono ottenere degli ottimi risultati.
Matteo Farci
OBBLIGAZIONI SOCIETARIE: INVESTMENT GRADE E HIGH YIELDDopo aver trattato argomenti riguardanti le obbligazioni statali, relativi rendimenti e le diverse correlazioni con le asset classes, oggi tratterò un altro genere di obbligazioni, quelle societarie.
Ebbene si lettori, non sono solo i diversi Paesi ad autofinanziarsi attraverso l’emissione di obbligazioni, bensì anche le diverse società appartenenti ai diversi settori. Lo studio delle stesse ci permetterà di capire quale possa essere il sentiment degli attori del mercato.
Le obbligazioni societarie (o corporate bonds) sono una classe di debito emesse dalle aziende con lo scopo di finanziare le proprie attività; come per le obbligazioni statali, esse hanno delle particolari scadenze, che oscillano intorno a valori tra gli 1 e i 30 anni.
Come per tutte le obbligazioni, il rendimento (o l’interesse) atteso dagli investitori è tanto più grande quanto più lunga è la scadenza dell’obbligazione stessa; ho spiegato diverse volte quanto sia più pericoloso “prestare dei capitali” ad un emittente sul lungo periodo (10, 20 o 30 anni) rispetto al breve periodo (dagli 1 ai 10 anni): ci si espone ad un rischio inferiore qualora si acquisti un obbligazione di breve durata in quanto è più facile prevedere se la stessa società emittente riesca a ripagare l’interesse riconosciuto in un arco di tempo relativamente breve rispetto a quanto riuscirebbe a farlo in un arco di tempo molto più lungo; è così che le obbligazioni a lunga durata hanno un rendimento ben più alto rispetto a quelle a breve durata.
Ricordate:
RENDIMENTO = RISCHIO
Maggiore è il rischio a cui un investitore si espone, maggiore sarà il rendimento riconosciuto.
DIFFERENZA TRA OBBLIGAZIONI STATALI E OBBLIGAZIONI SOCIETARIE
In linea generale, la sostanziale differenza tra i due tipi di bond è da ricercare nel differente emittente che le emette; in condizioni normali, uno Stato fornisce più garanzie rispetto ad un’azienda in quanto le sue disponibilità di credito (e quindi di liquidità) sono ben più concrete e robuste rispetto a quelle delle aziende stesse.
Esempio: alcune nazioni sono considerate tanto stabili dal punto di vista creditizio che i titoli di stato emessi dai loro governi sono considerati beni rifugio, come ad esempio il decennale americano (il famoso “T-note”) o il decennale tedesco (il “Bund”). Conoscete per caso obbligazioni corporate che ricoprano lo stesso ruolo? Direi di no, nemmeno quelle di Amazon, che è considerata un’azienda affidabilissima dal punto di vista creditizio.
Da questo ne deriva che le statali sono considerate a più basso rischio rispetto a quelle corporate, in quanto la capacità di onorare le obbligazioni assunte è maggiore per uno Stato rispetto ad un’azienda; per l’equazione RISCHIO = RENDIMENTO, avremmo quindi un interesse riconosciuto più alto per quelle corporate che non per quelle statali.
COME CLASSIFICARE IL RISCHIO DI UN’OBBLIGAZIONE CORPORATE: LE AGENZIE DI RATINGS
Un modo per valutare il rischio associato ad un’obbligazione è quello di affidarsi alle agenzie di ratings.
Le più conosciute sono Moody’s, Standard and Poor’s e Fitch.
Il compito di queste agenzie internazionali è quello di esprime un giudizio (o una valutazione) basandosi sulla capacità di un’azienda di onorare le obbligazioni assunte, e quindi di ripagare i propri debiti. Maggiore sarà la credibilità di un’azienda, più alto sarà il suo rating; viceversa, a una minor credibilità apparterrà un rating inferiore.
Vi faccio un semplice esempio: se prestassimo dei soldi ad un’azienda acquistando una sua obbligazione ad una scadenza generica X, quanto quella stessa azienda sarà capace di adempiere al proprio ruolo di debitore? Ecco, in base a ciò le diverse aziende ricevono un rating; spero di essere stato chiaro.
Ho discusso in maniera dettagliata questo argomento anche in un’altra analisi, al link:
Vi consiglio di darci un’occhiata!
I ratings sono assegnati in termini di lettere e in segni + o – utilizzati per affinare il giudizio; esistono giudizi a lungo termine e a breve termine; in questa analisi mi baserò su quelli a lungo.
OBBLIGAZIONI INVESTMENT GRADE E AD ALTO RENDIMENTO (HIGH YIELD)
La lettura e comprensione dei vari ratings ci permette di fare un’ulteriore distinzione: le obbligazioni investment grade e high yield (ad alto rendimento).
Obbligazioni Investment Grade
Sono quelle a più basso rischio e di conseguenza, per l’equazione RISCHIO = RENDIMENTO, anche quelle che offriranno una cedola più bassa.
I ratings affidati alle aziende che offrono obbligazioni di questo tipo sono:
• AAA: indica un rating di affidabilità massima: qualsiasi azienda con un tale giudizio ha capacità eccellenti di rispettare le obbligazioni assunte, presentando un rischio quasi nullo
• AA+ : indica un rating eccellente: il rischio che un’azienda con questo rating non riesca ad onorare le obbligazioni assunte è minimo
• AA: indica un rating ottimo: il rischio associato è molto basso
• AA- : indica un giudizio molto buono: il rischio associato è basso
• A+ : valutazione molto valida; il rischio che le aziende non riescano ad onorare le obbligazioni assunte è debole
• A: valutazione buona, rischio molto modesto
• A-: è un giudizio medio con un rischio associato equilibrato
• BBB+ : rating soddisfacente. Il rischio che le aziende non ripaghino i propri debiti è moderato
• BBB: giudizio positivo, con rischio controllato
• BBB- : giudizio discreto, con rischio misurato
Alcuni esempi di aziende che emettono obbligazioni investment grade a basso rischio sono:
• Microsoft (AAA)
• Amazon (AA-)
• Goldman Sachs (A+)
• Coca Cola (A-)
• CVS Health Corp (BBB)
• Western Digital (BBB-)
• T-mobile US (BBB-)
Come ho spiegato prima, è chiaro che, a parità di scadenze, le obbligazioni corporate emesse dalla società di Bill Gates pagheranno una cedola più bassa avendo Microsoft un rating di massima affidabilità; lo stesso esempio può essere ripreso anche per quanto riguarda Coca Cola (A-), le cui obbligazioni pagheranno una cedola più bassa rispetto a quelle di CVS Health Corp (BBB), in quanto il rischio a cui un investitore si espone acquistando obbligazioni di quest’ultima (rischio controllato) è maggiore rispetto all’altra (rischio equilibrato).
Vi illustro ora 3 etf che investono in obbligazioni societarie investment grade.
VANGUARD SHORT-TERM CORPORATE BOND ETF (VCSH)
L’etf investe in obbligazioni con durata media tra gli 1 e i 5 anni; nella grafica potete osservare le ponderazioni:
• AAA: 1.2%
• AA: 6.9%
• A: 46%
• BBB: 46%
VANGUARD INTERMEDIATE-TERM CORPORATE BOND ETF (VCIT)
L’etf investe in obbligazioni con durata media tra i 5 e i 10 anni; ponderazioni:
• U.S GOVERNMENT: 0.3%
• AAA: 0.4%
• AA: 4.7%
• A: 39.3%
• BBB: 55.3%
VANGUARD LONG-TERM CORPORATE BOND (VCLT)
L’etf investe in obbligazioni con durata tra i 10 e i 25 anni; le ponderazioni sono:
• AAA: 2.4%
• AA: 8.6%
• A: 38%
• BBB: 51.1%
Questi tre appena illustrati sono i tre etf che investono in obbligazioni investment grade a breve, media e lunga durata che io monitoro.
Grazie alla creazione di tre indici di forza vi spiegherò ora il significato della frase :” le obbligazioni a scadenza più lunga hanno dei rendimenti più alti in quanto sono considerate più rischiose”:
Nella grafica troviamo:
• Con la linea di prezzo di color nero l’indice di forza relativa tra obbligazioni a breve e lunga durata
• Con la linea di prezzo di color blu l’indice di forza relativa tra obbligazioni a breve e media durata
• Con la linea di color arancio l’indice di forza relativa tra obbligazioni a media e lunga durata
Concentriamoci ora sul rettangolo di color rosa: osservate come i bond di breve durata stiano sovraperformando quelli di media e lunga durata, così come quelli di media si dimostrino più forti di quelli a scadenza 10-25 anni. Perché accade ciò? E’ semplicissimo.
Constatato il fatto che tutti e tre i grafici di prezzo degli etf sono ribassisti, significa che se i bond a durata 1-5 anni stanno sovraperformando gli altri, sono appunto venduti “di meno”. Questo perché accade? Perché i bond a scadenza 1-5 anni sono meno rischiosi rispetto a quelli a 5-10 anni o 10-25 anni. A titolo di esempio, osserviamo come la sovraperformace dei bond a breve durata rispetto agli altri due sia iniziata a inizi dicembre 2021; vediamo quanti punti percentuali i 3 etf, da quel periodo ad oggi, hanno perso:
Obbligazioni a 10-25 anni: -21.24%
Obbligazioni a 5-10 anni: -11.56%
Obbligazioni a 1-5 anni: -5.57%
Notate come i bond a breve termine abbiano perso diversi punti percentuali in meno rispetto alle altre durate?
In particolare, quelle a media durata hanno perso il doppio mentre quelle a lunga durata il triplo!
Perché? Trovandoci in clima di risk-off, gli investitori vanno a liquidare maggiormente le obbligazioni più rischiose rispetto a quelle meno rischiose!
Spero di aver chiarito questo concetto.
In definitiva, come possono quindi essere utilizzati gli indici di forza relativa tra questi 3 etf? Come grado di rischio del mercato! Se esso preferisce acquistare obbligazioni a lunga durata (ma con un rendimento più alto e quindi con margini di guadagno più alti) rispetto a quelle a breve durata (con basso rendimento e con margini di guadagno più bassi) potremmo dire di trovarci in un periodo di risk-on; viceversa, come sta accadendo in questi ultimi mesi, in uno scenario di risk-off! Se infatti correliamo l’indice di forza relativa tra bond societari a breve e lunga durata ed S&P500, notiamo che:
Quando i bond a breve termine esprimono una forza maggiore rispetto a quelli a lungo termine, il bechmark S&P500 tende ad avere performance negative, evidenziate nelle due grafiche soprastanti. Possiamo notare anche come l’indice di forza relativa sia stato spesso anticipatore si pesanti ritracciamenti: ciò è accaduto tra il 2010 e il 2012, a metà 2015 e tra il 2018 e il 2019.
Se invece sono i bond a lungo termine ad essere preferiti rispetto a quelli a breve, allora:
l’S&P500 tende ad avere delle ottime prestazioni.
Gli ultimi paragrafi descritti appartengono alla categoria “obbligazioni investment grade”. Ora analizzeremo quelle high yield, ossia ad alto rendimento.
Obbligazioni high yield
Sono quelle a più alto rischio e di conseguenza, per l’equazione RISCHIO = RENDIMENTO, anche quelle che offriranno una cedola più alta. Sono spesso indentificate come “junk bonds”, in italiano “obbligazioni spazzatura”.
I ratings affidati alle aziende che offrono obbligazioni di questo tipo sono:
• BB+ : indica un rating equilibrato: il rischio misurato sulla capacità di un’azienda di adempiere al proprio compito di debitore è proporzionato
• BB: rating sufficiente, associato ad un rischio accettabile
• BB- : è il rating spartiacque; con esso iniziano quelle che io definisco “obbligazioni pericolose”. Infatti, il rating è limitato e il rischio associato prudente
• B+: rating associato ad una società vulnerabile; il rischio di acquistare obbligazioni emesse è definito con la parola “cautela”
• B- : rating associato ad aziende esposte, con un rischio sbilanciato
• CCC+ : rating che denota la possibilità di rischio di default (di fallimento) di un’azienda. E’ considerato “incauto” investire in obbligazioni emesse da società di questo tipo
• CCC: rating che denota una possibilità di default più alta con un rischio superiore rispetto al rating precedente CCC+
• CCC- : possibilità di default e rischio associato alla probabilità di non riuscire a ripagare il proprio debito ancora superiori rispetto al rating precedente CCC
• CC: rating “sconsigliabile” che indica un rischio di default probabile; rischio molto elevato
• C: rating “estremamente negativo” che indica un rischio di default imminente; rischio massimo
• D: il rating indica un’azienda “insolvente”, ossia non capace di ripagare i propri debiti. E’ il peggior rating che si possa assegnare.
Alcuni esempi di aziende che emettono obbligazioni high yield ad alto rischio sono:
• Sprint Corporation (BB+)
• Carnival Corporation (B+)
• Caesar Entertainment (B)
• Transdigm (B-)
• American Airlines (B-)
Vi illustro ora 2 etf che investono in obbligazioni societarie high yield.
ISHARES 0-5 YEAR HIGH YIELD CORPORATE BOND ETF (SHYG)
Come illustrato nella grafica, l’ETF mira a replicare un indice composto da obbligazioni societarie “high yield” con scadenze comprese tra i 0-5 anni. Le ponderazioni sono:
• BBB: 1.06%
• BB: 47.2%
• B: 39.47%
• CCC: 10.45%
• C: 0.4%
I principali emittenti dell’etf sono:
• Ford Motor: 2.69%
• Sprint Corp: 2.11%
• Dish Corp: 1.99%
• Transdigm Inc: 1.42%
• Occidental Petroleum Inc: 1.22%
ISHARES IBOXX $ HIGH YIELD CORPORATE BOND ETF (HYG)
l’ETF mira a replicare un indice composto da obbligazioni societarie ad alto rendimento con scadenze comprese tra 1-15 anni. Le ponderazioni sono:
• BBB: 0.71%
• BB: 54.35%
• B: 33.79%
• CCC: 9.94%
• CC: 0.25%
I principali emittenti sono gli stessi citati per il precedente etf.
Calcolando le performance negative dei due etf di questo periodo risk-off, noteremo come HYG abbia performato peggio rispetto a SHYG. Questo è dovuto al fatto che HYG contiene nel suo paniere obbligazioni a scadenza più lunga che, come spiegato prima, sono più rischiose; da qui ne deriva una vendita più accentuata per i motivi già trattati precedentemente:
HYG: -8.41%
SHYG: -4.72%
Anche in questo caso è possibile creare un indice di forza relativa tra i bond high yield a breve scadenza e a lunga scadenza per poterli paragonare con l’S&P500:
Le informazioni che ricaviamo sono le medesime osservate nel paragrafo precedente: maggiore è la forza dei bond a breve scadenza rispetto a quelli a lunga scadenza, negative saranno le performance del benchmark di riferimento S&P500. Viceversa, a una sovraperformance da parte di HYG seguono delle grandi performance da parte del benchmark.
OBBLIGAZIONI SOCIETARIE COME BAROMETRO ECONOMICO
Le obbligazioni corporate sono un ottimo strumento per capire quali siano le aspettative degli investitori nei riguardi dell’economia. Il motivo risiede nelle holdings degli etf analizzati: ognuno di essi, infatti, ingloba al suo interno una grande componente di obbligazioni di aziende cicliche, ossia quelle che tendono a performare bene quando l’economia di un Paese è robusta e solida e male quando le aspettative di un’economia non sono rosee. E’ quindi importante monitorarle di tanto in tanto.
Riprenderò questo argomento in quanto lo ritengo di fondamentale importanza. Con la speranza che questa analisi possa esservi utile, vi saluto.
Matteo Farci
I MERCATI AZIONARI RIVISITERANNO I MASSIMI STORICI? LA MIA IDEASalve ragazzi.
L’analisi che condivido stamani ha l’obiettivo di far chiarezza su quello che sta accadendo sul mercato azionario americano. Abbiamo assistito ad un grande rimbalzo da parte dei due bechmark di riferimento S&P500 e Nasdaq; quello da chiedersi è:” i mercati rivisiteranno i massimi storici?”
Proveremo a capirlo insieme in questa analisi.
ANALISI TECNICA S&P500
L’S&P ha avuto la capacità di risollevarsi del 9.18% in circa due settimane; questo recupero è scaturito da un doppio minimo, accompagnato da una divergenza osservabile nell’RSI. Se l’indice continuasse a salire, la prima resistenza sarebbe rappresentata dalla struttura a 4600$ (soglia anche psicologica).
Analizzando i volumi, ho applicato due medie volumetriche: una veloce a 10 periodi (che ingloba le ultime 10 sedute di contrattazioni) e una lenta a 50 periodi. Cosa si può osservare? Che i volumi a brevissimo periodo stanno diminuendo, e ciò è constatato anche dal death cross avvenuto, ossia dal passaggio della media volumetrica veloce al di sotto di quella lenta.
Analizzando l’RSI, osservate come lo stesso abbia avuto la forza di rompere al rialzo la trendline dinamica ribassista che indicava un lento indebolimento del prezzo da novembre 2021.
ANALISI TECNICA NASDAQ
Comportamento del Nasdaq simile a quello dell’S&P500; il prezzo riesce a recuperare 13 punti percentuali dopo aver rimbalzato sul supporto a 13000$, soglia psicologica. La prossima struttura, qualora volesse continuare il recupero, sarebbe costituita dalla resistenza a 15000$.
I volumi che hanno accompagnato il recupero si sono dimostrati deboli, palesati dalla “death cross volumetrica” già riscontrata nel precedente indice.
Stesso identico comportamento dell’RSI se correlato con quello dell’S&P500: rialzo del prezzo accompagnato dalla rottura della trendline dinamica ribassista che evidenziava la debolezza del prezzo da inizi novembre 2021.
INDICI DI VOLATILITA’ VIX E VXN
Andiamo ad analizzare ora gli “indici di paura” VIX (per l’S&P500) e VXN (per il Nasdaq) in maniera da capire quale possa essere l’emotività degli investitori:
Entrambi gli indici di volatilità stanno contraendo. Riescono a raggiungere dei top relativi l’8 marzo (il VIX a 37.5 punti e il VXN a 39), andando a visitare due resistenze evidenziate nelle due grafiche. Entrambi si trovano al momento in prossimità delle cosiddette “soglie di tranquillità”, per il VIX costituita dal livello dei 20 punti, mentre per il VXN dai 25; è stato lo sgonfiarsi di queste “paure” ad aver permesso ai due indici di tentare il recupero a cui abbiamo assistito nelle ultime due settimane? L’ipotesi può essere plausibile, dal momento che questi 4 asset sono correlati tra loro; infatti, ricordiamo che alle salite tendenziali degli indici, le volatilità si mantengono tipicamente basse; ciò invece non accade nella situazione opposta: ogni qualvolta essi crollano o ritracciano, è quasi inevitabile che gli indici di volatilità si spingano verso valori alti. Questo è dimostrato dalle prossime due grafiche:
Osservate come ogni picco da parte del VIX, che esso fosse di notevole o di poca rilevante intensità, ha accompagnato l’indice al ribasso. Da osservare come successivamente l’indice sia sempre ripartito al rialzo con lo sgonfiarsi della stessa volatilità; questo comportamento indice/volatilità si sta ripetendo anche in queste ultime settimane; vedremo la volatilità rivisitare valori inferiori di 20 punti?
Stesso identico discorso se condividessi il Nasdaq con il VXN:
ANALISI CON LE MEDIE MOBILI VOLUMETRICHE
Analizzerò ora l’indice S&P500 attraverso le medie mobili volumetriche per capire il sentiment degli investitori. Dividerò l’indice in diversi archi temporali “colorati”, in questo modo:
Non analizzerò il Nasdaq in quanto il suo comportamento si è presentato praticamente identico all’S&P500, sia per quanto riguarda la price action che la parte volumetrica.
Iniziamo dalla zona rossa!
Osservate come l’indice abbia creato all’interno dell’area rossa un canale ribassista. Guardiamo i volumi: non appena esso ha invertito la sua tendenza di breve periodo, i volumi sono andati immediatamente a gonfiarsi, con la naturale conseguenza del “golden cross”, ossia il passaggio della media volumetrica veloce al di sopra di quella lenta, da considerarsi in questo caso un segnale ribassista (ribassista perché la media veloce è stata mossa da volumi ribassisti). Come possiamo leggere il golden cross? Visto che parliamo di volumi, come un cambio di umore! Questo perché? Perché se il prezzo di un asset è mosso da più volumi rispetto alla media (in questo caso, rispetto alla media volumetrica a 50 periodi) significa necessariamente che la volontà degli investitori di portare un prezzo al rialzo o al ribasso è più forte. Questa voglia a parer vostro era presente nella zona temporale antecedente la zona rossa? No! Possiamo affermare questo perché non abbiamo assistito ad un aumento di volumi a breve termine.
Passiamo ora alla zona nera:
Il sentiment cambia quando si verifica il “death cross”: la media mobile volumetrica veloce passa al di sotto di quella lenta, con il contemporaneo breakout rialzista della trendline ribassista. Avendo smaltito il sentiment negativo, l’indice riesce a respirare, andando a segnare una performance positiva di 8.5 punti percentuali. Il rialzo dell’indice all’interno della zona nera è stato accompagnato da bassi volumi rispetto alla media. Come possiamo definire la differenza di volumi tra la zona rossa e quella nera? In quella rossa avevamo avuto uno storno accompagnato da alti volumi (il che significa grande volontà da parte del mercato di spingere al ribasso il prezzo). Dopo, nella zona nera, la stessa voglia non si è manifestata. Perché? Perché i volumi, appunto, sono diminuiti, indicandoci il cambiamento di sentiment, ossia quella particolare condizione che ha permesso all’indice di salire. Provate ad immaginare la situazione in questo modo: nella zona rossa la voglia di portare il prezzo al ribasso era stata manifestata dagli ampi volumi ribassisti che avevano permesso il “golden cross”; successivamente la voglia degli investitori è andata a scemare (e ciò è riscontrabile nei volumi che sono diminuiti) permettendo all’indice di risalire. Sono stato chiaro? L’indice non sarebbe risalito se non avessimo visto un cambio di umore!
Arriviamo dunque alla zona viola, dove l’indice inizia a creare una distribuzione:
Quando osserviamo il breakout al ribasso? Esso è avvenuto in corrispondenza del cambio di sentiment, rappresentato nelle medie volumetriche dal golden cross! Voglio farvi osservare un qualcosa di particolare: fintanto che il sentiment rimane invariato, ossia fintanto che il golden cross rimane intatto, il prezzo non riesce a raggiungere nuovi massimi, andando tuttavia a formare la figura di analisi tecnica rialzista triangolo ascendente. Il nuovo massimo di mercato giunge nella zona verde:
Il breakout del triangolo ascendente (con il raggiungimento dell’ultimo massimo storico) non giunge in concomitanza con l’incrocio delle medie mobili volumetriche, tuttavia c’è da analizzare la distanza tra il volume della candela del breakout e la media volumetrica veloce (indicata nel grafico dalla freccia rossa): avete presente nelle mie analisi quando esprimo il concetto “più un prezzo si trova a grande distanza con la media mobile veloce a 50 periodi, tanto esso è da considerarsi forte”? Ecco, possiamo applicare lo stesso concetto anche in questo caso, cambiando però alcune variabili, ossia “più un volume si trova a grande distanza dalla media mobile volumetrica veloce a 10 periodi, tanto esso è da considerarsi un cambiamento di sentiment”; in molti vi chiederete :”in che senso cambiamento di sentiment?” Perché i volumi precedenti erano stati gonfiati specialmente da candele ribassiste e non da candele rialziste (e questo potete voi stessi osservarlo nei grafici) ragion per il quale quel breakout può essere visto come “accompagnato da un cambiamento di sentiment”.
L’incrocio tra le medie volumetriche avviene poco dopo, tuttavia non si assiste ad alcun nuovo impulso da parte dell’indice. Perché? Ne parleremo nel prossimo paragrafo.
Arriviamo dunque alla zona blu, ossia quella in cui l’indice, da inizio 2022, inizia il suo lento declino.
Vi evidenzio un testa e spalle ribassista. La rottura della neckline è accompagnata da un cambio di sentiment e dal golden cross. Dopo essere riuscito a visitare la struttura a 4300$, l’indice rintraccia e dopo qualche seduta riprende il suo trend al ribasso dal momento che il sentiment identificato dalle medie mobili volumetriche non cambia (infatti la media volumetrica veloce rimane quasi sempre al di sopra di quella lenta, evidenziando il fatto che il cambiamento di sentiment non è cambiato).
Si giunge quindi al “pavimento” a 4130$: il prezzo crea un doppio minimo.
Arriviamo infine alla zona arancio. La formazione del doppio minimo è validata dal cambio di umore da parte degli investitori: i volumi in vendita si affievoliscono, facendo riabbassare la media volumetrica veloce a 10 periodi al di sotto di quella a 50; questo permette il rimbalzo del prezzo.
Nonostante i due indici azionari di riferimento abbiano segnato rimbalzi dal +9% (S&P) e dal 13% (Nasdaq) in concomitanza con la contrazione delle volatilità (detto in altri termini, in concomitanza con una “diminuzione di paura”), ci sono dei segnali particolari che a parer mio potrebbero suggerire che stiamo assistendo sì ad un recupero, ma non tanto forte quanto si possa credere.
PERCHE’ NON MI CONVINCE L’ULTIMO RIMBALZO DEGLI INDICI?
Questi particolari segnali li ritroviamo in alcuni indici di forza relativa di cui ora vi parlerò.
• FORZA RELATIVA TRA S&P500 E SETTORI DIFENSIVI: BENI DI PRIMA NECESSITA’ E UTILITIES
Da cosa deriva la creazione di questi due indici di forza relativa? Il settore dei beni di prima necessità (XLP) e il settore delle utilities (XLU) sono difensivi, ossia quei particolari settore che tendenzialmente non vanno a sovraperformare il loro bechmark di riferimento durante momenti di risk on ma a sovraperformarlo in momenti di risk-off. Da cosa deriva questa peculiarità? L’informazione possiamo ritrovarla nei coefficienti beta. Sapete cosa misura questo particolare coefficiente? La variazione che ha un settore (o anche una singola azienda) rispetto al mercato di riferimento. Il Beta di XLP è uguale a 0.60 mentre quello di XLU a 0.37.
Questo significa che se l’S&P500 segnasse un +2%, XLP segnerebbe un +(2 X 0.6)= +1,2% e XLU un +(2 X 0.37)= +0.74%; ecco dimostrato il motivo per cui in momenti di risk on essi non sovraperformano l’S&P.
Se invece quest’ultimo segnasse un -2%? XLP segnerebbe una performance di -1,2% e XLU di un -0.74%.
Grafichiamo il tutto:
Notate come entrambi gli indici di forza siano saliti dal recupero post-covid 19 fino ad inizi novembre 2021. Ciò è accaduto poiché l’indice di riferimento è andato a sovraperformare i due settori. Avendo capito che i due sono difensivi, che tipo di informazioni ci forniscono i due indici? Che da marzo 2020 a novembre 2021 i mercati erano in risk on! Se fosse stato il contrario (risk-off), avremmo assistito a una sovraperformance da parte dei settori difensivi, che tendono a beneficiare di più in questi particolari scenari! Questo cambio di forza è avvenuto infine con i breakout dei supporti dinamici a inizi di dicembre 2021.
Quindi, tornando al quesito di prima, perché non mi fido tanto dell’ultimo rimbalzo dei mercati azionari americani?
Perché questi indici di forza relativa mi stanno suggerendo che siamo in clima di risk-off e non in risk-on; in momenti di risk off il mercato azionario tende a performare bene? No, perché offre alti rendimenti ma ti espone a un altrettanto rischio.
C’è un altro indice di forza relativa che fa riflettere, ossia quello tra l’S&P500 e il VIX:
Mi piace definire questo indice di forza come “quanta paura c’è al rischio”; che informazioni ci fornisce? Se sale, significa che c’è avversione al rischio, se scende l’esatto contrario.
Osservandolo, cosa possiamo dedurre? Dai minimi di marzo 2020 l’indice è salito fino ad arrivare a visitare dei massimi, a inizi novembre 2021. Successivamente è iniziato il lento trend ribassista identificato dalle due trendline dinamiche ribassiste di color blu. Questa inversione di tendenza è avvenuta in concomitanza con le inversioni dei due indici visti precedentemente. E’ un caso?
Spero questa analisi possa essere utile a tutti.
Matteo Farci
L'INDICE DI ORO E PETROLIO E MEDIE MOBILI VOLUMETRICHEBuongiorno ragazzi, questa è un'analisi pubblicata all'interno del mio blog l'8 marzo. Ho discusso la stessa sul mio canale youtube nel video dal titolo:
"L'IMPORTANZA DELLE MEDIE MOBILI VOLUMETRICHE APPLICATE AD UN INDICE DI MATERIE PRIME DA ME CREATO" pubblicato il 10 marzo.
Ho notato che l’argomento in cui costruivo l'indice del settore della difesa (vi lascio il link dell'idea sotto nei collegamenti a idee correlate) è stato per voi interessante. Ripropongo quindi un’analisi in cui andrò a costruire un ulteriore indice, basato stavolta sulle materie prime.
L’indice è legato in maniera diretta allo scenario geopolitico scatenatosi il 24 febbraio con il conflitto tra Russia e Ucraina.
Successivamente utilizzerò le medie mobili volumetriche (argomento di cui non ho mai parlato) per farvi capire un modo ulteriore per inquadrare il sentiment del mercato.
LE MATERIE PRIME SCELTE PER LA COSTRUZIONE DELL’INDICE
L’indice che costruirò sarà composto dall’oro e dal petrolio. La diversa natura di queste due commodities è da ricercare nelle diverse tematiche alle quali rispondono:
• L’oro è un bene rifugio che va tipicamente ad apprezzarsi in maniera prepotente in periodi di instabilità dei mercati
• Il petrolio è una materia prima energetica che risponde alla legge della domanda e dell’offerta
Ho scelto due materie prime così diverse tra loro per creare un indice completo, ossia un indice che risponda a due tematiche:
• Legge di domanda e offerta
• Bene rifugio
Se avessi ad esempio indicizzato petrolio e natural gas cosa avrei ottenuto? Semplicemente un paniere legato a una sola tematica, ossia quella della legge della domanda e dell’offerta. Stessa cosa se avessi inglobato oro e argento assieme: il risultato sarebbe stato un indice influenzato unicamente dalla natura di bene rifugio. Combinando oro e petrolio, si ottiene di conseguenza un indice che io definisco “completo”.
PERCHE’ NON E’ POSSIBILE INDICIZZARE LE MATERIE PRIME ATTRAVERSO I LORO FUTURES?
Avevo mostrato come fosse semplice costruire un indice di azioni: era sufficiente sommare le diverse sigle (ticker) delle diverse aziende utilizzando l’operatore matematico “+”.
Per quanto riguarda il mondo delle commodities, non è tuttavia così semplice. Se utilizzassimo i futures alle materie prime associati per costruire il nostro indice (come, ad esempio, “CL1! + GC1!”), ciò non sarebbe possibile; il problema risiede nelle diverse unità di misura utilizzate per esprimere il valore delle stesse commodities, in quanto:
• L’oro è espresso in dollari a oncia
• Il Mais è espresso in dollari a bushel
• Il petrolio in dollaro a barile
• Il rame in dollari a tonnellata
Questo non accade per le azioni. Esse, infatti, sono tutte espresse in dollari ad azione, e di conseguenza, seguendo tutte lo stesso principio, possono essere indicizzate senza grosse difficoltà.
Come si può ovviare al problema? Scegliendo un ETC e un ETF che replichino il prezzo delle materie prime da noi scelte.
L’ETC E L’ETF DA UTILIZZARE
• Oro: ETC Invesco physical gold A (SGLD)
• Petrolio: ETF United States oil fund (USO)
Inserendo nella barra di ricerca il “codice”:
BATS:USO + MIL_LS:SGLD
Otteniamo l’indice, che ha questo tipo di andamento:
ANALISI TECNICA E FONDAMENTALE INDICE
L’indice delle materie prime dimostra una forza simile all’indice delle aziende della difesa: dai minimi visitati il 2 dicembre 2021, esso si è mosso in moto parabolico riuscendo a guadagnare oltre 28 punti percentuali, raggiungendo così i 253,05$. Sono diversi gli aspetti tecnici degni di nota; ognuno di loro da un’unica informazione: il trend si presenta estremamente forte. Essi sono:
• La distanza della media mobile veloce a 50 periodi dai 253.05$: più la distanza tra il prezzo e la media aumenta, più un trend è da considerare forte
• La distanza tra le due medie mobili: più è grande la distanza tra la media a 50 e quella a 200 periodi, più il trend è da considerare in salute
• Volumi: come spesso esprimo, è condizione fondamentale che i volumi accompagnino il prezzo al rialzo. Maggiori essi sono, maggiore è la partecipazione degli investitori al rialzo, più è considerato affidabile un trend. L’aumento di essi è ben rappresentato dal cambio di pendenza avuto dalla media a 30 giorni (in color nero)
• RSI: l’indicatore si trova oltre gli 80 punti; essi esprimono una situazione di “ipercomprato”, ossia quella in cui un prezzo ha avuto un trend eccessivamente forte.
Vorrei ricordare un aspetto: quando l’RSI raggiunge e supera valori di 70 punti, il prezzo tende a ritracciare. Credo che in quest’indice quest’indicatore debba essere contestualizzato con il particolare momento poiché la speculazione è ancora alta; è quindi possibile che esso si mantenga ancora a valori alti.
Diamo ora uno sguardo all’ATR, che misura il nervosismo avuto dagli investitori:
Analizziamo innanzitutto il periodo novembre 2020-novembre 2021: l’ATR si è mosso tra valori compresi i 2.92 e i 2.14 punti. Il 2 dicembre si giunge ad un minimo relativo da parte dell’indice: esso corrisponde ad un massimo relativo da parte dell’ATR. Come si può spiegare ciò? Come ho scritto nella precedente analisi in cui andavo a costruire l’indice sulle aziende della difesa, è proprio in quella data che le testate giornalistiche iniziano ad affrontare dei temi riguardanti un possibile conflitto. Un possibile conflitto come può impattare a livello psicologico sugli investitori? Decisamente male. Questo nervosismo è ben rappresentato graficamente dall’ATR, che raggiunge così i 3.40 punti.
Questo nervosismo trova quiete i 2 mesi successivi: l’ATR, dal 2 dicembre 2021 all’11 febbraio 2022, perde 26 punti percentuali circa; questo ritracciamento coincide tuttavia con la rotazione dei capitali su oro e petrolio, che si riflette sull’indice, che nello stesso arco di tempo segna una performance del +13% circa.
Perché accade ciò? Poiché gli investitori anticipano sempre le mosse del mercato, in maniera da essere ben posizionati qualora dovesse palesarsi un determinato evento economico-finanziario o geopolitico.
Il nervosismo riprende la scena da protagonista l’11 febbraio, quando l’idea di un possibile conflitto prende sempre più forma: in poco meno di un mese l’ATR sale del 108% circa, accompagnato da un’accelerazione parabolica dell’indice dal +15%. Ci troviamo ora a 5.21 punti, sintomo che il nervosismo che scorre nei mercati è alto.
UTILIZZARE L’INDICE COME “TERMOMETRO DI SENTIMENT”: STRATEGIA CON DUE MEDIE MOBILI VOLUMETRICHE
Per capire come agirò le prossime settimane, mi chiedo innanzitutto:
“quando sono iniziate le speculazioni sull’oro e sul petrolio causate dalle tensioni geopolitiche?”
Come ho specificato qualche paragrafo fa, intorno agli inizi di dicembre. E’ possibile trovare conferma nei grafici dei futures delle due materie prime? Direi di si.
La mia idea è quindi quella di aspettare che nell’indice ”(USO+SGLD)” si ricreino le condizioni “psicologiche” antecedenti l’inizio del conflitto.
Come le ricavo queste particolari condizioni? Dai volumi!
• I volumi non erano così alti come lo sono ora (visto che l’affluenza sul bene rifugio e sul petrolio era inferiore perché il conflitto non era si era ancora palesato)
L’IMPORTANZA DELL’INCROCIO DELLE MEDIE MOBILI SUI VOLUMI
Molto spesso, all’interno delle analisi, tratto argomenti riguardanti l’incrocio tra due medie mobili. Nella mia operatività faccio sempre riferimento a due medie mobili, in particolare:
• Una “veloce” a 50 periodi
• Una “lenta” a 200 periodi
Possiamo applicare due medie mobili ai volumi e non al prezzo? Assolutamente si.
I settaggi saranno questi:
• Una “veloce” a 19 periodi
• Una “lenta” a 64 periodi
Perché queste opzioni?
• La scelta della media mobile a 64 periodi deriva dal fatto che la speculazione sull’indice inizia proprio 64 periodi fa (64 “candele” fa); la stessa media tiene quindi conto del numero di contratti scambiati dagli investitori da quando essi hanno iniziato a scontare la probabilità di un conflitto fino ad oggi.
• Ho successivamente ricercato una media mobile più veloce che “scavalchi” al rialzo quella lenta a 64 periodi il 24 febbraio, ossia il giorno dell’inizio del conflitto in Ucraina, corrispondente all’accelerazione parabolica dell’indice: la media mobile a 19 periodi è quella che risponde a tale esigenza.
Come esprimo sempre, che tipo di informazione dà il “golden cross”, ossia il passaggio di una media mobile “veloce” al di sopra di una media mobile “lenta”? La forza di un trend. Più una media mobile veloce distanzia una lenta, più un trend è da considerarsi forte ma soprattutto in “accelerazione”, al rialzo o al ribasso che sia.
Ho sempre rimarcato come i volumi rappresentino in qualche modo l’umore degli investitori, per cui che tipo di informazioni dà il golden cross che vi mostrerò ora nella grafica?
L’informazione di un cambio di umore.
Come ho spiegato in precedenza, il numero di contratti scambiati è aumentato in maniera vertiginosa all’inizio del conflitto, e dal giorno la loro quantità si è sempre mantenuta a livelli alti; maggiori sono i contratti scambiati, maggiore è l’interesse e la speculazione in un determinato asset. Per cui:
• Se i volumi continuassero a mantenersi alti, significherebbe probabilmente che l’agitazione degli investitori non sarebbe conclusa, e di conseguenza lo stesso interesse per l’indice continuerebbe a persistere
• Se i volumi invece iniziassero a diminuire, potrebbe significare che l’appetito degli investitori per oro e petrolio starebbe iniziando a calare.
Quando potremmo capire tutto ciò? Quando la media mobile volumetrica “veloce” scavalcherà al ribasso quella “lenta”.
Perché dico questo? Perché quando una media mobile lenta stà al di sopra di una veloce, il trend principale è ribassista. E quindi, applicando questo ragionamento ai volumi, ciò potrebbe significare che “l’umore” degli investitori non sarebbe più ottimista, ma pessimista. E cosa succede quando un umore diventa pessimista? Che un grafico inizia a muoversi in trend discendente perché l’interesse nei suoi confronti cala.
STRATEGIA CON DUE MEDIE MOBILI VOLUMETRICHE E ATR
Aggiungo un’ulteriore aspetto:
Più la distanza tra due medie mobili aumenta, più l’indicatore o l’asset al quale le medie mobili sono associate è da considerarsi forte o debole:
La possibile strategia appena descritta con due medie mobili volumetriche non ha solo dei pro, bensì anche dei contro; deve quindi essere settata in maniera tale da considerarsi affidabile. Quali sono questi “contro”? E’ vero che quando la quantità di contratti inizia a calare probabilmente il sentiment inizia a cambiare, però esiste anche un’altra possibilità: ipotizziamo che i prossimi giorni il conflitto si risolverà; cosa accadrebbe all’indice? Probabilmente tutte le posizioni long verrebbero chiuse (visto il desiderio degli investitori di portarsi “a casa” i profitti) e in quel modo questo si rifletterebbe con un grande aumento dei volumi.
Come ci potremmo aspettare il grafico se accadesse tale evenienza? Provo a ipotizzarlo nella seguente grafica:
I volumi aumenterebbero in maniera repentina e di conseguenza la distanza tra le medie mobili volumetriche aumenterebbe. Ciò è in contrasto con quanto espresso precedentemente, dove sottolineavo il fatto che le medie mobili volumetriche avrebbero mantenuto la stessa “impostazione” fin tanto che il sentiment sarebbe rimasto stabile.
Quello che voglio spiegare in questo caso è che l’impostazione delle medie mobili (quella veloce al di sopra della lenta) non cambierebbe, tuttavia ci sarebbe un cambio di sentiment (viste le enormi vendite). Ciò significa che la strategia descritta precedentemente sarebbe affidabile fin tanto che il conflitto rimarrà stabile, senza improvvise sorprese (come, appunto, una risoluzione del conflitto).
Ma se si risolvesse?
In quel caso una soluzione potrebbe essere questa: osservare attentamente l’ATR. Perché?
Se ci fossero dei grandi volumi di vendita, l’ATR andrebbe a salire: questo perché esso misura la volatilità storica, e la volatilità non è altro che quello strumento che misura la variazione di prezzo di un asset in un periodo di tempo specifico; se le vendite fossero di una certa robustezza, che candele andremmo ad osservare a livello grafico? Candele di una certa imponenza, seguite di conseguenza da un ATR in crescendo!
Se quindi vedessimo un grande volume di vendite con un ATR a crescere, non dovremmo più considerare le medie volumetriche come “termometro di cambiamento di sentiment” come descritto nel paragrafo precedente. Infatti:
• Se la media mobile volumetrica a 19 periodi superasse al di sotto quella a 64 periodi con un contemporaneo decremento dell’ATR, potremmo affermare che l’appetito nei confronti delle due materie prime starebbe svanendo, il che potrebbe suggerire che il mercato abbia scontato il conflitto.
• Se la distanza tra la media mobile volumetrica a 19 periodi mantenesse o aumentasse la distanza al rialzo nei confronti dell’altra a 64 periodi con una grande pressione ribassista (e non rialzista) nell’indice e con un ATR a crescere, allora non potremmo considerare più affidabili le medie mobili volumetriche.
Vi faccio un esempio grafico sull’S&P500 per spiegarvi la correlazione tra incrocio tra medie mobili volumetriche e ATR:
Quindi ricordate: se il trend dell’indice iniziasse a diventar ribassista nonostante l’incrocio tra la media mobile veloce e quella lenta non avvenga, osservate l’ATR. Come potete vedere dagli esempi, esso non mente.
RIEPILOGO:
Per capire il sentiment degli investitori riguardante il delicato momento geopolitico attraversato, si possono attuare due possibili strategie:
• Strategia con due medie mobili volumetriche: fin tanto che la media mobile a 19 periodi rimarrà al di sopra di quella a 64, il sentiment rimarrà intatto (e quindi la “paura” nei riguardi del conflitto” continuerà a persistere). Se il sentiment invece cambiasse, i volumi scambiati sarebbero inferiori (perché l’interesse nei confronti delle materie prime calerebbero) e questo si rifletterebbe nella media mobile veloce che scavalcherebbe quindi al ribasso quella lenta
• Se ci fossero delle grandi vendite causate, ad esempio, dalla risoluzione del conflitto, la distanza tra le due medie mobili volumetriche aumenterebbe, ma ciò sarebbe un falso segnale in quanto il sentiment sarebbe cambiato. Osservando invece l’ATR si eliminerebbero i falsi segnali
Per avere quindi la sicurezza che l’incrocio tra le medie mobili volumetriche funzioni, confrontatele sempre con l’ATR: se la media volumetrica veloce incrocia al rialzo quella lenta, l’Average true range deve trovarsi in una condizione di “crescendo”. Viceversa, a incrocio invertito, lo stesso deve trovarsi in “dimuendo”.
Ciò espresso fin’ora non è un consiglio finanziario. E’ semplicemente l’analisi di un grande appassionato di finanza.
MATTEO FARCI
CORRELAZIONE TRA OBBLIGAZIONI E DOLLARO AMERICANOSalve ragazzi, vi condivido alcune grafiche di un'analisi che domani andrò a condividere sul mio blog, in cui tratterò come argomento le varie correlazioni esistenti tra il dollaro americano e il mercato obbligazionario in diverse condizioni di mercato, tra condizioni di risk off come questa:
a condizioni di rialzi e ribassi dei tassi di interesse come quest'altra:
analizzando bene tutte le varie tematiche.
E' importante conoscere queste varie tematiche visto il grande nervosismo sui mercati finanziari.
Buon weekend, Matteo Farci
ANALISI SETTORIALE E COEFFICIENTI BETA. COSA SUCCEDE SUI MERCATIBuongiorno a tutti. La scorsa settimana ho letto tanti articoli secondo cui la stessa è stata tra le più difficili per quanto riguarda i trader e i loro relativi trade ed investimenti. Io, tuttavia, non la penso così. Credo sia importante saper leggere il mercato e studiare come gli investitori tendenzialmente reagiscono ai giorni di alta volatilità e cosa preferiscono vendere o comprare; tuttavia, riagganciandomi allo stesso discorso, credo che l’ultima sia quindi stata una settimana fondamentale sotto questi aspetti. Attraverso determinati grafici cercherò di spiegare il motivo, analizzando l’S&P500 e il Nasdaq con le rispettive volatilità, il livello di opzioni presenti sul mercato per capire ancora più da vicino il sentiment e, successivamente, analizzerò ogni singolo settore, spiegando cos’è il coefficiente beta e come può essere utile in certe condizioni di mercato, condividendo una mia operazione andata in profitto.
VIX E VXN: VOLATILITA’ AD ALTI VALORI
Voglio ricordare a chi non lo sapesse cosa si intende per volatilità dei mercati : essa non è altro che uno strumento che misura la variazione di prezzo di un asset in un dato periodo. Può assumere dei valori bassi o viceversa alti (per il VIX , indice di volatilità dell’S&P 500, lo spartiacque tra bassa ed alta volatilità sono i 20 punti mentre per il VXN, indice di volatilità del Nasdaq, 25 punti) a seconda delle particolari condizioni di mercato.
Spesso gli indici di volatilità sono definiti “gli indici di paura” in quanto un loro incremento è spesso associato ad uno storno del mercato. I mercati ad alta volatilità sono caratterizzati da bruschi movimenti di prezzo che vanno a caratterizzare l’elevata imprevedibilità di quel mercato mentre i mercati a bassa volatilità sono più stabili e hanno fluttuazioni di prezzo contenute.
Vediamo a livello grafico i valori che questi due indici hanno raggiunto:
Come possiamo vedere, essi hanno raggiunto valori simili a quelli avuti tra fine novembre-inizi dicembre 2021 dovuti alla scoperta della variante omicron. Come ho specificato prima, un’alta volatilità spesso accompagna uno storno dei mercati; vediamo come hanno reagito l’S&P500 e il Nasdaq, i due benchmark di riferimento:
Vediamo come entrambi gli indici siano stati pesantemente ribassisti: l’S&P si è discostato dai suoi massimi di circa il -8,5%, mentre il Nasdaq ancora di più, segnando un -13,5%.
Quello che mi interessa farvi notare sono due segnali tecnici: il primo riguarda il fatto che i due indici sono riusciti a rompere al ribasso e con decisione la media a 200 periodi; questo evento non accadeva dal 29 giugno 2020 per quanto riguarda l’S&P e dal 9 marzo 2020 per quanto riguarda il Nasdaq da quasi, si fa per dire, un’eternità.
Il secondo segnale è dato dal profilo del volume settato tra luglio 2021 ed oggi: notate nella parte destra di entrambi i grafici i rettangolini da me segnati di color grigio? Ecco, notate come all’interno i volumi siano notevolmente inferiori rispetto agli altri? Quelle zone vengono chiamate “vuoti volumetrici” e in essi, tipicamente, il prezzo non trova grandi ostacoli. Questo può significare che potremmo vedere, almeno nel breve periodo, l’S&P a valori intorno a 4200$/4300$ e il Nasdaq intorno ai 14000$. Vedremo i prossimi giorni cosa succederà. Ora vi condivido gli andamenti dei due benchmark e la loro correlazione con le rispettive volatilità:
La domanda è: la volatilità continuerà? E’ probabile, dal momento che la prossima settimana la FED si riunirà (mercoledì); il mercato sconta dai tre ai quattro rialzi dei tassi di interesse quest’anno, tuttavia la FED ha gradualmente cambiato atteggiamento nei confronti di tale argomento, essendo diventata ultimamente “imprevedibile”. Come dico sempre, i mercati sono impauriti dalle incertezze e imprevedibilità e non dalle certezze per cui, a parer mio, la prossima settimana, almeno da lunedì a mercoledi, saremo soggetti a volatilità. Vedremo cosa succederà, probabilmente lo commenterò poi nel mio profilo.
UN INDICATORE PARTICOLARE: IL RAPPORTO PUT/CALL RATIO SU SINGOLE AZIONI
Per chi non lo sapesse, il rapporto Put/Call è un indicatore che mostra il volume delle opzioni put relativo al volume delle opzioni call. Le opzioni put vengono utilizzate per diversi motivi: per proteggersi dai ribassi del mercato o per scommettere su un ribasso. Le opzioni call, al contrario, vengono utilizzate per proteggersi dai rialzi del mercato o per scommettere su un rialzo. Il rapporto Put/Call è superiore a 1 quando il volume delle put supera il volume delle call e inferiore a 1 quando il volume delle call supera il volume delle put.
Io utilizzo questo indicatore per capire il sentiment del mercato: quest’ultimo lo considero pessimista quando l’indicatore supera i livelli di 1 e ottimista quando scende al di sotto dello stesso livello; questi giorni ho notato qualcosa di molto particolare, che ora vi farò notare:
Nell’ultima settimana abbiamo assistito ad un picco di 1.14; ciò significa che la quantità di put piazzate a mercato erano ben superiori alle quantità di call. Per tornare a valori simili dobbiamo ritornare allo scoppio della pandemia, ossia a marzo 2020. Questo a parer mio sta ad indicare il fatto che gli operatori, stavolta, hanno realmente paura e sono incerti sul futuro a breve termine (non come, talvolta, si vociferava nel 2020-2021 quando il mercato stornava del 2%-3%) e, di conseguenza, acquistano massicce quantità di put per coprirsi, come ho spiegato all’inizio del paragrafo.
Monitorerò nei prossimi giorni questo indicatore, assieme ad altri di cui parlerò tra poco, per vedere il tipo di opzioni che gli investitori piazzeranno a mercato in maniera da avere un quadro più o meno generale sul sentiment.
SETTORE PER SETTORE: I MIGLIORI E I PEGGIORI
Ora analizzerò tutti i settori dell’S&P500 ricorrendo all’utilizzo di diversi etf che ora mostrero’:
A sinistra vediamo il settore finanziario, mentre a destra quello energetico. Entrambi in territorio negativo (-6,5% circa per quello finance mentre un -3,2% per quello energy), i due settori value si sono comportati in maniera diversa, dal momento che il finance ha perso il doppio rispetto all’altro; questo è dovuto al fatto che parte delle banche d’affari presenti in quell’etf hanno presentato delle trimestrali deludenti. A queste appartengono sicuramente JPMORGAN e GOLDMAN SACHS:
Mentre l’etf sul settore finance è stato spinto giù dalle grandi banche, il settore energetico ha invece attutito i colpi grazie ad un petrolio che non è crollato come altri asset, infatti:
Notate inoltre la grande forza del settore energetico, al contrario di tutti gli altri che poi mostrerò: la lontananza del prezzo dalla media a 50 periodi indica una grande forza al contrario di tutti gli altri settori che, come vedrete, hanno rotto al ribasso la media a 200 periodi, segnale di grande debolezza.
Ora analizziamo il settore industriale e dei materiali:
Quello dei materiali si è dimostrato più debole rispetto a quello industriale (-5,36% contro un -4,39%) tuttavia, in chiave tecnica, vediamo come l’industrial abbia dapprima rotto la media a 200 periodi e, successivamente, abbia confermato quest’ultima con un’ulteriore candela ribassista (quella di venerdì) al contrario del settore materials che non ha avuto un’ulteriore conferma di rottura della stessa media. A livello tecnico ciò che ho appena detto si traduce in una debolezza più forte del settore industrial.
Anche il settore del Real Estate è stato venduto:
Nell’ultima settimana ha perso un -2,90% e, nell’ultimo mese, un -9,5%. Vi ho segnato con dei segmenti orizzontali le strutture per me più importanti; tuttavia, tracciando l’intervallo fisso volumetrico nel periodo di lateralizzazione compreso tra giugno e dicembre 2021, mi sono reso conto di come ci sia un vuoto volumetrico (indicato in quel rettangolo di color rosa): è possibile quindi che se il prezzo riuscisse a rompere al ribasso con forza la media a 200 periodi, potrebbe poi trovare pochi ostacoli nel rivisitare la struttura di prezzo intorno ai 44$. Vedremo cosa accadrà.
Adesso andremo a considerare i settori difensivi:
A primo impatto si può vedere come questi settori abbiano sofferto molto meno di altri. In particolare, direi più i settori dei beni di prima necessità e delle utilities, che hanno perso intorno al punto percentuale, a differenza del settore sanitario, che ha sfiorato il -3,5%.
In conclusione, quindi, possiamo ancora una volta vedere come i due settori difensivi per eccellenza abbiano costituito una sorta di “porto sicuro”.
Molto male i settori tecnologico, dei beni discrezionali e delle comunicazioni, con le performance raffigurata nella grafica di sotto:
Detto questo, abbiamo visto le performance di ogni settore all’interno dell’S&P500. All’inizio di questo articolo scrivevo di come i giornali finanziari di tutto il mondo parlassero di un momento molto difficile per gli investitori per quanto riguardava i loro trade e i loro investimenti, specificando che non la pensavo così. Credo sia fondamentale essere sempre pronti a qualsiasi situazione di mercato, specie nei giorni di alta volatilità. Sapete qual è uno dei parametri da poter considerare per capire meglio come ci si può muovere in mercati con volatilità simili? E’ il concetto di “coefficiente beta”.
IL BETA NEI MERCATI AZIONARI
Il coefficiente Beta è una grandezza che misura la variazione attesa del rendimento di un certo titolo per ogni variazione di un singolo punto percentuale del mercato di riferimento. Il valore di questo coefficiente tende a muoversi intorno a 1: nello specifico, se il Beta di un’azione è pari a 1, questa tenderà a muoversi in linea con il mercato di riferimento, senza amplificare o ridurre i movimenti dello stesso. Quando il Beta di un’azione è maggiore di 1, invece, si è davanti a un titolo “aggressivo”, che amplifica i movimenti del mercato, l’attività è considerata quindi più rischiosa. Se il Beta è compreso tra 0 e 1, si ha di fronte un’azione “difensiva”, la quale tende a muoversi in modo meno proporzionale all’indice di riferimento.
Fatta questa piccola premessa, vi elenco i valori dei Beta di ogni singolo etf settoriale che ho preso in considerazione precedentemente.
• XLE: 1,67
• XLI: 1,24
• XLY: 1,18
• XLF: 1,17
• XLB: 1,10
• XLK: 1,05
• XLC: 1,01
• XLU: 0,38
• XLV: 0,81
• XLP: 0,58
• XLRE: 0,7
Notiamo come gli etf con un beta superiore ad 1 siano quello energetico, industriale, dei beni discrezionali, dei finanziari, dei materiali, quello tecnologico e quello delle comunicazioni. Con un beta inferiore ad 1 invece troviamo il settore delle utilities, dei sanitari, dei beni di prima necessità e il settore immobiliare.
Per fare un esempio pratico, prendendo il beta di XLU, ossia 0.38, ci possiamo aspettare che a un movimento del +1% dell’S&P500 corrisponda un +0,8% del settore utilities. O, viceversa, a un movimento del -5,69% da parte dello Standard and Poor corrisponda un -6.7% da parte del settore tecnologico. E’ quello che è realmente successo questi giorni? Ebbene si. Se andate a moltiplicare il beta di ogni settore per la performance del bechmark di riferimento vedrete con buona approssimazione che tutto ciò risulta.
Ora capite perché conoscere i beta dei diversi settori (o comunque delle diverse azioni) è di per sé un indicatore fondamentale?
Ci è utile innanzitutto per capire quali potrebbero essere, ad esempio, le migliori opportunità short (sfruttando il fatto che il più delle volte la volatilità porti ribassi), e anche per posizionare stop loss e take profit nelle operazioni.
Spero che questo concetto sul coefficiente beta vi schiarisca le idee, e soprattutto spieghi il perché, in giorni di alta volatilità, alcuni settori performano diversamente da altri. Questo a me ha aiutato tanto nell’operatività.
Ho ad esempio chiuso in profitto un’operazione su Amazon in vendita, aperta alla rottura di un canale:
Avevo essenzialmente 3 segnali: rottura al ribasso di un canale contrassegnato dai segmenti neri paralleli, alti volumi al momento della rottura e un vuoto volumetrico dato dal visible range di tutto il momento di lateralizzazione dell’azienda. Ora vi spiego come ho ragionato: dopo aver avuto questi 3 segnali, ho controllato il beta di Amazon, che è di 1,12. Ciò significa che il prezzo dell’azienda, dal giorno dell’apertura della posizione short, si sarebbe mossa più veloce del benchmark Nasdaq di 1,12 volte. Approfittando del fatto che il settore dei beni discrezionali (a cui appartiene AMZN) ha un beta alto (1.18), ho aperto la posizione, che mi è andata in profitto in pochissimi giorni. Se non avessimo avuto alta volatilità non avrei mai aperto una posizione a causa del fatto che tra pochi giorni ci saranno gli earnings dell’azienda (e l’operazione quindi mi sarebbe potuta andare immediatamente in perdita); avendo invece alta volatilità (quindi range delle candele molto ampi) e beta alto, ho aperto l’operazione con tranquillità perché mi aspettavo di raggiungere il take profit (o lo stop loss) in breve tempo.
Spero che questo esempio vi possa schiarire le idee.
Per quanto riguarda i valori dei coefficienti beta, potete notare come XLE, con un beta superiore a tutti, non abbia rispettato le aspettative; come vi ho già spiegato, esso è fortemente dipendente dal petrolio che, appunto, è andato bene la scorsa settimana se rapportato ad altri asset.
Come ultimo grafico riguardante questo paragrafo vi condivido il rapporto tra le azioni ad alto e basso beta, il tutto associato al vix:
Fissate l’attenzione in basso, dove vedete il Vix: il rettangolo rosso vi è utile per visualizzare quanto la volatilità sia stata alta nelle ultime settimane. Adesso, considerando il rapporto tra le azioni ad alto beta e quelle a basso beta, notate come queste ultime stiano sovraperformando le altre? Questa è la chiara dimostrazione di tutto quello che ho provato a spiegare fin’ora.
Tuttavia ho considerato solo quello che gli investitori hanno scaricato o venduto. Vediamo anche quello che hanno acquistato.
VALUTE RIFUGIO: YEN GIAPPONESE E FRANCO SVIZZERO
Vediamo come dall’inizio della settimana (dal 18 gennaio) lo yen si sia rafforzato in maniera costante, formando un canale ascendente. Che dire? Ha confermato il suo ruolo di valuta rifugio in giorni di turbolenza. Il franco svizzero, ugualmente in positivo, ha formato addirittura un doppio minimo: questa è una particolare situazione a me molto cara, in cui si sono andate ad intrecciare analisi tecnica e fondamentale: tecnica per quanto riguarda il pattern, che è rialzista, e fondamentale in quanto il franco, in qualità di bene rifugio, avrebbe dovuto apprezzarsi. Tutto questo è accaduto.
Gli altri asset acquistati dagli investitori sono state le obbligazioni, sia a breve che a lunga scadenza.
Come dico sempre, le obbligazioni sono asset a rischio molto più basso se paragonate alle azioni, quindi in settimane di alta volatilità si po' verificare un loro acquisto da parte di chi vuole preservare il denaro. Ma attenzione, non è sempre così, in quanto un aumento della volatilità, spesso, è causata proprio dalle forti vendite nello stesso mercato obbligazionario, con conseguente rialzo dei rendimenti che, come ho specificato diverse volte, apre tutta una serie di questioni riguardanti, in particolare, il settore growth (trovate tutte le informazioni a riguardo sul mio profilo, vi consiglio di dare un’occhiata oppure, per maggiori dettagli, contattatemi pure).
BITCOIN: ROTTURA TESTA E SPALLE E RIMBALZO SU POINT OF CONTROL DEL VISIBLE RANGE
Nella mia precedente idea avevo correlato il Bitcoin all’economia, allo spread tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 e 2 anni e agli altri etf settoriali:
Quello che voglio aggiungere a questa idea è che il Bitcoin, anche nella passata settimana, ha continuato a muoversi in trend ribassista, visto il momento di risk-off sui mercati:
La crypto ha perso il -18% circa al momento della scrittura. Questo era abbastanza prevedibile vista la correlazione positiva che sta presentando ultimamente con alcuni settori, in particolare quello tech. Vi voglio far notare due cose: la rottura del testa e spalle ribassista e il successivo rimbalzo della candela di sabato 22 nel point of control del visible range settato nel periodo inizi 2021- 23 gennaio 2022. Il prezzo scenderà al sotto? Vedremo. Da considerare la grande quantità di volumi presenti in quella fascia di prezzo; ciò si traduce con il fatto che il prezzo stesso potrà incontrare molti ostacoli.
Spero che quest’idea vi possa aiutare a prendere delle scelte migliori in futuro.
Non ho menzionato l’oro poiché ho intenzione di scrivere i prossimi giorni un’idea a parte.
Le mie idee non costituiscono consigli finanziari, sono soltanto delle analisi che condivido per cercare di portare forti contenuti all’interno di tradingview e della sua community. Ognuno deve crearsi il proprio metodo. Per qualsiasi informazione o chiarimento sono disponibile per tutti.
Buona settimana.
Matteo Farci
Oro fino a 1800 almenoIl trend a ribasso è stato rotto (vedi linea tratteggiata arancio)
Siamo al di sopra del POC del volume profile
Miracle Viewer riporta che tutte le principali categorie di player di mercato stanno impostando una strategia LONG
Dall'advisor Market Miracle è arrivato un segnale di apertura di una posizione LONG con target 1792 USD.
L'andamento a rialzo sarebbe anche in linea con l'inizio di una fase di risk off visto il lento ma costante calo degli indici azionari.
Mi aspetto un recupero dei prezzi fino a 1792-1800 USD dove si andrà a testare il bordo superiore del triangolo.
Questa idea è basata sul segnale generato dall'advisor MarketMiracle di cui potrai trovare il link scorrendo scorrendo in basso di seguito a questa pagina. Chiedi invece se vuoi saperne di più sulla fase di mercato e come fare per individuare i migliori titoli da tradare.
UNA azienda che può crescere anche con le borse che scendono Unilever è un azienda che da anni produce e commercializza con vari brand prodotti per la cura personale e per l'igiene della casa.
Attualmente dal punto di vista fondamentale è in una situazione favorevole, le borse stanno scendendo e in tali circostanze le aziende di questo tipo vengono privilegiate, inoltre il prezzo sembra al di sotto del suo valore fair ( calcolato secondo alcuni siti che uso per riferimento ) di circa il 17 %
Anche Miracle Viewer se n'è accorto rilevando un aumento dell'interesse LONG da parte dei grandi players di mercato.
La fase di mercato attualmente è 3,3 per cui potremmo aspettarci una salita del prezzo verso almeno il target indicato dalla linea tratteggiata.
L'advisor algoritmico Market Miracle ha fornito nei giorni scorsi un segnale di ingresso
Ho già una posizione sul titolo che in tale circostanza ho aumentato.
Questa idea è basata sul segnale generato dall' advisor MarketMiracle di cui potrai trovare il link scorrendo scorrendo in basso di seguito a questa pagina.
Chiedi invece se vuoi saperne di più sulla fase di mercato che può aiutarti a trovare i migliori titoli da tradare in qualunque situazione di mercato.
Le incertezze fanno scendere gli indici e salire l' oroIl mercato azionario USA ed EUROPA sembra aver ormai intrapreso da settimane un trend ribassista.
La Cina è alle prese con una problematica molto incisiva nel settore immobiliare.
Sicuramente non è un gran momento per chi vuole investire nel mercato azionario.
Non si sa quando durerà questa tendenza, qualsiasi investitore si augura che finisca ogni giorno ma nel frattempo, mentre l'indice VIX inizia a muoversi con decisione anche l'oro sembra aver intenzione di cambiare la sua tendenza nel breve periodo, aiutato da un buon market sentiment.
Il metallo giallo è stresso da settimane in un triangolo che ha continuamente limitato i prezzi sia nella parte bassa che nella parte alta.
Considerando che ora siamo a ridosso del margine inferiore del triangolo e considerando la situazione sui mercati è mia opinione che la direzione nei prossimi giorni sia quella rialzista.
Se gli investitori sull'oro manterranno la loro ciclicità tipica mi aspetto anche una rottura del triangolo nei prossimi mesi nella parte alta che porterebbe chiaramente a prezzi ancora maggiori.
Vedremo nei prossimi giorni, settimane, mesi cosa succederà.
Bitcoin è suonata la campana ... da qui si scendeL' advisor algoritmico ha generato il segnale di ingresso SHORT che decreta la fine della salita da me precedentemente prevista e che si è effettivamente avverata.
La campanella è suonata e ora si scende .. questo dicono le mie analisi.
La fase di mercato è compatibile con lo short attualmente la fase è 3,2 pertanto le corporations stanno già scaricando gli acquisti fatti nella recente salita.
Il target è la linea tratteggiata in arancio ma ho ragioni di credere che è solo la prima tappa di una più profonda discesa che porterà probabilmente il bitcoin, intervallando brevi fasi di risalita a quelli che erano i valori pre - covid ovvero circa 12000 dollari.
Occorre fare attenzione ai mercati azionari perché alcune posizioni in essere su BTC potrebbero riversarsi sull'oro provocando una fase di crescita per il metallo giallo e il rischio di innescare una fase di risk off sui mercati azionari.
Dal canto mio ho già preso posizioni LONG su GOLD, SHORT su BTC e cerco di mantenermi alla larga da titoli azionari che hanno dimostrato debolezza nelle precedenti fasi di calo dei mercati privilegiando utility e beni essenziali.
Questa idea è basata sul segnale generato dall'advisor MarketMiracle di cui potrai trovare il link scorrendo scorrendo in basso di seguito a questa pagina. Chiedi invece se vuoi saperne di più sulla fase di mercato e come fare per individuare i migliori titoli da tradare.
ORO potenziale avvicinamento a $1650Data la mia precedente analisi, e come avevo gia' detto in precedenza, stavo attendendo maggior chiarezza sul grafico.
Cio' che si presenta ora sul grafico e diviso tra 2 possibilita':
1- Il prezzo continuera' la struttura di downtrend, e potenzialmente potrebbe raggiungere i $1650 ad oncia.
2- Il prezzo potrebbe rompere la struttura, superare i $1700 ad oncia e ritornare all'interno della consolidazione.
Cosa potrebbe incidere su tutto cio'??
Le speranze di riapertura conseguenti il coronavirus rimangono ancora alte, ma le proteste negli States potrebbe influire negativamente sul risk on sentiment della settimana scorsa.
Prima di prendere posizioni terro' in conto le notizie fondamentali che usciranno durante questa settimana, nonostante lo USD sembrerebbe riprendere forza nella giornata odierna.
Argento ci risiamoCi riprova l'argento alle prese con la resistenza a 17,30. Il momentum di breve è positivo e il superamento di 17.30 proietterebbe i prezzi verso area 18.
Stop loss 16,5
Queste sono riflessioni personali che non costituiscono in alcun modo una sollecitazione al
pubblico risparmio. L'analisi cui sopra non costituisce consulenza
personalizzata, e chi parla non conosce le caratteristiche personali di
nessuno dei lettori, in specie flussi reddituali, capacità a sostenere
perdite, consistenza patrimoniale. E' possibile
che chi scrive sia direttamente interessato in qualità di risparmiatore privato
all'andamento dei valori mobiliari trattati in questo sito e svolga attività di
trading in proprio sugli stessi strumenti citati.
GOLD RISK OFFBuongiorno, setup interessante sul Gold per quanto riguarda un possibile ingresso short.
Analisi Multi-timeframe
GRAFICO WEEKLY
I prezzi sono stati frenati dalla Kumo e pare vogliano ritracciare al ribasso prima di proseguire il loro movimento, inoltre noto una grossa area piatta della Kumo che potrebbe funzionare come calamita per i prezzi.
GRAFICO DAILY
Sul grafico Daily i prezzi hanno raggiunto una forte zona di resistenza.
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GRAFICO H1
In H1 le cose iniziano a farsi interessanti: ingresso short alla rottura del triangolo con target finale --> Kijun Daily
Fatemi sapere se siete d'accordo con la mia idea
A presto!
A breve doppio massimo per valutazione EURUSDIl prossimo test del doppio massimo, oramai a breve, dovrebbe fare da sparti acque tra movimento long fino a resistenza monthly o il ritracciamento sul supporto dinamico.
Lo yen in questo momento in chiara fase di rafforzamento, potrebbe fare prevalere le dinamiche di Riskoff, ovvero bassa propensione al rischio, ciò comporterebbe il rafforzamento dello yen, euro e oro, situazione che indebolirebbe i mercati azionari.
Per avere maggiore affidabilità nel posizionarsi a mercato in queste ore, sarebbe prudente attendere la chiusura della candela weekly, sia per l´euro e lo yen.