Alphabet verso 115$ ?Il titolo #Alphabet, ovvero Google è uno dei primi dei big a rompere lo schema rialzista. E' ancora presto per capire se si tratta di un caso isolato o se porterà giù anche altri titoli... #Apple ad esempio sembra aver voglia di trovare altri minimi di periodo.
In questo caso da notare falso breakout rialzista, incremento volumi e medie allineate al ribasso... davvero interessante dal mio punto di vista.
Seguimi per altre idee di #trading
Risk Disclaimer: il testo proposto non è da intendersi come consiglio finanziario; è un semplice diario e studio personale
Risk Disclaimer: this is not a financial advise
#stocks #nasdaq #investing #google
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Palo Alto paura o opportunitàPalo Alto #PANW ritorna a testare la resistenza più importante del 2023 e reagisce subito con un piccolo rimbalzo complice anche gli acquisti rivelati dalla #Pelosi.
260 dollari potrebbe essere una zona di supporto. Mi interesserebbe vedere un'accumulazione su questi prezzi.
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Mediobanca break rialzista con volumi#Mediobanca sul grafico daily presenta una spinta con volumi. Su un eventuale pullback a 12 euro potrebbe diventare molto interessante per valutare una continuazione del trend rialzista.
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Possibile correzione?L’indice dei prezzi al consumo nel mese di gennaio, negli Stati Uniti, è salito del 3.1% su base annua, sopra le aspettative che avevano ipotizzato una crescita dei prezzi del 2.9%. Il dato core, dal canto suo, è cresciuto del 3.9%, anch’esso sopra le attese (+3.7%) ma come il dato precedente. Su base mensile, la crescita dell’inflazione è stata dello 0.3% nel dato generale, (+0.2% atteso) e dello 0.4% nel dato core (+0.3% atteso).
Si tratta di numeri che hanno sorpreso, specie alla luce dell’ultima rilevazione del Price Consumer Expenditure che invece aveva mostrato una flessione al 2.9% e si tratta del massimo degli ultimi 4 mesi. Le conseguenze sui mercati non si sono fatte attendere, specialmente sulle borse, che hanno ceduto in relazione ai timori che ora la Fed possa mantenere i tassi attuali ancora più a lungo di quanto già ci si potesse attendere.
Con l’aumento del risk off sono tornati a salire i rendimenti dei titoli di stato, con il decennale USA al 4.31% mentre il bund rende il 2.4%. Un rialzo che ha scatenato, oltre alla discesa dei listini, anche la salita del dollaro, tornato per l’occasione valuta rifugio, con rialzi dell’ordine dell’1%.
Ieri, se ricordate, avevamo parlato di eccessi che sembravano poter innescare una qualche correzione e che tale movimento, se la ragione fosse stata plausibile, avrebbe potuto anche rappresentare un qualcosa di più di un semplice pull back.
AZIONARIO
I listini hanno ceduto globalmente, con quelli USA che hanno visto il Dow Jones perdere l’1.35%, l’S&P l’1.37% e il Nasdaq l’1.80%. Tecnicamente siamo a ridosso dei primi supporti chiave, che se violati, potrebbero innescare una discesa importante, anche tra il 5 e il 10 per cento, a giudicare da dove sono posizionati i supporti successivi. Ma ancora molto dipenderà dalle parole dei banchieri centrali, che sempre di più saranno la chiave delle prossime price action.
JPY DEBOLE E LA BOJ?
Molti dei nostri lettori ricorderanno come lo Jpy, nel passato, rappresentasse la valuta rifugio per eccellenza, e in momenti di aumento del risk off, come quello a cui abbiamo assistito ieri, era solito impennarsi e salire in modo repentino, come accadde per esempio nel 2009 con la crisi Lehman, e un UsdJpy addirittura a quota 75.00.
Oggi succede esattamente il contrario, ovvero il UsdJpy in risk off, sale perché il dollaro ha sostituito lo Jpy come asset da tenere in condizioni di aumento dell’avversione al rischio. E allora lo Jpy a 151.50 non sorprende più, perché il dato sul CPI più alto del consensus costringe gli investitori a buttarsi sul dollaro, perché hanno il timore che la Fed mantenga i tassi i livelli attuali per lungo tempo.
Nella notte il Ministro delle Finanze Suzuki ha riaffermato la necessità di avere un mercato dei cambi stabile, senza minacciare però alcun intervento diretto, che si può per ora solo immaginare. Il suo viceministro, Kanda ha affermato che il Giappone non tollera bruschi cali dello Jpy che non sono positivi per l’economia.
Ma per ora, niente di più che qualche dichiarazione che ha frenato se non altro la discesa, che aveva assunto i toni di una caduta libera. Tecnicamente solo un ritorno sotto 149.00 segnalerebbe una inversione di tendenza.
VALUTE
Debolezza per euro e sterlina, scese circa l’1% e, specie l’euro, sceso sui supporti chiave di 1.0700. Cable che tiene meglio per effetto dei dati di ieri sulla disoccupazione, con EurGbp sotto quota 0.8500. Oceaniche più stabili, anche se per ora non riescono a tornare sopra i primi livelli di resistenza.
Price action interessante per EurChf, tornato vicino a 0.9500, dopo che l’inflazione in Svizzera è scesa all’1.3%, un movimento che potrebbe spingere la SNB, finalmente ad abbassare il costo del denaro. UsdChf che ha recuperato quota 0.8850 anche se gli obiettivi di medio sembrano essere posti in area 0.9200.
Stamani, dopo i dati inglesi sull’inflazione delle 08.00, attenzione ai numeri sull’occupazione, produzione industriale e Pil di Eurozona, mentre nel pomeriggio, un occhio di riguardo ai dati sui prezzi alla produzione USA.
Buona giornata e buon trading.
Saverio Berlinzani
Qualsiasi materiale fornito non tiene conto dell’obiettivo di investimento specifico e della situazione finanziaria di chiunque possa riceverlo. I risultati passati non sono un indicatore affidabile dei risultati futuri. AT fornisce un servizio di sola esecuzione. Di conseguenza, chiunque agisca in base alle informazioni fornite lo fa a proprio rischio.
Le informazioni qui fornite non costituiscono una ricerca di investimento. I materiali non sono stati preparati in conformità ai requisiti legali volti a promuovere l’indipendenza della ricerca di investimento e in quanto tali devono essere considerati come una comunicazione pubblicitaria. Tutte le informazioni sono state preparate da ActivTrades (altresì “AT”).
Le informazioni non contengono una raccolta dei prezzi di AT, né possono essere intese come offerta, consulenza, raccomandazione o sollecitazione ad effettuare transazioni su alcuno strumento finanziario. Non viene fornita alcuna dichiarazione o garanzia in merito all’accuratezza o alla completezza di tali informazioni.
Borse e USD salgono dopo i datiL’economia USA, a giudicare dai dati delle ultime settimane, sembra godere di uno stato di salute ottimale, e le correlazioni che fino a qualche mese fa erano inverse tra borse e dollaro, per molteplici ragioni, oggi invece sono dirette.
I dati sui Non Farm Payrolls pubblicati venerdì, hanno letteralmente “spaccato”, si direbbe in gergo, con un aumento degli occupati nel settore non agricolo di 353 mila unità, il livello più alto dell’ultimo anno. Senza dimenticare che il numero di dicembre scorso di 333 mila è stato anch’esso rivisto al rialzo.
Un dato che dovrebbe far riflettere, considerato che gli aumenti dei posti di lavoro si sono verificati in questi tutti i settori, servizi professionali, imprese, assistenza sanitaria, commercio al dettaglio, settore manifatturiero e pure nel settore pubblico.
La media di aumenti di posti di lavoro ha raggiunto il livello di 255 mila, al di sopra della media di 225 mila precedente. Il tasso di disoccupazione generale è sceso al 3.7% rispetto alle previsioni di +3.8%, mentre i guadagni settimanali, sono saliti dello 0.6% nel mese contro lo 0.3% atteso.
La reazione dei mercati è stata diretta, nel senso che i mercati azionari, anziché scendere per il timore che le “good news are bad news” in ragione dell’idea che la Fed possa ancora alzare il costo del denaro (eventualità esclusa da Jerome Powell), hanno reagito andando a testare nuovi massimi storici con il Dow salito di oltre 130 punti, l’S&P in guadagno dell’1.07% e il Nasdaq a + 1.74%.
In aggiunta va segnalato che le azioni Meta sono salite del 20.3% dopo che la società ha annunciato il maggior aumento delle vendite trimestrali in due anni. Anche il titolo Amazon ha fatto registrare un +14%, mentre Nvidia è salita di quasi il 5%.
VALUTE
E il dollaro? Anziché scendere come ci si sarebbe potuto attendere in relazione alle correlazioni vigenti fino a qualche settimana orsono, ovvero borse in rialzo e dollaro in ribasso in condizioni di risk on, è salito violentemente come si fosse esplosa l’avversione al rischio, sfruttando la caratteristica di valuta rifugio.
Ma, osservando gli indici di rischio, non è presente alcuna avversione come si poteva pensare, con l’indice Vix a 13.50, i rendimenti dei titoli di stato leggermente saliti, ma sempre ampiamente nel range delle ultime settimane, con il decennale USA al 4%, ben lontano da quel 5% raggiunto nel massimo momento di risk off.
L’EurUsd da 1.0880 ha ceduto un centinaio di pip chiudendo sotto quota 1.0800, mentre il Cable ha mollato 50 pip raggiungendo il supporto di 1.2630. 250 pip di recupero anche per il UsdJpy tornato a 148.40 mentre le oceaniche hanno ballato toccando i supporti chiave di 0.6500 e 0.6060 rispettivamente per AudUsd e NzdUsd.
E ora che succede? Ricomincerà il trend del dollaro di medio e lungo termine o si tratta del canto del cigno della divisa americana? Osservando il Dollar Index, siamo di fronte ad una possibile ripartenza su base settimanale con possibili target sulla trendline discendente che unisce i massimi visti nel settembre 2022 e dell’ottobre 2023 (come da grafico allegato), con una proiezione di 105.00-20 area, la cui rottura eventuale farebbe tornare il bull trend storico partito a maggio del 2021 con massimi visti a 114.80 proprio nel settembre 2022.
Il che vorrebbe dire un EurUsd di nuovo sotto la parità con obiettivo al minimo già visto in area 0.9500. Ma è chiaro che sono, allo stato attuale, supposizioni. Prima andrà osservato l’eventuale test di 105.00-20 che significa un movimento di un 1.5% dai livelli attuali. A quei livelli si giocherà la partita cruciale e si capirà se il dollaro avrà la forza oppure no di violare questo livello critico, accompagnato dal massimo dell’ottobre 2023 di 107.00.
Di conseguenza, almeno nei prossimi giorni, dovremmo, in linea teorica (e condizionale sempre d’obbligo) assistere ad un rafforzamento del dollaro almeno fino ai livelli di resistenza richiamati, dove probabilmente si giocherà la partita tra le posizioni long e short di medio termine.
PETROLIO E DATI
Cade rovinosamente il petrolio, con il Wti sceso in 4 sedute dai massimi di 79.80 a 72.40 di venerdì sera, in ragione del venir meno delle aspettative di ribasso dei tassi immediato da parte della Fed. In aggiunta il Fondo Monetario ha rivisto al ribasso la crescita per il 2024 al 4.6% mentre per il 2025 è prevista scendere ulteriormente, con “solo” un +3.5%.
La domanda di greggio pertanto sembra essere rivista al ribasso e le conseguenze sul prezzo del petrolio non si sono fatte attendere. Infine, anche l’OPEC ha deciso per ora di non tagliare la produzione, alimentando ulteriormente la spirale ribassista dei prezzi.
Sul fronte dati la settimana entrante vede la pubblicazione delle trimestrali di colossi quali Mc Donald, Caterpillar, Walt Disney, e Uber, mentre dal lato dei numeri macroeconomici, attenzione all’ISM service Pmi e bilancia commerciale USA. Sui tassi occhio alla decisione della RBA che potrebbe influenzare la price action del dollaro australiano. Infine, dati sulle bilance commerciali di Australia, Germania, Francia e Canada.
Buon trading e buona settimana.
Saverio Berlinzani
Qualsiasi materiale fornito non tiene conto dell’obiettivo di investimento specifico e della situazione finanziaria di chiunque possa riceverlo. I risultati passati non sono un indicatore affidabile dei risultati futuri. AT fornisce un servizio di sola esecuzione. Di conseguenza, chiunque agisca in base alle informazioni fornite lo fa a proprio rischio.
Le informazioni qui fornite non costituiscono una ricerca di investimento. I materiali non sono stati preparati in conformità ai requisiti legali volti a promuovere l’indipendenza della ricerca di investimento e in quanto tali devono essere considerati come una comunicazione pubblicitaria. Tutte le informazioni sono state preparate da ActivTrades (altresì “AT”).
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Il giorno della FedE così siamo arrivati anche alla prima decisione sui tassi da parte della Federal Reserve, prevista per questa sera alle ore 20:00, mentre alle 20:30 sarà la volta della conferenza stampa del Presidente Jerome Powell. Ma come ci arriviamo a questo appuntamento?
La prima questione sul tavolo, ovvero l’inflazione, continua, negli Stati Uniti (ma non solo oltreoceano), a scendere, anche se lentamente e forse non al ritmo sperato dai banchieri centrali. Ma è un fatto che l’indice con cui la Fed misura l’andamento dei prezzi, il PCE, ovvero il Price Consumption Expenditure, è sceso finalmente sotto il 3% su base annua, al 2.9% per la precisione. Pur utilizzando diversi indici, per monitorare l’andamento dell’inflazione la Federal Reserve Bank preferisce l’indice PCE al più famoso CPI.
È dal 2012 che la Fed ha scelto questo indicatore come punto di riferimento per le sue politiche di controllo dell’inflazione, e in particolare la sua versione “core”, quella che esclude i prezzi dei prodotti alimentari e di quelli energetici. La prima differenza è che il PCE è solitamente più basso del CPI, e cioè che l’inflazione misurata dal primo risulta più bassa di quella misurata dal secondo. Evidentemente la Fed ritiene che, per come è costruito, l’indice CPI sovrastimi l’andamento dell’inflazione.
Il CPI è calcolato in base ai risultati di un’indagine svolta tra 14 mila famiglie e 23 mila aziende, e considera circa 80 mila prodotti. Il calcolo del PCE, invece, prende come base i prezzi al livello della produzione, e li trasforma in prezzi al consumo aggiungendovi il margine di profitto, i costi di trasporto e le tasse. Inoltre, nel sistema di elaborazione del PCE vengono considerati anche altri dati, come ad esempio quelli del rapporto mensile sulle vendite al dettaglio.
Il dato scelto è il core, ovvero i prezzi esclusi alimentari ed energia, in ragione del fatto che la Fed ritiene che i prezzi degli alimentari e dell’energia siano componenti molto volatili, mentre il dato core sia più stabile nel tempo. Detto ciò, e considerati gli altri aggregati, quel che è sotto gli occhi di tutti, è il fatto che i dati macro americani, sembrano ancora tenere, nonostante i tassi siano ancora ai massimi di periodo, tra il 5.25% e il 5.50%.
Questo influenzerà di certo le prossime mosse della banca centrale USA, che potrebbe far slittare il primo taglio nel secondo semestre, anche se una buona parte di analisti e commentatori ritiene che già a marzo possa esserci una riduzione dei tassi.
Vedremo stasera, quel che ci racconterà Jerome Powell, in un contesto di mercati azionari che ogni giorno, imperterriti, fanno registrare nuovi massimi da molte settimane, sorprendendo gli operatori che in questo 2024 si sarebbero attesi più di qualche correzione.
La sensazione è che JP continuerà a reiterare la medesima narrativa, ovvero che l’inflazione non è ancora sconfitta e occorre ancora tempo affinché torni ai livelli stabiliti dalla Fed per il raggiungimento della stabilità dei prezzi.
VALUTE
Sui cambi ancora trading range per le principali coppie valutarie, in un contesto di price action poco volatili e in attesa di qualcosa che possa smuoverle. Per il momento le oscillazioni dei principali rapporti di cambio sono limitate a 50-60 pip sulle majors, e non sembrano esserci i presupposti per qualcosa di più. Supporti che sono stati testati con l’uscita dei JOLTS Openings, usciti migliori delle attese e della fiducia dei consumatori, altrettanto positiva e migliore del consensus.
Ma poi il dollaro ha ripiegato leggermente, tornando sui livelli del primo pomeriggio. La sfida è tra risk on e risk off con il biglietto verde che nel primo caso potrebbe scivolare mentre nel secondo, potrebbe rompere le resistenze, anche se molto dipenderà dalle parole di Powell. Sarà hawkish o dovish?
Secondo noi potrebbe essere piuttosto hawkish, ma ciò potrebbe essere già inglobato nei prezzi di mercato, per cui potremmo attenderci un ribasso correttivo della divisa americana. Appuntamento a stasera quindi, quando si scateneranno le danze.
EUROZONA, SCONGIURATA LA RECESSIONE?
L’economia del vecchio continente si è inaspettatamente arrestata nell’ultimo trimestre del 2023, dopo il -0.1% del trimestre precedente, anche se leggermente meglio del consensus che era per un -0.1%. Il vecchio continente comunque evita la recessione, in un contesto di crescita in ripresa per Spagna e Italia, mentre i due big Francia e Germania rallentano con la Germania che ha fatto registrare un preoccupante -0.3%. Considerando l’intera Eurozona, il Pil è cresciuto dello 0.5% con prospettive di leggero peggioramento per l’anno in corso.
DATI
Scende in Australia l’inflazione con un +4.1% su base annua nel quarto trimestre, inferiore rispetto al +5.4 del terzo trimestre, ovvero il livello più basso dal 2021 e inferiore alle aspettative di mercato del 4.3%. AudUsd sempre in trading range compreso tra 0.6520 e 0.6620.
Contestualmente in Cina è uscito il Pmi del settore manifatturiero, uscito a 49.2, in linea con il consensus. Si tratta comunque ancora del quarto mese consecutivo di contrazione dell’attività industriale, a causa di una domanda debole e persistente debolezza del mercato immobiliare. La PBoC si è detta pronta recentemente a tagliare ancora la riserva obbligatoria per fornire uno stimolo in più alla ripresa. UsdCnh stabile tra 7.17 e 7.20 per il momento.
Buona giornata e buon trading.
Saverio Berlinzani
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Mercati ancora decorrelatiGennaio volge al termine, ma i mercati, ad eccezione forse di quello azionario, non hanno ancora fornito indicazioni su possibili movimenti e trend direzionali per questo 2024. Per contro, sulle borse, c’è poco da dire se non che salgono come se non ci fosse un domani, nonostante da più parti si parli di bolla, di esuberanza irrazionale, di eccessi irragionevoli.
Venerdì i listini americani hanno chiuso leggermente contrastati, in ragione di trimestrali contrastate, alcune positive altre meno. Il Dow Jones ha chiuso leggermente positivo, mentre l’S&P ha chiuso neutro. Il Nasdaq infine ha perso lo 0.55%. Su base settimanale, il Dow ha guadagnato solo lo 0.1%, l’S&P lo 0.5% e pure il Nasdaq ha chiuso in leggero guadagno.
Sul fronte trimestrali si segnalano note positive per Capital One Financial, mentre Intel che aveva pubblicato utili e ricavi in crescita, è scesa del 12% dopo aver pubblicato previsioni negative per il prossimo futuro. Insomma, il mercato azionario rimane il leading indicator per eccellenza, perché comunque mantiene una direzione ben precisa.
Negli altri asset regnano incertezza e lateralità, in una fase che non possiamo ancora definire con chiarezza. Gli indici di rischio mantengono una visione positiva con livelli del Vix intorno ai 13 punti, in pieno appetito al rischio, così come l’indice fear and greed, intorno ai 77 punti. I rendimenti dei titoli di stato sembrano leggermente salire, in contro tendenza con la fase di risk on, mentre sulle valute il dollaro resta sostenuto in una sorta di sostegno al risk off, che però è latente.
VALUTE
Sui cambi l’EurUsd continua la sua fase di lenta distribuzione, incapace di salire sopra le resistenze chiave poste sopra 1.0925 e 1.0965, anche se per il momento, ha ancora tenuto i supporti posizionati in area 1.0810-20.
Le problematiche legate al rialzo dell’euro che tutti si attendevano, dipendono dal fatto che, in prospettiva la BCE sembra più accomodante sui tassi rispetto alla Fed, che invece allontana sempre di più l’eventualità di un taglio del costo del denaro, in ragione di dati che ancora non evidenziano un chiaro rallentamento economico. In più, va aggiunto il fatto che l’inflazione scende maggiormente negli Usa che altrove. I dati sul PCE infatti, usciti venerdì scorso, hanno chiarito che l’inflazione è finalmente sotto il 3%.
In Europa l’inflazione scende meno in un contesto di rallentamento economico più marcato, come si è potuto evincere anche dagli ultimi dati tedeschi sulla fiducia dei consumatori, scesa a -29.7, il dato peggiore da un anno a questa parte.
Gli altri rapporti di cambio contro dollaro, anche per correlazione dollaro centrica, che continua a dominare la scena, evidenziano le medesime difficoltà a salire contro la divisa americana, a partire dallo Jpy che rimane ampiamente la valuta più sotto pressione di questo inizio 2024. Tecnicamente sul UsdJpy, siamo in una nuova fase di accumulazione, con la possibilità anche di arrivare sui massimi del 2023, anche se siamo ancora lontani da quei livelli. Si tratta di vedere se i prezzi riusciranno a valicare quota 148.70 80 che rappresenta il livello chiave da rompere.
Anche la sterlina sembra incapace di rompere le resistenze a 1.2800, anche se per il momento ha tenuto il supporto a 1.2550. L’unica valuta che forse in questo momento, riesce a tenere meglio delle altre, è il dollaro canadese, che per ora non ha rotto gli argini, con un UsdCad ancora sotto quota 1.3520, resistenza chiave. Infine, le oceaniche AudUsd e Nzdusd, ancora sotto pressione e incapaci di reagire con i supporti cruciali non lontani, ovvero 0.6520 e 0.6060.
I DATI DELLA SETTIMANA
Inizia oggi una settimana chiave, che porterà alla decisione sui tassi della Fed, anche se le attese sono per un nulla di fatto. Ma è una settimana, quella entrante, che oltre alle dichiarazioni di Jerome Powell, ci porterà i dati sul tasso di disoccupazione e i payrolls, oltre ai Pmi manifatturiero e dei servizi. Attesa anche per i Jolts Openings, e per le trimestrali dei giganti quali Microsoft, Alphabet, AMD, Apple e Amazon.
A livello globale, attesa per la decisione della Banca di Inghilterra sui tassi, e per il Pil del quarto trimestre, per Francia, Spagna, Italia, Germania ed Eurozona. Inflazione in Australia, Germania, e ancora Italia ed Eurozona. Allacciamoci le cinture perché crediamo che con questa ottava si entrerà definitivamente nel 2024.
Buona settimana e buon trading.
Saverio Berlinzani
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Le informazioni qui fornite non costituiscono una ricerca di investimento. I materiali non sono stati preparati in conformità ai requisiti legali volti a promuovere l’indipendenza della ricerca di investimento e in quanto tali devono essere considerati come una comunicazione pubblicitaria. Tutte le informazioni sono state preparate da ActivTrades (altresì “AT”).
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Wall Street torna a ruggireNon sembra esserci nulla, allo stato attuale, che sia in grado di ridimensionare il valore dei mercati azionari, che dopo 4-5 sedute di consolidamento/ritracciamento che avevano fatto pensare ad un ribasso maggiormente strutturale, hanno chiuso invece in rialzo, guidati dalle società tecnologiche.
Wall Street ha visto il Dow Jones salire dello 0.54%, l’S&P 500 dello 0.88% e il Nasdaq a +1.35%, e ben sette settori su 11 che hanno chiuso in rialzo trascinati da tecnologia, servizi di comunicazione e industriali. I principali vincitori sono stati Apple (+3.3%), e Tsmc, il colosso che produce chip, salito del 9.8% dopo la pubblicazione della trimestrale.
I dati americani, usciti decisamente migliori del consensus, hanno contribuito ad aumentare i rendimenti dei titoli di Stato Usa, saliti oltre il 4.14% sul decennale, con l’indice vix che è balzato oltre i 14.5 punti, alimentando il risk off che però avrebbe dovuto, secondo le correlazioni vigenti, spingere i listini al ribasso.
Ora, va detto che non è che sia strano il fatto che le borse salgano di fronte a dati positivi, il che sarebbe anche logico, ma dobbiamo ricordare che negli ultimi 2 anni, le notizie positive venivano valutate negativamente perché ciò avrebbe alimentato il rialzo dei tassi, creando le condizioni per un rallentamento futuro della congiuntura.
Oggi invece le borse si disinteressano dei tassi, a quanto pare, perché convinte che questa euforia di tassi alti/utili aziendali in crescita, sia un mantra che possa durare in eterno. Tra l’altro, i dati USA hanno visto anche i tassi sui mutui scendere al minimo degli ultimi 8 mesi, al 6.6%, così come i permessi di costruzione sono aumentati ad un tasso superiore al consensus. E come dimenticare i jobless claims a 187 mila, il minimo dal settembre 2022. Insomma, dati sorprendenti, considerati i tassi e una congiuntura globale non proprio brillante.
VALUTE
Sui cambi invece, l’avversione al rischio si fa sentire, con il dollaro che schiaccia le valute concorrenti, euro, sterlina, yen, ma anche Chf e le oceaniche. EurUsd a ridosso di 1.0850, che miracolosamente, sembra ancora tenere, con i livelli successivi ina area 1.0810. Cable invece che rimane a ridosso di 1.2700 con EurGbp che ha sfondato quota 0.8570 e che potrebbe scendere ancora 40-50 pips. UsdJpy tornato sopra 148.00 non lontano da quel 148.50 60 che poi ha toccato nella notte e che rappresenta ora l’area chiave.
Quanto durerà ancora questa forza del biglietto verde? È assai difficile da prevedere, perché ogni anno le previsioni, in questa stagione, danno il dollaro in caduta libera e poi ogni volta succede il contrario con un biglietto verde che non solo tiene, ma continua a spingere in ragione della sua peculiare caratteristica di valuta rifugio in un mondo perennemente in tensione.
Questo anche perché gli Stati Uniti mantengono una posizione geopolitica dominante, che fa del dollaro un punto di riferimento, specie ora che anche altri colossi si affacciano nel panorama delle potenze globali. E così UsdJpy sale in risk off, un’altra situazione storicamente anomala che prima o poi dovrà trovare una soluzione.
PETROLIO
Giovedì i futures sul greggio WTI sono saliti intorno ai 74 dollari al barile, trascinati al rialzo dalle stime di una domanda in crescita presentate dall’IEA e dall’OPEC. L’Agenzia internazionale per l’energia ha rivisto la sua proiezione di crescita della domanda di petrolio nel 2024 a 1,24 milioni di barili al giorno, in aumento di 180.000 barili al giorno, citando il miglioramento della crescita economica e il calo dei prezzi del greggio nel quarto trimestre.
L’Opec, dal canto suo, mantiene la sua previsione di una crescita della domanda di 2,25 milioni di barili al giorno nel 2024, con aspettative di crescita di 1,85 milioni di barili al giorno nel 2025. I rischi geopolitici in Medio Oriente e le interruzioni della produzione negli Stati Uniti, hanno ulteriormente alimentato l’aumento dei prezzi.
Gli attacchi dei militanti Houthi nel Mar Rosso hanno costretto le navi merci a deviare la rotta, aumentando i tempi e i costi di viaggio. Nel Nord Dakota, l’inverno estremamente rigido ha portato a un calo significativo della produzione di petrolio. Contrariamente alle indicazioni dell’API, i dati del governo statunitense hanno mostrato la scorsa settimana un calo di 2,4 milioni di barili nelle scorte nazionali di greggio.
Buona trading e buon fine settimana.
Saverio Berlinzani
Qualsiasi materiale fornito non tiene conto dell’obiettivo di investimento specifico e della situazione finanziaria di chiunque possa riceverlo. I risultati passati non sono un indicatore affidabile dei risultati futuri. AT fornisce un servizio di sola esecuzione. Di conseguenza, chiunque agisca in base alle informazioni fornite lo fa a proprio rischio.
Le informazioni qui fornite non costituiscono una ricerca di investimento. I materiali non sono stati preparati in conformità ai requisiti legali volti a promuovere l’indipendenza della ricerca di investimento e in quanto tali devono essere considerati come una comunicazione pubblicitaria. Tutte le informazioni sono state preparate da ActivTrades (altresì “AT”).
Le informazioni non contengono una raccolta dei prezzi di AT, né possono essere intese come offerta, consulenza, raccomandazione o sollecitazione ad effettuare transazioni su alcuno strumento finanziario. Non viene fornita alcuna dichiarazione o garanzia in merito all’accuratezza o alla completezza di tali informazioni.
VALUTE: USDCADAZIONARI, ANCORA NUOVI MASSIMI.
Ci stiamo avvicinando a grandi passi verso la fine di questo 2023, caratterizzato, come è noto, dalla grande salita dei mercati azionari, trascinati da una economia americana che ha costantemente evidenziato una resilienza fuori dal comune. La congiuntura Usa ha rallentato nell’anno in corso, ma molto lentamente, e con una tenuta degli aggregati inattesa e sorprendente, alla luce soprattutto della persistente politica monetaria (aggressiva e rialzista) da parte della Fed, che in linea di principio, avrebbe invece dovuto deprimere i mercati azionari. L’inasprimento delle condizioni di credito da parte delle banche con aumento degli interessi da pagare per le aziende infatti, avrebbe potuto provocare una caduta degli utili delle imprese, che invece, nelle varie trimestrali, hanno evidenziato una forza quantomeno sorprendente. Si discute molto sui livelli dei price earnings di certi titoli, arrivati a livelli ben superiori a quelli del 2008, quando la crisi Lehman fece crollare i mercati, ma, almeno per il momento, gli indici principali continuano a far registrare nuovi massimi storici. Il Dow Jones lo ha toccato mercoledì 20 dicembre a 37.642, il Nasdaq invece solo ieri a 16.863, mentre L’S&P è molto vicino a quel 4.817 toccato il Gennaio di quest’anno. Il Dax, dal canto suo, ha toccato il nuovo massimo storico il 14 di questo mese a 17.003.
VALUTE.
La tenuta della borsa ha generato un aumento dell’appetito al rischio generalizzato con gli indici di rischio più seguiti ormai vicino ai top di risk on. Il Vix, a 13.60 è ben lontano dalla soglia di 20 che è lo spartiacque tra risk on e risk off, mentre l’indice fear and greed, viene quotato vicino ai massimi di avidità a 79 punti. Le valute, quindi, di fronte ad uno scenario di estremo appetito al rischio, vedono il dollaro scendere anche se non a livelli estremi, considerato che sul dollar index siamo ancora abbondantemente sopra quota 100. EurUsd sopra 1.1000 in area 1.1030, non lontano dai livelli chiave di resistenza compresi tra 1.1060 e 1.1090. Il Cable per contro invece rimane abbastanza asfittico, incapace di rompere i massimi in ragione di un EurGbp che attacca le resistenze chiave e cerca di rompere 0.8690 00 area. GbpUsd che rimane comunque tra 1.2680 e 1.2700 con resistenze cruciali poste a 1.2750 60. UsdJpy che dopo aver toccato un minimo a 140.86, ha corretto tornando sopra 142.50 anche se per ritornare in uptrend, deve rompere l’area di 146.50 147.00. ancora assai lontana. Oceaniche che tengono e provano a tornare sui massimi di giugno e luglio che per AudUsd si trovano a 0.6900 così come 0.6410 20 per NzdUsd. Si avvicina a livelli interessantissimi il UsdCad che trova supporti compresi tra 1.3200 e 1.3090, un’area di oltre 100 pips, ma intrigante per la presenza di supporti statici relativi a minimi precedenti toccati nei mesi di giugno e luglio di quest’anno. Tra i cross attenzione a EurChf che per la quarta volta in 14 mesi, ha toccato il supporto a 0.9400, dove poi ha rimbalzato in modo interessante per la probabile presenza della Snb che persiste a comprare moneta unica vendendo franchi, allo scopo di indebolirlo (peraltro senza grande successo). Tra gli altri cross, segnaliamo NzdChf che pare in accumulazione rialzista anche se rimane non lontano dai minimi storici di 0.5185.
PETROLIO.
Interessante movimento del petrolio che ieri sono saliti tornando sopra quota 75 per il Wti e 81 sul Brent. Quasi 10 dollari di salita dal 13 dicembre e in poche sedute. La ragione del rialzo è probabilmente legata agli sviluppi in medio oriente, in seguito all’attacco degli Houti alle navi commerciali, che ha provocato lo stop del commercio. Le navi commerciali riprenderanno la navigazione, con la protezione di forze marittime multinazionali. Per quel che riguarda la domanda di petrolio, le speranze di riduzione del costo del denaro, attese per il prossimo futuro, da parte della Fed, hanno ulteriormente contribuito ad alimentare la salita del prezzo del greggio nelle ultime giornate operative. Buona giornata e buon trading.
Qualsiasi materiale fornito non tiene conto dell’obiettivo di investimento specifico e della situazione finanziaria di chiunque possa riceverlo. I risultati passati non sono un indicatore affidabile dei risultati futuri. AT fornisce un servizio di sola esecuzione. Di conseguenza, chiunque agisca in base alle informazioni fornite lo fa a proprio rischio.
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📊 EURNZD 06/12/2023L’innegabile debolezza dell’euro unita alla forza del dollaro neozelandese per il mese di novembre ha generato un movimento ribassista di tutto rispetto per il cross eurnzd, al quale si aggiunge una forte correlazione inversa con le borse, che stanno vivendo una fase di splendore rialzista partita con la prima metà di novembre.
Il cross è da sempre termometro delle fasi risk on/off, sta ora scontando la risalita del dollaro neozelandese, valuta legata maggiormente alle fasi espansione del ciclo economico, mentre l’euro non trova ora motivi per spinte rialziste, né nei tassi di interesse ora proiettati al taglio, né come asset rifugio dato il forte sentiment di risk on presente sui mercati.
Il trend dunque ribassista , delineato dal fascio di medie mobili chiaramente impostato short, che guida i prezzo con la pressione della mm21 periodi, sembra ora vivere una battuta di arresto sui livelli di 1.7480-75. Auspicabile un respiro fino al ritest delle resistenze a 1.7650 prima e 1.7725 poi area di confluenza statico dinamica con la mm100 periodi. Restano per ora aree di vendita quelle sopra citate, che darebbero miglior R:R ad idee di trade in tendenza con il trend principale.
Non possiamo escludere la possibilità di break out ribassisti di 1.7460 senza mai vivere storni, il che ci costringerebbe posizioni corte con stop sopra gli ultimi massimi a 1.7650-60.
buona giornata e buon trading
SALVATORE BILOTTA
PORTAFOGLI 50-50: METRICHE E PRESTAZIONI NEL CICLO ECONOMICOBuongiorno a tutti. Oggi, ci concentreremo nuovamente sui portafogli di investimento 50-50 (50% in azioni, 50% in obbligazioni); l’obiettivo è esaminare il loro rendimento nel lungo periodo, specificamente da gennaio 2008 ad ottobre 2023. Cercheremo di comprendere le loro caratteristiche e valutare le loro prestazioni durante le diverse fasi del ciclo economico.
Vorrei ricordare che i portafogli creati non tengono conto del rischio di cambio né delle commissioni, e sono basati su ETF quotati negli Stati Uniti. Se desiderate informazioni su ticker e ISIN degli stessi ETF quotati sulla borsa italiana, non esitate a contattarmi. Vorrei sottolineare che queste non sono raccomandazioni di investimento, ma l’analisi ha l’obiettivo di attivare le logiche di investimento. Molti concetti espressi nell’analisi precedente non saranno ripetuti nuovamente; pertanto, per una piena comprensione dei contenuti, vi consiglio di approfondire l’analisi precedente al seguente link.
Fatta questa introduzione, vi auguro una buona lettura!
1. UNA BREVE SINTESI DELL’ANALISI PRECEDENTE
L’obiettivo dell’analisi precedente era di creare due portafogli di investimento 50-50: uno ciclico e uno difensivo, e confrontarli con un portafoglio 50-50 equilibrato. Le relative ponderazioni di questi portafogli sono illustrate nelle due figure seguenti.
Il portafoglio 50-50 ciclico
Il portafoglio 50-50 difensivo
Il portafoglio 50-50 equilibrato
I due portafogli di investimento avevano obiettivi distinti:
• Il portafoglio ciclico mirava a massimizzare i guadagni durante i periodi di aspettative di crescita economica
• Il portafoglio difensivo, invece, mirava a massimizzare i guadagni (o a proteggere il capitale) durante i periodi di aspettative di rallentamento economico
L’indice di sentiment utilizzato per determinare le aspettative economiche degli investitori era SPHB/SPLV.
Si era osservato che:
• Nelle fasi di risk on, con SPHB/SPLV rialzista, il portafoglio ciclico tendeva a sovraperformare quello equilibrato. Solo nel 2014, il portafoglio equilibrato aveva avuto prestazioni migliori
• Nelle fasi di risk off, con SPHB/SPLV ribassista, il portafoglio difensivo tendeva a sovraperformare quello equilibrato. Solo nel 2019, il portafoglio equilibrato aveva avuto prestazioni migliori
2. LA CRESCITA DEI DUE PORTAFOGLI DAL 2008 AD OTTOBRE 2023
La seguente grafica illustra l’evoluzione dei due portafogli 50-50 ciclico e difensivo da gennaio 2008 fino ad ottobre 2023.
La crescita dei due portafogli di investimento
Entrambi i portafogli hanno mostrato una crescita costante nel corso del tempo. Escludendo i costi di negoziazione, le spese di transazione e le tasse effettive sui rendimenti degli investimenti, possiamo notare che:
• Il portafoglio ciclico ha generato un profitto di 377$ da un investimento iniziale di 100$ (o 257$ se si tiene conto dell’inflazione)
• Il portafoglio difensivo ha prodotto un profitto di 247$ da un investimento iniziale di 100$ (o 169$ se si tiene conto dell’inflazione)
Nella figura successiva, che rappresenta i rendimenti annuali dei due portafogli, si possono osservare ulteriori dettagli.
Rendimenti annuali dei due portafogli
• Nel corso di 16 anni, il portafoglio ciclico ha registrato tre anni di rendimento negativo, mentre il portafoglio difensivo ne ha avuti quattro (tenendo presente che il 2023 non è ancora concluso).
• In 16 anni, il portafoglio ciclico ha sovraperformato quello difensivo 11 volte.
Le due figure seguenti mostrano le performance mensili dei due portafogli dal 2008 al 2023.
Le prestazioni mensili del portafoglio ciclico da gennaio 2008 a ottobre 2023
Le prestazioni mensili del portafoglio difensivo da gennaio 2008 a ottobre 2023
3. LE METRICHE DEI DUE PORTAFOGLI
Analizzando le performance dei due portafogli, potremmo essere portati a pensare che, nel lungo termine, possano generare rendimenti interessanti. Tuttavia, quali sono i rischi associati? Quanto sono efficienti? Possiamo rispondere a queste domande esaminando le principali metriche illustrate nella figura successiva.
Le principali metriche dei due portafogli
Focalizziamoci sul CAGR, sulla deviazione standard, sul massimo drawdown e sui rapporti di Sharpe e Sortino, cercando di spiegare in modo semplice cosa rappresentano. Questi indicatori ci aiuteranno a comprendere meglio il rischio e l’efficienza dei portafogli.
• Il CAGR (Tasso di Crescita Annuo Composto) rappresenta il rendimento medio annuale dei due portafogli. Il portafoglio ciclico ha un CAGR dell’8.75% (6.15% se si tiene conto dell’inflazione), che è superiore a quello del portafoglio difensivo, che è del 5.88% (3.36% se si tiene conto dell’inflazione)
• La deviazione standard è un indicatore della volatilità del portafoglio e, quindi, del suo rischio. Il portafoglio ciclico ha una deviazione standard del 11.56%, mentre il portafoglio difensivo una del 9.85%. Questi valori si riferiscono alla volatilità annualizzata; la volatilità mensile è del 3.34% per il portafoglio ciclico e del 2.84% per il portafoglio difensivo. È importante sottolineare che la deviazione standard misura la volatilità di un portafoglio rispetto a sé stesso, non rispetto a un benchmark come l’S&P500. Per misurare la volatilità rispetto all’S&P500, è necessario conoscere i due beta, che in questo caso sono 0.64 per il portafoglio ciclico e 0.21 per il portafoglio difensivo
Basandosi solo su questi due punti si potrebbe dedurre che, in media, investire in un portafoglio 50-50 ciclico potrebbe essere più vantaggioso. Nonostante presenti un rischio maggiore, sembra in grado di generare rendimenti superiori. Ma significa che il portafoglio ciclico si è dimostrato più efficiente dal 2008 ad oggi? Per rispondere a questa domanda, possiamo fare riferimento a due indicatori: il rapporto di Sharpe e il rapporto di Sortino. Questi ci permetteranno di valutare l’efficienza dei portafogli.
• I due rapporti servono per indicare il rendimento ottenuto da un investimento rispetto al rischio assunto. Sebbene siano simili, differiscono nella loro costruzione, in particolare nel denominatore della formula matematica con la quale essi sono calcolati; infatti:
Formule matematiche di calcolo dei due rapporti
Il rapporto di Sharpe considera sia la volatilità positiva (che accompagna i portafogli al rialzo) che quella negativa (che accompagna i portafogli al ribasso), mentre il rapporto di Sortino considera solo la volatilità negativa.
Più alti sono questi valori, più efficiente è il portafoglio. In particolare:
• Il rapporto di Sharpe del portafoglio ciclico è 0.71, mentre quello del portafoglio difensivo è 0.54
• Il rapporto di Sortino del portafoglio ciclico è 1.10, mentre quello del portafoglio difensivo è 0.82
Da tutte le osservazioni, sembra che il portafoglio ciclico possa essere più vantaggioso. Nonostante presenti un rischio maggiore (in termini di volatilità), offre un CAGR più alto e si dimostra più efficiente.
Tuttavia, c’è un altro rischio da considerare: il massimo drawdown.
• Il massimo drawdown rappresenta la differenza tra il picco più alto e quello più basso raggiunto da un portafoglio di investimento
Nella figura successiva è possibile osservare tutti i drawdown registrati dai due portafogli.
Tutti i drawdown dei due portafogli da gennaio 2008 a ottobre 2023
La figura successiva offre un’analisi più dettagliata, mostrando le caratteristiche dei 10 peggiori drawdown per entrambi i portafogli. Questi includono:
• L’inizio del drawdown (Start)
• La fine del drawdown (End)
• La durata totale del drawdown, dal picco massimo al minimo (Length)
• Il mese in cui il portafoglio si è ripreso (Recovery By)
• Il tempo necessario per la ripresa (Recovery Time)
• Il periodo in cui il valore del portafoglio è rimasto al di sotto del suo picco massimo (Underwater period)
I peggiori 10 drawdown dei due portafogli e le relative caratteristiche
Attraverso la media dei 10 peggiori drawdown è possibile ottenere un parametro che può essere approssimativamente definito come “rischio medio di peggior drawdown”. Le medie risultanti sono le seguenti:
• Il portafoglio ciclico ha un rischio medio del -9.90%
• Il portafoglio difensivo presenta un rischio poco più contenuto, del -9.8%
Nonostante questi due rischi siano praticamente equivalenti, la figura precedente dimostra che, in media, un portafoglio ciclico tende a recuperare i drawdown in un lasso di tempo significativamente più breve rispetto al portafoglio difensivo.
Per fornire un quadro più preciso, è possibile calcolare le medie dei tempi di recupero, escludendo i drawdown del 2023:
• Il portafoglio ciclico impiega in media 2.55 mesi per recuperare
• Il portafoglio difensivo impiega in media 6.88 mesi per recuperare
Il portafoglio ciclico ha raggiunto il suo massimo drawdown durante la recessione del 2008, mentre il portafoglio difensivo ha registrato il suo durante l’aumento dei tassi di interesse e l’impennata dell’inflazione nel biennio 2022-2023. Questo suggerisce che, sebbene entrambi i portafogli siano generalmente efficienti, tendono a subire perdite significative in specifici contesti: la fase 1 del ciclo economico per il portafoglio ciclico e la fase 6 per il portafoglio difensivo.
4. LE PRESTAZIONI DEI DUE PORTAFOGLI NELLE SEI FASI DEL CICLO ECONOMICO
Concludiamo l’analisi esaminando le performance previste per entrambi i portafogli nelle diverse fasi del ciclo economico, come illustrato nella figura successiva.
Le prestazioni dei due portafogli di investimento nelle sei fasi del ciclo economico
FASE 1 DI RECESSIONE
Portafoglio ciclico: Questa è la fase in cui il portafoglio ciclico realizza le peggiori prestazioni. Gli ETF sui settori tecnologici (XLK) e sui beni di consumo discrezionali (XLY) sono fortemente ribassisti. Questo accade perché durante la fase 1, gli investitori tendono a disinvestire dai settori ad alta volatilità (e quindi ad alto rischio) a causa di un forte sentimento di avversione al rischio. La debolezza di questi due settori durante la recessione può essere attribuita anche alla loro ciclicità. Le obbligazioni high yield non performano bene, poiché vengono vendute dagli investitori in quanto considerate bond ad alto rischio. Le obbligazioni societarie investment grade si comportano un po’ meglio (neutrali-rialziste in caso di lieve recessione, ribassiste nel caso opposto). L’unico ETF del portafoglio che performa bene in questa fase è IEF (obbligazioni del tesoro americano), che beneficia della domanda di beni rifugio. (Ho trattato questi argomenti “obbligazionari” in maniera molto ampia
Portafoglio difensivo: In questa fase, il portafoglio difensivo può registrare una performance neutrale-rialzista o neutrale-ribassista, ma in ogni caso, non subisce forti cadute. Il motivo è semplice: in caso di lieve recessione, TLT si apprezzerebbe a causa dell’inflazione in rallentamento e del taglio dei tassi di interesse, mentre i tre ETF difensivi XLU (settore utilities), XLV (settore sanitario) e XLP (settore dei beni di prima necessità) registrerebbero performance neutrali, essendo settori a bassa volatilità e in grado di generare utili e fornire dividendi anche in condizioni economiche avverse. In caso di forte recessione, il portafoglio dovrebbe registrare performance neutrali-ribassiste: i tre ETF azionari sarebbero ribassisti (ma sovraperformerebbero al rialzo l’S&P500 visto il loro beta inferiore ad 1), colpiti dalla svendita di azioni a causa del clima di panico. La loro prestazione negativa sarebbe comunque bilanciata dalle prestazioni molto positive di TLT, ad alta duration, favorite da un massiccio taglio dei tassi di interesse.
FASE 2 DI MASSIMA CONTRAZIONE
Portafoglio ciclico: Durante la fase 2, il portafoglio ciclico raggiunge il suo massimo drawdown, sostenuto dalle politiche monetarie espansive tipiche di questa fase. Il Quantitative Easing (QE) della banca centrale contribuisce a rafforzare il prezzo delle obbligazioni corporate investment grade (LQD) e migliora il sentiment degli investitori che, con un atteggiamento cautamente positivo, iniziano gradualmente a reinvestire in asset ad alto rischio (XLY, XLK e HYG). L’ETF IEF è rialzista in questa fase, sostenuto da politiche monetarie espansive e bassi livelli di inflazione. In generale, il portafoglio si presenta neutrale durante questa fase, tendendo al ribasso nella prima metà (della fase 2) e al rialzo nella seconda metà.
Portafoglio difensivo: Il portafoglio difensivo mostra un andamento generalmente positivo durante la fase 2, grazie alle ottime performance di TLT (che rappresenta il 50% del portafoglio) e all’andamento neutrale dei settori difensivi.
FASE 3 DI RIPRESA ECONOMICA
Portafoglio ciclico: Durante questa fase, il portafoglio ciclico passa da un andamento neutrale a un trend rialzista. Grazie al sentiment positivo degli investitori, stimolato dalla ripresa economica e dall’aumento degli utili societari, gli ETF XLK e XLY, così come le obbligazioni high yield e quelle investment grade, registrano buone performance. Anche l’ETF IEF si comporta bene, sostenuto dalle politiche monetarie espansive e da bassi livelli di inflazione.
Portafoglio difensivo: Il portafoglio difensivo mantiene un trend rialzista anche durante la fase 3. L’ETF TLT continua a essere rialzista (più di IEF, data la sua maggiore duration) e i settori difensivi mostrano una rinnovata forza, sebbene siano meno rialzisti rispetto all’indice di riferimento S&P500.
FASE 4 DI ESPANSIONE ECONOMICA
• Portafoglio ciclico: Durante la fase 4, il portafoglio ciclico registra le sue migliori performance, con XLK, XLY e HYG in forte rialzo. Gli ETF che performano peggio in questo portafoglio sono IEF, ribassista a causa dell’aumento dell’inflazione e delle aspettative di rialzo dei tassi di interesse, e LQD, che è meno ribassista di IEF grazie al suo grado di rischio leggermente superiore
• Portafoglio difensivo: In questa fase, le performance del portafoglio difensivo passano da rialziste a neutrali-rialziste (o debolmente rialziste). Questo è dovuto al fatto che TLT subisce le stesse dinamiche di IEF, ma è più ribassista a causa della sua maggiore duration. I tre ETF difensivi sono rialzisti, ma in misura molto minore rispetto a XLY e XLK, poiché offrono rendimenti inferiori
FASE 5 DI MASSIMA ESPANSIONE
• Portafoglio ciclico: Durante la fase 5, il portafoglio ciclico presenta un andamento neutral-ribassista. Nella prima metà della fase, è neutral-rialzista grazie al rialzo di XLK e XLY, ma è frenato da LQD, IEF e HYG, che sono ribassisti a causa dell’inasprimento della politica monetaria. Nella seconda metà della fase diventa ribassista, principalmente a causa delle performance negative di tutti gli ETF, in particolare XLY e XLK, che iniziano a risentire dell’aumento del costo del denaro
• Portafoglio difensivo: Anche il portafoglio difensivo mostra un andamento neutral-ribassista in questa fase, ma si dimostra più resiliente rispetto al portafoglio ciclico. TLT registra prestazioni ribassiste, mentre XLV, XLP e XLU mantengono un andamento neutrale.
FASE 6 DI RALLENTAMENTO ECONOMICO
• Portafoglio ciclico: Durante questa fase, il portafoglio ciclico è ribassista, poiché tutti gli ETF che lo compongono sono in ribasso. Il sentiment degli investitori è di avversione al rischio e, di conseguenza, si verificano deflussi dai settori ad alto rischio come la tecnologia e i beni di consumo discrezionali, a causa dell’aumento dei tassi di interesse e del rallentamento degli utili societari. Tutti gli ETF obbligazionari performano male, colpiti dalla politica monetaria restrittiva. Tuttavia, il portafoglio ciclico è meno ribassista nella fase 6 rispetto alla fase 1, poiché il ribasso degli ETF ad alta volatilità (XLK e XLY) è moderato nella fase 6, mentre è più marcato nella fase 1.
• Portafoglio difensivo: La fase 6 è quella in cui si registra il massimo drawdown per il portafoglio difensivo. TLT è il principale responsabile del forte ribasso, mentre XLV, XLP e XLY sono moderatamente ribassisti, ma più forti rispetto a XLK e XLY.
Nella figura precedente, avrete notato che le prestazioni dei due portafogli sono state evidenziate con colori diversi: il rosso indica prestazioni negative, mentre il verde indica prestazioni positive. Entrambi i colori presentano diverse intensità per rappresentare l’intensità delle prestazioni rialziste o ribassiste dei due portafogli. Queste intensità sono espresse in percentuale. Questo metodo è stato utilizzato per fornirvi un ulteriore strumento capace di illustrare l’intensità delle prestazioni dei due portafogli:
• FASE 1
Ciclico: 75% rosso
Difensivo: 5% verde
• FASE 2
Ciclico: 5% verde
Difensivo: 35% verde
• FASE 3:
Ciclico: 50% verde
Difensivo: 75% verde
• FASE 4
Ciclico: 75% verde
Difensivo: 35% verde
• FASE 5
Ciclico e difensivo: 25% rosso
• FASE 6
Ciclico: 50% rosso
Difensivo: 75% rosso
A presto!
INVESTIMENTI 2024: I PORTAFOGLI ADATTI PER I POSSIBILI SCENARIBuongiorno.
L’analisi di oggi si propone di utilizzare l’approccio intermarket per creare due portafogli di investimento 50-50 (50% in azioni, 50% in obbligazioni). Questi portafogli sono pensati per due possibili scenari che potrebbero verificarsi nei primi mesi del 2024 negli Stati Uniti: un atterraggio morbido dell’economia o, al contrario, una recessione. I portafogli, che saranno illustrati di seguito, non considerano il rischio di cambio né le commissioni, e sono basati su ETF quotati negli Stati Uniti. Se desiderate informazioni su ticker e ISIN degli stessi ETF quotati sulla borsa italiana, non esitate a contattarmi. Vorrei sottolineare che queste non sono raccomandazioni di investimento, ma piuttosto un’applicazione pratica dei concetti che solitamente esprimo nelle mie analisi, stavolta applicati alla gestione di un portafoglio di investimento.
Buona lettura a tutti.
1. GLI INVESTITORI HANNO ASPETTATIVE DI ESPANSIONE ECONOMICA, RALLENTAMENTO DELL’INFLAZIONE E TAGLIO DEI TASSI DI INTERESSE
Il primo paragrafo dell’analisi sarà utile a comprendere le attuali aspettative degli investitori per i mesi a venire. Questo può essere fatto studiando tre diversi indici di sentiment: SPHB/SPLV, TIP/IEF e LQDH/LQD.
SPHB/SPLV è un indice che riflette le aspettative economiche. È composto dal numeratore “SPHB”, che replica il movimento dell’ETF Invesco S&P500 High Beta, e dal denominatore “SPLV”, che replica il movimento dell’ETF Invesco S&P500 Low Volatility.
L’interpretazione dell’indice di sentiment è la seguente:
• Quando le società ad alta volatilità sovraperformano quelle a bassa volatilità, l’indice sale, indicando che gli investitori hanno aspettative di crescita economica. Al contrario, quando le società a bassa volatilità sovraperformano quelle ad alta volatilità, gli investitori prevedono un rallentamento economico.
La figura successiva mostra l’andamento dell’indice dal 2020 ad oggi.
Le diverse tendenze dell’indice SPHB/SPLV. Grafico giornaliero
Ecco una descrizione della figura:
• Tra la fine del 2019 e marzo 2020, il mercato ha scontato una fase di recessione (fase 1), culminata con la massima contrazione di marzo 2020
• Tra marzo 2020 e l’anno successivo, il mercato ha scontato una fase di ripresa economica (fase 3), seguita da un’espansione (fase 4)
• Il periodo tra marzo 2021 e novembre 2021 è stato caratterizzato da incertezza, con l’indice in una fase di distribuzione, a causa delle aspettative di massima espansione economica (fase 5)
• Per tutto il 2022, le aspettative erano di un rallentamento economico, con SPLV che sovraperformava SPHB
• Dal 27 dicembre 2022, con alti e bassi, gli investitori scontano un’espansione economica o, se preferite, un soft landing
SPHB/SPLV è un ottimo indice di sentiment economico per i seguenti motivi:
• Quando gli investitori hanno aspettative di crescita economica, tendono a concentrare i loro capitali su asset ad alto rischio, tra cui le azioni delle società comprese all’interno di SPHB. Queste società sono considerate rischiose a causa della loro elevata volatilità, superiore a quella dell’S&P500. L’alto beta che presentano deriva da un rischio al quale esse sono soggette: la ciclicità dell’economia. Esse, infatti, tendono a registrare utili robusti in fase di espansione economica e utili in rallentamento in fasi economiche sfavorevoli
• Al contrario, quando gli investitori hanno aspettative di rallentamento economico, tendono a privilegiare asset a rischio più basso, tra cui le società a bassa volatilità, meno volatili rispetto all’S&P500. A differenza delle società cicliche, queste società non presentano il rischio ciclico dell’economia o, almeno, il loro rischio è più contenuto. Infatti, tendono a registrare utili costanti nel tempo, sia in fasi economiche favorevoli che sfavorevoli
Per questo motivo, quando la propensione al rischio degli investitori è guidata da aspettative di crescita economica, le società cicliche di SPHB sovraperformano quelle difensive di SPLV. Al contrario, quando il risk off è guidato da aspettative di rallentamento economico, le società difensive (che offrono anche alti dividendi) sovraperformano quelle cicliche.
Alcune figure rafforzano l’idea che SPHB/SPLV può essere utilizzato per misurare le aspettative economiche; infatti, come mostra la figura successiva, l’indice è positivamente correlato a un dato macroeconomico chiave: il PMI composito.
La correlazione positiva tra SPHB/SPLV e PMI composito statunitense. Grafico mensile
L’indice è anche positivamente correlato agli utili dell’S&P500.
La correlazione positiva tra SPHB/SPLV e utili dell’S&P500. Grafico mensile
La grafica precedente conferma che, quando gli utili sono in aumento, gli investitori tendono a favorire le società cicliche, che sono in grado di offrire rendimenti più alti rispetto alle società difensive. Gli utili del mercato azionario, a loro volta, sono direttamente correlati al ciclo economico, come mostrato nelle figure successive.
Il ciclo economico e quello degli utili societari
La correlazione positiva tra utili dell’S&P500 e PIL USA anno/anno. Grafico a 3 mesi
È importante notare che le società tendono a registrare profitti maggiori quando un altro indicatore macroeconomico chiave, la fiducia dei consumatori, mostra letture positive. Infatti, esiste una correlazione positiva tra questi due dati, come mostrato nella figura successiva.
La correlazione positiva tra utili dell’S&P500 e fiducia dei consumatori. Grafico mensile
Riassumendo tutti i concetti espressi fino a questo punto, possiamo affermare che:
• Più i consumatori sono fiduciosi, più è probabile che investano e spendano denaro in beni durevoli, non durevoli e servizi. Questo rafforza due variabili chiave del PIL: i consumi e gli investimenti. Queste spese e investimenti rafforzerebbero l’economia e gli utili delle società quotate, innescando una propensione al rischio da parte degli investitori che, di conseguenza, concentrerebbero i loro capitali su società cicliche. Al contrario, se la fiducia dei consumatori diminuisce, gli investitori tenderebbero a favorire le società difensive
TIP/IEF è l’indice sulle aspettative di inflazione, che misura la forza relativa tra due ETF obbligazionari:
• TIP, l’iShares TIPS Bond ETF, che replica il movimento di prezzo di obbligazioni del tesoro americano indicizzate al tasso di inflazione con scadenza media ponderata di 7.4 anni
• IEF, l’iShares 7-10 Year Treasury Bond ETF, che replica il prezzo di obbligazioni del tesoro americano con scadenze tra i 7 e i 10 anni
Il movimento dell’indice TIP/IEF riflette le aspettative degli investitori, che, attraverso l’acquisto e la vendita dei due ETF, esprimono il loro sentiment. In particolare:
• Se TIP sovraperforma IEF, il mercato ha aspettative di crescita dell’inflazione
• Al contrario, se IEF sovraperforma TIP, il mercato ha aspettative di disinflazione (rallentamento dell’inflazione)
Come illustrato nell’immagine successiva, l’indice di sentiment è positivamente correlato al consumer price index misurato anno su anno e tende spesso ad anticiparlo.
La correlazione positiva tra TIP/IEF e tasso di inflazione USA anno/anno. Grafico mensile
Osservando la figura successiva, vediamo che l’indice è in ribasso dal 19 ottobre 2023. Questo suggerisce che gli investitori prevedono che il tasso di inflazione continuerà a diminuire nei prossimi mesi, avvicinandosi alla soglia del 2%.
Gli investitori prevedono un rallentamento del tasso di inflazione. Grafico giornaliero
LQDH/LQD è un indice che riflette le aspettative sui tassi di interesse, misurando la forza relativa tra due ETF obbligazionari:
• LQDH, l’iShares Interest Rate Hedged Corporate Bond ETF, che replica il movimento di prezzo di obbligazioni societarie investment grade coperte dal rischio “tassi di interesse”
• LQD, l’iShares Investment Grade Corporate Bond ETF, che replica il prezzo delle stesse obbligazioni in LQDH, ma non coperte dal rischio tassi di interesse.
La lettura dell’indice è simile a quella di TIP/IEF:
• Se gli investitori prevedono una politica monetaria restrittiva, LQDH sovraperforma LQD e l’indice sale; al contrario, se gli stessi prevedono una politica monetaria espansiva, LQD sovraperforma LQDH e l’indice scende
Come mostrato nell’immagine successiva, l’indice di sentiment è positivamente correlato ai tassi di interesse della Federal Reserve.
La correlazione positiva tra LQDH/LQD e tassi di interesse della Federal Reserve. Grafico mensile
Dal 19 ottobre 2023, le aspettative degli investitori sono per un taglio dei tassi di interesse.
Gli investitori prevedono un taglio dei tassi di interesse. Grafico giornaliero
Scendendo più nel particolare, gli investitori prevedono tre tagli dei tassi di interesse di 25 punti base per il 2024 (per un totale di 75 punti base), rispettivamente a maggio, luglio e novembre.
Gli investitori prevedono il primo taglio di 25 bps il 1° maggio 2024. Fonte: FedWatchTool
Gli investitori prevedono il secondo taglio di 25 bps il 31 luglio 2024. Fonte: FedWatchTool
Gli investitori prevedono il terzo taglio di 25 bps il 7 novembre 2024. Fonte: FedWatchTool
Quindi, è stato evidenziato che gli investitori stanno anticipando un ritorno alla fase 4 del ciclo economico, caratterizzata da crescita economica, disinflazione e riduzioni dei tassi di interesse.
2. DUE PORTAFOGLI DI INVESTIMENTO 50-50: UNO CICLICO ED UNO DIFENSIVO
In questo paragrafo, cerchiamo di raggiungere l’obiettivo dell’analisi: creare due portafogli di investimento per i primi mesi del 2024 (primi 3-6 mesi) che dovrebbero offrire buone performance in due scenari economici diversi. Il primo scenario, un’espansione economica, è stato descritto nel paragrafo precedente. Il secondo scenario, una recessione, rappresenta l’esatto opposto del primo e, al momento, non è affatto previsto dal mercato.
Nel caso di un’espansione economica, il portafoglio mostrato nella figura successiva potrebbe essere una buona scelta: un portafoglio 50-50 ciclico.
Il portafoglio 50-50 ciclico
Ecco la ponderazione percentuale:
• 25% XLK (ETF sul settore tecnologico)
• 25% XLY (ETF sul settore dei beni ciclici)
• 16.6% IEF (ETF sui titoli di stato USA con scadenza tra i 7 e i 10 anni)
• 16.6% LQD (ETF sulle obbligazioni societarie investment grade)
• 16.6% HYG (ETF sulle obbligazioni societarie ad alto grado di rischio)
Ora esamineremo i motivi per cui sono stati selezionati gli ETF sopra menzionati:
• Come abbiamo visto, quando il mercato anticipa un’espansione economica, l’indice SPHB/SPLV tende ad essere rialzista. Come illustrato nella figura successiva, l’ETF SPHB è principalmente influenzato dal settore tecnologico e dal settore dei beni ciclici, che insieme rappresentano il 55.06% di questo ETF
La ponderazione settoriale dell’ETF SPHB. Fonte: Invesco
Pertanto, è ragionevole prevedere che questi due ETF possano registrare buone performance quando gli investitori anticipano una crescita economica, come dimostrato nelle due grafiche seguenti.
Le prestazioni del settore tecnologico quando SPHB sovraperforma SPLV. Grafico settimanale
Le prestazioni del settore dei beni ciclici quando SPHB sovraperforma SPLV. Grafico settimanale
Ora esaminiamo la parte rimanente del portafoglio, quella obbligazionaria. Potreste chiedervi perché non sono stati inclusi ETF obbligazionari governativi a lunga scadenza, come il noto “TLT”. Il motivo è illustrato nelle grafiche successive.
Partiamo dal presupposto che una crescita economica è tipicamente accompagnata da un aumento della fiducia dei consumatori. La loro domanda di beni e servizi è legata al tasso di inflazione: se aumenta, è ragionevole aspettarsi un aumento delle aspettative di inflazione.
Questo è dimostrato nella grafica successiva: le aspettative di crescita o decrescita economica sono sempre accompagnate da aspettative di aumento o rallentamento dell’indice dei prezzi al consumo.
La correlazione positiva tra SPHB/SPLV e TIP/IEF. Grafico settimanale
Ciò significa che, se gli investitori continuano a prevedere una crescita economica, a un certo punto (probabilmente) inizieranno a prevedere un aumento del tasso di inflazione. Se ciò dovesse accadere, TLT presenterebbe una performance negativa: il tasso di inflazione, infatti, rappresenta un rischio per le obbligazioni. Più esso aumenta, più gli interessi cedolari reali vengono erosi.
La correlazione negativa tra TIP/IEF e TLT. Grafico settimanale
Il motivo per cui sono stati inclusi due ETF su obbligazioni societarie è illustrato nelle due grafiche successive.
Quando gli investitori sono propensi al rischio, le obbligazioni societarie investment grade sovraperformano i titoli di stato. Grafico settimanale
Quando gli investitori sono propensi al rischio, le obbligazioni societarie high yield sovraperformano i titoli di stato. Grafico settimanale
Quando gli investitori sono propensi al rischio, tendono a investire i loro capitali in asset più rischiosi, tra cui le obbligazioni societarie, sia investment grade (leggermente più rischiose dei titoli di stato) che high yield (ancora più rischiose). Infatti, HYG e LQD sovraperformano i titoli di stato quando SPHB supera SPLV!
Un altro aspetto da considerare è che se ci si aspetta una crescita economica, ci si aspetta anche un aumento degli utili societari. Quando gli utili societari tendono ad aumentare, diminuisce la probabilità di default delle società e, per questo motivo, HYG e LQD tendono a performare bene. Questo è illustrato nella grafica successiva.
Quando gli utili societari tendono al rialzo, le probabilità di default delle società ad alto e basso grado di rischio (rappresentate dai due spread obbligazionari) tendono al ribasso. Grafico mensile
Non sono state scelte solo obbligazioni ad alto grado di rischio per una questione di diversificazione. Infatti, una diversificazione consapevole può contribuire a ridurre il rischio.
Ora, come mostrato nella figura seguente, presentiamo un portafoglio 50-50 difensivo, progettato per proteggere il capitale in contesti economico-finanziari caratterizzati da un atteggiamento di avversione al rischio, come una recessione.
Il portafoglio 50-50 difensivo
Ecco la ponderazione percentuale:
• 16.6% XLU (ETF sul settore delle utilities)
• 16.6% XLV (ETF sul settore sanitario)
• 16.6% XLP (ETF sul settore dei beni di prima necessità)
• 50% TLT (ETF su obbligazioni del tesoro americano a lunghe scadenze)
La scelta di XLU, XLV e XLP è semplice: come illustrato nella figura successiva, questi ETF sono i principali driver dell’ETF SPLV, contribuendo per il 60% al suo movimento.
La ponderazione settoriale dell’ETF SPLV. Fonte: Invesco
Il portafoglio dovrebbe comportarsi nel seguente modo:
• In caso di recessione, il mercato azionario avrebbe una performance negativa a causa della contrazione degli utili. Tuttavia, le società incluse negli ETF XLU, XLV e XLP, essendo difensive, dovrebbero avere una performance migliore del benchmark in quanto meno volatili (o, per l’appunto, a basso beta). D’altra parte, TLT dovrebbe avere un’ottima performance, essendo l’ETF tra quelli obbligazionari governativi con la più alta duration e, per lo stesso motivo, sarebbe quello a performare meglio in caso di taglio dei tassi
Le figure seguenti mostrano le prestazioni di tutti i componenti del portafoglio durante periodi di aspettative di rallentamento economico.
Le prestazioni del settore dei beni di prima necessità quando SPLV sovraperforma SPHB. Grafico settimanale
Le prestazioni del settore delle utilities quando SPLV sovraperforma SPHB. Grafico settimanale
Le prestazioni del settore sanitario quando SPLV sovraperforma SPHB. Grafico settimanale
Le prestazioni di TLT quando SPLV sovraperforma SPHB. Grafico settimanale
Nel prossimo paragrafo, esamineremo le prestazioni dei due portafogli dal 2012 ad oggi nelle fasi di risk on e risk off. Queste prestazioni saranno confrontate con quelle di un portafoglio 50-50 equilibrato, illustrato nella figura successiva, che è allocato con un 50% su SPY (ETF dell’S&P500) e un 50% su TLT.
Il portafoglio 50-50 equilibrato
Non ho presentato le metriche dei tre portafogli nel lungo periodo poiché l’obiettivo è capire come si comportano nelle fasi economiche favorevoli e non favorevoli, quindi in periodi di tempo più ristretti. Se desiderate vedere il loro comportamento dal 2008 ad oggi, potete commentare l’analisi nella sezione commenti in fondo alla pagina.
3. LE PRESTAZIONI DEL PORTAFOGLIO 50-50 CICLICO NELLE FASI DI RISK ON
Nelle figure successive, esamineremo le prestazioni del portafoglio ciclico rispetto a quelle del portafoglio equilibrato nelle fasi di risk on (quando SPHB/SPLV è rialzista) nei seguenti periodi:
• Giugno 2012 - Agosto 2014
• Febbraio 2016 - Giugno 2018
• Aprile 2020 - Novembre 2021
• Luglio 2022 - Ottobre 2023
Portafoglio ciclico vs portafoglio equilibrato nel periodo giugno 2012-agosto 2014
Portafoglio ciclico vs portafoglio equilibrato nel periodo giugno 2012-agosto 2014
Rendimenti annualizzati
Portafoglio ciclico vs portafoglio equilibrato nel periodo febbraio 2016-giugno 2018
Portafoglio ciclico vs portafoglio equilibrato nel periodo febbraio 2016-giugno 2018
Rendimenti annualizzati
Portafoglio ciclico vs portafoglio equilibrato nel periodo aprile 2020-novembre 2021
Portafoglio ciclico vs portafoglio equilibrato nel periodo aprile 2020-novembre 2021
Rendimenti annualizzati
Portafoglio ciclico vs portafoglio equilibrato nel periodo luglio 2022-ottobre 2023
Portafoglio ciclico vs portafoglio equilibrato nel periodo luglio 2022-ottobre 2023
Rendimenti annualizzati
È interessante notare come, nelle fasi di risk on, il portafoglio ciclico tenda a sovraperformare quello equilibrato. Se osserviamo i rendimenti annualizzati, c’è stato solo un anno (il 2014) in cui il portafoglio equilibrato ha registrato prestazioni migliori.
4. LE PRESTAZIONI DEL PORTAFOGLIO 50-50 DIFENSIVO NELLE FASI DI RISK OFF
Nelle figure successive, esamineremo le prestazioni del portafoglio difensivo rispetto a quelle del portafoglio equilibrato nelle fasi di risk off (quando SPHB/SPLV è ribassista) nei seguenti periodi:
• Settembre 2014 - Febbraio 2016
• Maggio 2018 – Marzo 2020
• Novembre 2021 – Giugno 2022
Portafoglio difensivo vs portafoglio equilibrato nel periodo settembre 2014-febbraio 2016
Portafoglio difensivo vs portafoglio equilibrato nel periodo settembre 2014-febbraio 2016
Rendimenti annualizzati
Portafoglio difensivo vs portafoglio equilibrato nel periodo maggio 2018-marzo 2020
Portafoglio difensivo vs portafoglio equilibrato nel periodo maggio 2018-marzo 2020
Rendimenti annualizzati
Portafoglio difensivo vs portafoglio equilibrato nel periodo novembre 2021-giugno 2022
Portafoglio difensivo vs portafoglio equilibrato nel periodo novembre 2021-giugno 2022
Rendimenti annualizzati
Nelle fasi di risk off, il portafoglio difensivo tenda a sovraperformare quello equilibrato. Se osserviamo i rendimenti annualizzati, c’è stato solo un anno (il 2019) in cui il portafoglio equilibrato ha registrato prestazioni migliori.
5. CONSIDERAZIONI FINALI
Per concludere l’analisi, vorrei fare alcune considerazioni finali:
• I due portafogli presentati sono poco diversificati e adatti solo a specifici contesti.
• Il portafoglio ciclico, in particolare, presenta un livello di rischio significativamente più alto rispetto al portafoglio difensivo. L’unico asset che fornisce una certa protezione è l’IEF, che però rappresenta solo il 16,6% del peso totale del portafoglio.
• Entrambi i portafogli potrebbero essere ottimizzati sostituendo alcuni ETF con altri.
A presto!
MARKET MOVERS - 47° SETTIMANA – RBA, CANADA E FOMC CI ACCOMPAGNA
Financial Markets Background
Settimane meno dense per i market movers che lasciano i mercati in un movimento di inerzia dopo i dati sull’inflazione USA. Ancora il dollaro resta in un completo stato di debolezza, a causa delle prospettive di tagli tassi che sembrano oramai alle porte del prossimo 2024, debolezza sostenuta da un chiaro risk on che domina gli altri comparti finanziari e che toglie al biglietto verde anche la possibilità di status rifugio.
La forza del comparto azionario prosegue, sempre più sostenuto da una stagionalità rialzista forte via via che si avvicina il termine dell’anno, e gli incoraggianti dati sull’inflazione Usa hanno donato fiducia agli investitori che credono in un’imminente cambio di rotta da parte della FED. Le trimestrali USA vanno alla conclusione, con un confermato rounding bottom che dona ora alle aziende Usa nuovo vigore, ancora supportate dal trend dell’AI che domina ancora la scena e che pone i riflettori sui dati prossimi di Nvidea.
la settimana che si apre oggi trova in calendario a partire da domani martedì gli incontri della RBA e del FOMC della FED, appuntamenti che potrebbero dare ancora tanta volatilità ai mercati, special modo il comparto valutario, se l’RBA dovesse aprire a nuovi rialzi tassi ed a politiche future ancora aggressive, mentre il FOMC dovesse dimostrarsi più accomodante, allora asset come audusd potrebbero vivere i primi segnali di un cambio strutturale del trend per il prossimo 2024.
La forza del dollaro potrebbe essere al tramonto e la ripartenza economica futura sarebbe il propellente per credere nelle veloci ed elastiche economie oceaniche, che tuttavia restano preda del rallentamento asiatico, dato da non sottovalutare.
In calendario ancora i dati sull’inflazione in Canada, che potrebbero confermare il trend di rallentamento mondiale dei prezzi ed offrire cosi una sponda di favore alle decisioni della BOC di non alzare ulteriormente il costo del denaro.
Ma passiamo ora in rassegna quali i principali market movers della prossima settimana:
Martedi 21 NOVEMBRE
- 01.30 RBA MEETING MINUTES
Preludio all’appuntamento chiave del 5 dicembre con la RBA, avremo le minute già martedi 21 novembre, minute che potrebbero dare preziose informazioni sulle prossime intenzioni della banca centrale australiana, ancora impegnata nella lotta contro l’inflazione dopo l’ultimo rialzo di 25Bp che ha messo in luce la volontà di ricorrere a misure più aggressive vista la resilienza dell’economia australiana. Gli operatori sperano di trovare ancora dichiarazioni hawkish che possano dare continuità ad un processo di gestione dell’inflazione e ristabilire cosi il potere di acquisto dei cittadini australiani e dare nuovo slancio al GDP del paese.
- 14.30 INFLATION RATE YOY CAD
L’inflazione mondiale sta rallentando , i dati americani hanno dato fiducia al precesso di rallentamento dell’inflazione e dora anche in Canada , ci si attende un rallentamento dal +3.8% al +3.2% del dato generale a conferma del trend mondiale e a sostegno delle scelte della BOC di non alzare ulteriormente il costo del denaro in attesa che l’economia reale risponda ai rialzi già messi in campo sino ad oggi.
- 20.00 FOMC minutes USA
Attese le minute del FOMC FED che ci traghetteranno fino al 13 dicembre, data dell’ultima riunione della FED per questo 2023. Le speranze per i mercati sono di poter trovare supporto alla teoria dei primi tagli tassi nella metà del 2024, con la prospettiva di un’economia ancora robusta che possa portare al tanto sperato soft landing. Se il FOMC dovesse confermare degli outlook postivi per il 2024 , con una crescita stabile ed un calo dell’inflazione, si potrebbe alimentare l’attuale sentiment di risk on e generare fiducia nella prossima riunione FED.
Mercoledì 22 NOVEMBRE
- 14.30 DURABLE GOODS ORDERS
Lettura per gli States dei nuovi ordini di beni durevoli, lettura che potrebbe dare chiarimenti sul futuro stato dell’economia USA, che sebbene stia per ora reggendo l’impatto con i rialzi tassi della FED potrebbe tuttavia subire nel prossimo 2024 una battuta di arresto . le aspettative sono per un -3.2% MoM rispetto allo scorso +4.7% segnale di potenziale rallentamento che darebbe tuttavia sponda a rientri ulteriori dell’inflazione futura.
Giovedì 23 novembre
- 09.30 PMI FLASH MANIFACTURING
Riprendono le pubblicazioni sui PMI e questa volta ancora dato rilevante per la Germania che sta dando luce alla fragilità del tessuto economico europeo. La Germania sta subendo ora il rallentato del partner asiatico, rallentamento che penalizza le esportazioni e quindi la produzione manifatturiera. Gli ultimi dati si erano attestati ad un +40.8% e le previsioni ora sono per un leggero rimbalzo a 41.2% il che lascerebbe l’economia tedesca ancora ferma nella zona di rallentamento economico.
Venerdì 24 NOVEMBRE
- 00.30 INFLATION RATE YoY GIAPPONE
Occhi ancora puntati sull’economia asiatica ,con il Giappone che vive un’inflazione al 3% ma senza poter parlare ancora di vera crescita della domanda, ma solo di un’inflazione importata da uno yen in caduta libera. L’economia ancora debole, e la lenta ripartenza della domanda interna unita alle incertezze sulle economie occidentali, lasciano ancora la BOJ improntata a politiche accomodanti che non sostengono lo yen. Unica speranza per trovare un cambio nelle politiche monetarie della BOJ sarebbe l’esplosione dell’inflazione
Buon Trading
Salvatore Bilotta
Strategie di TREND FOLLOWING: come rendere "operativo" VWOB/IEFBuongiorno a tutti. L’analisi di oggi mira a dimostrare come un indice di sentiment possa essere applicato in un contesto operativo, in particolare come indicatore per le strategie di trend following. L’indicatore in questione è VWOB/IEF, di cui ho discusso nelle mie due ultime analisi, disponibili ai link seguenti.
Se avete domande o se qualche concetto non è chiaro, non esitate a lasciare un commento. Buona lettura!
1. VWOB/IEF È UN INDICE DI SENTIMENT SULL’ECONOMIA GLOBALE
Iniziamo il primo paragrafo con un breve riassunto sull’indice di sentiment VWOB/IEF: si tratta di un indice di forza che si ottiene dividendo il prezzo di un ETF, composto da obbligazioni governative emesse da vari Paesi emergenti (VWOB), per il prezzo di un ETF composto da obbligazioni governative emesse dagli Stati Uniti d’America (IEF). La differenza tra i due ETF risiede nel diverso grado di rischio: il VWOB presenta un rischio maggiore, mentre l’IEF un rischio minore, dato che circa il 45% dei bond nel VWOB ha un rating speculativo, inferiore alla tripla B, mentre il 100% dei bond nell’IEF ha un rating investment grade, pari alla doppia A.
Come abbiamo spiegato nell’analisi precedente, l’indice è importante perché misura le aspettative degli investitori sull’economia globale, essendo fortemente correlato al PMI composito globale, come illustrato nel grafico successivo.
La correlazione positiva tra l’indice di sentiment VWOB/IEF e il PMI composito globale. Grafico mensile
Dal grafico, si può notare che un indice VWOB/IEF in rialzo indica aspettative di crescita economica, mentre un indice in ribasso indica aspettative di decrescita economica. Di recente, l’indice si è mantenuto in territorio rialzista, segno di aspettative positive da parte degli investitori. In particolare, dal 9 ottobre 2023, l’indice ha mostrato un nuovo impulso rialzista, suggerendo che, al momento, gli operatori di mercato non prevedono una recessione imminente.
VWOB/IEF è rialzista: gli investitori non intravedono una recessione all’orizzonte. Grafico giornaliero
2. VWOB/IEF E MERCATO AZIONARIO GLOBALE
Nell’analisi precedente, abbiamo specificato che le fasi di crescita economica sono conosciute come fasi di “risk on”, in cui gli investitori sono più disposti a correre rischi. Al contrario, le fasi di decrescita economica sono chiamate fasi di “risk off”, in cui gli investitori, avendo un’avversione al rischio, tendono a investire in asset che possono proteggere il loro capitale. Di conseguenza, quando l’indice VWOB/IEF e la propensione al rischio aumentano, dovrebbe aumentare anche il mercato azionario, poiché è considerato l’asset class più rischiosa. Questo concetto è confermato dal grafico successivo, che mostra una correlazione positiva tra l’indice e l’iShares MSCI World Index Fund, dal ticker “URTH”.
La correlazione positiva tra VWOB/IEF e iShares MSCI World Index Fund (URTH). Grafico settimanale
La correlazione positiva tra l’indice azionario e l’indice di sentiment può essere facilmente spiegata:
• Quando l’economia cresce, la domanda e i consumi dei consumatori tendono ad aumentare. Questo incremento della spesa porta le aziende a registrare un aumento dei volumi di vendita, che si traduce in un aumento degli utili societari. Man mano che gli utili delle aziende si rafforzano, queste diventano più attraenti per gli investitori. Di conseguenza, gli investitori tendono ad acquistare azioni di queste aziende, causando un aumento del prezzo delle loro azioni sul mercato borsistico
Per coloro che si domandano perché ho citato il noto MSCI World invece dell’S&P500 o dello STOXX 600, la ragione è che stiamo discutendo di “economia globale” e, per rimanere in tema, ho scelto un indice azionario globale. Tuttavia, è importante ricordare che investire nell’MSCI World significa investire in un indice che è composto per il 70% da società statunitensi, come confermato dal grafico successivo.
Ponderazione geografica dell’ETF iShares MSCI World. Fonte: iShares
3. VWOB/IEF E SETTORI AZIONARI GLOBALI
Quindi, abbiamo osservato che un aumento dell’indice VWOB/IEF corrisponde a un rafforzamento del mercato azionario globale. Tuttavia, è importante notare che questo mercato è tipicamente suddiviso in 11 settori, in particolare quelli ciclici, i cui utili sono strettamente legati alle condizioni economiche, e quelli non ciclici, i cui utili non dipendono dalla fase specifica del ciclo economico.
Ciò significa che, quando l’indice VWOB/IEF è in rialzo, i settori ciclici (come i consumi discrezionali, la tecnologia e i materiali di base) tendono a essere più forti rispetto ai settori difensivi (come i beni di prima necessità). Questo concetto è illustrato nelle tre grafiche seguenti.
La correlazione positiva tra VWOB/IEF e RXI/KXI (MSCI World beni discrezionali/MSCI World beni di prima necessità). Grafico settimanale
La correlazione positiva tra VWOB/IEF e IXN/KXI (MSCI World Tech/MSCI World beni di prima necessità). Grafico settimanale
La correlazione positiva tra VWOB/IEF e MXI/KXI (MSCI World materiali di base/MSCI World beni di prima necessità). Grafico settimanale
Le grafiche illustrate precedentemente evidenziano un aspetto fondamentale: quando gli investitori prevedono una crescita economica, tendono a concentrarsi sugli acquisti di asset class rischiose, come il mercato azionario. In particolare, si concentrano sui settori ciclici, che hanno la capacità di sovraperformare i settori difensivi in un contesto definito di “risk on”.
4. STRATEGIE DI TREND FOLLOWING: COME RENDERE OPERATIVO UN INDICE DI SENTIMENT
L’indice di sentiment VWOB/IEF può essere impiegato come indicatore operativo per le strategie di trend following, cioè come un indice che guida le nostre decisioni di trading o investimento.
Abbiamo precedentemente osservato che, quando VWOB/IEF è in rialzo, i settori ciclici come RXI tendono a fornire buone performance. Tuttavia, il settore globale dei consumi discrezionali è in ribasso nell’ultimo periodo, in particolare dal 14 luglio. Potremmo quindi pensare di cercare operazioni short? La risposta è no, poiché l’indice di sentiment suggerisce aspettative di crescita economica (dato che è in rialzo). Potremmo quindi attendere un segnale tecnico di inversione di tendenza di breve termine su RXI, come un modello testa e spalle, e poi entrare ipoteticamente in acquisto al re-test della presunta neckline (a condizione che VWOB/IEF rimanga in tendenza rialzista); tutto questo è mostrato nell’ipotesi della figura successiva.
Ipotesi 1. Grafico giornaliero
Osserviamo ora la figura successiva:
Ipotesi 2. Grafico giornaliero
Supponiamo che l’indice VWOB/IEF, dopo aver mostrato un impulso rialzista, inizi una fase di lateralizzazione. In questo scenario, non fornirebbe segnali long su RXI. Il primo segnale di acquisto potrebbe presentarsi con il breakout rialzista del rettangolo di consolidamento. Tuttavia, potremmo decidere di non aprire alcuna posizione long su RXI, ma di considerare il movimento come un avviso. Un’ipotetica prima entrata su RXI potrebbe avvenire al secondo segnale long ricevuto, a condizione che anche RXI fornisca un segnale di entrata! Un terzo segnale long rappresenterebbe un ulteriore avviso, mentre al quarto segnale potremmo decidere di aprire una nuova operazione long, e così via, seguendo una strategia di trend following.
Concludiamo dicendo che l’indice VWOB/IEF può essere utile non solo per studiare le aspettative degli investitori riguardo al ciclo economico, ma anche per identificare opportunità di acquisto o vendita su asset correlati, come RXI. Può essere utile anche per gestire le emozioni; immaginate che un’operazione inizi a non andare come previsto: in quel momento potreste essere assaliti dall’ansia di aver commesso un errore. Tuttavia, se l’indice di sentiment è a vostro “favore”, potreste ritenere di aver individuato il contesto giusto in cui l’asset scelto per la vostra operazione dovrebbe performare bene. In questo caso, avendo una certezza in più, avrete una preoccupazione in meno e potrete gestire le operazioni in modo più razionale.
A presto!
ANALISI GBP/USDEsaminando il grafico settimanale di GBP/USD, emerge uno scenario intrigante. Dopo un periodo di accumulo dal 2009 al 2015, il prezzo ha ceduto, toccando zona 1.19000. Tuttavia, l'impulso mancava della forza necessaria per generare nuovi minimi strutturali, dando vita a una fase di accumulo durata dal 2016 al 2021. Nel 2022, si è manifestata una spinta ribassista decisa, provocando la rottura del canale precedentemente menzionato. Nonostante ciò, il prezzo è stato respinto intorno a 1.05100, in prossimità di una resistenza chiave. Questo ha indotto il prezzo a cercare liquidità al rialzo, seguito da un rifiuto a 1.30800 e una possibile continuazione ribassista.
Allontanandoci dai timeframe settimanali e virando verso quelli giornalieri, approfondiamo l'analisi del movimento rialzista iniziato il 26 Set '22. In questa prospettiva, diventa evidente che, nel tentativo di cercare liquidità al rialzo, il prezzo ha lasciato dietro di sé numerosi ordini non eseguiti e diverse zone di liquidità, che presumibilmente saranno toccate nel medio-lungo periodo.
Infine spostandoci sul timeframe H4 e analizzando il movimento ribassista iniziato l'6 Nov '23. Attraverso un'analisi volumetrica, noi di NFA abbiamo identificato due zone di vuoto volumetrico intriganti, dove il prezzo potrebbe cercare liquidità per poi continuare il ribasso (vedi grafico), in linea con la Bias principale.
Dopo aver completato l'analisi tecnica dell'asset, spostiamo l'attenzione sull'analisi macroeconomica. Il dollaro ha mostrato una tendenza al ribasso per oltre una settimana a seguito delle dichiarazioni molto accomodanti di Powell, un mercato del lavoro più debole rispetto ai mesi precedenti e un calo della fiducia dei consumatori. Nel Regno Unito, il PIL è risultato al di sotto delle aspettative, mentre l'inflazione continua a persistere.
La prossima settimana sarà decisiva in quanto verranno rilasciati i dati sull'inflazione di entrambi i paesi (CPI e PPI). Questi dati forniranno chiarezza sulle mosse delle rispettive banche centrali. Se l'inflazione negli Stati Uniti dovesse rimanere persistentemente alta (con l'inflazione core probabilmente ancorata al 4.1%), potremmo vedere un rialzo dei tassi nella riunione di gennaio (con il 26% di possibilità). Tuttavia, se l'inflazione iniziasse a calmarsi, seguendo la tendenza dell'eurozona, la Fed potrebbe adottare un approccio molto più accomodante.
Crediamo che la Fed non ripeterà gli errori degli anni '70, trascurando l'importante nemico dell'inflazione. Siamo certi che un taglio dei tassi non avverrà prima del terzo trimestre del prossimo anno. Inoltre, il sentimento di mercato evidenzia una forte fiducia nelle prospettive economiche future. I rendimenti obbligazionari di mercati più rischiosi, come quelli dei paesi emergenti, superano notevolmente quelli americani, indicando un'ottica 'risk on' e prospettive di non recessione futura.
In sintesi, attendiamo i dati sull'inflazione per aprire posizioni short verso zone di discount, in previsione di una prospettiva di lungo termine dettata da un probabile taglio dei tassi della Fed nel terzo trimestre e da un'aspettativa di un favorevole clima economico per gli indici azionari. Seguiremo attentamente l'ottica istituzionale 'risk on', mantenendo un'attenzione particolare sull'inflazione per ottimizzare le operazioni.
Gli investitori NON prevedono una recessione globaleBuongiorno a tutti. L’obiettivo dell’analisi è quello di presentare un grafico, specificamente un indice di forza, per dimostrare che, al momento, gli investitori non prevedono una recessione all’orizzonte. Questa analisi è un’estensione dell’ultima condivisa, che potete trovare al link:
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Buona lettura a tutti e, in caso di domande, non esitate a lasciare un commento.
1. LA DIFFERENZA TRA OBBLIGAZIONI STATUNITENSI E DEI MERCATI EMERGENTI
Nell’ultimo paragrafo dell’analisi precedente, abbiamo esaminato le differenze tra le obbligazioni governative statunitensi, rappresentate dall’ETF di iShares con ticker “IEF”, e quelle dei mercati emergenti, rappresentate dall’ETF di Vanguard con ticker “VWOB”. La principale differenza tra questi due ETF risiede nella qualità del credito: tutte le obbligazioni nell’ETF IEF hanno un rating AA (doppia A), mentre il 44,9% delle obbligazioni nell’ETF VWOB ha un rating speculativo, inferiore alla BBB (tripla B).
I titoli a basso rischio vengono generalmente acquistati in periodi economici sfavorevoli (fasi di “risk off”), poiché offrono una protezione del capitale degli investitori. Non a caso, i titoli del tesoro americano sono considerati beni rifugio. Al contrario, i titoli ad alto rischio vengono acquistati in periodi economici favorevoli (fasi di “risk on”), poiché offrono rendimenti più elevati.
Questo concetto è illustrato nelle due grafiche seguenti, che mostrano la correlazione tra i due ETF e l’indice PMI composito globale (che include i settori manifatturiero e dei servizi). Questo dato macroeconomico è in grado di riflettere la forza dell’economia mondiale.
Le obbligazioni governative dei mercati emergenti tendono ad apprezzarsi in contesti economici favorevoli, di risk on. Grafico mensile
Le obbligazioni governative statunitensi tendono ad apprezzarsi in contesti economici non favorevoli, di risk off. Grafico mensile
2. I LIMITI DEL DATO MACROECOMICO E LA POTENZIALITA’ DELL’INDICE VWOB/IEF
Sebbene i dati macroeconomici siano affidabili, presentano un limite: vengono comunicati solo mensilmente. È noto che, nel breve termine, i mercati possono cambiare rapidamente le loro previsioni per i mesi successivi. Prendiamo ad esempio le numerose tematiche che si sono susseguite negli ultimi due anni negli Stati Uniti: un mese il mercato saliva prezzando una FED meno aggressiva, mentre il mese successivo prezzando un soft landing; il mese successivo scendeva scontando una recessione e la settimana successiva perché prevedeva che i tassi di interesse sarebbero rimasti alti per un periodo più lungo.
Il limite di un dato macroeconomico risiede proprio in questo: non è in grado di catturare tempestivamente il sentiment del mercato. Un altro aspetto da considerare è che l’indice PMI riflette il sentiment dei direttori degli acquisti.
Pertanto, c’è la necessità di costruire un indice di sentiment che possa catturare tempestivamente le emozioni degli investitori. Questo indice è rappresentato dal rapporto VWOB/IEF, che descriveremo ora.
Questo indice si basa sulle operazioni di acquisto e vendita delle obbligazioni dei due ETF, riflettendo così le aspettative del mercato. In particolare:
• Se VWOB sovraperforma IEF, l’indice di forza sale, indicando che il mercato prevede condizioni economiche positive
• Al contrario, se IEF sovraperforma VWOB, il mercato si rifugia in obbligazioni più sicure rispetto a quelle rischiose, poiché prevede condizioni economiche negative
La validità di questo indice di sentiment è confermata dalla correlazione positiva che si può osservare nel grafico seguente, che lo confronta con l’indice PMI composito globale.ù
La correlazione positiva tra l’indice di sentiment VWOB/IEF e il PMI composito globale. Grafico mensile
Un’ulteriore validazione della sua efficacia è la correlazione positiva che mostra con un altro indice ampiamente utilizzato dagli operatori per valutare la salute dell’economia globale: il rapporto rame/oro.
La correlazione positiva tra l’indice di sentiment VWOB/IEF e copper/gold ratio. Grafico settimanale
3. GLI INVESTITORI NON PREVEDONO UNA RECESSIONE GLOBALE
Osserviamo nella grafica successiva l’indice VWOB/IEF:
Analisi tecnica VWOB/IEF. Grafico giornaliero
Dopo il crollo dei mercati nel 2020, gli investitori hanno anticipato una ripresa economica seguita da un’espansione. Tuttavia, a partire dal picco del 25 giugno 2021, la situazione è cambiata: le obbligazioni più sicure hanno iniziato a superare quelle ad alto rischio, segnalando le aspettative del mercato di un rallentamento economico che, in effetti, si è verificato. Il 14 luglio 2022 c’è stato un nuovo cambio di scenario, con l’indice di sentiment che è diventato rialzista, indicando aspettative di crescita economica.
E cosa prevedono i mercati oggi? Lo scopriremo nella prossima grafica.
VWOB/IEF è rialzista: gli investitori non intravedono una recessione all’orizzonte. Grafico giornaliero
L’indice ha mostrato un trend rialzista dal 14 maggio 2023, nonostante abbia raggiunto un picco relativo il 31 luglio prima di ritracciare. Questo ritracciamento ha trovato un minimo tra i livelli di Fibonacci 0.38 e 0.618; da quel minimo, raggiunto il 9 ottobre 2023, l’indice è rimbalzato al rialzo.
Possiamo quindi affermare che, al momento, gli investitori non prevedono una recessione globale all’orizzonte. Questa aspettativa potrebbe cambiare se l’indice dovesse rompere al ribasso il minimo precedente e, successivamente, il livello 0.618; se invece dovesse tornare ai valori del 31 luglio e superarli al rialzo, avremmo una ulteriore conferma della propensione al rischio degli investitori.
E voi, cosa ne pensate? Avete un’opinione diversa? Fatemelo sapere nei commenti.
Se desiderate che implementi questo indice di sentiment in un’ottica di investimento, non esitate a contattarmi.
A presto!
MARKET MOVERS - 46° SETTIMANA – L’INFLAZIONE USA DIRà CHI HA RAG
Financial Markets Backgroun d
I timori di una recessione non sembrano scalfire il comparto azionario americano, che continua il suo mood rialzista partito ad inizio novembre. Non pochi i segnali che dovrebbero porre ostacolo all’attuale price action, a partire da Powell che nelle sue dichiarazioni al FMI della scorsa settimana ha ribadito la necessità di mantenere politiche monetarie aggressive ancora per lungo tempo e che se si dovesse rendere necessario saranno pronti a nuovi rialzi del costo del denaro. Ancora un segnale negativo arriva dalle aste sui 30y USA che non trovano domanda, a fronte dei un’offerta che negli anni trascorsi poteva forse sembrare povera, lasciando trapelare i timori degli investitori sulla solidità del debito USA che fino ad oggi potremmo definire uno degli asset più solidi del panorama mondiale. Tuttavia resta il fatto che i grando compratori di debito USA sembrano scomparsi e l’asta si conclude con una ampia coda, costringendo di fatto ad un rialzo dei tassi di interesse proposti all’apertura d’asta per convincere gli investitori che ugualmente non hanno soddisfatto l’offerta , costringendo diverse banche ad un acquisto forzato.
A concludere il quadro ci pensano gli istituti di rating , ultimo a dare giudizio è stato Moody’S che ha declassato il debito USA , passandolo a negativo , proprio per l’elevato rapporto Pil/debito che in un’ambiente di alti tassi di interesse sembra pesare grandemente sulle sorti dell’economia USA.
Ma gli operatori sembrano fiduciosi, guardano con speranza ai prossimi dati sull’inflazione previsti per la prossima settimana e si confida in ulteriori rientri dei prezzi al consumo nelle sue varie declinazioni, ponendo basi per rapidi cambi di rotta nelle decisioni di politica monetaria della FED a smentire il pessimismo espresso da Powell. Due quindi gli scenari che possono presentarsi la prossima settimana sui mercati: il primo vede un’inflazione ancora alta e vischiosa nelle sue varie declinazioni , con attenzione particolare ai dati core, il che porterebbe con se un’ondata di pessimismo e a potenziali storni , tecnicamente dovuti, sui listini USA con un conseguente risk off diffuso; il secondo vede un’inflazione che conferma un importante rallentamento , in linea con le aspettative se non migliori, allora il risk on prenderà quota e tutte le tematiche atte ad essere propellente rialzista entrerebbero in campo come il “rally di Natale” che tutti aspettano e tutti sembrano impazienti di comprare.
Ma passiamo ora in rassegna quali i principali market movers della prossima settimana:
Martedi 14 NOVEMBRE
- 14.30 INFLATION RATE YOY USA
Le aspettative sono per i dati Core, di un outlook stabile al +0.3% MoM e di un +4.1% YoY a dimostrazione che l’inflazione si dimostrerà più vischiosa del previsto dando cosi ragione alle prospettive di Powell e alla necessità di mantenere tassi alti più a lungo.
Per i dati che inglobano Food ed Energy si guarda ad un calo dal +0.4% MoM al +0.1% MoM , mentre Yoy si spera in un calo dal precedente 3.7% , ma resta alto il livello di incertezza su questo dato.
Mercoledì 15 NOVEMBRE
- 00:50 GDP GIAPPONE
Da non sottovalutare i dati sul PIL giapponese che a causa di un profondo rallentamento dell’economia asiatica si proietta a dati negativi, con un calo sul dato annuale dal +4.8% al -0.6%, anche il QoQ si proietta al -0.1% dal precedente 1.2%, dati che potrebbero innescare ancora un sentiment di risk off sugli asset asiatici
- 03:00 INDUSTRIAL PRODUCTION YoY CINA
Fermo il focus per i paesi asiatici e dopo i dati sul Giappone si passa alla produzione industriale cinese che ancora si prevede in leggero calo rispetto ai dati precedenti con un passaggio da +4.5% al +4.3% YoY , un dato che se confermato potrebbe dare ancora un segnale di profonda debolezza per l’economia cinese e Mondiale.
- 08.00 INFLATION RATE YoY UK
Sempre l’inflazione al centro delle aspettative degli investitori, che per il Regno Unito sperano in un forte rientro della corsa dei prezzi , che resta oggi in UK la pià altra del gruppo dei G10. Le aspettative sono per un +4.8% rispetto al precedente 6.7% il che potrebbe dare un respiro di sollievo alla BOE e sostenere la sua ultima decisione di non alzare ulteriormente il costo del denaro.
Venerdì 17 NOVEMBRE
- 08.00 RETAIL SALES UK MoM
Ancora il Regno Unito sotto la lente , questa volta pe rle vendite al dettaglio che potrebbero dare un quadro più completo dello stato di salute della domanda aggregata e delle possibilità di un rallentamento della domanda interna. Le aspettative sono per un +0.3% rispetto al precedente -0.9% .
Buon Trading
Salvatore Bilotta
Analisi SP500E’ interessante notare come l’andamento dell’SP 500, dai massimi di gennaio 2022, può essere più correlato alla riduzione del bilancio del FED che all’andamento del USIRYY (Us Inlaon Rate), che è rimasto in range tra il 2000 e il 2020 tra l’1% e il 4% e l’estensione oltre i max e i minimi di questo range hanno caraterizzato la crisi dei mutui sub prime (2007-2008), crisi del debito sovrano UE (2012-2014), covid 2020. Dai minimi del covid 2020 (0.08%) l’Inflaon Rate è stato spinto al rialzo rompendo la soglia psicologia del 5% (max della crisi 2008) e poi oltre i massimi ventennali toccando i 9.1%. Parallelamente i rendimen sui US10Y hanno oscillato dal doppio massimo del 2006-2007 circa 5.16% al minimo circa del 1.42% con un estensione al minimo storico dello 0.533% di luglio 2020, che ha coinciso con il ritracciamento di oltre il 75% dell’SP500 dai minimi del Covid 2020 (fig.1). Con il forte trend rialzista dal luglio 2020 ai massimi di gennaio del 2022 che ha visto passare l’SP500 dai circa 2174 (minimo del Covid) ai 4808 con un crescita del 121% dai minimi e del 34% dai preceden massimi storici e un aumento della capitalizzazione totale a circa 33 Trillioni di dollari. L’aumento della capitalizzazione e dei valori dell’SP500 è coinciso con il violento aumento del bilancio della FED, che ha visto triplicare il totale degli asset, dalla media del quinquennio 2014-2019, sfiorando circa gli 9 trilioni di dollari. Il periodo di QE (quantave easing) dal 2014 al 2019 ha visto il tasso della FED costante tra lo 0.25% e il 2.50%, da notare come l’inizio della riduzione del bilancio della FED QT (quantave thtening) tra il 2017 e il 2018 ha innescato una correzione dell’SP500 e un aumento del 50% dei rendimen US10Y, che ha costreto la FED a ridurre nuovamente i tassi Con un inflazione alle stelle e un budget fuori controllo la FED si è trovata costreta ad aumentare i tassi velocemente e repennamente, innescando cosi un discesa dell’SP500 del 20% con il botom ad otobre 2022, da lì il mercato sembra essere riparto nel corso 2023 con un senment RISK ON ma se correliamo il senment di mercato all’andamento dei rendimen sui US10Y. Noamo come siano quasi inversamente proporzionale e che atualmente l’SP500 e il senment in generale si trovi ad un bivio dove un’esplosione dei rendimen, sopra al 5%, potrebbe spingere ulteriormente l’indice al ribasso, con un test fondamentale ai 3750 (se dovesse tornarci) e che se roto potrebbe innescare violente vendite e un senment di RISK OFF. Ma nel fratempo dei rendimen troppo eleva potrebbero indure la FED ad allentamento della polica monetaria per sostenere anche un costo di rifinanziamento minore del debito americano, con un conseguente recupero dell’indice ai massimi storici. Questa condizione và intrecciata con altri fatori macro (inflazione, PIL, disoccupazione, quesoni geopoliche), pertanto saranno sempre più fondamentali i prossimi incontri della FED
LA LOGICA DIETRO AL CROLLO DEL SETTORE UTILITIESLe società che forniscono servizi di pubblica utilità (come elettricità, gas e acqua) appartengono a quello definito “settore delle utilities”. Come mostra la figura successiva, aggiornata al 16 ottobre, esso è il peggiore degli 11 settori dell’S&P500 da inizio anno.
Prestazioni da inizio anno degli 11 settori dell’S&P500 (al 16 ottobre). Fonte: Finviz.com
Qual è il motivo?
Buongiorno a tutti. L’obiettivo di questa analisi è di concentrarci sul settore delle utilities, allo scopo di esaminare le ragioni delle sue scarse performance. Gli argomenti principali che affronterò sono:
• Il settore delle utilities
• L’indice di forza XLU/SPY
• L’indice di forza TLT/IEI e il concetto di duration
• D/E, ovvero il rapporto debito/patrimonio netto
Buona lettura!
1. ANALISI TECNICA SETTORE DELLE UTILITIES
Analisi tecnica del settore delle utilities (aggiornata al 16 ottobre); l’ETF in questione è l’utilities select sector SPRD. Grafico giornaliero
La grafica in questione analizza l’andamento giornaliero del prezzo dell’ETF “XLU”. Il 12 settembre 2022, il prezzo ha toccato un massimo storico a 78.22$, per poi subire un calo del 22.61% che ha raggiunto il suo punto più basso il 13 ottobre 2022, a 60.35$. Nei due mesi successivi, il settore ha mostrato segni di ripresa, culminando con un massimo relativo registrato il 13 dicembre 2022. Da allora, l’andamento del prezzo tra una trendline dinamica ribassista e un supporto statico ha delineato una tendenza al ribasso, con entrambe le strutture di prezzo che sono state testate più volte (come evidenziato nella grafica precedente dai piccoli cerchi rossi e gialli). A partire dal 26 luglio, dopo un falso breakout il 15 agosto e un successivo breakout effettivo il 21 settembre, il prezzo ha subito un altro calo del 20.7%. Nelle ultime sessioni, sembra che il prezzo stia cercando di ritestare la resistenza tratteggiata in rosso, che coincide con il minimo del 13 ottobre 2022.
2. SETTORE UTILITIES VS S&P500
L’analisi tecnica evidenzia una notevole fragilità nel settore delle utilities. Un metodo alternativo per valutare la forza o debolezza di un settore azionario consiste nel confrontarlo con il suo benchmark di riferimento (S&P500) utilizzando un rapporto o indice di forza, come illustrato nel grafico seguente:
L’indice di forza tra settore utilities ed S&P500 (XLU/SPY). Grafico giornaliero
Nel rapporto, il settore è al numeratore e il benchmark al denominatore:
• Se il settore sovraperforma il benchmark, l’indice di forza sale; al contrario, scende
Dal 23 settembre 2022, il benchmark ha dimostrato una forza superiore rispetto al settore.
Nella grafica è interessante notare tre trendline dinamiche ribassiste di colori e pendenze diverse. Queste indicano che:
• Il benchmark ha iniziato a mostrare una forza superiore a partire dal 23 settembre; questa forza è aumentata il 28 dicembre 2022 e ha avuto un ulteriore incremento il 25 aprile 2023
Tuttavia, questo non dovrebbe sorprendere: dopo tutto, l’S&P500 ha iniziato un trend rialzista dall’inizio del quarto trimestre del 2022. Ciò che invece merita una riflessione è l’ultimo periodo, illustrato nel grafico successivo, a partire dal 27 luglio.
Dal 27 luglio 2023 l’S&P500 sovraperforma il settore delle utilities nonostante la condizione di risk-off sui mercati. Grafico giornaliero
Cercherò ora di essere più chiaro. Si osservi la grafica successiva:
La correlazione positiva tra XLU/SPY e VIX. Grafico settimanale
In genere, nei periodi di “risk off” dei mercati, quando il VIX (e quindi la paura degli investitori) aumenta, il settore delle utilities tende a sovraperformare l’S&P500. Questo perché è un settore difensivo, capace di generare profitti anche in condizioni economiche e finanziarie avverse. Al contrario, nelle fasi di “risk on”, quando gli investitori sono più propensi al rischio, l’S&P500 tende a superare il settore delle utilities, con il VIX in calo.
Per riassumere quanto detto in precedenza: nel periodo che va dal quarto trimestre del 2022 al 28 luglio 2023, come illustrato nel grafico seguente, era prevedibile che l’S&P500 mostrasse una forza superiore, considerando il contesto generale di ‘risk on’.
La forza superiore dell’S&P500 rispetto al settore delle utilities da Q4 2022 al 27 luglio 2023. Grafico giornaliero
Lo stesso però non è vero dal 27 luglio ad oggi, con il benchmark al ribasso ma non “sovraperformato” dal settore.
Perché dunque, nonostante la fase attuale di “risk off”, il settore utilities non sta agendo da “difensivo”?
3. SETTORE UTILITIES, OBBLIGAZIONI, DURATION E…TASSI DI INTERESSE!
La figura successiva mostra un’interessante correlazione positiva: quella tra il settore delle utilities e un indice di forza obbligazionario: TLT/IEI.
La correlazione positiva tra XLU e TLT/IEI. Grafico settimanale
Per coloro che non sono familiari con i componenti dell’indice di forza obbligazionario:
• TLT è l’ETF che riflette i risultati di un indice costituito da titoli di stato americani con scadenze superiori ai 20 anni (con una duration di 16.45 anni)
• IEI, invece, riflette i risultati di un indice di titoli di stato americani con scadenze tra i 3 e i 7 anni (con una duration di 4.34 anni)
La correlazione positiva, che raggiunge un valore elevato di +0.90, può spiegare le performance negative del settore dall’inizio dell’anno. Come si può vedere nel grafico precedente, IEI sta sovraperformando TLT a causa della sua duration inferiore.
• La duration misura la sensibilità del prezzo di un’obbligazione (o di un ETF obbligazionario) all’aumento dei tassi di interesse: più è alta, più il prezzo del bond sarà negativamente influenzato.
Ci troviamo in un contesto di aumento dei tassi di interesse da più di un anno e IEI ha sovraperformato (e continua a farlo) TLT grazie alla sua duration notevolmente inferiore. L’indice TLT/IEI continua a registrare minimi decrescenti, indicando un’aspettativa rialzista del mercato sui tassi di interesse.
Dato la correlazione positiva osservata nel grafico precedente, è plausibile affermare che anche il settore delle utilities stia risentendo della stessa dinamica. Infatti, il settore delle utilities è uno dei più indebitati tra gli 11 settori dell’S&P 500. Questo è dovuto al fatto che le società in questo settore forniscono servizi pubblici come elettricità, gas e acqua, che richiedono la costruzione di infrastrutture di grandi dimensioni come centrali elettriche, gasdotti e reti di distribuzione dell’acqua; esse sono tipicamente finanziate tramite debito.
In un periodo di rialzo dei tassi di interesse, il costo del debito aumenta. Di conseguenza, le società potrebbero dover destinare una quota maggiore dei loro profitti per coprire questi costi, il che potrebbe avere un impatto negativo sui loro bilanci trimestrali; inoltre, l’incremento del costo del debito rende più gravoso per le aziende accedere a nuovi finanziamenti, restringendo di conseguenza le loro possibilità di espansione. Questo è particolarmente significativo per le società del settore delle utilities, che necessitano di infrastrutture per le loro operazioni.
Per valutare il grado di indebitamento di un’azienda o di un settore, si può ricorrere a un indicatore finanziario noto come rapporto debito/patrimonio netto (D/E). Questo indicatore può assumere valori maggiori, minori o uguali a 1. Un valore superiore a 1 indica un livello di indebitamento più o meno alto, mentre un valore inferiore a 1 suggerisce un livello di indebitamento più basso.
La grafica che segue illustra il rapporto debito/patrimonio netto (D/E) del settore delle utilities, che nel primo trimestre del 2023 è risultato pari a 1.69. Questo valore è stato calcolato sulla base dei dati finanziari più recenti, raccolti nell’arco degli ultimi 12 mesi.
Fonte: csimarket.com
Per determinare se un rapporto D/E di 1.69 è alto o basso, possiamo fare riferimento alla sezione evidenziata in giallo nella figura, dove è indicato un ranking di 13. Tenendo conto che il sito analizza non 11, ma 13 settori, ciò indica che il settore delle utilities è il più indebitato. In termini più specifici, per ogni dollaro di patrimonio netto, il settore delle utilities ha un debito di 1.69 dollari.
Dopo aver ottenuto queste informazioni, diventa interessante esaminare le ultime due grafiche. Queste mostrano la correlazione settimanale tra TLT/IEI e tutti i settori azionari dell’S&P500.
Correlazione tra TLT/IEI e settori azionari su timeframe settimanale
Correlazione tra TLT/IEI e settori azionari su timeframe settimanale
Da questa analisi, possiamo trarre la conclusione che il settore delle utilities, che nel primo trimestre del 2023 era il più indebitato, è oggi probabilmente il settore più correlato alle aspettative di politica monetaria proprio a causa del suo elevato livello di indebitamento.
Concludiamo qui l’analisi. Nella prossima, utilizzeremo le informazioni raccolte in questa analisi per sviluppare degli indici di forza basati sul… sentiment economico. A presto!
PUT/CALL ratio: anticipare i crolli e i minimi del mercatoCos’è il rapporto PUT/CALL ratio? Cosa misura e a cosa serve? Può essere utilizzato per creare strategie di trading? Buongiorno a tutti.
L’obiettivo dell’analisi di oggi è presentarvi uno dei rapporti più noti nel mondo della finanza, il PUT/CALL ratio, con la speranza di fornirvi un’analisi il più pratica e operativa possibile.
Gli argomenti dell’analisi:
• Il PUT/CALL ratio
• Il PUT/CALL ratio sugli indici, anticipatore del clima di risk off
• Il PUT/CALL ratio sulle azioni, anticipatore dei minimi di mercato
• Come approfittare del put/call ratio sulle azioni per creare strategie di trading
Buona lettura.
1. IL PUT/CALL RATIO
Il PUT/CALL ratio è un indicatore che calcola il rapporto tra il volume delle opzioni PUT e CALL scambiate nei mercati. Questo rapporto si esprime come segue:
PUT/CALL RATIO: VOLUME OPZIONI PUT/ VOLUME OPZIONI CALL
L’acquisto di un’opzione call indica un’aspettativa rialzista del mercato, mentre l’acquisto di un’opzione put suggerisce un’aspettativa ribassista. Il PUT/CALL ratio, come mostrano le due immagini successive, può essere applicato sia alle azioni che agli indici.
Il PUT/CALL ratio sulle azioni
Il PUT/CALL ratio sugli indici
È interessante notare come questo rapporto, per entrambe le categorie, tenda a oscillare attorno al valore di “1”.
• Un rapporto pari a 1 denota un volume uguale di opzioni “ribassiste” e “rialziste” scambiate nei mercati
• Se il rapporto è inferiore a 1, significa che c’è un volume maggiore di opzioni call
• Al contrario, se il rapporto è superiore a 1, indica un volume maggiore di opzioni put
Questo rapporto è particolarmente utile per valutare il sentiment del mercato:
• se l’indice sale, il mercato viene considerato più pessimista
• se l’indice scende, il mercato viene visto come più ottimista
Nella prossima immagine, correleremo i due indicatori con l’S&P500 per illustrare quanto appena discusso.
Le correlazioni risultano essere negative. Tuttavia, emerge un dettaglio piuttosto interessante:
• L’S&P500 mostra una correlazione più negativa con il PUT/CALL ratio delle azioni rispetto alla correlazione che presenta con il PUT/CALL ratio degli indici
Come mai?
Tipicamente le opzioni sulle azioni sono utilizzate per scopi speculativi, mentre quelle sugli indici sono utilizzate per la copertura (o hedging). Questo implica che:
• Le opzioni sulle azioni mirano a capitalizzare sui movimenti di mercato a breve termine; pertanto, il PUT/CALL ratio delle azioni tende ad allinearsi con i movimenti dell’S&P500
• Le opzioni sugli indici, invece, cercano di trarre vantaggio dai movimenti di mercato a lungo termine, e quindi il PUT/CALL ratio sugli indici tende a muoversi in modo più disallineato rispetto allo stesso benchmark
Questo spiega le due diverse correlazioni osservate nella figura precedente.
2. IL PUT/CALL RATIO SUGLI INDICI, ANTICIPATORE DEL CLIMA DI RISK OFF
Per spiegare il termine “a più lungo termine del mercato”, immaginiamo che l’investitore X abbia un portafoglio di titoli e che il mercato azionario sia in una tendenza rialzista. Nonostante il sentiment generale positivo, l’investitore X acquista opzioni PUT sull’indice per “proteggersi” da un possibile crollo o ribasso del mercato.
Potreste chiedervi se un’opzione PUT possa essere considerata come una sorta di assicurazione. In questo contesto, la risposta è sì! L’opzione PUT agisce come una polizza assicurativa, proteggendo l’investitore da eventuali perdite significative.
Interpretando correttamente l’ultima frase, si può dedurre che l’aumento del PUT/CALL ratio sugli indici funge da indicatore anticipatore (leading indicator) di potenziali ribassi o crolli di mercato. Questa affermazione trova conferma nelle grafiche che ora andremo a esaminare.
Al “PUT/CALL ratio indicies” è stata applicata una media mobile a 5 periodi per filtrare meglio il suo movimento, ottenendo così un andamento meno frastagliato. Detto questo, si è osservato che un aumento del volume di opzioni PUT, anche durante un trend rialzista del mercato, ha spesso anticipato un periodo di risk-off sull’S&P500.”
Dato che in precedenza abbiamo sottolineato come il ratio sulle azioni tende a muoversi più in “tempo reale”, possiamo affermare che questo viene anticipato dal ratio sugli indici.
3. IL PUT/CALL RATIO SULLE AZIONI, ANTICIPATORE DEI MINIMI DI MERCATO
Abbiamo esaminato l’importante funzione del precedente ratio, ma cosa possiamo dire del ratio sulle azioni? Su un timeframe settimanale, esso tende ad anticipare i minimi di mercato, in particolare quando il rapporto raggiunge valori di 1.25. Osserviamo le prossime grafiche per un’analisi più dettagliata.
Dal 2008 ad oggi, ogni volta che il ratio ha raggiunto i valori indicati dalla linea rossa, il mercato ha toccato dei minimi, per poi registrare rialzi di varia intensità a seconda delle circostanze. Un rapporto di 1.25 indica un volume di opzioni ribassiste notevolmente superiore rispetto a quello delle opzioni rialziste. Perché, a questi livelli, il mercato ha poi registrato dei successivi rialzi?
• I livelli a 1.25 rappresentavano e rappresenteranno delle zone di ipervenduto. Dopo che il mercato arriva nella zona di ipervenduto, tipicamente riparte al rialzo. Questo può essere dovuto al fatto che molti venditori allo scoperto chiuderanno le loro posizioni ribassiste generando dei guadagni, influenzando così positivamente il prezzo (si vende a un certo valore e prezzo e si acquista ad un prezzo più basso). Inoltre, i prezzi più bassi diventeranno attraenti per altri investitori che approfitteranno della situazione per acquistare (fornendo così un ulteriore supporto rialzista al prezzo). Non bisogna dimenticare anche alcune strategie di trading in acquisto, basate proprio sul contesto dell’ipervenduto.
4. COME APPROFITTARE DEL PUT/CALL RATIO SULLE AZIONI PER CREARE STRATEGIE DI TRADING
Per sfruttare un PUT/CALL ratio sulle azioni a 1.25, si potrebbe:
• Aspettare che l’evento si verifichi su un timeframe giornaliero (quando il ratio raggiunge la soglia dell’1.25)
• Attendere la formazione di una figura tecnica che indichi un’inversione di tendenza
• Entrare a mercato con un profilo di rischio/rendimento adeguato
Alcuni esempi nelle prossime tre figure:
Concludiamo affermando che entrambi i ratio, se utilizzati in modo intelligente, possono fornire una moltitudine di informazioni, tra cui il clima di mercato e numerose opportunità, come quelle di trading. A mio parere, tuttavia, sono strumenti eccellenti per la gestione di un portafoglio di investimenti, non solo di azioni, ma anche di obbligazioni.
Magari ne parlerò più dettagliatamente la prossima settimana. Un saluto, a presto!
REPORT Q4 2023: I GRAFICI DA SEGUIRE PER INVESTIRE CON SICUREZZABuongiorno.
L’obiettivo dell’analisi è quello di commentare le ultime decisioni di politica monetaria della Federal Reserve e successivamente costruire dei particolari indici di forza obbligazionari che, come scoprirete, aiuteranno a prendere delle scelte di investimento più consapevoli.
I protagonisti dell’analisi:
• Politica monetaria
• Tasso di inflazione
• Grafici intraday delle principali asset class USA
• TIP/IEF
• LQDH/LQD
• Tassi reali
• Oro
• Nasdaq
• VIX
• Settori ciclici
• Settori difensivi
• Indice SPHB/SPLV
Buona lettura.
1. DECISIONI DI POLITICA MONETARIA E REAZIONE INTRADAY DEI MERCATI FINANZIARI
“La FED ha rifiutato di aumentare i tassi di interesse, ma punta a mantenere gli stessi più in alto più a lungo”
Questo è quello che recita il titolo di uno dei diversi articoli rilasciati dalla CNBC americana.
Come è possibile osservare nella figura successiva, i tassi di interesse sono stati mantenuti nel range compreso tra il 5.25% e il 5.50%.
Cinque sono state le decisioni sui tassi di interesse nel 2023:
• Febbraio: +25 punti base
• Marzo: +25 punti base
• Maggio: +25 punti base
• Giugno: nessun aumento
• Luglio: +25 punti base
• Settembre: nessun aumento
Il piccolo grafico a istogrammi all’interno della figura precedente chiarifica come l’intensità dell’inasprimento della politica monetaria nell’anno corrente sia stata notevolmente più “bassa” rispetto a quella commentata del 2022. I motivi? I livelli di inflazione!
Infatti, come mostra la figura successiva:
• Nel 2022 la banca centrale americana doveva affrontare un’inflazione compresa nel range dei 750-650 punti base
• Nel 2023, al contrario, un processo di disinflazione (ergo: un rallentamento del tasso di inflazione)
Perché la FED non ha alzato i tassi di interesse nella riunione di mercoledì 20? Perché la lotta all’inflazione è terminata? Ebbene…no.
Per rispondere alla domanda è utile esaminare una frase pronunciata dal presidente Powell nella consueta riunione post-comunicazione tasso di interesse:
“Vogliamo vedere prove convincenti del fatto che abbiamo raggiunto il livello sui tassi appropriato; stiamo vedendo progressi e ne siamo lieti. Ma, sai, dobbiamo vedere ulteriori progressi prima di essere disposti a raggiungere quella conclusione”
Ergo:
“È vero che il processo di disinflazione è in atto, ma vogliamo vedere lo stesso processo ancora più convincente”
È quindi possibile affermare come i progressi ottenuti sul “versante” inflazione abbiano giustificato la pausa commentata poche righe fa che, oltretutto, era stata ampiamente scontata dai mercati nelle settimane precedenti.
La comunicazione del tasso di interesse può essere considerata come un market mover, ossia un fattore capace di influenzare in maniera più o meno significativa i mercati finanziari. In genere:
• Quanto più la comunicazione di un dato si discosta dalle attese degli analisti, tanto più quel dato stesso impatta in maniera positiva o negativa sugli asset finanziari
Ricollegandoci al discorso, come hanno reagito le principali asset class alla comunicazione del tasso di interesse di riferimento? Commentiamolo nelle immagini successive:
I rendimenti dei titoli di stato a 2 anni e 10 anni sono saliti, in particolare:
• Il 2 anni dal 5% al 5.2%
• Il 10 anni dal 4.32% al 4.44%
Visto il rapporto inverso prezzo/rendimento delle obbligazioni, è possibile affermare come queste ultime siano state vendute dal mercato. Prestazioni negative anche per gli indici azionari S&P500 e Nasdaq:
• L’S&P500 ha visto un ritorno ai 4430$ (dai 4500$)
• Il Nasdaq ai 15088$ (dai 15430$)
Proseguiamo:
• Il dollaro ha visto un rafforzamento contro l’euro, arrivando a 1.061 (dagli 1.072 pre-comunicazione del dato)
• L’oro un indebolimento di 1.22 punti percentuali (1968$-1944$)
Dal momento in cui la comunicazione sul tasso di interesse era in linea con le aspettative degli analisti, cosa ha potuto giustificare una reazione così marcatamente negativa da parte degli asset analizzati? La risposta è nascosta nella figura successiva: il dot plot chart.
• Il dot plot chart è uno strumento che indica le proiezioni di ogni membro del FOMC (Federal Open Market Commitee) su quelli che saranno i livelli sui tassi di interesse futuri
I puntini azzurri osservabili sulla sinistra della figura rappresentano i membri del FOMC; essi si collocano all’interno di determinati range percentuali (visualizzabili a destra della figura).
L’informazione più importante del dot plot chart è la seguente:
• 12 membri (12 puntini) si aspettano un ulteriore aumento di 25 punti base per la fine del 2023 (con tassi compresi nel range dei 550-575 punti base, evidenziato di color rosso)
• 7 di essi si aspettano un’ulteriore pausa
Ecco dunque spiegata la reazione negativa di mercato azionario, obbligazionario, oro e cambio EUR/USD: al contrario di quello che il mercato prezzava, l’inasprimento di politica monetaria non è (probabilmente) ancora terminato!
Il motivo di ciò è presto spiegato dalle proiezioni economiche rilasciate dalla banca centrale stessa. Osserviamo la figura successiva:
2. I GRAFICI DA OSSERVARE PER L’ULTIMO TRIMESTRE DELL’ANNO
A mio parere saranno due gli indici da osservare prossimamente: TIP/IEF e LQDH/LQD.
Essi esplicitano due aspettative degli investitori diverse:
• TIP/IEF sul tasso di inflazione
• LQDH/LQD sui tassi di interesse
In particolare:
• Se il mercato avrà aspettative di un aumento del prezzo dei beni e servizi, TIP (ETF sui titoli di stato USA indicizzati all’inflazione) sovraperformerà IEF (ETF sui titoli di stato USA non indicizzati) e l’indice TIP/IEF intraprenderà una traiettoria rialzista
• Se ciò accadrà, il mercato inizierà a scontare una politica monetaria più restrittiva e le obbligazioni corporate coperte dal rischio “tassi di interesse” (ETF LQDH) sovraperformeranno quelle corporate non coperte (ETF LQD)
È importante capire che, come mostra la figura successiva, uno è leading indicator dell’altro.
Proseguiamo.
Le aspettative di inflazione hanno intrapreso una traiettoria rialzista da fine gennaio 2023, influenzate in positivo dall’aumento dei prezzi del petrolio, arrivato alla soglia psicologica dei 90$ a barile:
Gli ultimi due aspetti hanno spinto al rialzo LQDH/LQD:
Una tendenza rialzista di quest’ultimo indice di forza ha la capacità di impattare in maniera negativa su diverse asset class.
Partiamo dall’oro, osservando la grafica successiva:
Il metallo prezioso è negativamente correlato alle aspettative di politica monetaria. Il motivo è semplice:
• Ad un aumento di quelle aspettative aumenteranno i rendimenti offerti dalle obbligazioni, con un contemporaneo apprezzamento dei tassi reali
Esiste infatti una correlazione positiva tra aspettative sui tassi e real yields:
Immaginate ora l’oro e le obbligazioni come due asset class simili, con una differenza:
• Il metallo prezioso, a differenza dei bond, non paga le cedole
Questo significa che:
• All’aumentare di LQDH/LQD, aumenteranno i tassi reali e, a questo punto, diventerà più conveniente detenere un’attività che paga interessi (i bond)
Stesso discorso per il Nasdaq: anche l’indice azionario, come l’oro, mostra una correlazione negativa con le aspettative di politica monetaria. Esaminiamo la grafica successiva:
L’indice azionario è rialzista da ottobre 2022; la tendenza positiva ha avuto inizio proprio quando l’indice LQDH/LQD raggiungeva dei massimi di periodo.
A maggio 2023 si è persa la correlazione negativa tra i due, divenuta positiva, complice il boom dell’intelligenza artificiale. I due asset hanno ritrovato la loro correlazione originale dal 18 luglio 2023, quando l’indice azionario ha raggiunto i suoi massimi di periodo e ha iniziato un ritracciamento.
Tassi di interesse più in alto più a lungo danneggiano le prestazioni delle società quotate in borsa, agendo in negativo sui loro utili; il motivo è presto spiegato:
• Al salire del costo del denaro, diminuirà la domanda dei consumatori per prestiti e finanziamenti per acquisti di beni come automobili, elettrodomestici, televisori e tanti altri
A minor domanda corrisponderanno minori vendite delle società e…minori utili!
Per non parlare del mercato immobiliare e dell’aumento del costo dei mutui:
• Più le rate aumenteranno e più le famiglie (con un tasso variabile) avranno minor reddito da destinare ad altre spese “discrezionali”
C’è ora da porsi una domanda:
“Se le aspettative sui tassi di interesse continuassero a salire, su quali settori azionari puntare?”
Proviamo a scoprirlo nelle figure successive.
È riconosciuto che:
• Ad un risk on gli investitori punteranno su società aggressive (o ad alto beta)
• Ad un risk off punteranno su quelle difensive (o bassa volatilità)
Uno strumento in grado di esplicitare il grado di propensione al rischio del mercato è il VIX, l’indice di paura dell’S&P500.
C’è dunque da capire una questione: le aspettative sui tassi stanno impattando sull’indice di volatilità? Proviamo a scoprirlo nella figura successiva:
Dal 5 luglio del 2023 la correlazione tra i due indici è positiva.
Se il movimento rialzista di LQDH/LQD dovesse alzare la volatilità (e quindi l’avversione al rischio degli investitori) sarebbe più logico puntare sui titoli a basso beta rispetto a quelli ad alto beta. Il motivo? La grafica successiva è molto chiara: la correlazione inversa tra l’indice di forza SPHB/SPLV e VIX.
• Ad un ribasso del VIX corrisponderà una propensione al rischio e gli investitori destineranno i loro capitali su società ad alto beta (ETF SPHB)
• Ad un rialzo del VIX corrisponderà un’avversione al rischio e gli investitori destineranno i loro acquisti su società a basso beta (ETF SPLV)
I due ETF menzionati sono stati trattati in maniera approfondita nell’ultima analisi da me pubblicata, relativa ad una strategia di investimento su ARM, reperibile al link:
•
Quindi…su quali settori puntare? Per rispondere, è necessario sapere quali sono i settori che più contribuiscono al peso percentuale dei panieri dei due ETF:
• Puntare sui settori ciclici (settore tecnologico e dei beni discrezionali) ad una maggior forza di SPHB rispetto a SPLV
• Puntare sui settori difensivi (settori utilities, sanitario e dei beni di prima necessità) nel caso opposto
Se avvenisse una potenziale rotazione di capitali dai settori ciclici a quelli difensivi si potrebbe affermare che il mercato non starebbe più scontando un soft landing ma…una recessione!
I motivi sono spiegati da tutte le correlazioni positive illustrate dalle grafiche successive:
• L’indice SPHB/SPLV è fortemente correlato positivamente ad alcuni dati macroeconomici chiave come i due PMI e, più in generale, al prodotto interno lordo. Ad una crescita economica corrisponderà un aumento degli utili societari e i capitali saranno destinati sui settori ciclici mentre, ad una contrazione economica, su quelli difensivi
È stato quindi illustrato il rapporto tra aspettative di inflazione e aspettative sui tassi di interesse e di come queste ultime siano poi in grado di impattare in maniera significativa sulle diverse classi. Personalmente, nei prossimi mesi, andrò a verificare la tendenza di LQDH/LQD e le relative correlazioni con oro, Nasdaq e VIX. Se esse si mantenessero tali e vista e considerata la funzione dell’indice di forza, come sarà questo Q4 2023, ormai alle porte? Il nuovo trimestre sarà governato dalle aspettative sulla politica monetaria?
Spero il mio approccio vi possa essere stato utile, lo stesso utilizzato nel mio libro dal titolo “Investire in obbligazioni for dummies” per Hoepli Editore.
Se ci fossero dei dubbi sull’analisi commentate pure o visualizzate il video, dove andrò a discutere gli argomenti in maniera più ampia.
In settimana, probabilmente, parlerò anche di come LQDH/LQD potrebbe impattare sul cambio EURUSD e….sul DAX!
A presto.
CROLLO del NASDAQ in Arrivo? TECNICA + MACROLa seguente analisi è un aggiornamento circa una view macroeconomica e tecnica che va avanti da circa 9 mesi, da fine 2022, dove avevo pronosticato un proseguimento del ribasso del mercato azionario principalmente guidato da fattori macroeconomici come i tassi alti, il ribasso dell'inflazione e un conseguente aumento del tasso di disoccupazione, il tutto dalla seconda metà del 2023.
Nel pieno rispetto di un approccio al trading definito "GLOBAL MACRO" , andiamo ad elencare tutti i fattori macroeconomici e tecnici che potrebbero portare ad un crollo anche forte del mercato azionario. In questo contesto ho preso ad esempio il NASDAQ, indice utilizzato per un'altra analisi che ha visto protagonista la correlazione negativa che questo indice ha con il tasso di disoccupazione americano .
FATTORI MACROECONOMICI:
- TASSI DI INTERESSE e MERCATO CREDITIZIO : Il costo del denaro è sui massimi storici, elemento che porta conseguenze di enorme rilievo sui mercati finanziari, a partire da quello del credito. Un aumento del costo del denaro porta ad una diminuzione di quella che è la velocità di circolazione della moneta, elemento macroeconomico messo in pericolo dal forte rialzo del tasso di interesse applicato alle carte di credito negli USA, tasso che ha superato il 20% annuo e che è il tasso più alto dal 1995. Da sottolineare il ribasso del mercato dei CLO (Collateralized Loan Obligation) che vede cartolarizzati i crediti bancari corporate di aziende che non avevano la possibilità di collocare obbligazioni a rendimenti sostenibili per l'azienda stessa. Strumenti molto simili per tipologia e funzionamento ai CDO, noti per aver scatenato la crisi dei Mutui Subprime.
- INFLAZIONE/DEFLAZIONE: L'inflazione è in un sentiero ribassista, soprattutto il dato dell'inflazione CORE che esclude il costo energetico. Gli ultimi dati sull'inflazione sono per la maggior parte influenzati dall'andamento del prezzo del petrolio, prezzo che potrebbe scendere qualora verranno deluse le aspettative dell'OPEC circa le ottimistiche previsioni sui Pil globali. Con questi tassi, non solo è molto probabile una FORTE discesa dell'inflazione, bensì è probabile che si realizzi una deflazione, ossia un'inflazione a tassi negativi. Questa ipotesi può sembrare folle, ma la situazione macroeconomica lo consente facilmente.
- TASSO DI DISOCCUPAZIONE IN AUMENTO: Riprendendo la Curva di Phillips che mette in relazione l'andamento tra inflazione e tasso di disoccupazione, dobbiamo prendere in considerazione l'ipotesi che ancora non abbiamo visto un aumento del tasso di disoccupazione significativo, elemento fondamentale per un ribasso dei mercati azionari così come anticipato in un'idea pubblicata qui (lascio il link tra le idee correlate) . Il prossimo 6 ottobre ci sarà la nuova comunicazione del tasso di disoccupazione, evento che gli operatori stanno ancora sottovalutando e che per questo, qualora dovessimo vedere una FORTE accelerazione al rialzo dello stesso, potremmo vedere una forte flessione del mercato azionario con conseguente cambiamento di scenario da RISK ON a RISK OFF.
- BANK OF JAPAN: Situazione insostenibile nel lungo periodo a queste condizioni. La BOJ non alza i tassi quando l'inflazione è sopra al target del 2% (ora al 3,3%), ne consegue che se non lo ha fatto finora, non lo farà mai. A prova di questo ci sono stati ben due interventi direttamente sul Forex durante la fine dello scorso anno e il recente intervento sul mercato obbligazionario circa l'aumento della banda di oscillazione dei JGB a 10 anni (titoli di Stato giapponesi), da +/- 0,5% a +/- 1%.
- MERCATO TITOLI DI STATO e POSSIBILI DOWNGRADE: Il mercato dei Govt Bonds palesemente sotto pressione con fly to quality praticamente assente. I titoli di Stato americani tornano a prezzare un rischio che non vedevamo dal 2007, con un decennale al 4,5%. I titoli di Stato italiani superano di nuovo il 4,6% mentre continuano a risalire i rendimenti degli altri titoli di Stato europei (Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia). Se il mercato continua a cercare rendimenti più alti di quelli attuali, c'è il rischio di vedere di nuovo dei downgrade a pioggia da parte delle agenzie di rating, prima su tutti l'Italia che presenta il rendimento maggiore nelle economie occidentali. Curve dei rendimenti invertite preannunciano una recessione con tassi alti, uno degli scenari peggiori che si possono affrontare a livello economico.
FATTORI TECNICI
- GRAFICI MENSILI NEGATIVI: Su tutti gli indici più importanti abbiamo una chiusura mensile di agosto negativa che al momento è confermata dai grafici settimanali che sembrano accumulare posizioni al ribasso. Il tutto è ravvisabile dall'ultima dinamica di mercato settimanale che ha visto vendite proprio dai massimi a ridosso dell'ultima riunione di politica monetaria di FED, BOE e BOJ. Quello che potrebbe essere visto come un semplice ritracciamento, potrebbe essere solamente l'inizio di un ribasso imponente dei mercati.
- DINAMICA SETTIMANALE DEL NASDAQ (Grafico attuale) : Come vedete nel grafico, sono state evidenziate delle aree di prezzo dove c'è stata quella che personalmente definisco una fase/Zona di Accumulo. Il mercato non è riuscito ad aggiornare i massimi dopo una forte salita e di conseguenza potremmo ipotizzare una fase ribassista proprio dall'area evidenziata. In questo momento ci troviamo a ridosso dei minimi di quest'area, area dalla quale potrebbe partire un ribasso così come successo precedentemente (vedi la prima area evidenziata a sinistra).
SINTESI
A breve verrà comunicato il tasso di disoccupazione USA, vero e proprio catalyst per un crollo di mercato forte. Mi attendo un dato sorprendentemente rivisto al rialzo, ottima scusa per far partire un ribasso forte così come considerato a livello tecnico. Potrebbe sembrare un'esagerazione, ma il ribasso che mi attendo è molto forte in quanto in moltissimi tentano di comprare i nuovi minimi nella speranza di vedere la fine di questo ritracciamento. Purtroppo la situazione macroeconomica non consente riprese.
INVESTIRE IN AZIONI E OBBLIGAZIONI CON LA MACROECONOMIABuongiorno.
L’obiettivo dell’analisi è quello di analizzare alcuni importanti dati macroeconomici a livello europeo che rappresentano due fari per l’economia ma anche un buon punto di partenza per pianificare delle strategie in azioni e obbligazioni.
I protagonisti dell’analisi:
• PMI manifatturiero
• PMI sui servizi
• Fiducia dei consumatori
• Vendite al dettaglio
• Prodotto interno lordo
• STOXX 600
• ETF obbligazionario “IBGS”
• ETF obbligazionario “IBGL”
Buona lettura!
1. LA DEBOLEZZA DEI SETTORI MANIFATTURIERO E DEI SERVIZI
Mercoledì 23 sono stati rilasciati dei dati macroeconomici chiave che ben raffigurano il livello di intensità economica a livello europeo: i due PMI, quello manifatturiero e quello sui servizi. Osserviamo nella grafica successiva quelli che monitorano l’andamento dell’euro area:
• Il manifatturiero a 43.7 punti, superiore alla lettura precedente (42.7 punti)
• Quello sui servizi a 48.3 punti, inferiore alla lettura precedente (50.9 punti)
Consideriamo ora la Germania, prima economia nell’Unione Europea:
• Settore manifatturiero in pesante contrazione, a 39.1 punti, ma in leggero recupero rispetto alla lettura precedente (38.8 punti)
• Anche il settore dei servizi ha registrato una lettura negativa a 47.3 punti (ben inferiore al dato precedente che si attestava a 52.3 punti)
Anche la Francia, seconda economia nell’Unione, palesa delle debolezze in entrambi i settori:
• PMI manifatturiero a 46.4 punti (dato precedente: 45.1)
• PMI sui servizi a 46.7 punti (dato precedente: 47.1)
L’importante informazione da estrapolare è la seguente:
• Dopo i settori manifatturieri, anche quelli sui servizi hanno registrato una contrazione, andando al di sotto della soglia “spartiacque” dei 50 punti
I due PMI ricoprono un’enorme importanza in ambito macroeconomico per un semplice motivo: sono costruiti attraverso dei sondaggi posti ai direttori degli acquisti degli omonimi settori e sono la risultante della media di diverse variabili.
Per il settore manifatturiero le stesse sono rappresentate dai nuovi ordini, produzione, occupazione, consegne e scorte:
• La variabile sui nuovi ordini misura la quantità di ordini ricevuti dai clienti; essa può essere considerata come “la forza della domanda dei consumatori”
• La variabile “produzione” misura la quantità di beni prodotti nei settori
• L’occupazione si riferisce alla quantità di posti di lavoro creati o persi
• Le consegne misurano il tempo nel quale i fornitori consegnano le merci ai settori oggetti dell’indagine
• Le scorte indicano la quantità di merci detenute all’interno dei magazzini
Per quanto riguarda il settore dei servizi, le variabili sono:
• L’attività commerciale, che fornisce una panoramica riguardante la salute del settore
• L’indice dei prezzi, riferito ai prezzi pagati dalle aziende
• Occupazione
• Nuovi ordini
• Consegne
Le due grafiche seguenti mostrano a livello grafico l’enorme importanza dei PMI: essi sono correlati positivamente al prodotto interno lordo:
Utilizziamo ora un po’ di logica. Visto l’impatto dei due dati macro sulla ricchezza totale prodotta, cosa potrebbe accadere qualora gli stessi continuassero a rimanere in territorio di contrazione? A tal proposito, si osservi la grafica successiva:
Ogni qualvolta entrambi hanno registrato delle contrazioni si sono verificati scenari drammatici:
• La crisi immobiliare del 2008
• La crisi del debito sovrano
• La pandemia
• La crisi energetica del 2022
Quale scenario per il 2023? I dati fanno riflettere. Qual è il vostro pensiero a riguardo?
2. IL DATO SULLA FIDUCIA DEI CONSUMATORI
Lo stesso 23 agosto è stato rilasciato un altro (fondamentale) dato macroeconomico che, personalmente, osservo sempre attentamente (tra poco capirete i motivi): quello sulla fiducia dei consumatori, osservabile nella grafica successiva:
Esso ha registrato un valore di -16 punti, inferiore alla lettura precedente (-15.1) e alla previsione degli analisti (-14.3).
Vi chiederete il motivo per il quale il dato ricopre un’enorme importanza. Essa può essere riassunta in due punti:
• È un indicatore anticipatore del ciclo economico
• Ricopre una grande importanza negli investimenti
Proseguiamo con ordine:
• Il dato fornisce una misura della fiducia dei consumatori dell’Area Euro nell’attività economica e viene elaborato grazie ad un’indagine effettuata su circa 2300 consumatori, dove gli intervistati rispondono a quesiti riguardanti le prospettive economiche correnti e future.
Per maggior trasparenza, le due grafiche mostrano alcuni dei quesiti posti ai consumatori sulle loro prospettive (a livello italiano):
È possibile osservare come il sondaggio fornisca informazioni “coincident” (domanda 5) e “leading” (domanda 13)
Torniamo a noi. La logica vuole che i consumatori spenderanno del denaro per beni e servizi in base alle loro aspettative, in particolare:
• Se essi saranno fiduciosi, è altamente probabile che spenderanno denaro in beni durevoli, non durevoli, servizi e investimenti
Non è un caso che il dato macroeconomico sia correlato positivamente a quello sulle vendite al dettaglio:
Concludiamo dunque affermando che per Paese è fondamentale avere dei consumatori fiduciosi, capaci di spendere denaro e di trainare, in questo modo, l’economia. Da qui deriva la correlazione positiva PIL-Consumer Sentiment:
Da non dimenticare un concetto fondamentale che chiarifica la grafica precedente (qualora ci fossero dei dubbi):
• Nella formula di calcolo del PIL (con il metodo della spesa) è presente la variabile C, consumi! Più i consumatori saranno in fiducia e più consumeranno aumentando in tal modo la variabile stessa e…il prodotto interno lordo (essendo quella formula di calcolo una somma)
3. FIDUCIA DEI CONSUMATORI, PMI MANIFATTURIERO, MERCATO AZIONARIO E OBBLIGAZIONARIO
Se il consumer sentiment è strettamente legato alle vendite al dettaglio e al PIL, a cos’altro sarà legato? Sicuramente agli utili societari:
• All’aumentare di essi, aumenterà il prezzo delle azioni
Questo spiega un’altra fondamentale correlazione: quella tra fiducia dei consumatori e STOXX 600:
Concentriamoci sulla prossima grafica:
Il benchmark azionario europeo tende a realizzare delle buone prestazioni durante le fasi in cui cresce l’ottimismo dei consumatori.
Il grafico sul dato macroeconomico è particolarmente utile in quanto tende a muoversi creando delle tendenze ben definite, rialziste e ribassiste.
Lo stesso trend ci permette ipoteticamente di creare dei punti di acquisto e vendita sul benchmark.
Quali sarebbero state le prestazioni ottenute acquistando lo STOXX600 ad un “cross over” del dato macroeconomico su una media mobile semplice a 8 periodi (applicata al dato stesso) e vendendolo al successivo “cross down”?
Osserviamo le due grafiche successive (consumer sentiment in nero e STOXX600 in blu):
• 10 profitti
• 4 perdite
Per applicare strategie di questo tipo servirebbero sicuramente altre indagini, ma i due esempi rappresentano comunque un buon punto di partenza.
Un altro grafico da utilizzare per la ricerca di conferme di entrate e uscite a mercato (da abbinare, dunque, al consumer sentiment) potrebbe essere rappresentato dal PMI manifatturiero. Perché? Osserviamo la grafica successiva:
I due dati macro sono correlati positivamente tra loro.
Il motivo è presto spiegato:
• Essi si influenzano tra loro
Infatti:
• Ad un aumento dell’attività manifatturiera sarà legato un aumento dell’occupazione e dunque, un aumento del reddito dei consumatori: a maggior reddito, maggiori spese
• A maggiori spese corrisponderà una maggior produzione del settore e un aumento dei nuovi ordini
Inoltre:
• Più la domanda dei consumatori sarà forte e più le imprese saranno incentivate ad investire capitali per acquistare nuovi impianti di produzione (contribuendo all’aumento della variabile I della formula di calcolo del PIL)
Tre punti che possono essere riassunti in un concetto:
• I due dati macroeconomici presentano le stesse tendenze all’interno delle sei fasi del ciclo economico
E se invece ci fossero delle divergenze? Osserviamo l’immagine successiva:
• Da febbraio 2009 a marzo 2011 e da luglio 2012 a dicembre 2017 il benchmark azionario registrava ottime performance, accompagnato al rialzo dai due dati macro, convergenti tra loro. Sarebbe stato “più sicuro” investire
• Da settembre 2022 ad agosto 2023 buone performance del benchmark ma divergenza tra i due dati; sarebbe stato “meno sicuro” aprire delle posizioni long
Un trend rialzista di un indice azionario sarà dunque ritenuto più “sano” quanto più sarà accompagnato al rialzo da dati macroeconomici chiave.
E ad una fiducia dei consumatori ribassista cosa preferire? Scopriamolo nella grafica successiva:
Il grafico correla il dato macroeconomico (in blu) a un indice di forza: quello tra SXXP (STOXX 600, al numeratore) e IBGS (al denominatore), in nero.
IBGS è un ETF che replica l’andamento di un paniere di obbligazioni europee a bassa duration (di 1.71 anni, per la precisione).
La correlazione tra i due grafici è positiva, motivo per il quale:
• Ad un ribasso del dato macroeconomico (e quindi, ad una situazione economica di risk-off) è meglio preferire bond ad azioni
Vi chiederete il motivo per il quale ho inserito un ETF obbligazionario a bassa duration rispetto ad uno a più alta volatilità. Il motivo è semplice:
• Un ETF ad alta duration potrebbe ritrovarsi a perdere più di un benchmark azionario qualora una condizione di risk off sia innescata da un aumento dei tassi di interesse (come nel 2022)
La conferma arriva nella grafica successiva, sostituendo IBGS con IBGL (ETF con le stesse obbligazioni ma a lunga duration, di 16 anni):
Qualora ci fossero dei dubbi commentate pure. Ci tengo a precisare che l’analisi non rappresenta un consiglio di investimento ma una “piccola guida”.
A presto!