MatteoFarci

SFRUTTARE LO SPREAD PER VENDERE ALLO SCOPERTO LE BANCHE ITALIANE

TVC:BTPBUND   SPREAD BTP-BUND 10Y
• Qual è l’importanza del BTP-BUND nel nostro Paese?
• Perché diventa un argomento di discussione frequente, soprattutto quando tende ad aumentare?
• Come si può trarre profitto dal suo aumento?
Buongiorno a tutti.
L’obiettivo di questo articolo è rispondere alle tre domande sopra citate, con la speranza di fornirvi contenuti il più possibile teorici, pratici e operativi. I protagonisti sono:
• BTP
• BUND
• Spread BTP-BUND
• Il rischio di credito
• L’impatto della svalutazione dei BTP e del rialzo dello spread sui bilanci delle banche italiane
• Una strategia operativa di vendita allo scoperto in trend-following

Vorrei sottolineare che i contenuti non devono essere interpretati come “consigli finanziari”. Buona lettura.

LO SPREAD BTP-BUND
Lo spread BTP-BUND, illustrato nella grafica successiva, rappresenta la differenza tra il rendimento del BTP decennale e quello del bund decennale. Esso è definito dalla semplice differenza matematica:

SPREAD BTP-BUND = IT10Y – DE10Y


Lo spread presenta variazioni che possono essere sia rialziste che ribassiste. La figura seguente illustra le implicazioni di tali variazioni:

• Quando lo spread è rialzista, il rendimento del BTP sovraperforma quello del Bund
• Al contrario, quando è in ribasso, il rendimento del BTP tende a “riavvicinarsi” a quello tedesco.

Lo spread è un indicatore attentamente monitorato poiché misura il grado di default del nostro Stato, ossia la sua capacità di onorare i suoi obblighi finanziari. Ora, con dei semplici esempi, sarà spiegato il modo in cui esso deve essere inteso.

Gli Stati mondiali, per finanziare le loro casse, emettono tipicamente obbligazioni (o titoli di Stato, se preferite), conosciute come “debito pubblico”:
• “Il debito” rappresenta l’interesse che gli Stati sono tenuti a rimborsare ai loro obbligazionisti, che costituiscono quindi il “pubblico”

Le obbligazioni, in quanto strumenti finanziari, presentano cinque rischi fondamentali:
• Rischio inflazione
• Rischio di credito
• Rischio di cambio
• Rischio di tasso di interesse
• Rischio di liquidità

Ogni rischio associato a un’obbligazione è riflettuto nel rendimento offerto al momento dell’acquisto. Di conseguenza:
• Più numerosi e significativi sono i rischi associati, maggiore sarà il suo rendimento
Questo ci porta a una delle eguaglianze più importanti nel mondo degli investimenti:

RISCHIO = RENDIMENTO

Abbiamo visto che lo spread differenzia i rendimenti del BTP e del BUND. Questo implica che:
• Se il BTP ha un rendimento più alto del Bund, l’emittente “Italia” sarà considerata più rischiosa rispetto all’emittente “Germania”

Entrambi i Paesi utilizzano la stessa valuta e sono quindi influenzati da una banca centrale comune, la BCE. Di conseguenza, condividono rischi molto simili, tra i quali quelli di inflazione, cambio, tasso di interesse e liquidità. Considerando solo il rischio di credito, possiamo affermare che:
• Se il BTP ha un alto rendimento rispetto al Bund, l’emittente “Italia” sarà considerata più rischiosa dal punto di vista creditizio rispetto all’emittente “Germania”

Non si può considerare la Germania più rischiosa rispetto al nostro Paese? La risposta è no; la Germania presenta il massimo grado di solvibilità, il che significa che è praticamente impossibile che dichiari default. Per questa ragione, viene utilizzata come riferimento per determinare il grado di solvibilità degli altri Paesi dell’euro zona, tra i quali proprio l’Italia.

Attualmente, lo spread BTP-BUND è intorno a valori del 2%. Questo implica che:
• Gli investitori richiedono un rendimento supplementare del 2% per investire nei titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi. Questo incremento del 2% rappresenta la remunerazione richiesta per assumersi il rischio di default

2. LO SPREAD DAL 2000 AD OGGI
L’Italia è sempre stata considerata più rischiosa della Germania dall’introduzione dell’euro? Per rispondere a questa domanda, osserviamo le grafiche successive:

• Dal 2000 al 2006 i rendimenti dei titoli decennali di entrambi i Paesi seguivano percorsi quasi paralleli, con il rendimento del BTP leggermente superiore a quello del BUND
Da questo possiamo dedurre che il rischio di default era praticamente lo stesso per entrambi. Per confermare questa deduzione, esaminiamo la grafica successiva che mostra i ratings assegnati ai due Paesi dall’agenzia Fitch:

• Nel periodo considerato, la Germania ha sempre mantenuto il massimo grado di rating, mentre l’Italia aveva un rating leggermente inferiore. Questo suggerisce che i due Paesi avevano una stabilità creditizia quasi identica e che il mercato richiedeva un rendimento supplementare molto basso per assumersi il rischio di default

Per coloro che non sono a conoscenza dei rating, si tratta di valutazioni fornite da agenzie di ratings come Fitch, Moody’s e S&P riguardanti la capacità di un emittente di ripagare i suoi debiti. Questi “giudizi” sono espressi in forma letteraria e, a scopo informativo, sono rappresentati nella grafica seguente:

Tra il 2007 e il 2012 si sono verificate due importanti crisi economico-finanziarie:
• La crisi immobiliare negli Stati Uniti, che ha successivamente scatenato la crisi del debito sovrano in Europa

Proprio nel 2007 i rendimenti hanno iniziato a divergere, con l’Italia percepita come sempre più rischiosa. Il picco è stato raggiunto nel 2011, quando lo spread ha toccato i suoi massimi storici (oltre il 5.5%).
Durante questo periodo la Germania ha mantenuto costantemente il suo rating di AAA, mentre l’Italia ha subito un declassamento da AA ad AA-, poi ad A+ e infine ad A-. Questo ha portato quest’ultima ad essere percepita sempre più rischiosa, sia dal mercato (come evidenziato dall’aumento dei rendimenti dei BTP sul mercato secondario), sia dalle agenzie di ratings.

Come evidenziato nelle due grafiche successive, la divergenza tra i due rendimenti si è mantenuta dalla crisi del debito sovrano fino ad oggi. Il rendimento italiano è rimasto costantemente superiore a quello tedesco, con il nostro Paese che ha subito un declassamento da A- a BBB.


Abbiamo esaminato come eventi economico-finanziari di grande portata possono mettere a rischio la solvibilità di uno Stato. Tuttavia, è importante non trascurare altri fattori come il debito pubblico e la crescita economica, che sono strettamente interconnessi, e la stabilità politica. Infatti:
• Esiste una differenza notevole se l’aumento del debito si verifica in un contesto di crescita economica rispetto ad un’economia stagnante: nel primo caso il debito verrebbe ripagato più facilmente poiché uno Stato genererebbe maggiori entrate fiscali (con un basso tasso di disoccupazione i consumatori avranno maggior reddito soggetto…a tassazione!). Questo non è vero in un contesto di decrescita economica o in un’economia stagnante. Il parametro per misurare questo è il rapporto debito/pil, espresso in percentuale
• Le instabilità politiche minano il sentiment degli investitori poiché generano incertezza. Sappiamo che i mercati non gradiscono affatto questa condizione
Le ultime tre grafiche mostrano i debiti pubblici italiano e tedesco al 2022 e le rispettive crescite economiche:



3. COME UTILIZZARE LO SPREAD BTP-BUND PER VENDERE ALLO SCOPERTO LE BANCHE ITALIANE
Negli ultimi due anni gli investitori retail sono stati particolarmente preoccupati per le obbligazioni. Si chiedono costantemente quando esse risaliranno e quando la banca centrale taglierà i tassi di interesse. Queste domande riflettono la loro incertezza, e non è difficile capire il motivo: avere titoli di stato svalutati nel proprio portafoglio di investimento non è certo piacevole.
La figura che segue illustra la svalutazione di un ETF obbligazionario “italiano” dal 2020 ad oggi:

Attualmente, il debito pubblico italiano si trova a livelli straordinariamente alti; al momento della scrittura di questo articolo, l’Italy Debt Clock si attesta a 3.010.345.819.700€. Ma chi detiene la maggior parte di questo debito? Una grafica elaborata da Unimpresa fornisce una risposta:

A marzo 2023:
• Il 26.3% era detenuto da investitori stranieri
• Il 25.8% dalla Banca d’Italia
• Il 25% circa dalle banche italiane
• Il 12.3% da fondi e istituzioni finanziarie
• Il 10.7% dalle famiglie italiane
Ciò che risalta nella grafica precedente è la quantità di titoli di stato detenuti dalle banche italiane. Il motivo? Anche loro investono la loro liquidità! Questo porta a una domanda naturale:
Cosa succede ad una banca se i titoli di stato che ha acquistato perdono valore? Cerchiamo di spiegare questa dinamica nel modo più semplice possibile.

In generale, il bilancio di una banca presenta due componenti principali: l’attivo e il passivo.
• L’attivo rappresenta “le attività” che la banca detiene e che possono generare reddito; queste includono la liquidità e le riserve obbligatorie (queste due sono essenziali per il funzionamento di una banca, anche se non generano direttamente reddito), i crediti verso altre istituzioni, i prestiti e finanziamenti alla clientela, e investimenti (titoli)
• Il passivo rappresenta la fonte di finanziamento della banca; queste includono i depositi dei clienti, i prestiti interbancari, l’emissione di obbligazioni, il capitale proprio (ad esempio, le risorse finanziare ottenute dagli azionisti) e altre passività

È importante capire un concetto fondamentale:
• La banca riceve del denaro attraverso le sue passività e utilizza quella liquidità per generare profitti attraverso le sue attività
La gestione di queste due voci del bilancio influisce sull’utile netto, che si calcola come segue:

UTILE NETTO = RICAVI TOTALI – COSTI TOTALI – AMMORTAMENTI – TASSE

Focalizziamoci ora sull’attivo e sui BTP. Cosa succede se i titoli di stato acquistati da una banca perdono valore?
La voce “investimenti” nel bilancio dell’attivo subirà una riduzione di valore.
Supponiamo che una banca abbia acquistato una grande quantità di BTP a un prezzo X. Il prezzo pagato per l’acquisto viene registrato dalla banca come “valore contabile”. Se a causa di particolari condizioni di mercato il valore di quella stessa grande quantità di BTP diminuisce, il valore di mercato delle obbligazioni diventa inferiore al valore contabile precedente. In questo caso, la banca è tenuta a rivalutare al valore corrente di mercato (un processo noto come “valutazione al fair value”), registrando così una perdita nell’attivo (processo noto come “svalutazione dell’attivo”) ma garantendo al contempo il valore reale del suo attivo.
Una perdita come quella descritta rappresenterebbe un costo per la banca, che andrebbe ad impattare sulla variabile “costi totali” nella formula di calcolo dell’utile netto.
Potreste chiedervi legittimamente:
“Qual è il legame tra tutto questo e lo spread? E come può essere utilizzato per vendere allo scoperto le banche italiane?”
Prendiamo in considerazione la prossima grafica, che illustra la correlazione negativa tra lo spread BTP-BUND e una banca italiana, Intesa San Paolo. Questo ci aiuterà a capire meglio la situazione.

La spiegazione della correlazione inversa è piuttosto semplice:
• Quando lo spread si rafforza, il rischio di credito dello Stato italiano aumenta. Di conseguenza, le obbligazioni aumentano il loro rendimento per compensare l’aumento di questo rischio. A causa della relazione inversa tra prezzo e rendimento, ciò si traduce in una svalutazione del prezzo delle obbligazioni sul mercato secondario. Questa svalutazione si riflette anche nei bilanci delle banche, come Intesa San Paolo, che potrebbe vedere una possibile diminuzione dell’utile netto per le ragioni discusse in precedenza.
• Se gli utili societari diminuiscono (e di conseguenza anche i dividendi distribuiti, dato che questi ultimi sono una parte dell’utile), i prezzi delle azioni probabilmente subiranno un ribasso.

Una strategia potenziale potrebbe essere quella di utilizzare lo spread come “indicatore” per vendere allo scoperto le banche italiane. Ma come si può utilizzare il BTP-BUND? E quali banche si dovrebbero scegliere? Ecco una possibile strategia di vendita piramidale basata sul trend-following:
• Impostare lo spread su un grafico giornaliero e osservare se esso mostra una tendenza:

Lo spread mostra una tendenza al rialzo!
• Correlare lo spread con le banche italiane e scegliere quella con il coefficiente di correlazione più negativo





L’ultima banca, Fineco, è quella che mostra la correlazione più negativa con lo spread.
• Se il coefficiente di correlazione continua a rimanere in territorio negativo (più è negativo, meglio è), con lo spread in rialzo, si potrebbe utilizzare lo spread come indicatore operativo per una strategia di vendita piramidale basata sul trend-following.

Credo che un esempio grafico spiegherà bene il concetto:

Al primo segnale short (breakout al rialzo) si sarebbe potuto allocare una parte del capitale per un primo short, mentre al secondo segnale (re-test del supporto) si sarebbe potuto allocare un’ulteriore porzione di capitale. Il prossimo grafico mostra un’ipotesi di un altro potenziale ingresso short sfruttando i ritracciamenti di Fibonacci.

Questo può essere un modo per riuscire a realizzare una strategia di trend following che preveda di utilizzare un indicatore come riferimento principale e un sottostante sul quale operare. Si tratta di un esempio volutamente semplicistico: per individuare le tendenze di un asset o di un indicatore, stabilire la forza o la debolezza del suo andamento e individuare quali possano essere i punti di entrata o di uscita del mercato, è necessario avere competenze di tipo tecnico.
Coloro che sono più interessati potrebbero chiedersi per quanto tempo lo spread potrebbe continuare a salire. Se dovesse verificarsi una recessione, sarebbe probabile che la sua tendenza rialzista continuerà. Se siete curiosi di conoscere i motivi dietro a ciò, vi invito a commentare l’analisi. Sarò lieto di creare un seguito per approfondire l’argomento.
A presto.









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