INVERSIONE CURVA DEI RENDIMENTI: COSA MANCA PER LA RECESSIONE?L’inversione della curva dei rendimenti è sempre attentamente monitorata da analisti, investitori ed economisti perché tende ad anticipare una recessione che, per il momento, non si è ancora verificata.
Questo potrebbe farci pensare che la famosa ‘inversione’ non sia più un segnale affidabile. Perché la tanto attesa contrazione economica non si è ancora verificata?
Buongiorno a tutti. L’obiettivo di questa analisi è quello di fornirvi un mio punto di vista su questo argomento tanto discusso negli ultimi tempi, fornendovi la variabile mancante affinché la recessione si verifichi realmente.
Buona lettura.
1. LA CURVA DEI RENDIMENTI 10-2 ANNI
La curva dei rendimenti 10-2 anni rappresenta la differenza tra il rendimento del titolo di stato americano a 10 anni e quello a 2 anni. Questa curva, che è illustrata nella figura successiva in azzurro, tende a seguire un andamento ciclico, con fasi di rialzo e ribasso. Quando la curva scende al di sotto della soglia dello 0%, si verifica la sua tanto famosa inversione.
Rendimento a 10 anni, a 2 anni e la relativa curva dei rendimenti a quelle scadenze. Grafico mensile
La figura successiva è particolarmente utile perché illustra i motivi per i quali una curva si espande (diventa ‘rialzista’) o si contrae, superando poi al ribasso la soglia dello 0%:
• Quando il rendimento a 2 anni è più basso rispetto a quello a 10 anni (come accaduto dal settembre 2000 al giugno 2003), la curva tende ad inclinarsi verso l’alto
• Successivamente, quando il rendimento a 2 anni inizia a riallinearsi con quello a 10 anni, la curva tende a inclinarsi verso il basso (come accaduto da novembre 2010 a settembre 2019)
• Quando il rendimento a 2 anni supera quello a 10 anni, si verifica l’inversione
Questi aspetti saranno chiariti nel paragrafo successivo.
L’espansione e la contrazione della curva dei rendimenti 10-2 anni. Grafico mensile
2. LA CURVA DEI RENDIMENTI 10-2 ANNI È INFLUENZATA DALLA POLITICA MONETARIA
L’evoluzione della curva è fortemente influenzata dalle aspettative di politica monetaria. Come illustrato nella figura successiva, esiste una correlazione negativa tra la curva e i tassi di interesse applicati dalla Federal Reserve.
La correlazione negativa tra curva dei rendimenti 10-2 anni e tassi di interesse della Federal Reserve. Grafico mensile
• Quando la FED riduce i tassi di interesse, la curva tende a espandersi
• Al contrario, quando la FED adotta una politica monetaria più rigida, la curva tende a contrarsi
Più aggressiva è la politica monetaria, più la curva tende a raggiungere valori inferiori allo 0%, in maniera progressivamente decrescente. Questo si verifica perché:
• Il rendimento a 2 anni risente maggiormente delle aspettative di politica monetaria
• Il rendimento a 10 anni, invece, è influenzato principalmente dalle aspettative di inflazione
I punti discussi in questo paragrafo mirano a chiarire un concetto fondamentale: il movimento della curva dei rendimenti è direttamente legato alle aspettative del mercato riguardo ai tassi di interesse.
3. CURVA DEI RENDIMENTI, PIL E…FIDUCIA DEI CONSUMATORI, LA VARIABILE MANCANTE!
Nell’introduzione dell’analisi abbiamo evidenziato come l’inversione della curva dei rendimenti 10-2 anni sia comunemente riconosciuta come un indicatore anticipatore delle recessioni economiche. Questo concetto è illustrato nella figura successiva:
La curva dei rendimenti 10-2 anni è un leading indicator di recessioni economiche. Grafico mensile
Perché, nonostante l’inversione della curva nell’estate del 2022, non si intravede ancora all’orizzonte una contrazione economica? Iniziamo ricordando le variabili che compongono il PIL (secondo il metodo della spesa:
PIL = C + I + G + (EXPORT – IMPORT)
Dove:
C: Consumi, ossia la quantità di beni e servizi acquistati dai consumatori
I: Investimenti, ossia le spese delle imprese e delle famiglie in immobili e beni strumentali
G: Spesa pubblica
(EXPORT – IMPORT): Bilancia commerciale
È fondamentale sottolineare che la variabile dei consumi è probabilmente la più significativa, dato che il PIL degli Stati Uniti ne dipende per il 70%. Questo suggerisce che l’economia della prima potenza mondiale è fortemente influenzata dai suoi consumatori. In particolare:
• Se i consumatori sono fiduciosi, tenderanno probabilmente ad aumentare le spese in beni e servizi, rafforzando così la variabile C del PIL e, di conseguenza, il PIL stesso.
• Al contrario, se la loro fiducia è bassa, la stessa variabile si indebolirà e il PIL risentirà di questa situazione.
Da queste due considerazioni deriva una delle correlazioni più importanti in ambito macroeconomico: quella positiva tra la fiducia dei consumatori e prodotto interno lordo!
La correlazione positiva tra fiducia dei consumatori e prodotto interno lordo. Grafico mensile
Abbiamo quindi individuato la variabile mancante per la recessione: la fiducia dei consumatori. Infatti, se osserviamo il grafico successivo, notiamo che, sebbene la curva dei rendimenti si sia invertita, segnalando un allarme di recessione, la fiducia dei consumatori non ha seguito lo stesso andamento. Al contrario, è in rialzo!
La curva dei rendimenti e la fiducia dei consumatori non stanno seguendo la stessa tendenza. Grafico mensile
È importante tenere presente un altro elemento: prima dell’insorgere di una possibile recessione, dopo l’inversione, la curva dei rendimenti dovrebbe risalire al di sopra dello 0%. Questo dettaglio è stato messo in evidenza tre grafici fa.
Tuttavia, questo ‘ritorno allo zero’ (come si può osservare nel grafico successivo) dovrebbe essere accompagnato da una diminuzione della fiducia dei consumatori.
Affinché ci possa essere una recessione, il ritorno allo zero della curva dovrebbe essere accompagnato da un calo della fiducia dei consumatori. Grafico mensile
Ecco, quindi, nel grafico successivo, quello che dovrebbe accadere:
Rimbalzo della curva accompagnato da un calo della fiducia dei consumatori. Grafico mensile
Per concludere l’analisi:
• L’economia statunitense dipende fortemente dai consumatori e dalle loro spese per beni e servizi. In un periodo di ‘espansione’ economica, la domanda di beni e servizi aumenta, rafforzando la variabile C del PIL e alimentando l’inflazione. A questo punto, la FED è costretta ad aumentare i tassi di interesse per mantenere la stabilità dei prezzi, causando di fatto l’inversione della curva dei rendimenti. Tassi di interesse elevati possono influenzare negativamente il sentiment dei consumatori. Pensate a coloro indebitati a tassi di interesse variabili per acquistare una casa, un’auto o qualsiasi altro bene discrezionale: avranno un reddito inferiore a causa delle rate più onerose. A redditi inferiori corrisponderanno spese minori, un indebolimento della variabile C del PIL e… una successiva (potenziale) contrazione dello stesso.
Quindi… sì, osserviamo la curva dei rendimenti, ricordando di tenere d’occhio anche altre variabili.
A presto
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XAUUSD: Strategia di negoziazione per la prossima settimana
La forte ascesa dell’oro nel commercio del venerdì ha posto fine alla repressione critica e ha dato impulso alla decapitazione. Il perdurare di questa tendenza all’aumento dimostra che la prossima settimana dovremo continuare a lavorare con l’omeopatia, seguendo il confine del 1900 con attenzione e determinazione.
Per quanto riguarda le fonti, l’intensificarsi del conflitto israelo-palestinese ha determinato un aumento della domanda di rifugio dall’oro, che è stato uno dei principali fattori dell’aumento del prezzo dell’oro. Inoltre, i segnali lanciati dalla fed di un’eventuale rinuncia all’aumento dei tassi di interesse costituiscono un supporto per il prezzo dell’oro. Insieme, questi fattori hanno contribuito a far salire il prezzo dell’oro e a formare una forte tendenza al rialzo. Attualmente, la pressione al di sopra dell’oro deriva principalmente dalla posizione pre-primaria del periodo 1940-1945, che è sotto pressione. Quando i prezzi raggiungono la posizione, possono verificarsi degli aggiustamenti, e la settimana prossima continuiamo a guardare con preoccupazione all’aumento.
Dall’analisi giornaliera emerge che nella parte superiore si è posto l’accento sulla repressione di primo piano (1940-1945) e nella parte inferiore sugli appoggi (1920).
GOOGLE: BAT /CIGNO NERO/ Onda di WolfeGOOGLE: PIPISTRELLO/CIGNO NERO/ Onda di Wolfe.
Google/Alphabet rientra tra i “Magnifici Sette” e la performance degli ultimi mesi è indiscutibile. Tuttavia, anche se i fondamenti sono tutti verdi, potrebbe esserci un "Cigno Nero" annidato nella società di Mountainview, questo cigno nero potrebbe persino avere il volto del Dipartimento di Giustizia. Da giorni, infatti, i giudici stanno scavando nel passato per scoprire se Google non avrebbe abusato e utilizzato manipolazioni finanziarie per ottenere questa posizione dominante nei motori di ricerca.
Che si sottoscriva o meno questa teoria del complotto, non possiamo trascurare il fatto che il governo vorrà dare l'esempio e privare Google dei suoi attuali privilegi - come, ad esempio, quello di essere il motore di ricerca predefinito di Apple - questa ipotesi potrebbe addirittura giustificare la probabilità di una correzione severa, anche se, a lungo termine, neanche questa dovrebbe avere un impatto eccessivo. A ciò si aggiunge il fatto che i Magnifici Sette sono stanchi dopo il raduno del 2023 e si ha una “tempesta perfetta” che incombe su Mountain View.
SOX: Linea di tendenza da tenere occhioLinea di tendenza da tenere d'occhio!!!!
In effetti, l’indice dei semiconduttori “SOX”, noto come indicatore anticipatore, sembra mostrare segni di debolezza. Sebbene sia tornato sulla sua linea di tendenza rialzista, possiamo ancora diffidare delle onde di Wolfe che indicano un possibile breakout. Per non parlare del fatto che componenti importanti come “Intel” o “Nvidia” sono molto alti e sopravvalutati (Nvidia), o hanno sperimentato una serie abbastanza fenomenale di aumenti consecutivi (Intel). La rottura del trend rialzista potrebbe essere un segnale negativo per la tecnologia e soprattutto per il mercato nel suo insieme.
VIX : rialzista “BUTTERFLY” in (H4)-È stato rilevato un modello armonico rialzista “BUTTERFLY” in (H4)
-Al ribasso, 11.82 dovrebbe essere tenuto d'occhio.
-Ma le probabilità sono sempre più in aumento.
-Il discorso della BCE forse “cambierà la situazione”.
-Non dimenticare che Volatility è MOLTO all'altezza del suo nome!
-Stai attento e "resta coperto!" » ;-)
PUT/CALL ratio: anticipare i crolli e i minimi del mercatoCos’è il rapporto PUT/CALL ratio? Cosa misura e a cosa serve? Può essere utilizzato per creare strategie di trading? Buongiorno a tutti.
L’obiettivo dell’analisi di oggi è presentarvi uno dei rapporti più noti nel mondo della finanza, il PUT/CALL ratio, con la speranza di fornirvi un’analisi il più pratica e operativa possibile.
Gli argomenti dell’analisi:
• Il PUT/CALL ratio
• Il PUT/CALL ratio sugli indici, anticipatore del clima di risk off
• Il PUT/CALL ratio sulle azioni, anticipatore dei minimi di mercato
• Come approfittare del put/call ratio sulle azioni per creare strategie di trading
Buona lettura.
1. IL PUT/CALL RATIO
Il PUT/CALL ratio è un indicatore che calcola il rapporto tra il volume delle opzioni PUT e CALL scambiate nei mercati. Questo rapporto si esprime come segue:
PUT/CALL RATIO: VOLUME OPZIONI PUT/ VOLUME OPZIONI CALL
L’acquisto di un’opzione call indica un’aspettativa rialzista del mercato, mentre l’acquisto di un’opzione put suggerisce un’aspettativa ribassista. Il PUT/CALL ratio, come mostrano le due immagini successive, può essere applicato sia alle azioni che agli indici.
Il PUT/CALL ratio sulle azioni
Il PUT/CALL ratio sugli indici
È interessante notare come questo rapporto, per entrambe le categorie, tenda a oscillare attorno al valore di “1”.
• Un rapporto pari a 1 denota un volume uguale di opzioni “ribassiste” e “rialziste” scambiate nei mercati
• Se il rapporto è inferiore a 1, significa che c’è un volume maggiore di opzioni call
• Al contrario, se il rapporto è superiore a 1, indica un volume maggiore di opzioni put
Questo rapporto è particolarmente utile per valutare il sentiment del mercato:
• se l’indice sale, il mercato viene considerato più pessimista
• se l’indice scende, il mercato viene visto come più ottimista
Nella prossima immagine, correleremo i due indicatori con l’S&P500 per illustrare quanto appena discusso.
Le correlazioni risultano essere negative. Tuttavia, emerge un dettaglio piuttosto interessante:
• L’S&P500 mostra una correlazione più negativa con il PUT/CALL ratio delle azioni rispetto alla correlazione che presenta con il PUT/CALL ratio degli indici
Come mai?
Tipicamente le opzioni sulle azioni sono utilizzate per scopi speculativi, mentre quelle sugli indici sono utilizzate per la copertura (o hedging). Questo implica che:
• Le opzioni sulle azioni mirano a capitalizzare sui movimenti di mercato a breve termine; pertanto, il PUT/CALL ratio delle azioni tende ad allinearsi con i movimenti dell’S&P500
• Le opzioni sugli indici, invece, cercano di trarre vantaggio dai movimenti di mercato a lungo termine, e quindi il PUT/CALL ratio sugli indici tende a muoversi in modo più disallineato rispetto allo stesso benchmark
Questo spiega le due diverse correlazioni osservate nella figura precedente.
2. IL PUT/CALL RATIO SUGLI INDICI, ANTICIPATORE DEL CLIMA DI RISK OFF
Per spiegare il termine “a più lungo termine del mercato”, immaginiamo che l’investitore X abbia un portafoglio di titoli e che il mercato azionario sia in una tendenza rialzista. Nonostante il sentiment generale positivo, l’investitore X acquista opzioni PUT sull’indice per “proteggersi” da un possibile crollo o ribasso del mercato.
Potreste chiedervi se un’opzione PUT possa essere considerata come una sorta di assicurazione. In questo contesto, la risposta è sì! L’opzione PUT agisce come una polizza assicurativa, proteggendo l’investitore da eventuali perdite significative.
Interpretando correttamente l’ultima frase, si può dedurre che l’aumento del PUT/CALL ratio sugli indici funge da indicatore anticipatore (leading indicator) di potenziali ribassi o crolli di mercato. Questa affermazione trova conferma nelle grafiche che ora andremo a esaminare.
Al “PUT/CALL ratio indicies” è stata applicata una media mobile a 5 periodi per filtrare meglio il suo movimento, ottenendo così un andamento meno frastagliato. Detto questo, si è osservato che un aumento del volume di opzioni PUT, anche durante un trend rialzista del mercato, ha spesso anticipato un periodo di risk-off sull’S&P500.”
Dato che in precedenza abbiamo sottolineato come il ratio sulle azioni tende a muoversi più in “tempo reale”, possiamo affermare che questo viene anticipato dal ratio sugli indici.
3. IL PUT/CALL RATIO SULLE AZIONI, ANTICIPATORE DEI MINIMI DI MERCATO
Abbiamo esaminato l’importante funzione del precedente ratio, ma cosa possiamo dire del ratio sulle azioni? Su un timeframe settimanale, esso tende ad anticipare i minimi di mercato, in particolare quando il rapporto raggiunge valori di 1.25. Osserviamo le prossime grafiche per un’analisi più dettagliata.
Dal 2008 ad oggi, ogni volta che il ratio ha raggiunto i valori indicati dalla linea rossa, il mercato ha toccato dei minimi, per poi registrare rialzi di varia intensità a seconda delle circostanze. Un rapporto di 1.25 indica un volume di opzioni ribassiste notevolmente superiore rispetto a quello delle opzioni rialziste. Perché, a questi livelli, il mercato ha poi registrato dei successivi rialzi?
• I livelli a 1.25 rappresentavano e rappresenteranno delle zone di ipervenduto. Dopo che il mercato arriva nella zona di ipervenduto, tipicamente riparte al rialzo. Questo può essere dovuto al fatto che molti venditori allo scoperto chiuderanno le loro posizioni ribassiste generando dei guadagni, influenzando così positivamente il prezzo (si vende a un certo valore e prezzo e si acquista ad un prezzo più basso). Inoltre, i prezzi più bassi diventeranno attraenti per altri investitori che approfitteranno della situazione per acquistare (fornendo così un ulteriore supporto rialzista al prezzo). Non bisogna dimenticare anche alcune strategie di trading in acquisto, basate proprio sul contesto dell’ipervenduto.
4. COME APPROFITTARE DEL PUT/CALL RATIO SULLE AZIONI PER CREARE STRATEGIE DI TRADING
Per sfruttare un PUT/CALL ratio sulle azioni a 1.25, si potrebbe:
• Aspettare che l’evento si verifichi su un timeframe giornaliero (quando il ratio raggiunge la soglia dell’1.25)
• Attendere la formazione di una figura tecnica che indichi un’inversione di tendenza
• Entrare a mercato con un profilo di rischio/rendimento adeguato
Alcuni esempi nelle prossime tre figure:
Concludiamo affermando che entrambi i ratio, se utilizzati in modo intelligente, possono fornire una moltitudine di informazioni, tra cui il clima di mercato e numerose opportunità, come quelle di trading. A mio parere, tuttavia, sono strumenti eccellenti per la gestione di un portafoglio di investimenti, non solo di azioni, ma anche di obbligazioni.
Magari ne parlerò più dettagliatamente la prossima settimana. Un saluto, a presto!
Obiettivi NZD / USD per la notte delle elezioni Obiettivi NZD / USD per la notte delle elezioni
Voglia di vendere nell'incertezza? Questo potrebbe essere uno scenario per il NZD / USD in vista delle elezioni in Nuova Zelanda, che è troppo vicino per richiedere uno dei principali partiti politici in questo momento (Labour vs National). Il voto è stato aperto tutta la settimana e chiude il 14 ottobre, con il vincitore chiamato lo stesso giorno (ma dopo la chiusura di questa settimana di negoziazione).
I sondaggi hanno il partito nazionale di destra che si sta ritagliando un piccolo vantaggio al momento, ma alcuni singhiozzi hanno visto questo vantaggio ridursi nella scorsa settimana (ad esempio, sono stati sorpresi a mentire consapevolmente sull'importo che la persona media avrebbe ricevuto dai loro tagli fiscali promessi)
National ha anche promesso di rimuovere il mandato della Reserve Bank of New Zealand di considerare l'occupazione nelle sue decisioni sui tassi di interesse, il che potrebbe spostare la banca centrale verso una tendenza più accomodante (poiché le attuali forti cifre sull'occupazione in Nuova Zelanda stanno forse aumentando la sua propensione a salire). Combinate questo con l'incertezza generale indotta dalle elezioni, e alcuni obiettivi al ribasso per la coppia NZD/USD potrebbero essere tracciati in previsione della notte delle elezioni e del lunedì successivo ai risultati.
Il recente punto di contatto per 0.5861 è l'obiettivo più ovvio che la coppia dovrà superare se vuole cercare obiettivi più bassi. Ciò aprirebbe anche nuovi minimi del 2023, con i benchmark del 2022 che aiutano a fissare possibili obiettivi.
SFRUTTARE LO SPREAD PER VENDERE ALLO SCOPERTO LE BANCHE ITALIANE• Qual è l’importanza del BTP-BUND nel nostro Paese?
• Perché diventa un argomento di discussione frequente, soprattutto quando tende ad aumentare?
• Come si può trarre profitto dal suo aumento?
Buongiorno a tutti.
L’obiettivo di questo articolo è rispondere alle tre domande sopra citate, con la speranza di fornirvi contenuti il più possibile teorici, pratici e operativi. I protagonisti sono:
• BTP
• BUND
• Spread BTP-BUND
• Il rischio di credito
• L’impatto della svalutazione dei BTP e del rialzo dello spread sui bilanci delle banche italiane
• Una strategia operativa di vendita allo scoperto in trend-following
Vorrei sottolineare che i contenuti non devono essere interpretati come “consigli finanziari”. Buona lettura.
LO SPREAD BTP-BUND
Lo spread BTP-BUND, illustrato nella grafica successiva, rappresenta la differenza tra il rendimento del BTP decennale e quello del bund decennale. Esso è definito dalla semplice differenza matematica:
SPREAD BTP-BUND = IT10Y – DE10Y
Lo spread presenta variazioni che possono essere sia rialziste che ribassiste. La figura seguente illustra le implicazioni di tali variazioni:
• Quando lo spread è rialzista, il rendimento del BTP sovraperforma quello del Bund
• Al contrario, quando è in ribasso, il rendimento del BTP tende a “riavvicinarsi” a quello tedesco.
Lo spread è un indicatore attentamente monitorato poiché misura il grado di default del nostro Stato, ossia la sua capacità di onorare i suoi obblighi finanziari. Ora, con dei semplici esempi, sarà spiegato il modo in cui esso deve essere inteso.
Gli Stati mondiali, per finanziare le loro casse, emettono tipicamente obbligazioni (o titoli di Stato, se preferite), conosciute come “debito pubblico”:
• “Il debito” rappresenta l’interesse che gli Stati sono tenuti a rimborsare ai loro obbligazionisti, che costituiscono quindi il “pubblico”
Le obbligazioni, in quanto strumenti finanziari, presentano cinque rischi fondamentali:
• Rischio inflazione
• Rischio di credito
• Rischio di cambio
• Rischio di tasso di interesse
• Rischio di liquidità
Ogni rischio associato a un’obbligazione è riflettuto nel rendimento offerto al momento dell’acquisto. Di conseguenza:
• Più numerosi e significativi sono i rischi associati, maggiore sarà il suo rendimento
Questo ci porta a una delle eguaglianze più importanti nel mondo degli investimenti:
RISCHIO = RENDIMENTO
Abbiamo visto che lo spread differenzia i rendimenti del BTP e del BUND. Questo implica che:
• Se il BTP ha un rendimento più alto del Bund, l’emittente “Italia” sarà considerata più rischiosa rispetto all’emittente “Germania”
Entrambi i Paesi utilizzano la stessa valuta e sono quindi influenzati da una banca centrale comune, la BCE. Di conseguenza, condividono rischi molto simili, tra i quali quelli di inflazione, cambio, tasso di interesse e liquidità. Considerando solo il rischio di credito, possiamo affermare che:
• Se il BTP ha un alto rendimento rispetto al Bund, l’emittente “Italia” sarà considerata più rischiosa dal punto di vista creditizio rispetto all’emittente “Germania”
Non si può considerare la Germania più rischiosa rispetto al nostro Paese? La risposta è no; la Germania presenta il massimo grado di solvibilità, il che significa che è praticamente impossibile che dichiari default. Per questa ragione, viene utilizzata come riferimento per determinare il grado di solvibilità degli altri Paesi dell’euro zona, tra i quali proprio l’Italia.
Attualmente, lo spread BTP-BUND è intorno a valori del 2%. Questo implica che:
• Gli investitori richiedono un rendimento supplementare del 2% per investire nei titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi. Questo incremento del 2% rappresenta la remunerazione richiesta per assumersi il rischio di default
2. LO SPREAD DAL 2000 AD OGGI
L’Italia è sempre stata considerata più rischiosa della Germania dall’introduzione dell’euro? Per rispondere a questa domanda, osserviamo le grafiche successive:
• Dal 2000 al 2006 i rendimenti dei titoli decennali di entrambi i Paesi seguivano percorsi quasi paralleli, con il rendimento del BTP leggermente superiore a quello del BUND
Da questo possiamo dedurre che il rischio di default era praticamente lo stesso per entrambi. Per confermare questa deduzione, esaminiamo la grafica successiva che mostra i ratings assegnati ai due Paesi dall’agenzia Fitch:
• Nel periodo considerato, la Germania ha sempre mantenuto il massimo grado di rating, mentre l’Italia aveva un rating leggermente inferiore. Questo suggerisce che i due Paesi avevano una stabilità creditizia quasi identica e che il mercato richiedeva un rendimento supplementare molto basso per assumersi il rischio di default
Per coloro che non sono a conoscenza dei rating, si tratta di valutazioni fornite da agenzie di ratings come Fitch, Moody’s e S&P riguardanti la capacità di un emittente di ripagare i suoi debiti. Questi “giudizi” sono espressi in forma letteraria e, a scopo informativo, sono rappresentati nella grafica seguente:
Tra il 2007 e il 2012 si sono verificate due importanti crisi economico-finanziarie:
• La crisi immobiliare negli Stati Uniti, che ha successivamente scatenato la crisi del debito sovrano in Europa
Proprio nel 2007 i rendimenti hanno iniziato a divergere, con l’Italia percepita come sempre più rischiosa. Il picco è stato raggiunto nel 2011, quando lo spread ha toccato i suoi massimi storici (oltre il 5.5%).
Durante questo periodo la Germania ha mantenuto costantemente il suo rating di AAA, mentre l’Italia ha subito un declassamento da AA ad AA-, poi ad A+ e infine ad A-. Questo ha portato quest’ultima ad essere percepita sempre più rischiosa, sia dal mercato (come evidenziato dall’aumento dei rendimenti dei BTP sul mercato secondario), sia dalle agenzie di ratings.
Come evidenziato nelle due grafiche successive, la divergenza tra i due rendimenti si è mantenuta dalla crisi del debito sovrano fino ad oggi. Il rendimento italiano è rimasto costantemente superiore a quello tedesco, con il nostro Paese che ha subito un declassamento da A- a BBB.
Abbiamo esaminato come eventi economico-finanziari di grande portata possono mettere a rischio la solvibilità di uno Stato. Tuttavia, è importante non trascurare altri fattori come il debito pubblico e la crescita economica, che sono strettamente interconnessi, e la stabilità politica. Infatti:
• Esiste una differenza notevole se l’aumento del debito si verifica in un contesto di crescita economica rispetto ad un’economia stagnante: nel primo caso il debito verrebbe ripagato più facilmente poiché uno Stato genererebbe maggiori entrate fiscali (con un basso tasso di disoccupazione i consumatori avranno maggior reddito soggetto…a tassazione!). Questo non è vero in un contesto di decrescita economica o in un’economia stagnante. Il parametro per misurare questo è il rapporto debito/pil, espresso in percentuale
• Le instabilità politiche minano il sentiment degli investitori poiché generano incertezza. Sappiamo che i mercati non gradiscono affatto questa condizione
Le ultime tre grafiche mostrano i debiti pubblici italiano e tedesco al 2022 e le rispettive crescite economiche:
3. COME UTILIZZARE LO SPREAD BTP-BUND PER VENDERE ALLO SCOPERTO LE BANCHE ITALIANE
Negli ultimi due anni gli investitori retail sono stati particolarmente preoccupati per le obbligazioni. Si chiedono costantemente quando esse risaliranno e quando la banca centrale taglierà i tassi di interesse. Queste domande riflettono la loro incertezza, e non è difficile capire il motivo: avere titoli di stato svalutati nel proprio portafoglio di investimento non è certo piacevole.
La figura che segue illustra la svalutazione di un ETF obbligazionario “italiano” dal 2020 ad oggi:
Attualmente, il debito pubblico italiano si trova a livelli straordinariamente alti; al momento della scrittura di questo articolo, l’Italy Debt Clock si attesta a 3.010.345.819.700€. Ma chi detiene la maggior parte di questo debito? Una grafica elaborata da Unimpresa fornisce una risposta:
A marzo 2023:
• Il 26.3% era detenuto da investitori stranieri
• Il 25.8% dalla Banca d’Italia
• Il 25% circa dalle banche italiane
• Il 12.3% da fondi e istituzioni finanziarie
• Il 10.7% dalle famiglie italiane
Ciò che risalta nella grafica precedente è la quantità di titoli di stato detenuti dalle banche italiane. Il motivo? Anche loro investono la loro liquidità! Questo porta a una domanda naturale:
Cosa succede ad una banca se i titoli di stato che ha acquistato perdono valore? Cerchiamo di spiegare questa dinamica nel modo più semplice possibile.
In generale, il bilancio di una banca presenta due componenti principali: l’attivo e il passivo.
• L’attivo rappresenta “le attività” che la banca detiene e che possono generare reddito; queste includono la liquidità e le riserve obbligatorie (queste due sono essenziali per il funzionamento di una banca, anche se non generano direttamente reddito), i crediti verso altre istituzioni, i prestiti e finanziamenti alla clientela, e investimenti (titoli)
• Il passivo rappresenta la fonte di finanziamento della banca; queste includono i depositi dei clienti, i prestiti interbancari, l’emissione di obbligazioni, il capitale proprio (ad esempio, le risorse finanziare ottenute dagli azionisti) e altre passività
È importante capire un concetto fondamentale:
• La banca riceve del denaro attraverso le sue passività e utilizza quella liquidità per generare profitti attraverso le sue attività
La gestione di queste due voci del bilancio influisce sull’utile netto, che si calcola come segue:
UTILE NETTO = RICAVI TOTALI – COSTI TOTALI – AMMORTAMENTI – TASSE
Focalizziamoci ora sull’attivo e sui BTP. Cosa succede se i titoli di stato acquistati da una banca perdono valore?
La voce “investimenti” nel bilancio dell’attivo subirà una riduzione di valore.
Supponiamo che una banca abbia acquistato una grande quantità di BTP a un prezzo X. Il prezzo pagato per l’acquisto viene registrato dalla banca come “valore contabile”. Se a causa di particolari condizioni di mercato il valore di quella stessa grande quantità di BTP diminuisce, il valore di mercato delle obbligazioni diventa inferiore al valore contabile precedente. In questo caso, la banca è tenuta a rivalutare al valore corrente di mercato (un processo noto come “valutazione al fair value”), registrando così una perdita nell’attivo (processo noto come “svalutazione dell’attivo”) ma garantendo al contempo il valore reale del suo attivo.
Una perdita come quella descritta rappresenterebbe un costo per la banca, che andrebbe ad impattare sulla variabile “costi totali” nella formula di calcolo dell’utile netto.
Potreste chiedervi legittimamente:
“Qual è il legame tra tutto questo e lo spread? E come può essere utilizzato per vendere allo scoperto le banche italiane?”
Prendiamo in considerazione la prossima grafica, che illustra la correlazione negativa tra lo spread BTP-BUND e una banca italiana, Intesa San Paolo. Questo ci aiuterà a capire meglio la situazione.
La spiegazione della correlazione inversa è piuttosto semplice:
• Quando lo spread si rafforza, il rischio di credito dello Stato italiano aumenta. Di conseguenza, le obbligazioni aumentano il loro rendimento per compensare l’aumento di questo rischio. A causa della relazione inversa tra prezzo e rendimento, ciò si traduce in una svalutazione del prezzo delle obbligazioni sul mercato secondario. Questa svalutazione si riflette anche nei bilanci delle banche, come Intesa San Paolo, che potrebbe vedere una possibile diminuzione dell’utile netto per le ragioni discusse in precedenza.
• Se gli utili societari diminuiscono (e di conseguenza anche i dividendi distribuiti, dato che questi ultimi sono una parte dell’utile), i prezzi delle azioni probabilmente subiranno un ribasso.
Una strategia potenziale potrebbe essere quella di utilizzare lo spread come “indicatore” per vendere allo scoperto le banche italiane. Ma come si può utilizzare il BTP-BUND? E quali banche si dovrebbero scegliere? Ecco una possibile strategia di vendita piramidale basata sul trend-following:
• Impostare lo spread su un grafico giornaliero e osservare se esso mostra una tendenza:
Lo spread mostra una tendenza al rialzo!
• Correlare lo spread con le banche italiane e scegliere quella con il coefficiente di correlazione più negativo
L’ultima banca, Fineco, è quella che mostra la correlazione più negativa con lo spread.
• Se il coefficiente di correlazione continua a rimanere in territorio negativo (più è negativo, meglio è), con lo spread in rialzo, si potrebbe utilizzare lo spread come indicatore operativo per una strategia di vendita piramidale basata sul trend-following.
Credo che un esempio grafico spiegherà bene il concetto:
Al primo segnale short (breakout al rialzo) si sarebbe potuto allocare una parte del capitale per un primo short, mentre al secondo segnale (re-test del supporto) si sarebbe potuto allocare un’ulteriore porzione di capitale. Il prossimo grafico mostra un’ipotesi di un altro potenziale ingresso short sfruttando i ritracciamenti di Fibonacci.
Questo può essere un modo per riuscire a realizzare una strategia di trend following che preveda di utilizzare un indicatore come riferimento principale e un sottostante sul quale operare. Si tratta di un esempio volutamente semplicistico: per individuare le tendenze di un asset o di un indicatore, stabilire la forza o la debolezza del suo andamento e individuare quali possano essere i punti di entrata o di uscita del mercato, è necessario avere competenze di tipo tecnico.
Coloro che sono più interessati potrebbero chiedersi per quanto tempo lo spread potrebbe continuare a salire. Se dovesse verificarsi una recessione, sarebbe probabile che la sua tendenza rialzista continuerà. Se siete curiosi di conoscere i motivi dietro a ciò, vi invito a commentare l’analisi. Sarò lieto di creare un seguito per approfondire l’argomento.
A presto.
GUERRA IN ISRAELE, NFP e ORO!L’aumento delle tensioni geopolitiche sta pesando sulla propensione al rischio, in seguito all’attacco di Hamas contro Israele nel fine settimana.
I prezzi del petrolio sono balzati del 4%, con il greggio scambiato appena sotto la soglia degli 88 dollari al barile, dopo aver terminato la scorsa settimana appena sopra gli 84 dollari al barile.
I futures sui titoli del Tesoro sono aumentati, riflettendo una certa avversione al rischio a seguito degli eventi di questo fine settimana in Medio Oriente.
Il rapporto sull'occupazione di settembre ha fornito un'enorme sorpresa al rialzo per le buste paga del settore non agricolo, con l'NFP che ha quasi raddoppiato la stima di consenso a +336.000, mentre i mesi precedenti sono stati rivisti al rialzo.
Ciò aggiunge ulteriore benzina sul fuoco a sostegno della posizione “più alta per più tempo” della Fed.
Detto questo, i dettagli del rapporto sono stati contrastanti, poiché la retribuzione oraria media ha sorpreso al ribasso con un secondo aumento consecutivo dello 0,2% su base mensile che ha visto il tasso su base annua scendere dal 4,3% al 4,2%; il tasso di disoccupazione ha sorpreso al rialzo, dati i deboli guadagni occupazionali di soli 86.000 unità nel sondaggio sulle famiglie.
Inoltre, c'è da evidenziare che le revisioni al rialzo per il NFP di agosto sono state interamente guidate dalle buste paga governative, poiché le buste paga private sono state in realtà riviste leggermente al ribasso.
Al di fuori dei dati, bisogna tenere d'occhio la situazione a Washington.
Anche se per ora lo shutdown del governo è stato scongiurato, rimane una possibilità a metà novembre.
Quanto più si protrae la ricerca da parte della Camera di un nuovo relatore, tanto maggiore diventa il rischio.
Il calendario questa settimana è ricco di dati importanti, con il rapporto CPI di settembre, insieme al PPI e ai prezzi di importazione/esportazione.
In agenda ci sono anche la fiducia dei consumatori e i verbali della riunione del FOMC di settembre.
Sul fronte della Fed, i verbali della riunione del FOMC di settembre dovrebbero ribadire un forte sostegno all’orientamento “rialzista più a lungo”, come è stato evidenziato nel recente discorso della Fed.
Le ultime escalation della guerra in Israele hanno portato a rialzo i futures di diverse materie prime, tra cui l'oro.
Il futures dell'oro ha aperto con un GAP di oltre 100 pips a rialzo.
Perchè la guerra in Israele influenza l'oro?
L’aumento del rischio geopolitico spinge l’acquisto di asset come l’oro e al contempo aumenta la domanda di titoli del Tesoro statunitensi.
A preoccupare gli investitori è l’ipotesi di un conflitto più ampio a causa delle accuse di un coinvolgimento di Teheran negli attacchi.
Una valutazione che riguarda anche il dollaro che, in passato, ha tratto beneficio dalle crisi internazionali.
Il dollaro e lo yen sono infatti rimbalzati in scia alla recrudescenza delle tensioni in Medio Oriente, che hanno spinto i mercati anche verso le valute cosiddette rifugio.
Il gap rimane un'ottima occasione di trading, ma attenzione alle instabilità di breve termine.
L'oro dopo aver raggiunto i livelli segnalati la scorsa settimana a 1810$ l'oncia ha dato qualche segnale di possibile riassorbimento.
Nonostante questo i posizionamenti istituzionali rimangono ribassisti.
Buon trading a tutti
MERCATI EMERGENTI: tre indicatori da seguire attentamente Quali sono le prospettive attuali per i mercati emergenti? Rappresentano un’opportunità per il medio termine?
Buongiorno. L’analisi si concentrerà sui mercati emergenti, esaminati da una prospettiva macroeconomica e intermarket, utilizzando l’ETF iShares MSCI Emerging Markets e altri indicatori chiave, tra i quali:
• PMI composito globale
• Dollaro americano
• Indice di sentiment economico SPHB/SPLV
• Spread obbligazionario ad alto rendimento dei mercati emergenti
Buona lettura.
1. ANALISI TECNICA “EEM”
La figura successiva ha lo scopo di analizzare dal punto di vista tecnico il prezzo dell’ETF “EEM”, che mira a replicare i risultati di investimento di un indice composto da azioni di società dei mercati emergenti a grande e media capitalizzazione.
Il prezzo, dopo aver toccato il minimo del mercato ribassista raggiunto a fine ottobre 2022, ha registrato un significativo impulso rialzista che si è concluso il 26 gennaio del 2023; da quella data in poi, tuttavia, esso ha mostrato segni di debolezza:
• Le strutture di prezzo più significative includono una resistenza dinamica ribassista, testata due volte (fine gennaio e fine luglio), e il supporto situato a 37.5$/36.5$
La figura di analisi tecnica caratterizzata da una resistenza dinamica ribassista e un supporto statico è comunemente nota come “triangolo discendente” che effettivamente indica una debolezza del prezzo; quest’ultima si è accentuata a partire dall’ultimo massimo del 31 luglio, portando ad una performance negativa del -11.4% da quel giorno in avanti.
A scopo informativo rilascio le successive due grafiche che mostrano i principali componenti dell’ETF, l’esposizione settoriale e quella geografica.
2. I FATTORI CHE INFLUENZANO I MERCATI EMERGENTI
Prima di acquistare (o vendere) un asset finanziario è necessario sapere (e poi capire) quali sono le dinamiche che vanno ad influenzarlo.
Per quanto riguarda i mercati emergenti, le due più importanti sono:
• L’intensità economica
• Il dollaro americano
Le dinamiche sopra descritte sono confermate dalle due grafiche successive:
• La correlazione diretta EEM – PMI composito globale
• La correlazione inversa EEM – indice del dollaro americano
Le due grafiche precedenti sottintendono che i mercati azionari dei Paesi emergenti realizzano buone performance al crescere dell’intensità economica e all’indebolirsi del dollaro americano.
Perché? I motivi sono presto spiegati.
Lato economia:
• Durante i periodi di crescita economica si verificano sentiment positivi tra i consumatori, che si traducono in una maggior domanda per beni e servizi. L’aumento delle vendite da parte delle società si traduce in utili in crescita e, di conseguenza, in buone performance nei mercati azionari
Lato dollaro americano:
• Una caratteristica comune della maggior parte delle valute emergenti è la loro elevata volatilità rispetto alle valute delle principali potenze economiche mondiali. Le società, come gli Stati, ricorrono a diversi mezzi per ottenere fondi, tra i quali l’emissione di obbligazioni. Tuttavia, per i Paesi emergenti, non è sempre facile reperire denaro attraverso l’emissione di debito denominato nella loro valuta locale poiché potenziali obbligazionisti potrebbero essere riluttanti a sopportare un rischio di cambio elevato; quest’ultimo rischio afferma che:
“Quanto più la valuta nella quale è denominato un bond si deprezza rispetto alla valuta detenuta dal creditore, tanto più il rischio di cambio è alto”
È così che i Paesi emergenti, insieme alle loro società, emettono obbligazioni in valuta estera (o valuta forte) per assumersi il rischio di cambio, rendendo così il debito più attraente per i mercati.
Tuttavia, sorge un problema nell’emissione in valuta estera quando quella valuta stessa (la valuta forte) inizia a rafforzarsi rispetto alla valuta emergente. In questo caso, per pagare gli interessi, sarà necessario utilizzare una maggiore quantità di denaro a causa della svalutazione. Questo significa che il debito diventa più oneroso da rimborsare in termini di valuta locale.
È interessante notare un aspetto importante: come mostrato nella grafica successiva, il dollaro americano tende ad indebolirsi al crescere dell’intensità economica.
3. I GRAFICI CHE INFLUENZANO I MERCATI EMERGENTI
Per creare i grafici da seguire per ottenere un vantaggio sui mercati emergenti è necessario rappresentare graficamente le informazioni contenute nel paragrafo precedente, sviluppando degli indicatori a cadenza giornaliera. Mentre l’indice del dollaro americano fornisce risultati giornalieri, il PMI composito globale viene comunicato mensilmente. Per risolvere questo problema, è necessario creare un indice “a cadenza giornaliera” che sia correlato positivamente al dato macroeconomico stesso. Tale indice è rappresentato da SPHB/SPLV, che misura la forza relativa tra l’ETF delle società dell’S&P500 ad alta volatilità (SPHB) e l’ETF delle società dello stesso benchmark a bassa volatilità (SPLV). Non tratterò dettagliatamente questo indice in questo contesto; per ulteriori informazioni, è possibile consultare una descrizione all’interno di altre analisi da me scritte; una di queste al link:
Calcoliamo ora la correlazione tra SPHB/SPLV e PMI composito globale:
Essa è fortemente positiva. In breve:
• Durante una crescita economica, le società ad alta volatilità tendono a sovraperformare quelle a bassa volatilità, mentre durante un rallentamento economico si verifica il contrario
Avendo costruito l’indice a cadenza giornaliera, passiamo allo step successivo: che prestazioni realizza l’ETF “EEM” quando si verificano ribassi del dollaro e rialzi dell’indice? Osserviamolo nella figura successiva:
In quei particolari contesti, indicati all’interno della figura dai rettangoli di color verde, sono sempre positive. Per questo motivo, dollaro americano e SPHB/SPLV sono degli “indicatori” da conoscere se si vuole investire sui mercati emergenti. Questi ultimi, ad oggi, rappresentano un’opportunità? Per rispondere alla domanda in modo soggettivo (non è un consiglio finanziario), si osservi la figura successiva:
L’indice relativo ai settori ad alta e bassa volatilità mostra un trend ribassista, mentre il dollaro americano sta registrando un trend rialzista. A causa delle forti correlazioni osservate, la mia visione attuale sull’ETF “EEM” è short. Cambierò idea solo nel caso in cui le condizioni economiche subiscano un cambiamento significativo.
4. LO SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO DEI MERCATI EMERGENTI
Ci tengo a fornirvi un ulteriore strumento di studio: lo spread obbligazionario ad alto rendimento dei mercati emergenti.
Esso è il risultato di una sottrazione (spread) tra i rendimenti di obbligazioni societarie dei mercati emergenti ad alto grado di rischio (high yield, o junk bonds) e i rendimenti dei titoli di stato americani (considerati privi di rischio).
SPREAD OBBLIGAZIONARIO AD ALTO RENDIMENTO DEI MERCATI EMERGENTI = RENDIMENTI DEI BOND SOCIETARI HIGH YIELD EMERGENTI – RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO USA
Nella sua costruzione è simile allo spread obbligazionario ad alto rendimento statunitense, descritto in maniera approfondita nell’analisi al link:
Gli spread obbligazionari sono utilizzati per misurare il rischio di credito delle società appartenenti ad una determinata classe di rating:
• Il rischio aumenta all’espandersi dello spread
• Il rischio diminuisce nel caso opposto
La figura successiva mostra come il rischio sia legato all’intensità economica.
La chiave di lettura della figura è la seguente:
• Durante i periodi di crescita economica le società tendono a registrare maggiori vendite, il che si traduce in utili in crescita. La presenza di maggior liquidità disponibile riduce il rischio di default, in quanto le società hanno la capacità di pagare gli interessi sul debito senza troppi problemi
• In un periodo di rallentamento economico accade l’opposto: una minore liquidità disponibile può causare difficoltà nel ripagare i debiti, aumentando di fatto la probabilità di insolvenza
Contestualizzando lo spread con i due indicatori, possiamo ottenere ulteriori informazioni:
• Il rischio di default non è unicamente correlato all’intensità economica, ma anche alle prestazioni del dollaro americano. La figura seguente dimostra che un indebolimento del dollaro può effettivamente ridurre il rischio di default delle società emergenti (queste ultime avranno un onere sul debito inferiore perché sarà meno costoso ripagare gli interessi in termini di valuta locale)
Per i motivi discussi, lo spread high yield rappresenta il terzo indicatore da seguire se si vuole investire con successo nei mercati emergenti.
Risponderò alle vostre domande (qualora ci fossero dei dubbi) nella sezione commenti. Un saluto, a presto.
LA FORZA DEL DOLLARO, GOLD 1840$Questa settimana i protagonisti saranno i dati macroeconomici sul lavoro, con il rapporto sull'occupazione non agricola previsto per venerdì e i nuovi lavori JOLTS di domani.
Le previsioni preliminari per il rapporto sull'occupazione di settembre prevedono un ulteriore raffreddamento, proseguendo la tendenza in atto negli ultimi mesi.
Nello specifico, gli analisti prevedono che i salari del settore non agricolo aumenteranno di 160.000, ovvero il quarto mese consecutivo al di sotto dei 200.000.
Il tasso di disoccupazione potrebbe scendere dal 3,8% al 3,7%.
La settimana precedente è stata un’altra settimana contrastante sul fronte dei dati macroeconomici.
Considerato il dato più debole per l’inflazione PCE core, nel complesso possiamo pensare che la Fed rimarrà sulla stessa strada, lasciando il tasso invariato al 5.5% nella riunione di novembre.
I prezzi PCE headline sono aumentati dello 0,4% su base mensile con il ritmo annuale in riaccelerazione al 3,5%.
Detto questo, la forza dell’inflazione complessiva è stata in gran parte determinata da un’impennata dei prezzi dell’energia.
In tema di risparmio, il tasso di risparmio personale rimane a un livello basso, scendendo al 3,9% in agosto dal 4,1% di luglio per raggiungere il livello più basso dalla fine del 2022.
Per un periodo si è mantenuto saldamente al di sotto della media pre-Covid.
I consumatori sono diventati meno ottimisti nell'economia, con i parametri relativi alla fiducia e al sentiment in calo negli ultimi mesi.
Ad esempio, l’indice della fiducia dei consumatori del conference board è sceso di altri 5 punti, oltre al calo di oltre 5 punti di agosto.
Le vendite di nuove case sono crollate del -8,7% su base mensile, indicando che il settore immobiliare rimane sotto pressione nonostante i segnali di stabilizzazione all'inizio dell'anno.
Infine, i diversi sondaggi regionali sul settore manifatturiero sono rimasti deboli, con l'indice della Fed di Dallas profondamente in territorio negativo.
DASHBOARD degli ultimi dati:
Dopo la sessione di venerdì, negli Stati Uniti sono state approvate con successo leggi per evitare uno shutdown del governo, assicurando finanziamenti fino al 17 novembre.
Questo sviluppo ha indotto una ripresa della traiettoria ascendente del dollaro USA.
Il rendimento del titolo del Tesoro USA a 10 anni si attesta al 4,62%, ai massimi dal 2007.
L'oro ha rotto tutti i livelli di supporto e si trova ora a 1835$ l'oncia.
Attualmente non vedo livelli di supporto prima del livello 1810-1800$.
Il futuro dell'oro è sempre più legato al contesto dei tassi d'interesse.
Le previsioni a breve termine per l'oro rimangono ribassiste.
Buon trading a tutti