DXY a 95 entro giugnoL'idea si basa su diversi fattori economici e finanziari. Sembrerebbe su chart mensile che il dollaro nei prossimi anni è destinato ai massimi storici, mettendo in grave difficoltà l'economia statunitense e non solo. Il fattore fondamentale che potrebbe portare dxy sulla soglia della media a 200 giorni è il rialzo dei tassi non sostenibile. Difatti per il mese prossimo è previsto un altro rialzo della Fed che metterebbe in grave difficoltà gli Stati debitori. A questo giro potrebbero dare ai debitori ancora un pó di tempo, a discapito dell'inflazione galoppante dei prezzi.
Fed
Reazione dei mercati.Il decennale americano, ad una giornata dal comunicato della Fed, malgrado la notizia fosse sostanzialmente già scontata dai mercati, arriva ad un rendimento superiore del 3%. Nel primo grafico troviamo il valore in conto capitale dei bond a 10 anni. Per la prima volta, da diversi anni, notiamo che ha sfondato il livello di supporto in prossimità del valora 94,10 (linea verde). In condizioni di normalità, il supporto ha sempre funto da punto di reazione. Rendimenti simili dei bond non si vedevano almeno dal 2018, situazione nella quale il tasso di riferimento era in prossimità del 2,50.
La previsione è che per arrestare l’inflazione, saranno necessari una serie di rialzi, proprio per riportarsi in prossimità del valore 2,5, con ulteriori possibili effetti sui rendimenti dei bond che, a meno di una clamorosa corsa all’acquisto di debito statale, continueranno ad aumentare. Una ripresa di acquisto di titoli di stato, a questo punto, sarà probabile nel momento in cui le aspettative inflazionistiche saranno in miglioramento.
L’unico elemento che potrà migliorare il sentiment degli operatori in maniera sostanziale, sarà una risoluzione del conflitto, con la normalizzazione degli effetti della crisi energetica.
LA FED E LA RICERCA DEL TASSO DI EQUILIBRIOBUONGIORNO FOREX DEL 05.05.2022
“In medio stat virtus” recitavano i latini e ieri sera Powel sembra aver ricercato in pieno questo giusto equilibrio, dando ai mercati una prospettiva meno aggressiva di quel che si temeva e offrendo una speranza al comparto azionario.
La dura guerra all’inflazione è iniziata, la FED su questo non vacilla, è determinata a riportare la crescita dei prezzi nell’ordine del 2% e per ottenere questo risultato ha tutti gli strumenti necessari, ma come in tutte le guerre dei sacrifici sono necessari, e la chiara espressione di Powell di impotenza nei confronti delle strozzature nell’offerta, fa chiaramente intendere che la loro unica leva sarà colpire la domanda.
Il quadro macro e le intenzioni future di Powell ci sembrano chiare: impossibile gestire l’offerta, bisogna colpire la domanda, quindi i consumatori, con un mercato del lavoro che vede la disoccupazione ai minimi storici, può permettersi l’economia americana di abbattere la domanda di forza lavoro, riducendo cosi i salari e i consumi, abbassando la domanda e riequilibrando i prezzi al consumo.
Ma tutto questo deve essere raggiunto senza cadere nella tanto temuta recessione, il che prevede il raggiungimento graduale di un costo del denaro, previsto per la fine del 2022 intorno al 2.75%, valore che dovrebbe consentire un rallentamento nei prezzi senza strozzare eccessivamente i consumatori, le imprese e la congiuntura macro economica del paese.
Sono ovviamente proiezioni, e la vera difficoltà sarà adeguare le scelte di politica monetaria ai dati che via via l’economia reale mostrerà, motivo per il quale Powell ha rigettato l’idea di un successivo rialzo tassi di 75Bp, ritenuto forse eccessivamente aggressivo, ma scegliendo una strada fatta si di inasprimenti monetari, ma graduali e che diano flessibilità e possibilità di fermarsi alle prime avvisaglie di un eccessivo raffreddamento dell’economia.
Si cerca un atterraggio morbido, puntando ad un tasso di equilibrio che consenta ai prezzi di rientrare e all’economia di non soffocare. Davvero impresa ardua se si considera che solo una volta nella storia degli ultimi 40 anni la FED è riuscita nell’impresa.
Alla luce delle parole di Powell, i mercati equity hanno tirato un respiro di sollievo, recuperando dai minimi di ieri oltre il 3% e portandosi ai test delle aree di resistenza chiave, con l’S&P alle porte dei 4300pnt e il Nasdaq a 13593 pnt.
Anche il dollaro americano ha stornato dalle sue aree di massimo andando dai 103.81 di dollar index ai minimi di 102.40, per poi ritestare l’ex area supportiva dei 103.00.
Si riconferma dunque la classica dinamica del buy on rumors sell on news che accompagna i mercati nelle ultime 3 riunioni della FED e che anche questa volta non si è smentita, ma la domanda da porci è: riuscirà la FED nel suo intento, o sono occasioni queste per migliorare il nostro posizionamento contro il mercato?
In questo serie di dinamiche i nostri colleghi retail hanno colto occasione per ridurre le loro esposizioni contrarian sul dollaro americano, portandosi dall’80% short di ieri al 77% attuale , riequilibrando quindi i posizionamenti su tutti i cambi principali, con eurusd che passa dal 78% long di ieri al 76% di oggi, il cable che dal 84% di ieri si porta ad un 82% long.
Le majors che hanno beneficiato del respiro del biglietto verde sono andate tutte a ritestare i massimi di periodo, senza però trovare ancora la forza di effettuare veri e propri break out in grado di determinare la nascita di movimenti direzionali, lasciando pertanto aperti gli scenari di trading range, e strutture lateral rialziste che proiettano ancora dinamiche pro dollaro future.
Oggi attesa la BOE, chiamata alla decisione sui tassi di interesse, dove le aspettative sono ancora di un’ulteriore rialzo con tassi che andrebbero al +1.00% con un quarto rialzo consecutivo di 25Bp.
La congiuntura macro economica del Regno Unito sembra non pronta a supportare ulteriori spinte di aggressività, essendo già ampiamente provata dalla forte inflazione e dal ristagno dei salari, il che potrebbe portare la BOE a rivalutare la sua posizione. Si rende pertanto necessario attenzionare le dinamiche relative alla sterlina che sarà focus per la giornata odierna.
Buona giornata e buon trading
Salvatore Bilotta
Wall Street attesa per la FED e rialzo tassi 04 maggio 2022Wall Street attesa la FED ed il rialzo tassi, 04 maggio 2022.
Wall Street è in trepidante attesa dell'annuncio dei tassi base.
Powell e la Fed riusciranno ad imporre un recupero positivo grazie all'aumento di 0.50 punti base?
Questa la grande incognita per Wall Street, intanto è negativo il dato sull'occupazione non agricola e gli indici di Wall Street hanno virato al ribasso per ritestare i minimi di brevissimo.
Fortunatamente tutti gli indici hanno recuperato terreno positivo ma è presto per dire l'ultima, aspettiamo che la FED "ri-alzi" i tassi…
Piazza Affari sotto tono perde tutto il guadagno della giornata di ieri, preoccupa ancora lo Spread ed il recupero dei tassi decennali è a discapito delle obbligazioni quotate, serve davvero un aiuto delle banche centrali!
Il Ftse Mib si è riportato sopra quota 24.000 punti dopo il rapido crollo accusato in avvio di settimana. Quali le attese nel breve?
Per il Ftse Mib è stato importante il test del supporto di area 23.300, raggiunta nell'intraday lunedì scorso.
Questo supporto sembra avere forza e quindi l'indice può agganciarsi eventualmente alla resistenza dei 24.300 punti.
Da lì in poi il Ftse Mib potrà trovare spazio di recupero fino all'ostacolo dei 24.700 punti prima e di area 25.000 in seguito, con ultima resistenza a 25.300 punti.
Tassi d'interesse e mercato azionarioIl grafico sopra riportato, tende a mettere a confronto l'andamentale dei tassi d'interesse di riferimento stabiliti dalla FED, con l'andamento dei mercati azionari americani.
Dall'analisi condotta, possiamo desumere che, se da un certo punto di vista, la variazione dei tassi d'interesse può risultare nefasta per i portafogli composti da bond e titoli di stato, per l'inversa relazione tra tasso e quotazione dei bond, dal punto di vista del mercato azionario, l'incremento dei tassi negli ultimi 20 anni, non è mai stato un segnale negativo.
Anzi, verrebbe da dire che, almeno in una prima fase, la discesa dei tassi corrisponde ad uno storno del mercato (ad eccezione della recentissima crisi covid dove le quotazioni sono state sostenute dagli acquisti delle banche centrali ).
Salvo clamorosi stravolgimenti, il 2022 ed il 2023 saranno anni in cui i tassi di Fed e Bce saranno rivisti ulteriormente al rialzo.
TRE GIORNI TRE BANCHE CENTRALIBUONGIORNO FOREX DEL 16.03.2022
Inizia oggi una serie di appuntamenti cruciali con le banche centrali a partire da questa sera ore 19.00 ora italiana, con la FED chiamata a decidere sul costo del denaro, ed il rialzo di 25Bp è dato oramai scontato dal mercato, la chiave sarà scoprire se Powell si spingerà ad un tono aggressivo, con un rialzo di 50Bp, e soprattutto occhi puntati sul DOT PLOT, per capire le intenzioni future del Board. L’ultima riunione proiettava la quasi totalità dei 9 componenti del board ad una serie consecutiva di rialzi tassi, al fine di combattere una dilagante inflazione, che oggi mostra una spinta rialzista forse peggiore dall’ultima riunione FED, pertanto le aspettative di un Board hawkish restano molto alte, ponendo l’attenzione degli operatori anche alle prospettive di riduzione del bilancio fed, che ha raggiunto livelli record, e che più volte Powell ha richiamato la volontà di ridurre subito dopo l’inizio dei rialzi tassi.
Domani sarà la volta della BOE ed infine la BOJ, ma procediamo giorno per giorno in questa serie di appuntamenti che impegneranno grandemente tutti noi operatori sui mercati finanziari.
Giungiamo a poche ore dal primo appuntamento di questa sera cin un dollar index in ampio trading range, come già richiamato nel buongiorno forex di ieri, compreso tra 99.20 e 98.60, con buone porbabilità rimmarremo in questa area per l’intera sessione europea in attesa di Powell. Il sentiment dei traders retail sul dollaro americano è al momento al 76% short, in leggero calo rispetto all’80% di ieri, ma naturalmente il vero sentiment partira dopo la FED, pertanto raccomandiamo cautela.
In tutta risposta il sentiment sugli altri basket valutari non subisce modifiche rispetto alla giornata di ieri, con i retail ancora short sull’euro al 53% e long sulle sterline al 75, in linea perfetta con le percentuali di ieri, solo il dollaro neozelandese vede un aumento del sentiment short che passa dal 47% di ieri al 60% di oggi, senza però decretare particolari trend su nessuno degli asset newzealand, che restano confinati al memento nei prezzi di inizio settimana.
Le commodities hanno completato un primo forte storno nella giornata di ieri, con il wti che ha raggiunto le aree di 95$ al barile e dopo qualche piccolo spike ribasista fino alle aree di 94$ sembra per oravoler consolidare.
Anche il gold ha toccato i primi supporti già richiamati ieri mattina in area 1915$ e per il momento rimaniamo su queste aree in compressione di volatilità in attesa della FED.
Ottimo infine il recupero del comparto equity, che ieri ha visto sia l’Europa che l’america respirare dalle aree di minimi mensile, con buoni storni anche oltre il 2%, ma ovvio che al momento possiamo parlare solo di correzioni , che speriamo possano essere preludio ad un mese di aprile statisticamente degno di recuperi sul comparto equity.
Sttendiamo dunque la FED di questa sera senza particolari indicazioni tecniche che potrebbero a questo punto manifestarsi solo dopo l’intervento di Powell.
Buona giornata e buon trading
Salvatore Bilotta
EURUSD: laterale ma attenzione all'UkrainaBuonasera a tutti,
dopo il movimento innescato il 10 Novembre dal soprendente dato sull'inflazione americana, la coppia EURUSD ha lateralizzato durante tutto il mese di Dicembre per poi effettuare un imponente "shakeout" nel mese di Gennaio per "scollarsi di dosso" sia Bulls che Bears e poi rientrare nel range a Febbraio come se nulla fosse cambiato.
E' vero che la FED aveva gia' anticipato una certa aggressivita' riguardo all'aumento dei tassi d'interesse nel meeting del 2-3 Novembre ma la "goccia che ha fatto traboccare il vaso" e' stato il dato dell'inflazione che confermava la necessita' da parte della FED di agire al piu' presto.
In 10 giorni il cambio e' crollato da 1.15 a 1.12 e questa caduta ha creato uno squilibrio. In Italia questo squilibrio viene chiamato "vuoto" ma gli anglosassoni lo chiamano "imbalance" o "fair value gap (FVG)". E' importante sapere cosa sono e dove si trovano perche' sono punti che il mercato puo' andare a ritoccare quando e' alla ricerca di liquidita' come ha fatto nelle due aree cerchiate al di sopra della linea orizzontale viola superiore (prima che avesse inizio The Davos Agenda e prima che venisse rilasciato il dato NFP di Gennaio).
Per il resto mi sembra che la struttura parli da sola. Ci troviamo all'interno di un range orizzontale in cui la FED sta sopra e cerca di spingere verso il basso mentre la ECB sta sotto e cerca di spingere verso l'alto. Ha iniziato Powell il 30 Novembre (A) respingendo l'indebolimento del dollaro dopo lo spavento Omicron il 24 Novembre. Ha continuato la Lagarde il 3 Febbraio quando con i suoi commenti "hawkish" ha ammesso di essere preoccupata per l'inflazione aprendo cosi' le porte al QT (Quantitative Tightening) anche in Europa.
I fattori che muovono i mercati sono moltissimi ma concludo invitandovi a fare attenzione alle notizie "sorpresa" e soprattutto alla crisi Russo-Ukraina che potrebbero generare volatilita'.
Verificate sempre il calendario economico, controllate il vostro bias e cercato sempre di avere ben chiare le strutture intraday in modo tale da essere pronti a cogliere le opportunita' che sono giuste per voi. Le operazioni a volte vanno bene e a volte vanno male ma l'importante e' fare le cose fatte bene e con logica per essere sempre preparati e prendere le decisioni con serenita'.
Un abbraccio a tutti e buona fortuna,
Con affetto e simpatia
il vostro
Cozzamara
Non sono un analista ne un trader professionista. Sono semplicemente un appassionato che condivide le sue idee e le sue riflessioni che potrebbero benissimo essere sbagliate. Nulla di cio' che dico dev'essere inteso come sollecitazione a fare Trading. Se pensate che guadagnare con il Trading sia facile lasciate perdere perche' l'80% delle persone che ci provano perdono i loro soldi.
CORRELAZIONE TRA MERCATO AZIONARIO E MERCATO OBBLIGAZIONARIOBuongiorno ragazzi, questa è la quarta analisi del mio blog incentrata sul mondo obbligazionario. La prossima settimana, rispettando le linee guida di tradingview, vi fornirò il link per l'accesso.
Dopo aver ricercato le correlazioni che il mercato obbligazionario presenta nei confronti del dollaro americano, oggi tratterò un altro tipo di correlazione: quella con il mercato azionario.
Per chi non l’avesse fatto consiglio caldamente lo studio delle precedenti tre analisi in maniera tale da avere una visione chiara e coincisa dell’argomento perché da questa analisi in poi gli argomenti andranno via via ad intrecciarsi.
Correlerò i due asset a partire dal 2000, in maniera da studiare la correlazione avuta negli ultimi 20 anni.
Iniziamo!
INTRODUZIONE: CLIMA DI RISK-OFF E RISK-ON
Una situazione di “risk off” altro non è che quel particolare scenario caratterizzato dalla presenza di tensioni che possono avere diverso carattere, da quello geopolitico (come sta accadendo in queste ultime settimane in Ucraina), politico (la scelta di un nuovo presidente degli Stati Uniti, ad esempio, può impattare sul sentiment degli investitori), economico o finanziario (come ad esempio le manovre di politica monetaria e la scelta dei tassi di interesse). In questa particolare condizione gli investitori spostano la loro liquidità in asset considerati a basso rischio, i cosiddetti “beni rifugio”, come oro, obbligazioni di paesi solidi economicamente e con un alto rating, dollaro USA, Franco Svizzero e Yen giapponese.
Una situazione di “risk on” è invece quella situazione in cui c’è appetito al rischio, dove gli investitori, spinti dall’ottimismo e dalla positività del momento, vanno alla ricerca di asset che offrano degli alti rendimenti. Uno di questo è il mercato azionario, il mondo delle materie prime e tutte quelle valute legate a quest’ultime (come, ad esempio, il dollaro canadese, legato in maniera forte al prezzo del petrolio).
LA CORRELAZIONE NEGLI ULTIMI 20 ANNI
Vediamo nella grafica come a marzo 2000 l’S&P500 raggiunga i massimi storici. Il top raggiunto dal mercato azionario coincide anche con dei top di periodo segnati dal rendimento del decennale americano e dal rendimento del 2 anni. Sembrerebbe quindi un tipico clima di risk-on: gli investitori, infatti, si posizionano sul mercato azionario (che, come dico sempre, è caratterizzato da alto rendimento associato però ad un altrettanto rischio alto) vendendo obbligazioni (e ciò è testimoniato dal rialzo del rendimento associato visto il rapporto inverso obbligazione/rendimento) in quanto considerate, per il clima di mercato, a rendimento troppo basso e quindi poco convenienti. Basta uno spread a capovolgere il tutto: quello tra i rendimenti a 10 anni e 2 anni: nello stesso periodo, esso scende al di sotto dello 0%, lanciando quindi il segnale di possibile recessione. Che accade quindi?
Accade che qualche tempo dopo, a circa 5 mesi di distanza, esplode la bolla di internet e l’S&P500 va a perdere oltre il 50% del suo valore. A quel punto gli investitori iniziano a comprare obbligazioni, considerandole quindi dei “beni rifugio” e la diretta conseguenza di ciò è il crollo dei rendimenti, che si correlano quindi positivamente all’azionario.
Come vediamo dalla grafica che segue, come interviene la Fed per andare a combattere la recessione? Abbassa il livello dei tassi di interesse, portandoli dal 6.5% all’1%:
Qual è lo scopo di un ribasso dei tassi di interesse? Permettere ai privati e alle aziende un più facile accesso al credito. Spiegato in termini ancora più semplici, vedetela così: una recessione colpisce qualsiasi settore all’interno di un’economia. Per permettere la ripartenza di ognuno di loro, si devono creare una serie di incentivi. Una banca centrale, così, attua le sue mosse di politica monetaria, andando in questo caso ad abbassare gli interessi sui prestiti. Le aziende e i privati, così, sono incentivati a richiederli dal momento che gli interessi poi riconosciuti alla banca saranno molto bassi (in questo caso, come ho detto, dell’1%). Questo causa una forte positività tra gli operatori, i commercianti, gli imprenditori e in generale nei cittadini, andando a riflettersi su dati macroeconomici di rilevante importanza: uno tra questi è sicuramente la fiducia dei consumatori:
Come potete osservare nella grafica soprastante in cui vi ho condiviso con la linea blu il sentiment dell’università del Michigan e in arancio i tassi di interesse sui prestiti, un aumento o un ribasso di questi ultimi ha poi sempre influito sul sentiment dei consumatori (anche se allo stesso dato impattano altri dati macroeconomici che riprenderò in un’altra analisi). In particolare, a un rialzo dei tassi segue un sentiment pessimista, mentre al ribasso uno ottimista.
Dopo questo breve sunto, torniamo a noi. Il ribasso dei tassi di interesse arrivati all’1% nel 2003 ha quindi ricostruito per i motivi spiegati un clima di risk-on, dove l’azionario tende chiaramente a performare bene. Qual è stata quindi la diretta conseguenza?
Che gli operatori hanno comprato azioni e venduto obbligazioni, spingendo al rialzo i relativi rendimenti.
Spostiamoci più avanti nel tempo:
Il clima di risk on continua e, dal 2003 al 2006, gli investitori continuano a concentrarsi sull’azionario lasciando da parte l’obbligazionario. A questo punto però cosa accade? Lo spread si muove nuovamente sotto lo 0%. Ciò è causato da un aumento dei tassi di interesse che passano dall’1% al 4.5%:
Dico questo perché le scelte di politica monetaria impattano più sui rendimenti a 2 anni che su quelli a 10 anni e quindi, dal momento in cui si parla di spread (differenza), crescendo più i 2 anni rispetto ai 10 anni, ed essendo il 2 anni il sottraendo mentre i 10 anni il minuendo della differenza, lo spread tende poi a muoversi in territorio negativo. Cosa prelude, come ho detto svariate volte, uno spread negativo? Una recessione. Ed è così che si arriva alla crisi immobiliare:
Da fine 2007 a metà 2009 gli investitori acquistano obbligazioni e vendono azioni, andando a disegnare così i trend che vedete nella grafica, tipici di periodi di risk-off.
Successivamente i tassi di interesse vengono abbassati allo 0.25% per favorire una ripresa economica. Questo cosa provoca?
Provoca nuovi massimi storici sull’azionario. Per quanto riguarda il mondo obbligazionario, invece, si hanno dei segnali contrastanti. I titoli a 10 anni, dal 2009 al 2014, vengono comprati e venduti a diversi intervalli temporali (e questo è chiaro guardando i diversi trend disegnati nei diversi archi temporali), mentre i rendimenti a 2 anni non prendono nessun tipo di trend, andando a lateralizzare.
La musica inizia a cambiare nel 2017:
Dopo anni di massimi storici, i mercati subiscono una nuova ondata di aumenti del costo dei prestiti. Come hanno reagito a tal proposito gli investitori? Vediamolo:
I mercati azionari hanno continuato la loro corsa al rialzo, però notiamo l’inversione del trend dei rendimenti: le obbligazioni iniziano ad essere vendute e ciò si riflette nell’aumento dei rendimenti, specie in quelli a 2 anni, che crescono maggiormente in valor percentuale rispetto ai 10 anni. Questo causa un’inversione della curva dei rendimenti o, più in particolare, uno spread sotto lo zero, come vediamo nel grafico:
La domanda che sorge spontanea ora è: dopo quanto si ha la recessione dal momento che l’inversione della curva dei rendimenti è sempre il preludio di un crollo economico? Si ha con la pandemia di Covid 19:
A questo punto i capitali sono stati spostati sull’obbligazionario come “protezione”. Ritroviamo, dunque, la correlazione diretta tra i rendimenti dell’obbligazionario e azionario.
Come abbiamo già visto prima, è l’intervento della banca centrale a rimettere in piedi l’economia entrata in recessione:
I tassi vengono riabbassati allo 0.25% e, come effetto diretto, l’azionario torna sui massimi storici, correlandosi in maniera diretta con i rendimenti a 10 e 2 anni.
BREVE RIEPILOGO
Studiando la correlazione obbligazionaria-azionaria degli ultimi 20 anni, quali sono i punti salienti da tenere a mente?
• Le obbligazioni sono correlate inversamente al mercato azionario in quanto uno è considerato uno strumento a basso rischio (obbligazioni) mentre l’altro ad alto rischio (azionario).
• I rendimenti delle obbligazioni, dal momento in cui si muovono in maniera inversa alle relative obbligazioni ai quali sono associati, sono correlati direttamente all’azionario.
• Ogni qualvolta si ha un’inversione della curva dei rendimenti, gli investitori spostano subito il denaro sui titoli di stato in quanto essi costituiscono un “porto sicuro” qualora ci fosse l’effettiva recessione che un’inversione della curva ha sempre anticipato.
• I tassi di interesse influiscono sia sul mercato obbligazionario che su quello azionario, andando ad impattare sul sentiment degli operatori.
• Ogni aumento dei tassi di interesse, negli ultimi 20 anni, ha preannunciato un’inversione della curva dei rendimenti che poi si è materializzata in una recessione (come la bolla di internet, quella del mercato immobiliare e successivamente, seppur evento imprevisto, la pandemia di covid 19)
UNO SGUARDO AI GIORNI NOSTRI
Basandomi su ogni concetto espresso in questa analisi e nelle 3 precedenti, è chiaro che ormai i tassi di interesse verranno alzati a marzo:
Il mondo azionario e quello obbligazionario, nel nostro presente, si stanno muovendo esattamente nello stesso modo dei precedenti 20 anni. A marzo arriverà l’aumento dei tassi di interesse. Secondo voi questo porterà, come è già accaduto, ad un’inversione della curva dei rendimenti e ad una successiva recessione contemporaneamente al crollo dei mercati azionari?
Questo per me è probabile. Non so se succederà perché non sono nè mago , tanto meno un indovino; mi piace tuttavia analizzare e capire quelle che possono essere le possibilità in un futuro non troppo lontano. E’ questo il motivo per cui il 9 dicembre 2021, su tradingview, ho condiviso un’analisi dal titolo “l'inversione dei mercati azionari giungerà nel 2022”? La stessa analisi deriva da considerazioni di questo tipo, e questo tipo di analisi intermarket mi permettono di capire in anticipo tantissime situazioni che possono venire a crearsi. E questo, chiaramente, mi permette di essere preparato ad ogni eventualità.
E’ fondamentale studiare i vari asset che compongono il mondo finanziario e la loro correlazione. Riuscendo a capire le meccaniche e la psicologia ad essi associati si può avere un vantaggio enorme.
Grazie, Matteo Farci.
Mercato decentralizzato? Ok, ma attenti al contesto globaleGli U.S. mountain state sono diventati un epicentro dell'inflazione.
I prezzi al consumo sono aumentati del 9% nella regione il mese scorso, un grande salto rispetto ad appena un anno fa, quando il tasso di inflazione era dell'1,2% anno su anno . Gli U.S m.s, includono Arizona, Colorado e Idaho.
Il $NASDAQ si muove su livelli tecnici interessanti. La settimana sarà ricca di sorprese a detta dei nostri analisti. " Esistono settimane in cui è meglio stare fermi e guardare i mercati, come un turista. Poi, ci sono settimane in cui devi avere mente fredda e colpire con decisione ". La settimana a venire sarà molto importante per comprendere le sorti del mercato crypto che presenta un indice di correlazione con il NASDAQ di circa il 70% e di circa il -90% con il $VIX.
Il NASDAQ, seppur presenti notevolmente meno volatilità, si trova in una situazione analoga a $BTC.
Il DIP è stato comprato da tantissimi operatori di borsa. Adesso il prezzo sta ballando proprio su quello che si pensa essere l'entry point della maggior parte dei trader retail.
I Long speculativi netti sono ai massimi dal 2018. Esatto ... Era dal 2018 che così tanti operatori non prendevano posizioni. C'è da capire che in momenti come questi, diventa particolarmente succulento per una manoforte scaricare posizioni.
L'idea di una guerra, naturalmente, non piace ai mercati. Questo timore, in parte, è già stato scontato dalla caduta del prezzo di questo periodo. I mercati anticipano sempre gli scenari più probabili e poi si muovono sulla base della conferma o meno delle aspettative. La situazione per il momento è molto sottile ed instabile. L'opinione degli esperti cambia ogni giorno e quindi non reputiamo saggio basare delle scelte di investimento sulla base delle varie "isterie di massa". Semplicemente, non è il momento migliore per prendere scelte di lungo periodo. Magari sarà un occasione persa ma siamo sicuri che le occasioni si ripresenteranno con meno incertezze.
La presidente della Bce, Christine Lagarde, si è mostrata per la prima volta preoccupata per l'inflazione «Non vogliamo agitare le acque, ci muoviamo con gradualità, ma la situazione effettivamente è cambiata. Rispondiamo a una situazione, ma la situazione è cambiata».
«Non faccio mai promesse senza condizionalità e, in questo momento, è ancora più importante essere molto attenti a questo. Valuteremo molto attentamente, saremo dipendenti dai dati. Faremo questo lavoro a marzo». Una dichiarazione che ha subito portato lo spread a 150 punti.
L'inflazione fa paura, e l'aumento dei tassi di interesse ancor di più.
La situazione è molto delicata. Ci troviamo in un momento storico molto sottile. Molto più sottile e difficile da interpretare rispetto a qualsiasi altra situazione degli ultimi due anni.
INFLAZIONE TEMPORANEA O PERMANENTE. LO SLOGAN DEI TASSI
<" L'inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario ." Le distorsioni economiche e politiche generati dalla teoria monetaria dell'inflazione sono stati anche guasti intellettuali, è entrata nel sistema delle credenze degli accademici cosi come in quello dell'uomo della strada grazie soprattutto alla semplicità dello slogan. Oggi, dopo innumerevoli, e sempre ignorati, fallimenti di quella teoria, si ricomincia a parlare di inflazione come si faceva prima del disastro monetarista: l'inflazione, si torna a dire, ha cause reali>. (F. Sdogati)
SDOGATI-LANGIU per chi volesse approfondire . tratto da
Inflazione: temporanea o permanente? O, forse meglio: da offerta o da domanda? bit.ly
CREAZIONE DI UN INDICATORE E ANALISI DEI MERCATI: COSA SUCCEDE?Buongiorno ragazzi.
L’analisi che segue è da definire come il “continuo” di un’altra analisi da me pubblicata qui su tradingview il 9 dicembre 2021 dal titolo “L’INVERSIONE DEI MERCATI AZIONARI GIUNGERA’ NEL 2022?” che trovate al link :
Vi suggerisco di leggerla!
Torniamo a noi. Quello che voglio mostrarvi oggi è un indicatore da me creato che ha lo scopo di fornirmi il sentiment del mercato. Credo che sia di estrema importanza conoscere l’economia e i vari settori che ne fanno parte in quanto la stessa permette poi la costruzione di indicatori che ti permettano di avere una visione più chiara dei mercati senza essere soggetti a pareri esterni. L’obiettivo di questo articolo è quindi quello di farvi capire come ragiono e le meccaniche che regolano questi determinati ragionamenti.
Successivamente abbinerò al mio indicatore di sentiment altri diversi indicatori, macroeconomici e non. Il motivo è da ricercare nell’attendibilità dello stesso: preso in maniera singolare, potrebbe fornire tanti falsi segnali, ma comparato ad altri, può fornire dei segnali più credibili, concreti e oggettivi.
PERCHE’ HO COSTRUITO UN INDICATORE
Chi legge il mio materiale sa quanto io sia dipendente da determinati indicatori, che sia siano essi macroeconomici, indici di forza relativa oppure spread. Ho sempre pensato che ogni individuo possa ottenere maggiori successi in determinati campi (specie in questo) soltanto avendo delle solidi basi; riagganciandomi all’ultima parte della frase, è solo avendo esse, passione e curiosità che spesso si riesce a costruire degli strumenti che ti diano la possibilità a colpo d’occhio di capire, in generale, quale possa essere la situazione presente ma soprattutto quella futura. Qualche tempo fa ho costruito uno spread tra due etf settoriali che ora vi mostrerò e vi spiegherò. Lo spread di cui parlo è quello tra il settore dei beni di prima necessità e il settore dei beni discrezionali.
PRODOTTO INTERNO LORDO, SETTORE DEI BENI DI PRIMA NECESSITA’, SETTORE DEI BENI DISCREZIONALI
E RELATIVE CORRELAZIONI
Il dato macroeconomico più importante che indica se un’economia è in salute o meno è sicuramente il prodotto interno lordo, che non è altro che la somma di beni e servizi prodotti da un Paese. Dopo aver constatato i valori del PIL, bisogna capire le relative performance che gli stessi indici che io utilizzerò per il mio spread presentano al variare del PIL stesso. Vi condivido una grafica settimanale:
Il trend definito dalla linea blu va ad identificare la forza relativa tra il settore dei beni di prima necessità (che d’ora in poi chiamerò XLP) e il settore dei beni discrezionali (XLY): più il trend è rialzista, più XLP sovraperforma XLY e viceversa.
Con il trend definito dalla linea arancio trovate invece il valore del PIL USA anno/anno. A colpo d’occhio potete notare che XLP tende ad essere più forte di XLY quando ci troviamo in fasi economiche di recessioni (come accade con la bolla di internet del 2000, con la crisi dei mutui sub-prime del 2007-2008 e con la pandemia del 2020) o di decelerazioni/rallentamenti economici. Al contrario, XLY si dimostra più forte in fasi di riprese economiche (quindi dopo le recessioni che ho elencato precedentemente) e relativa stabilità economica. Perché questi diversi andamenti nei relativi cicli economici?
Le aziende all’interno dell’etf XLP operano nei settori della vendita al dettaglio di prodotti alimentari e di base, bevande, tabacco, prodotti per la casa e prodotti personali (quindi beni di prima necessità). Viceversa, le aziende facenti parte dell’etf XLY operano nel settore della vendita al dettaglio (specialità, multilinea, Internet e marketing diretto); alberghi, ristoranti e tempo libero; tessili, abbigliamento e beni di lusso; beni durevoli per la casa; automobili; componenti per auto; distributori e prodotti per il tempo libero (ossia dei beni discrezionali, non essenziali).
Avendo ora chiari i diversi settori nei quali le diverse aziende operano, è facile capire le diverse correlazioni con il PIL:
• Quando un’economia si sta rialzando e successivamente si espande, i consumatori sono più propensi a comprare dei beni durevoli come ad esempio automobili, cellulari, televisori, beni di lusso; molto spesso si viaggia e di conseguenza si è più propensi ad alloggiare in alberghi o mangiare in ristoranti: questo perché la loro fiducia nei riguardi dell’economia è relativamente alta (infatti, in riprese economiche e successive espansioni, il dato sulla fiducia dei consumatori è sempre molto apprezzabile). Questo va a riflettersi chiaramente sulle vendite al dettaglio di tutte quelle aziende facenti parte di quel settore: più alte e forti esse sono, più gli investitori saranno propensi a comprarle utilizzando i più svariati strumenti finanziari. Questa riflessione poi trova riscontro sui grafici, come vi ho mostrato poco fa.
• Quando invece un’economia è in fase di rallentamento o recessione, i consumatori tipicamente cambiano il loro “modo di spendere”; non andranno più a concentrarsi su beni durevoli (gli stessi che ho nominato prima, come le automobili) e la conseguenza più naturale viene poi riscontrata sulle vendite al dettaglio che si presentano molto più basse rispetto a cicli economici in cui un consumatore è più propenso a spendere; il fatto che le aziende presentino quindi trimestrali che spesso deludono le aspettative degli analisti si traduce spesso in dei sell-off o comunque in dei tipici risk-off dei mercati; è così che vengono vendute aziende orientate a quei tipi di business e le vengono preferite altre più difensive come quelle dell’etf XLP. Perché? Il loro modello di business si basa sulla vendita di prodotti di prima necessità, ossia quelli di cui i consumatori non possono farne a meno: la conseguenza è che le revenue delle aziende di quest’ultimo settore rimangono relativamente stabili e questo permette loro di performare meglio di altre aziende di altri settori.
Mi sono spiegato bene?
La correlazione tra la forza relativa dei due settori e il PIL è più apprezzabile a livello giornaliero. Ora vi mostrerò delle grafiche in cui saranno illustrati i punti salienti :
Spero che queste illustrazioni vi abbiano chiarito il concetto.
LO SPREAD TRA XLP E XLY
Conoscendo quindi le varie performance dei settori in questione nei diversi cicli economici ho deciso di costruirmi uno spread, ossia , e impostarlo su un grafico settimanale per avere una visione più chiara e più ampia:
Sapendo che XLP tende a performare meglio in periodi di rallentamento/recessione e XLY in periodi di ripresa/espansione come ho dimostrato prima, sono andato a ricercare tutti quei momenti in cui la forza di XLP rispetto a XLY ha fatto in modo che lo spread formasse un picco al rialzo; dopo aver far trovato tali picchi, sono andato a segnare i motivi per i quali essi si erano sviluppati:
Successivamente sono andato a consultare il grafico settimanale dell’S&P500 in maniera da osservare se i picchi relativi al grafico dello spread XLP-XLY si riflettessero su un ribasso del benchmark, e guardate un po':
Da questo si può evincere che una preferenza verso titoli difensivi rispetto a titoli ciclici si riflettono nel benchmark di riferimento con un pesante ribasso. In particolare:
• Al picco dovuto alla bolla dot-com degli anni 2000 è corrisposto un -52,5% da parte dell’S&P500
• Al picco relativo alla crisi del 2007-2009 un -57,5%
• Al picco dovuto al rialzo dei tassi di interesse dopo 10 anni di politica monetaria accomodante un -15,5%
• Al picco relativo alla guerra commerciale tra USA e CINA un -21,9%
• Al picco relativo alla pandemia un -36%
Dopo aver dato uno sguardo al passato, guardiamo al presente: nello spread si è creato qualcosa di singolare:
Notate l’ultima gamba rialzista evidenziata con il cerchio di color rosso? Ebbene, come ho spiegato nella didascalia nell’immagine, non c’era mai stata all’interno dello spread una gamba rialzista sviluppata in così poco tempo e con quel tipo di intensità. Possiamo paragonare tale picco soltanto a quello formato allo scoppio della pandemia, per quanto quest’ultimo risulti comunque inferiore in intensità.
Ho quindi utilizzato l’RSI, ossia l’indice di forza relativo, con lo scopo di vedere se la forza dell’ultimo impulso rialzista fosse paragonabile alla forza degli altri impulsi formatisi in periodi di recessioni o crisi economiche. Questo è quello che ho ottenuto:
Come possiamo notare nei quadratini rossi, ogni qualvolta si è entrati in crisi economiche (o in incertezze) l’RSI è entrato in ipercomprato, segno di una grande forza rialzista. Questa, in gergo, viene definita “convergenza”, in quanto ai cicli economici appena citati appartiene una forza maggiore di XLP rispetto a XLY (come abbiamo constatato precedentemente).
*gli altri picchi di ipercomprato sono dovuti al fatto che dal 2004 al 2008 ci fu un rallentamento economico sfociato poi in recessione e nel 2011 la crisi del debito sovrano che zavorrò l’S&P del 23% circa. Nel 2014 ciò è stato probabilmente causato da una FED che in quel periodo si dimostrò più aggressiva, riducendo il quantitative easing e anticipando un rialzo dei tassi di interesse.
Dopo aver trovato la “convergenza”, ora vi mostrerò la “divergenza”:
Come spiego nella grafica, ogni qualvolta il picco dello spread sia stato di un’intensità notevole, il benchmark ha rintracciato di almeno il 15% e oltre. Nel presente, invece, il rintracciamento è stato di appena l’11,5% circa.
Questa è una divergenza molto interessante. Le domande da porsi possono essere diverse, tra le quali:
“Il picco sullo spread si sta riassorbendo? L’impulso di forza relativa si sta indebolendo o ci aspetta ancora maggior forza? Il punto minimo dell’S&P500 di gennaio 2022 è
stato raggiunto e di conseguenza si è pronti alla risalita verso nuovi massimi storici?”
Le domande possono essere svariate. Alla fin dei conti gli indicatori hanno questo tipo di effetto, specie di questo tipo. Pensate al biennio 2020-2021 in cui tanti (giustamente) utilizzavano il Buffet Indicator, che mostrava una chiara possibilità che il mercato fosse all’interno di una bolla, e a tal proposito molti si chiedevano “ma questo indicatore funzionerà? I mercati crolleranno?”.
ABBINARE UN INDICATORE A DIVERSI ALTRI PER AVERE MAGGIOR CHIAREZZA E OGGETTIVITA’
Un indicatore non va a prevedere il futuro, bensì da un’idea di quella che potrebbe essere la prospettiva nei mesi futuri. E’ per questo che ritengo sia essenziale abbinare lo stesso ad altri parametri: per me questi ultimi sono i dati macroeconomici e il loro andamento, lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato USA a 10 e 2 anni, il rialzo dei tassi di interesse e la volatilità e, per ultimo, il PUT/CALL ratio.
Ora farò chiarezza:
Come potete osservare, i principali dati macroeconomici sono in decelerazione, e spesso queste decelerazioni hanno portato a delle recessioni, come è accaduto ad esempio nel 2008:
Lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni e quelli a 2 anni continua a contrarsi:
Come ho spiegato diverse volte nelle mie idee, uno spread allo 0% in passato ha significato una recessione qualche tempo dopo.
Per ultimi ma non meno importanti i rialzi dei tassi di interesse e la volatilità: è cosa nota che ormai la FED rialzerà gli interest rates per andare a calmierare un’inflazione che oramai, a livello statunitense e non solo, è diventata un grande problema. Questo, in linea teorica, andrà a sollevare volatilità nei mercati e, come vi ho spiegato diverse volte, tendenzialmente un mercato ad alta volatilità è un mercato che si dirige verso il basso:
Un altro indicatore che monitoro molto spesso e che, a parer mio, si trova in una situazione abbastanza preoccupante, è il PUT/CALL RATIO. Questo indicatore misura il rapporto tra il volume di opzioni put e il volume dI opzioni call scambiate dagli operatori.
Questo rapporto è al di sopra di 1 quando il volume delle opzioni put supera quello delle call e sotto ad 1 quando il volume delle opzioni call supera il volume delle opzioni di tipo put.
Come saprete, le opzioni put si acquistano essenzialmente per 2 motivi: per scommettere su un ribasso dei mercati o per scopi di copertura (ossia per avere una sorta di “assicurazione” nel caso un mercato crollasse). Spiegato questo, ora vi condividerò il PUT/CALL RATIO riferito alle opzioni scambiate sugli indici; ho scelto questi ultimi poiché, tipicamente, gli investitori acquistano PUT sugli indici come scopo di copertura, ossia per non avere ingenti perdite nel caso in cui un mercato crolli:
Ci sarebbero diverse cosa da dire:
• Il volume di PUT aumenta considerevolmente prima di ogni crollo importante da parte del benchmark
• Dal 2009 al 2015 abbiamo avuto tendenzialmente un bull market e, contemporaneamente, un aumento delle call rispetto alle put. Lo stesso è accaduto per il bull market 2016-2018. Ciò può significare che in quei bull-markets gli operatori non avevano tantissime coperture sotto forma di put perchè probabilmente credevano fortemente nel trend e avevano in generale una visione positiva sui mercati e sull’economia.
Ora guardiamo invece al presente: l’S&P500, nell’ultimo biennio, ha avuto un fortissimo bull market, forse anche inaspettato. Nonostante ciò, i livelli di opzioni put sono continuate a crescere fino ad arrivare a rompere al rialzo il massimo formato dallo stesso indice durante la crisi del 2008 (vi ho evidenziato il tutto nella grafica). Ciò non vi pare strano? Non è strano che gli operatori, nonostante il mercato salga, continuino a comprare delle assicurazioni? Sembra quasi che la loro visione non sia poi così tanto positiva come lo stesso bechmark ci suggerisce!
Cosa succederà ai mercati nel prossimo futuro? Per quanto mi riguarda, tutti gli indicatori che vi ho mostrato mi suggeriscono estrema cautela.
L’idea termina qui, spero vi sia stata utile. Come ho scritto all’inizio di essa, lo scopo era farvi capire come si costruisce un indicatore e quali studi e ragionamenti ci stanno dietro la sua costruzione; dal momento che, singolarmente, un indicatore può dir tutto e nulla, vi ho dimostrato come vado poi a combinarlo nella mia analisi con altrettanti indicatori, il tutto per avere sempre una visione chiara e limpida dei mercati finanziari.
Quello che vi ho mostrato oggi è solo uno dei tanti spread che mi costruisco da diverso tempo. Né ho costruiti diversi che mostrerò in un canale personale a cui sto lavorando da qualche tempo a questa parte. Vi comunicherò quando il progetto sarà ultimato, rispettando chiaramente le linee guida imposte da tradingview.
MATTEO FARCI
ANALISI MACRO DELL'ULTIMA SETTIMANA: COME HA IMPATTO LA FED?Buongiorno ragazzi! La passata è stata una settimana molto turbolenta essendo stata influenzata negativamente dalla Federal Reserve e dal suo presidente Jerome Powell. L’obiettivo di questa analisi è analizzare il comportamento che gli investitori hanno avuto durante e l’ora successiva la conferenza della Fed. Vi riporterò in breve i punti salienti e poi passeremo subito ad analizzare i grafici.
LE PAROLE DI POWELL
Per quanto riguarda il tema riguardante l’economia e la sua ripresa, Powell dichiara che “gli indicatori dell’attività economica e dell’occupazione hanno continuato a rafforzarsi. I settori più colpiti dalla pandemia sono migliorati negli ultimi mesi, ma sono stati colpiti dal recente forte aumento dei casi di Covid-19”. Per quanto riguarda il tema sul mercato del lavoro e tasso di disoccupazione, ha dichiarato che “si è assistito ad un aumento di posti di lavoro solido tanto che il tasso di disoccupazione è “diminuito sostanzialmente”.
Per quanto riguarda invece uno dei temi più sensibili dell’ultimo anno, ossia l’indice dei prezzi al consumo, il presidente ha affermato che “con un'inflazione ben al di sopra del 2% e un mercato del lavoro forte, il Comitato prevede che presto sarà opportuno aumentare i tassi”.
Dobbiamo prestare maggior attenzione all’affermazione del presidente riguardante la possibilità che i prezzi (e quindi l’inflazione) potrebbero continuare a salire. Quest’ultimo dato, che tanto era stato considerato transitorio, sta iniziando a diventare preoccupante?
La riduzione dei bilanci, inoltre, avverrà presto (non si è specificata una data certa).
Quindi, riassumendo in breve, l’outlook nei confronti dell’economia statunitense è positiva visti i continui miglioramenti nel mercato del lavoro che, sulla stessa linea d’onda, hanno fatto abbassare il tasso di disoccupazione. Per questo motivo e per il fatto che l’inflazione inizi a diventare un problema (“inizia a diventare” per la Fed, credo che per i cittadini questo problema persista invece ormai da più di un anno) si prevede un aumento dei tassi di interesse (altro tema caldissimo degli ultimi mesi) in cui non si è precisato quando avverrà (verosimilmente a marzo).
La conferenza stampa di Powell è datata al 26 gennaio. Vediamo ora le reazioni degli operatori sui due bechmark di riferimento (S&P500 e NASDAQ).
S&P500 E VIX, NASDAQ E VXN E DIVERSI SETTORI
Come potete ben osservare, entrambi gli indici, dall’inizio della conferenza stampa e per l’ora e mezza successiva (dalle 20 alle 21.30) hanno perso abbastanza terreno. In particolare, l’S&P ha perso un -2,9% circa mentre il Nasdaq un -3,6% circa; come mai il Nasdaq ha perso di più? A parer mio il motivo è da ricercare nelle parole di Powell relative alle preoccupazioni inflazionistiche: un’inflazione più persistente del previsto va a danneggiare maggiormente gli indici pesantemente growth, com’è appunto il Nasdaq, in quanto erode i guadagni futuri delle aziende.
Guardando queste performance, appare chiaro che gli investitori abbiano mal digerito le dichiarazioni della Fed. Voglio fare un’analisi riguardante i volumi, in particolare quelli scambiati prima della conferenza stampa e quelli scambiati in contemporanea: notate nei rettangolini rossi (in basso) di entrambi i benchmark come, prima dell’evento, essi fossero abbastanza bassi. Sapete il motivo? Gli investitori stavano aspettando per poter prendere una posizione decisa, scommettendo, per dire, a conti fatti, e non ipotizzando le parole qualche ora prima. Per essere più chiaro, sappiamo quanto questi eventi siano in grado di destabilizzare un mercato, per cui che senso aveva per gli operatori scommettere ore prima sulle parole che avrebbe potuto dire Powell? Hanno aspettato e non hanno scommesso, e ciò è dimostrato dai bassissimi volumi di scambio. Alle 20 hanno iniziato a digerire le parole di Powell e allora sì che hanno aperto (o comunque chiuso) delle posizioni, e ciò è facilmente riscontrabile nell’aumento repentino degli stessi volumi evidenziati nei rettangolini di color azzurro. Questa quantità di contratti aperti in long o in short rappresenta l’emotività momentanea degli operatori, che poi si è andata a calmierare le ore successive, quando i prezzi di entrambi gli indici hanno continuato a perdere terreno. Con quest’ultimo appunto riguardo i volumi voglio trasmettere delle cose per me importanti: l’importanza di capire l’emotività e di quanto questa possa far schizzare il prezzo e come agiscono in generale gli operatori in questi particolari eventi: se non avete le idee chiare, state attenti a prendere delle posizioni, perché qualsiasi dato macro o qualsiasi intervento della Fed possono essere imprevedibili; e collegandoci all’emotività, era abbbastanza scontato che anche i due indici rappresentativi della stessa schizzassero per aria: VIX +18%, e VXN +10%.
ANALISI SETTORIALE
Adesso andiamo invece a considerare le performance dei singoli settori:
Vi ho condiviso dei grafici orari, evidenziando con il rettangolino rosa le candele immediatamente successive alle dichiarazioni di Powell: molto male il settore tecnologico con un -2.34%, settore immobiliare (-2.33%), settore delle comunicazioni (-2.04%) e settore dei beni discrezionali con un -2.24%; si difendono meglio degli altri il settore delle utilities con un -0.74%, il settore dei beni di prima necessità con un -0.69% e il settore finanziario con un -0.9%. I restanti settori perdono tra il punto e il punto e mezzo percentuale.
Ora focalizziamo l’attenzione sul motivo per il quale alcuni settori abbiano fatto peggio di altri: è un caso che il settore tecnologico e quello delle comunicazioni abbiano perso oltre 2 punti percentuali? No! Il motivo è da ricercare nelle componenti degli etf stessi: il settore tecnologico, nemmeno a dirlo, è pesantemente growth, e come spiegavo nel paragrafo precedente, è normale che gli investitori abbiano svenduto più contratti (o azioni, o abbiano chiuso operazioni long) di un settore che potrebbe essere più penalizzato di altri (viste le prospettive di inflazione persistente e aumento dei tassi di interesse); stessa cosa vale per l’etf XLC del settore delle comunicazioni: le prime tre partecipazioni dello stesso etf sono Meta, che occupa un peso del 22.36%, Alphabet inc classe A con un peso dell’11.28% e Alphabet inc classe C con un 10.5%. Queste tre partecipazioni, compattate con loro, costituiscono il 44.14%, quasi la metà dell’intero paniere; vediamo le performance orarie di queste 3 aziende:
Sono abbastanza negative, Meta arriva a perdere oltre 2 punti e mezzo percentuali. Ora capite perché XLC non è stato risparmiato dalle vendite?
Comportamento anomalo da parte del settore Real Estate, che tipicamente va a performare bene in periodi di moderata/alta inflazione dal momento che gli immobili costituiscono di per sé una protezione contro la stessa vista la possibilità da parte dei possessori di immobili o edifici residenziali di distribuire l’aumento dei prezzi dei beni appena menzionati ai consumatori (per fare qualche esempio, un aumento dell’inflazione è accompagnata da un aumento dei prezzi delle case e degli affitti e grazie a questo i possessori riescono a distribuire tale aumento ai compratori).
Ritornando a considerare le performance settoriali orarie post-FED , vi siete chiesti come mai il settore delle utilities, dei beni di prima necessità e finanziari sono quelli che hanno sofferto di meno? I primi due settori menzionati sono difensivi e value! Il fatto di essere difensivi conferisce loro una determinata protezione in giornate come quelle del 26 gennaio (ad alta volatilità); il fatto di essere value ha permesso agli stessi di essere meno soggetti alle parole di Powell riguardo i tassi di interesse e soprattutto nei riguardi dell’inflazione (perché questi due parametri vanno pesantemente ad influenzare le aziende ad alta crescita ma non quelle con un business forte e focalizzato sul presente come, appunto, le aziende e settori value). Lo stesso discorso vale per il settore finanziario, che è value ma non difensivo. Per dimostrarvi ciò che ho appena considerato, guardiamo le performance orarie del settore value e growth:
Come potete osservare, il value ha perso molto meno (-1.29% contro un -2.03%).
ANALISI DEL MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Adesso analizziamo il mondo obbligazionario prima e dopo la conferenza della FED. Vi condividerò due grafici: nel primo saranno visualizzati i rendimenti delle scadenze brevi della curva dei rendimenti (rendimenti dei titoli a uno, due, tre, cinque e sette anni), mentre nel secondo i rendimenti delle scadenze più lunghe; nel rettangolo di color rosa andrò ad evidenziarvi le candele formate dai titoli immediatamente e durante la conferenza:
Riagganciandomi alle diverse performance dei diversi titoli, vi voglio far notare diverse situazioni che chiarirebbero concetti che ho già ripetuto nelle mie idee precedenti:
1. Le scelte di politica monetaria vanno sempre ad influenzare maggiormente la parte breve della curva. Questo perché la parte breve è influenzata dalle aspettative per la politica monetaria della Federal Reserve: aumenta quando ci si aspetta che la FED aumenti i tassi e diminuisce quando ci si aspetta che i tassi di interesse vengano ridotti; questo è riscontrabile a livello grafico? Direi proprio di si! E’ dimostrato dal fatto che le scadenze brevi abbiano registrato incrementi tra il 4.5% e il 10%, mentre le scadenze lunghe tra il 2.3% e il 4.2%!
In particolare, sono proprio i rendimenti a 2 anni ad essere più influenzati dalla politica monetaria, tant’è che risultano quelli con la performance maggiore (un massiccio +10%). Per logica, quindi, potevamo aspettarci che i rendimenti a più lunga durata registrassero performance meno importanti, e così è stato. Questi sono i migliori momenti per poter visualizzare se determinate informazioni da noi studiate nei libri siano effettivamente vere e riscontrabili, e io opero sempre in questo modo, andando a ricercare le “verità”.
2. I rendimenti a più lunga scadenza, soprattutto quelli di riferimento a 10 anni (considerati il bechmark) non rispondono direttamente alle decisioni della Fed, ma più ad aspettative sull’inflazione e alle leggi di domanda e offerta; ed è proprio per le aspettative sui prezzi al consumo che a parer mio hanno fatto quel movimento; dopotutto Powell si è dimostrato “più spaventato del solito” nei riguardi di questa tematica; è possibile che abbia spaventato gli investitori che, come lui, credevano nella transitorietà del fenomeno? E’ plausibile.
3. Lo stesso discorso che ho fatto per l’S&P500 e per il NASDAQ lo ripropongo anche per gli asset obbligazionari: vedete come le candele che hanno preceduto le 20:00 del 26 gennaio (le candele precedenti alla riunione della Fed) abbiano il corpo molto piccolo? Ciò significa “calma piatta”, riferita al fatto che gli operatori non avevano ancora preso delle decisioni o delle posizioni prima delle dichiarazioni di Powell. Anche il mondo obbligazionario, quindi, si è comportato come quello azionario; prestate molta attenzione a queste situazioni!
BITCOIN
Per quanto riguarda le performance della crypto, cosa possiamo dire?
Avevamo affrontato una discussione secondo la quale BTC si stesse correlando positivamente ai mercati azionari, in maniera particolare al settore tech:
Conoscendo questo tipo di correlazione, come vi immaginate che BTC si sia comportato? Quasi in maniera speculare allo stesso settore tech!
Focalizzate l’attenzione sul rettangolino azzurro (che evidenzia come negli altri grafici visti in precedenza l’arco temporale in cui è andata in onda la conferenza di Powell): vedete la grande correlazione positiva? Vedete come le performance siano state molto simili tra loro?
Questa è l’importanza delle correlazioni: capirle è fondamentale in giornate di questo tipo.
La domanda da farsi ora è questa: in quali mercati gli investitori hanno immesso la loro liquidità?
VALUTE RIFUGIO: YEN E FRANCO SVIZZERO
Le valute rifugio per eccellenza sono state anche stavolta (come avevamo constatato nelle idee precedenti) un rifugio sicuro? Vediamolo in due grafici a timeframe 15 minuti:
La risposta è no! Stavolta anche esse, indistintamente, sono scese. Lo yen, tra le 20:00 e le 22:00 cade del -0.27% mentre il Franco, nello stesso arco temporale, del -0.36%. Anche in questo caso vi ho evidenziato i volumi prima e durante la conferenza: vale lo stesso discorso fatto per il mercato azionario e obbligazionario.
DOLLARO AMERICANO
Il protagonista, stavolta, è stato il dollaro americano. Vediamolo in un grafico a 15 minuti e spieghiamo il motivo:
All’inizio della conferenza di Powell e per le due ore successive la valuta ha registrato un +0,37%, molto meglio rispetto a tutti gli altri asset visti fin’ora. Il motivo è da ricercare nell’effetto che gli aumenti dei tassi di interesse hanno nei confronti di una valuta: sapete che correlazione c’è? Non ne esiste soltanto una, ma diverse:
1. Tipicamente una banca centrale aumenta i tassi di interesse per andare a calmierare un’inflazione causata da una ripresa e successiva espansione economica. Gli investitori di tutto il mondo, chiaramente, preferiscono andare ad investire in un paese con un’economia in ascesa, sana e forte: questo significa che lo stesso paese andrebbe a subire un grande afflusso di capitali esteri. Acquistare un asset straniero significa chiaramente acquistarlo nella valuta locale: ciò si correla alla legge della domanda e dell’offerta: più moneta richiedo, più quella moneta andrà a rafforzarsi.
2. Ricollegandoci al fatto che i tassi di interesse vengono tipicamente alzati per calmierare un’economia in surriscaldamento, possiamo fare il discorso opposto per i tassi che vengono abbassati per andare a cercare di rafforzare un’economia in recessione; in questo caso come si comportano gli investitori?
Tenderanno ad acquistare valute dei paesi con economie in espansione e a vendere valute dei paesi in recessione: è così quindi che si va ad operare su cambi valutari in cui una delle valute è considerata forte (con dei tassi di interesse positivi) e una debole (con dei tassi di interesse negativi).
3. I tassi di interesse vanno ad influenzare anche i forex-trader: diversi broker, alla chiusura delle contrattazioni, effettuano le cosiddette operazioni di swap: queste consistono in un versamento da parte a parte (da broker a trader) del tasso di interesse delle monete del cambio in cui si è aperto un trade. Facendo un esempio molto pratico: immaginiamo che io, Matteo Farci, abbia aperto una posizione long sul cambio Euro/Dollaro Usa. Assumiamo l’Euro con un tasso di interesse del 5% e il Dollaro con un 1%: io andrò a versare il tasso di interesse sulla moneta che ho venduto (ossia l’1%) e mi verrà versato il tasso sulla moneta che ho acquistato (il 5%): capite il vantaggio?
Mi rendo conto che non è un argomento semplicissimo da capire, penso dedicherò un’analisi che focalizzerà l’attenzione nei riguardi questi concetti, in quanto è fondamentale capirli visto il fatto che tutte le banche centrali mondiali si stanno muovendo con le loro politiche monetarie.
LA REAZIONE DEI METALLI PREZIOSI
Molto spesso sento dire che l’oro è una protezione contro l’inflazione e ciò potrebbe essere vero, nel lungo periodo. Il discorso è che se lo fosse stato anche nel breve, probabilmente alle dichiarazioni di Powell riguardanti la non transitorietà dello stesso fenomeno inflattivo il metallo prezioso si sarebbe dovuto apprezzare. Questo è successo?
Direi di no. Entrambi gli asset (l’altro è l’argento) hanno perso oltre il mezzo punto percentuale. La mia opinione riguardo a ciò trova diverse logiche:
L’oro, nel breve periodo, non ti protegge dall’inflazione.
La discesa è dovuta all’apprezzamento del dollaro USA che abbiamo analizzato nel paragrafo precedente (l’oro è scambiato in dollari, per cui se il dollaro aumenta il suo valore va a sfavorire gli investimenti sul gold da parte di investitori detentori di altre valute, perché andrebbero a pagare di più per acquistare la stessa quantità di contratti).
Prestate attenzione alla correlazione inversa tra i rendimenti dei titoli di stato reali (rendimenti nominali aggiustati all’inflazione) e l’oro stesso, che trovate in questa grafica:
fred.stlouisfed.org
E’ chiaro che se il valore sul dato dell’inflazione rimane costante e invariato mentre il rendimento a 10 anni, come abbiamo visto prima, schizza per aria l’oro per, appunto, la correlazione inversa, sarebbe sceso in quasi ugual proporzione, e ciò è riscontrabile nel grafico FRED che vi ho condiviso!
Aprite in particolare questo link e andate a selezionare il 26 gennaio:
fred.stlouisfed.org
Vedete quanto la correlazione sia inversa?
Per quanto riguarda invece l’argento, esso ha seguito sostanzialmente il movimento dall’oro, da cui è da sempre influenzato.
I MERCATI HANNO RAGGIUNTO IL BOTTOM?
La preoccupazione di diversi operatori in questo momento è: il mercato ha raggiunto il suo minimo? Adesso risalirà? Rivedremo i massimi storici? A parer mio è difficile da dire e da prevedere. Quello che posso dire è che, a causa dell’alta volatilità, né l’S&P500 tantomeno il NASDAQ hanno avuto una settimana con una vera e propria direzionalità infatti, come vedrete nei due grafici giornalieri in basso, il prezzo si è mosso all’interno dei rettangolini da me colorati di color rosa:
Quello che ho appena evidenziato è più chiaro in dei grafici a timeframe più bassi, come quelli orari, in cui possiamo notare altre cose interessanti:
Innanzitutto entrambi i grafici sono molto simili tra loro; i due prezzi hanno formato nell’ultima settimana una lateralizzazione; c’è da chiedersi se esso sarà un consolidamento (se il prezzo romperà il rettangolo di congestione verso l’alto) o una distribuzione (se esso lo romperà verso il basso). Come potete osservare, ho tracciato in entrambe le lateralizzazioni l’intervallo fisso volumetrico, il cui point of control mi visualizza l’area di prezzo in cui sono stati scambiati più volumi; è evidente che il prezzo si stia pian piano gonfiando, e quella indicata con il point of control e l’area in cui si sta combattendo la guerra tra compratori e venditori. Inoltre vi ho visualizzato i volumi: vedete come essi siano molto più accentuati quando il prezzo arriva in corrispondenza delle strutture di supporto e resistenza della lateralizzazione? Ciò sta ad indicare che sono delle aree di prezzo in cui tanti attori del mercato reagiscono, e ciò si riflette appunto sui volumi stessi. Unica eccezione la zona volumetrica indicata in entrambi i grafici con il rettangolino verde, in quanto è l’unica area in cui i volumi sono rimasti molto bassi nonostante in prezzo fosse sulla resistenza: questo è dovuto al fatto che in quelle ore di contrattazioni i mercati statunitensi fossero chiusi e di conseguenza gli operatori a mercato risultassero molti meno. Da questa analisi oraria abbiamo quindi capito come i minimi toccati dai due bechmark siano molto importanti. Vi voglio però riportare gli stessi grafici a livello settimanale per farvi notare un qualcosa di molto importante:
Ho condiviso prima il settimanale dell’S&P e successivamente quello del Nasdaq; è interessante notare che tracciando il visible range in entrambi i benchmark dalla candela settimanale del rimbalzo di marzo 2020 dopo il crollo dei mercati causati dalla pandemia e l’ultima settimana terminata il 28 gennaio 2022, ci rendiamo conto che il point of control (come vi ho spiegato prima, l’area di prezzo in cui sono scambiati più volumi) si trova al di sopra di entrambi i prezzi. Per la mia visione dei mercati, potrei quindi affermare che vedrei il prezzo più in alto le prossime settimane soltanto se entrambi gli indici riuscissero a chiudere con una candela settimanale al di sopra dello stesso point of control.
E come ultima cosa, non dimentichiamoci la volatilità. Statisticamente, a volatilità considerevoli, un mercato tende a scendere e non a salire, e queste grafiche ne sono la prova:
Vedremo quindi se questi “indici di paura” vedranno una discesa.
L’analisi termina qua. So che probabilmente è stata lunga, ma determinati concetti, a parer mio, non possono essere spiegati in due righe e anzi, se proprio devo essere sincero, avrei potuto continuare a scrivere altre 50 pagine. Volevo comunque trasmettervi le mie conoscenze che, in giorni come questi, possono aiutarvi a leggere meglio i mercati; è importante capire cosa succede ma soprattutto perché succede, e io cerco sempre di spiegare grazie a studi e logica la psicologia che sta dietro i mercati. Inoltre ci aspettano dei periodi in cui le banche centrali del mondo non interverranno con le loro politiche monetarie una volta, bensì diverse! Ed è proprio per questo che è fondamentale sapere come muoverci e, determinate volte, capire quali potrebbero essere le mosse dei mercati, attraverso analisi macro, correlazioni, volumi e volatilità potrebbero permetterci di guadagnare di più e/o limitare le perdite. Spero di essere stato chiaro, qualora non lo fossi stato cercatemi in privato su Instagram o tradingview, o commentate l’idea.
Volevo aggiungere inoltre che ho intenzione di creare un canale personale in cui condividerò tante altre idee riguardanti i mercati finanziari. Vi comunicherò quando il progetto sarà ultimato, rispettando chiaramente le linee guida imposte da tradingview.
Grazie, Matteo Farci
Fed aumenterà i tassi e taglierà il QE cosa è successo nel 2014La Fed è stata poco colomba con i mercati ed ha fatto intendere che ci potranno essere da 4 a 5 aumenti dei tassi nei prossimi 12 mesi con relativa fine degli acquisti da QE.
Saranno possibili aumenti anche superiori ai 0.25 bp con escursioni direttamente di 0.5bp.
Nel grafico ho segnato cosa è successo alla fine del QE 2008-2014
BITCOIN - META' GENNAIO 2022Una veloce occhiata al grafico BTC...
Dopo aver toccato 33.000$ poco piu di 24 ore fà, ora BITCOIN sembra lateralizzare in attesa delle parole della FED domani (Mercoledì 26 Gennaio).
- Un discorso a favore di una riduzione di velocità con la quale la FED toglie la liquidità immessa da Marzo 2020, potrebbe far rifiatare i mercati (anche azionario) e potrebbe portare BTC anche sopra i 42.000$.
- Al contrario invece, un discorso sempre più a favore della riduzione di liquidità, porterebbe INEVITABILEMNTE ad un crollo maggiore di TUTTI i mercati.
Potremmo vedere un BTC andare in area 28.000$ (ultimo supporto prima dei 20.000$).
Attualmente resto fermo fino a domani per poi valutare a seconda di quando sarà detto.
Intanto oggi bene le ALT che stanno riprendendo capitalizzazione.
++
Attenzione non è un consiglio finanziario ma analisi personale
NASDAQ, INFLAZIONE BUONA, RENDIMENTI, TASSI E T-BOND
C'è nella cultura economica dominante, una concezione secondo cui l'inflazione sia un fenomeno monetario.
Se l'economia di mercato non riesce a produrre un tasso di inflazione che la Banca Centrale ritiene coerente
con la crescita economica si deve intervenire sui tassi e accelerare il tapering.
I recenti aumenti dei prezzi sono dovuti in parte ad uno shock di offerta (tipo chip shortage) ed al rincaro dei prodotti energetici.
Le banche centrali in questo contesto facendo leva sui tassi possono intervenire solo dal lato della domanda, ma l'inflazione non
aumenta e diminuisce solo a causa della politica monetaria delle banche centrali è anche in gran parte il risultato delle scelte che fanno le aziende.
Più i prezzi salgono, maggiori sono i profitti per le società. L'amministrazione Usa, anche attraverso la Federal Trade Commission sta
combattendo l'aumento dei prezzi e le pratiche anticoncorrenziali che le stanno alimentando a scapito dei consumatori. In sostanza
più che inflazione, stiamo avendo una nuova fase di "opportunità aziendale", avidità direbbero a Wall Street. Le società, con prospettiva
di prezzi crescenti, sono incentivate a produrre di più rispetto ad una situazione precedente con tassi vicino allo zero quasi al limite della trappola della liquidità.
In questo contesto si inseriscono come conseguenza gli aumenti dei tassi di rendimento dei T-Bond.
L’aspettativa di un aumento dei rendimenti svaluta le attività finanziarie a lunga scadenza
e avvantaggerebbe la "rotazione settoriale" verso i titoli value la cui attività è già capace di
generare una buona redditività immediata. Ad essere penalizzate sono le obbligazioni e le società dette growth
a causa dei massicci investimenti che dovrebbero realizzare nel lungo periodo i cui flussi di cassa futuri
sono ancora attualizzati dagli analisti in base al "rendimento privo di rischio", com'è appunto, il T-BOND.
Ma KPMG prima della pandemia ha elaborato un sondaggio sulle aspettative di ritorno sugli investimenti tra le aziende Tech:
- impatto immediato 10%;
- entro 6 mesi 34%;
- entro 12 mesi 27%;
- entro 2-3 anni 24%;
- entro 5 anni il 4%;
- oltre 5 anni <1%.
Inoltre, molte soffrono i tradizionale processi di budget annuali sugli investimenti che non ormai
non supportano i loro pivot rapidi di crescita.
Secondo Value Research i fondi del settore Tech hanno avuto un rendimento medio nel 2021 del 67%.
Il rendimento del decennale USA a gennaio 2022 è del 1,90%.
I tassi FED sono allo 0-0,25%, e si avvicineranno a fine 2022 all'1%.
EURO / DOLLARO INVERSIONE, BASTERÀ LA STRETTA MONETARIA FEDGli annunci dei rialzi dei tassi USA non riescono a rafforzare la moneta americana, il dato sull'inflazione, che a dicembre 2021 è cresciuta del 7% su base annua (incremento annuale più alto mai registrato da giugno 1982), ha un po' sopito le ansie del mercato sul rapido aumento dei tassi ma non i rapporti di forza monetaria tra le due economie.
DAILY - Dopo il tentativo di allungo a 1,14828 la zona che passa intorno a 1,14225 è cruciale, la mancata tenuta potrebbe spingersi giù anche fino a 1,13.
WEEKLY - Sull'apertura settimanale i rapporti di forza sono ancora a favore dell' euro.
MONTHLY - Nonostante l'incertezza tra gli operatori la moneta americana non riesce ad apprezzarsi e da novembre i rapporti si spingono verso l'alto passando dai minimi di 1,11861 ai max di 1,14828 registrati il 14/01.