Anticorrelazione tra DXY e US02Y rispetto a XAUUSDIl Dollar Index (DXY) e il rendimento dei titoli del Tesoro USA (ad esempio a 2 anni (US02Y)) mostrano spesso un comportamento inverso rispetto al prezzo dell'oro (XAUUSD).
DXY e Oro: Quando il Dollar Index sale, il dollaro si rafforza, rendendo l'oro più costoso per gli investitori in altre valute. Questo tende a ridurre la domanda di oro e quindi il suo prezzo. Al contrario, un calo nel DXY rende l'oro più accessibile a livello globale, spingendo la domanda e di conseguenza il prezzo.
US02Y e Oro: Anche i rendimenti dei titoli del Tesoro a breve termine influenzano l'oro. Quando i rendimenti aumentano, gli investitori tendono a preferire obbligazioni e altri investimenti fruttiferi, riducendo l'appeal dell'oro. Viceversa, rendimenti più bassi rendono l'oro un rifugio sicuro più attraente.
Queste correlazioni inverse, però, possono fluttuare nel breve termine in risposta a eventi economici globali e alla percezione del rischio degli investitori.
In sintesi, un aumento del DXY o del US02Y può spesso segnalare una pressione ribassista sull'oro, mentre un calo di questi indicatori tende a sostenere il prezzo dell'oro.
US02Y
RITORNA LA LIQUIDITà , MA L’INFLAZIONE…ANALISI COT REPORT del 02.04.2023
-CONTESTO
Don’t fight the FED! Sembra davvero che dal 2022 questo mantra abbia perso significato e non crediamo tanto che sia oramai più facile sfidare la FED, ma riteniamo che questa proverbiale citazione sia oramai in crisi per la mancanza di una FED da combattere.
Ebbene si , può sembrare strano a dirsi , ma in questa fase del ciclo economico non troviamo tracce di una vera guida da parte della Banca centrale americana, che di fatto si limita a seguire l’andamento dell’economia reale e a prendere contromosse, per parare i colpi piu pesanti ed aggressivi, ma senza dettare davvero il ritmo che tutti noi operatori vorremmo avere ben chiaro nella nostra mente.
Powell ha più volte ribadito che non ci saranno tagli tassi in questo 2023, e che il costo del denaro dovrà rimanere alto ancora per lungo periodo, tuttavia i Futures sui Fed Found vedono i primi tagli al costo del denaro già nel q3 di questo anno.
La FED non può essere apertamente accomodante, special modo considerata l’inflazione che sebbene stia calando, almeno secondo i dati che stiamo leggendo e ultimo il PCE di venerdi che trova un calo dei prezzi per le spese personali al +0.3% su base mensile e al 5.0% dal precedente 5.3% su base annuale, vive ancora un fortissimo effetto base, grazie al quale ogi compariamo i prezzi con il picco dello scorso 2022.
I dati dunque danno fiducia sul fronte inflattivo, e sebbene le parole della FED siamo un pericolo concreto per i mercati, l’immissione di liquidità che il balance sheet della FED evidenzia in modo chiaro, unito ad un rialzo modesto di soli 25Bp nell’ultima riunione, sembrano dare un quadro diverso.
A chi credere dunque? Da un lato la FED che minaccia ancora politiche aggressive , spalleggiata ancora da una curva dei rendimenti obbligazionari che preme per un’imminente recessione, e dall’altro lato nuova immissione di liquidità , ancora buoni consumi e un mercato del lavoro che non sembra voler indietreggiare.
Gli ultimi dati di venerdi, publicati dal BEA, mostrano un’ottima capacità degli americani di risparmiare, e non tanto per un taglio delle spese, quanto per un aumento dei redditi dovuto, secondo il report, da un valido incremento dei salari. Questo dato non depone ovviamente a favore di una lettura positiva dell’inflazione, che come appena citato, cala si nelle rilevazioni anno su anno, ma che deve fare i conti con un effetto base molto forte se considerata l’inflazione di un anno fa al +8.5%.
Ciò non di meno, i mercati festeggiano e sfidano la FED, increduli nelle parole di Powell e fiduciosi che il peggio sia oramai un lontano ricordo. La liquidità torna a fluire, le famiglie hanno redditi sostenuti ed i prezzi hanno terminato la loro corsa, su questo si fonda l’armata dei tori sul mercato che spingono su i prezzi per una delle migliori ottave di contrattazioni per questo 2023.
Come sempre questa rubrica si pone lo scopo di leggere ed interpretare anche il posizionamento delle mani forti, i non commercials sul mercato futures, attraverso il posizionamento fornito dal cot report che settimanalmente mostra l’open interest dei grandi speculatori. Beh rimanendo fedeli a questa lettura, dobbiamo osservare diverse divergenze in atto: la prima sul mondo equity , che per ora non trova nei dati questa spinta di acquisti da parte dei big players, sebbene ricordiamo che i dati analizzati sono riferiti a martedi scorso, ma si nota invece una ripartenza del comparto metalli ed energy in pieno stile risk on, seguito da un’interessante recupero del mondo obbligazionario.
L’open interest che mostra il comprato obbligazionario americano, special modo sulle scadenze brevi da diverse settimane, e in questa anche sulle scadenze piu lunghe sembra aprire la porta a potenziali inversioni , preludio ad un cambio di direzione. Come sempre il comparto obbligazionario è anticipatore dell’inversione della curva, che tuttavia al momento rimane impostata ancora per una recessione, quindi presto per cantar vittoria.
Ma procediamo con ordine:
-FOREX:
il comprato valutario è forse al omento il più confuso, con un dollaro americano incapace di fare da driver del sentiment degli operatori, che si limitano a scaricare posizioni in attesa di conferme di tassi più bassi o di una eventuale recessione. Lo scenario lascia a nostro parere poche speranze al biglietto verde, che da un lato ha politiche aggressive della FED e quindi recessione in vista, e dall’altro nessuna recessione ma taglio tassi. Al momento l’attrattiva per il dollaro Usa sembra terminata.
Si rispolverano le valute rifugio , con la moneta unica a far da apripista, con un alto OI (open Interest) dei big plaiers, seguita questa settimana dallo yen giapponese e dal franco svizzero.
EURUSD
Si rimane ancora in una buona tendenza rialzista con le mani forti che restano netti long con 145025 contratti e prezzi al test dei massimi di 1.0933. la prospettiva di una BCE ancora aggressiva che procede nei suoi piani di riduzione della liquidità pone l’Euro come valuta prediletta in questo momento e proietta i prezzi verso 1.10-1.1040. unico dubbio anche in questo caso resta l’inflazione che inizia anche in europa a calare, e che potrebbe porre il seme del dubbio nelle scelte della BCE. Tutto dunque può ancora accadere, la chiave sarà capire quanto l’effetto base inciderà nella lettura del dato inflazionistico per la BCE.
GBPUSD
Anche la sterlina sembra tornare in auge, grazie alla debolezza del dollaro americano, piu che per una vera forza della sterlina, al momento le mani dorti restano corti con 24084 contratti netti corti, e la riduzione dell’OI sembra pesare sulla price action, che porta le quotazioni a 1.2450 prime resistenze tecniche. Potremmo a questo punto credere in una fase di ampia lateralità che non porta i prezzi fuori dai trading range di 1.2450 e 1.1840.
YEN
Buono lo spolvero rialzista dello yen nelle posizioni dei large speculators, che ora si portano a -53975 contratti corti, riducendo di ben 12370 contratti la precedente posizione. La ricopertura delle posizioni yen bilancia ora il dollaro americano, rendendo di fatto neutra la price action di usdjpy che vede ferme le quotazioni a 132.75 dopo il test dei minimi di 129.85.
AUDUSD
Pesante ancora il quadro delle oceaniche, con il dollaro australiano ancora ancorato in un trading range strettissimo, sotto le resistenze di 0.6780 a ridosso della mm21 periodi daily. Il mondo dei non commercials sembra non avere idee chiare e pur rimanendo ancora netti corti con 35353 contratti short, prosegue una lenta ricopertura di posizioni. La RBA ancora non convince i mercati e sebbene anche gli ultimi dati sull’iflazione australiana siano migliorativi, i conti con l’effetto base pesa fortemente. Dal punto di vista tecnico solo una rottura di 0.6775-80 potrebbe davvero decretare la ripartenza rialzista di questo asset.
USDCAD
stabili per ora le posizioni dei large speculators sul dollaro canadese che rimangono a -56825 contratti, ma la price action anticipa già potenziali ricoperture diqueste posizioni, che grazie alla ripartenza del comparto energy sembrano dare propulsione rialzista al cad.
il quadro tecnico di usdcad pertanto spinge le quotazioni a ribasso verso le aree di minimo di 1.3225, ma la prima area di approdo supportiva di breve si colloca a 1.35 figura.
NZDUSD
Ancora incertezza sulle valute oceaniche, che al momento non risppondo alle classiche dinamiche di risk on/rickoff che di norma si evidenziano grazie alla classica correlazione diretta. Le mani forti restano netti corti con 6610 contratti , e le quotazioni faticano a superare 0.6275 prima resistenza tecnica.
USDINDEX
Sempre meno interesse per il dollaro americano, che ora si porta al test dei supporti di 102 figura, ma le posizioni dei big players vanno via via diminuendo l’interesse long, portandosi ora a 12719 contratti.
Attenzione dunque ai possibili allunghi ribassisti, oltre i supporti di 102 per approdi a 100.80 per poi andare verso nuovi minimi per questo 2023.
-EQUITY:
il comparto azionario vive una fase di euforia in netto disaccordo con il quadro di moderato risk off che mostra il valutario, e anche il posizionamento delle mani forti, al momento non rispecchia la salita dei listini americani di questa settimana.
I dati sull’inflazione sembrano aver dato un ottimo boost rialzista , che a nostro parere dovrà superare il difficile giudizio delle trimestrali Usa del q2.
I valori attesi per il p/e di questo 2023 sulle aziende Usa non porta le quotazioni degli indici molto oltre quelle attuali che risulterebbero anche già sovrastimate.
La voglia di credere nella liquidità e nel calo dell’inflazione, sembra per ora avere il dominio dei mercati, che tuttavia si copre con vix e metalli.
S&p
L’SP500 non trova nelle mani forti un riscontro tra posizionamento e price action. Le posizioni risultano ancora fortemente ribassiste con ben 224656 contratti ccorti, ma le quotazioni sembrano voler attaccare i massimi di 4180 pnt. L’alungo vissuto negli ultimi due giorni puo essere tuttavia anche attribuito ad una chiusura mensile e trimestrale, e pertanto degna di respiro. Rimane a nostro avviso chiave di lettura le trimestrali in arrivo per il q2, che saranno preludio al prossimo intervento della FED di maggio.
COMMODITIES
Le commodities vivono una fase di buono spolvero rialzista, da un lato sostenuto da un dollaro americano piu debole, che ne agevola acquisti e negoziazioni, e dall’altro anche come effetto di un’adeguata copertura dal rischio al quale ci si sta esponendo sui listini azionari.
NGAS
Il gas trova una ricopertura di ben 12484 contratti dalle profonde posizioni short che stavano dominando questo asset, e ora che le quotazioni sono in prossimita dei minmi di 2$ sembra essere un asset che ritrova interesse.
WTI
Non da meno il wti, che ora trova le quotazioni espressione della lotta tra domanda e offerta.
Da un lato la ripartenza della CINA che assorbe produzione, e dall’altra l’incognita degli USA che in caso di recessione farebbero crollare la domanda. I produttori di petrolio sono pronti in qualsiasi momento a tagliare la produzione per ribilanciare i prezzi, e qusto si evidenzia nel recupero delle quotazioni che ora vanno a 75$ barile, superano le prime resistenze dei 72$ e attaccando ora i 78$. Sarà interessante osservare eventuali attacchi ai 82$.
GOLD
Il gold rallenta la corsa , con una fase di buona compressione dei prezzi nell’intorno dei 1968$ dopo il test dei 2000$ , ma un dollaro USA debole e rendimenti obbligazionari in calo potrebbero fornire terreno fertile per prossimi allunghi rialzisti fino 2074$.
OBBLIGAZIONARIO
Il mondo obbligazionario USA, vede un ottimo interesse da aprte dei non commercials per le scadenze piu brevi come il 2 anni, che ora potrebbe essere campanello di allarme per un credo nel risk on! Gli operatori non vedono nel prossimo futuro nessuna recessione e gli acquisti di obbligaizionario , dapprima nelle scadenze piu brevi e magari poi in quelle piu lunghe potrebbe essere preludio ad un’inversione totale della curva.
Vedremo se le aree dl 3.50% del 2 ani americano saranno in grado di reggere ad ulteriori attacchi ribassisti.
Il quadro resta dunque complesso, e il comparto obbligazionario fornisce forse il verso sentiment degli operatori, che si troveranno a fare i conti con le trimestrali USA. Quindi cautela e pronti alla volatilità.
buon trading
Salvatore Bilotta
Accelerazione al ribasso per il differenziale US10Y - US02YIl grafico in figura mostra la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato Americani a 10 anni e quelli a 2. Quando il valore di questa differenza si riduce, i rendimenti dei titoli di stato Americani a 2 anni, performano meglio di quelli a 10, poiché gli investitori vedendo incertezza nel breve termine, tendono a vendere obbligazioni a brevi scadenze, alimentandone l'aumento del tasso di interesse.
Quando preoccuparsene?
Nel caso in cui il differenziale risulti negativo, il sentiment di mercato del mondo obbligazionario potrebbe anticipare uno storno di mercato.
Da una analisi di Backtesting, valori negativi di questo indice hanno rispettivamente anticipato: Bolla Dot-com, Crisi Subprime, Crollo causato da pandemia.
Riaccadrà? Non è detto, ma è bene osservare di tanto in tanto questo grafico per monitorare le possibili correlazioni tra mondo obbligazionario e mondo azionario.
Buon Trading a tutti!
CORRELAZIONE TRA ARGENTO E LO SPREAD DEI TITOLI DI STATO USABuongiorno a tutti. Sapete quanto mi piaccia correlare i diversi asset finanziari tra loro, includendo anche l’economia; per questo, oggi vi propongo una correlazione particolare tra il mondo delle commodities e quello delle obbligazioni: la correlazione tra l’argento e lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni e 2 anni.
Adesso proverò a far luce sul motivo di tale rapporto e perché è importante guardarlo.
L’ARGENTO COME METALLO INDUSTRIALE
Avrete di certo sentito definire l’argento come “metallo industriale”. Vi siete mai chiesti il motivo? Ciò dev’essere ricercato nell’utilizzo del metallo stesso: non solo è tra i protagonisti nel campo della gioielleria, ma anche in svariati campi industriali, tutti diversi tra loro. Il motivo è da ricercare nelle sue caratteristiche fisiche: esso è il miglior conduttore di elettricità, con una conducibilità maggiore del 4%/8% rispetto a quella del rame.
Altre caratteristiche fisiche che contraddistinguono questo metallo sono la brillantezza, la malleabilità e la duttilità. I diversi utilizzi in campo industriale spaziano dalla saldatura delle leghe alle batterie, dall'odontoiatria al rivestimento di bicchieri; viene utilizzato per la produzione di chip led, nella medicina, per la fabbricazione di reattori nucleari, nel campo della fotografia, dell'energia solare o fotovoltaica, per la predisposizione dei chip RFID, per la produzione di semiconduttori, touch screen, nella purificazione delle acque, per la produzione di conservanti per il legno e per numerosissimi altri usi industriali. Insomma, come potete ben notare non è solo un metallo “prezioso”
IL MOVIMENTO DELL’ARGENTO NEI CICLI ECONOMICI
La domanda da porsi, a parer mio, è questa: quando c’è maggior possibilità che il metallo si apprezzi o si deprezzi? Per provare a dare una risposta logica e facendo riferimento ai diversi cicli economici a cui si può andare incontro e alla legge della domanda e dell’offerta che governa il prezzo delle materie prime, la risposta è immediata: tenderà ad apprezzarsi in cicli economici favorevoli alla crescita e all’espansione, mentre andrà a deprezzarsi in cicli economici di rallentamento, contrazione o, se volessimo continuare, recessione o depressione.
In un’idea datata di qualche mese avevo trattato argomenti riguardanti i cicli economici, vi allego il link qua sotto:
Per chiarire il concetto, in una ripresa e successiva espansione economica (dall’estate 2020 alla fine del 2021 circa) la domanda e la fiducia dei consumatori è forte, e questo potete ben notarlo dai dati che potete reperire su internet; tipicamente abbiamo alti valori per quanto riguarda le vendite al dettaglio, la produzione industriale, i valori dei PMI e la fiducia dei consumatori stessa. L’aumento della domanda di beni (e servizi) da parte dei consumatori va poi a riflettersi sui produttori degli stessi beni, che andranno ad ordinare maggiori quantità di materie prime (importante guardare in questo caso gli indici dei direttori agli acquisti nel settore manifatturiero, PMI) facendo aumentare, per la legge della domanda e dell’offerta, il prezzo del sottostante richiesto. Questa è in genere la dinamica di prezzo che seguono le materie prime. Vi mostro una grafica in cui correlo i valori del PIL USA anno/anno e il prezzo dell’argento per chiarire meglio il concetto:
Ho considerato come riferimento due periodi storici particolari: la crisi del 2008 e quella del 2020.
E’ importante notare come il dato macroeconomico e il metallo industriale siano particolarmente correlati durante la recessione e successiva ripresa economica.
E’ molto importante considerare un qualcosa di fondamentale: la correlazione tra crescita e decrescita economica e argento è a parer mio da considerare solo in un arco temporale relativamente ristretto (dagli anni 2008/2010 ad oggi) in quanto l’argento stesso non è stato sempre stato un materiale così tanto industrializzato come lo è in questi ultimi anni, appunto. Considerate il fatto che negli ultimi anni le tecnologie si sono evolute in maniera molto repentina , così come la green economy e così, chiaramente, la domanda delle industrie nei riguardi del metallo. Quindi, concludendo, una correlazione tra una crescita/ espansione o rallentamento/recessione è valida soltanto quando il materiale preso in considerazione ha effettivamente un ruolo industriale di primaria importanza.
Ora, per completezza, includo nello stesso grafico gli altri parametri macroeconomici considerati precedentemente (vendite al dettaglio, consumer confidence e PMI).
Come potete osservare, la correlazione è particolarmente rivelante in momenti di recessione o ripresa. Vi voglio far osservare un’ultima cosa, poi passerò alla correlazione con lo spread tra rendimenti dei titoli di stato a 10 e 2 anni:
Focalizzate l’attenzione verso l’ultimo rettangolino di color verdino sulla destra e notate come in quell’area (da giugno a settembre 2021) i dati macroeconomici abbiano subito una decelerazione. Prestate ora attenzione all’argento: vedete come esso è stato reattivo nel rispondere al rallentamento degli altri?
LO SPREAD TRA I RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 10 E 2 ANNI
Dopo aver trattato argomenti riguardanti l’uso e la domanda relativa all’argento e i periodi in cui esso è più o meno richiesto, possiamo ricercare la stessa correlazione con uno dei barometri economici da me più utilizzati e probabilmente tra i più utili: lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 e a 2 anni. Parlo spesso di questo spread, che non è altro che la differenza tra il rendimento del un titolo di stato USA a 10 anni (a scadenza lunga) e quello a 2 anni (scadenza corta).
Lo spread si ottiene facilmente: è necessario selezionare nella barra di ricerca la dicitura “US10Y-US02Y”:
Come spiego nel riquadro azzurro, uno spread rialzista appartiene tipicamente a una ripresa ed espansione economica mentre uno ribassista ad un rallentamento economico; questo perché? Il motivo è da ricercare nella curva dei rendimenti. Ora costruirò due curve dei rendimenti: quella datata al 1 gennaio 2021 e quella datata un anno dopo, al 26 gennaio 2022, e poi spiegherò:
Notiamo innanzitutto come le due curve dei rendimenti siano piuttosto diverse tra loro. Ci sono sostanzialmente due grandi differenze: una nella parte a scadenze brevi e una in quella a scadenze lunghe; la differenza è da ricercare nei diversi cicli economici in cui la stessa curva è stata costruita: notiamo come la parte della curva a scadenze brevi del 1 gennaio 2021 non è tanto ripida quanto lo è stata invece fino al 26 gennaio 2022: questo perché la parte breve è influenzata dalle aspettative per la politica monetaria della Federal Reserve: aumenta quando ci si aspetta che la FED aumenti i tassi (come succederà a marzo verosimilmente) e diminuisce quando ci si aspetta che i tassi di interesse vengano ridotti (come è successo, appunto, durante lo scoppio della pandemia).
La seconda grande differenza è riscontrabile nella parte a scadenze più lunghe: notate come le scadenze lunghe della curva del 1 gennaio 2021 siano più “ripide” di quelle della curva del 26 gennaio 2022, in cui addirittura i rendimenti a 20 anni hanno superato in valore % quelli a 30 anni? Questa differenza, come nel caso delle scadenze corte, è da ricercare nei diversi cicli economici a cui appartengono le due diverse estremità. Esse, infatti, sono influenzate da diversi fattori, tra i quali le prospettive sull’inflazione: la porzione lunga del 1 gennaio 2021 era più ripida poiché la paura degli investitori nei riguardi del consumer price index era di rilevante importanza: questo perché? Perché l’inflazione è capace di erodere guadagni futuri. Considerando la questione in maniera molto pratica, che senso ha per un investitore acquistare un’obbligazione a 10 anni se poi, dopo 10 anni, il premio (o il rendimento) garantito dalla stessa obbligazione ha perso quasi tutto il suo valore a causa di un’alta inflazione? Ha ben poco senso. Per questo motivo, in quel periodo gli operatori vendevano obbligazioni a lunga scadenza, facendo aumentare i relativi rendimenti (per il rapporto inverso che esiste tra un’obbligazione e il suo rendimento, se si vendono obbligazioni a 10 anni, gli stessi rendimenti riferiti alla stessa obbligazione salgono). Riagganciandoci allo stesso discorso, ha però senso comprare un’obbligazione a lunga scadenza quando l’inflazione inizia a non costituire più un ostacolo, e questo accade quando le banche centrali applicano politiche monetarie restrittive (come l’aumento dei tassi di interesse): allora, in questo caso, gli operatori iniziano a ricomprare obbligazioni a più lunga durata, facendo abbassare il rendimento: quello appena descritto è il motivo dell’appiattimento dell’estremità lunga del 26 gennaio.
*mi sono abbastanza dilungato in questo aspetto perché spesso ricevo molte domande riguardanti questo particolare argomento
LA CORRELAZIONE TRA ARGENTO E LO SPREAD TRA I RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 10 E 2 ANNI
Per concludere, abbiamo quindi capito che a uno spread rialzista appartiene un periodo economico favorevole per le aziende (facile accesso al credito grazie ai tassi di interesse bassi o prossimi allo zero), per i consumatori e per la loro domanda. Viceversa, a uno spread ribassista corrisponde un rallentamento per le aziende (accesso al credito non più tanto favorito a causa delle strette monetarie della banca centrale di riferimento) e un rallentamento anche da parte dei consumatori; quindi, che correlazione possiamo aspettarci tra lo spread e il silver? Una correlazione positiva. Dimostriamolo graficamente:
Come potete notare, la correlazione c’è. Non possiamo parlare di una correlazione diretta perfetta (ossia uguale a 1), però possiamo affermare con certezza che, nel lungo periodo, c’è eccome.
Questa correlazione è più apprezzabile in un grafico settimanale e non giornaliero:
Come dicevo precedentemente, è importante considerare che la correlazione tra crescita e decrescita economica e argento è a da considerare solo in un arco temporale relativamente ristretto (dagli anni 2008/2010 ad oggi) in quanto l’argento stesso non è stato sempre stato un materiale così tanto industrializzato come lo è in questi ultimi anni. Questo possiamo osservarlo graficamente grazie a questo grafico mensile:
L’idea termina qua, spero vi sia piaciuta ma soprattutto che sia stata utile. Analisi e ricerche di questo tipo nascono dalla mia curiosità e passione nei confronti di questa materia; esse mi sono utili per avere una visione sempre chiara dei mercati, delle varie correlazioni e anche per massimizzare i profitti. L’obiettivo di questa analisi focalizza l’attenzione verso l’estrema importanza che riveste un determinato ciclo economico e poi come questo si ripercuote nei prezzi dell’argento. Ritengo quindi che questa sia una correlazione da osservare a cadenza mensile. Non meno importanti sono i vari report rilasciati da diverse agenzie, tra le quali il Silver Institute di cui parlo spesso, che possono far muovere il prezzo del sottostante al rialzo o al ribasso nel breve periodo.
Volevo aggiungere che ho intenzione di creare un canale personale come tanti altri utenti di tradingview. Vi comunicherò quando il progetto sarà ultimato, rispettando chiaramente le linee guida imposte da tradingview stesso.
Per qualsiasi informazione, lasciate un commento oppure mandatemi un messaggio nella mia pagina Instagram.
Matteo Farci
BITCOIN, SPREAD TITOLI DI STATO,GOOGLE TRENDS E DIVERSI SETTORISalve ragazzi, stamani voglio parlarvi di una correlazione che negli ultimi tempi si sta venendo a verificare tra il Bitcoin e i cicli economici, utilizzando anche uno strumento come google trends con il fine di capire l’appetito che hanno i retailers verso la crypto.
La correlazione, in particolare, è tra il Bitcoin e lo spead tra i rendimenti dei titoli di Stato Usa a 10 anni e quelli a 2 anni. Questo tipo di rapporto, direi diretto, si è venuto a creare negli ultimi tempi, in particolare allo scoppio della pandemia, dopo il crollo dei mercati finanziari a marzo 2020. La correlazione di cui parlo è questa:
Cercherò ora di provare a far chiarezza.
LO SPREAD TRA UN RENDIMENTO DI UN TITOLO A SCADENZA LUNGA E UNO A SCADENZA CORTA
Nel grafico notiamo con la linea blu lo spread (ossia la differenza) tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni e i rendimenti dei titoli di stato a 2 anni. La forma e il trend di questo spread danno tipicamente informazioni utili riguardo il mondo obbligazionario e le aspettative relative all’economica presente e futura da parte degli investitori. Uno spread con un trend rialzista, come quello visto tra la fine di febbraio 2020 e fine marzo 2021, va ad identificare una curva dei rendimenti “steeping” o “inclinata positivamente”; si ha uno spread o viceversa una curva dei rendimenti di questo tipo quando i rendimenti delle varie obbligazioni a diversa scadenza salgono, creando appunto un inclinazione positiva; si ha una forma di questo tipo quando gli operatori iniziano a scontare una ripresa/espansione economica o per paura di inflazione: è così che vanno a concentrarsi su strumenti a più alto rischio e rendimento (azioni) e scaricano strumenti a basso rischio, ossia obbligazioni: per il rapporto inverso che esiste tra obbligazioni e rendimenti, più si vendono obbligazioni e più i rendimenti salgono, quindi più obbligazioni si vendono a tutte le scadenze, più la curva si inclina positivamente e più lo spread tra i 10 anni e i 2 anni si allunga (stessa cosa vale per lo spread a 20 anni meno quello a 1 anno).
Viceversa, quando si prevede un rallentamento economico (in particolare, quando la banca centrale alza i tassi di interesse per calmierare l’inflazione venutasi a creare in ripresa/espansione economica), la curva dei rendimenti tende ad appiattirsi, soprattutto nelle scadenze lunghe (a 10,20 e 30 anni, come sta accadendo appunto ora) e di conseguenza lo spread va a restringersi. Perché lo spread si restringe? Perché in linea teorica gli investitori scaricano obbligazioni a breve scadenza (questo perché non conviene tenere obbligazione quando il tasso di guadagno reale, ossia quello aggiustato all’inflazione, è praticamente nullo) facendo di conseguenza salire i rendimenti, e comprano obbligazioni a più lunga scadenza, scontando un’economia stabile nel futuro e non nel presente, facendo di conseguenza scendere i rendimenti e andando, quindi, a restringere lo spread.
Per maggiori informazioni, vi allego qui un’idea pubblicata riguardo il mondo obbligazionario e la curva dei rendimenti. Spiego tutto in maniera più dettagliata:
LA MODA DEL BITCOIN
Lo so, il titolo è un pò provocatorio. Il bitcoin è un asset che spopola già da diverso tempo tra tutti gli operatori. Agli operatori voglio aggiungerci anche tantissimi retailers che si sono aggiungi al treno del 2020, quando il suo prezzo è iniziato a crescere in maniera impressionante: basti pensare che nell’impulso del “lockdown”, il prezzo ha fatto segnare un esorbitante +700% circa. Questo è probabilmente ciò che ha interessato praticamente tutti: un asset che cresce e basta, sicuro e che ti permette, comunque vada, di guadagnare. Non avete mai sentito dire in questi ultimi 2 anni frasi del tipo:
“Compra bitcoin, sale e basta..buttati sulle crypto, diventerai ricco..le crypto sono l’unico modo per guadagnare in maniera sicura…le crypto sono lo strumento migliore del mondo…”
Ebbene..io si! E non poche volte, ma tantissime. Detto che le crypto, con le strategie giuste, sono tradabili (come qualsiasi altro strumento), il “compra le crypto, saliranno sempre” mi ha spinto a scrivere questa idea.
Ho innanzitutto utilizzato “google trends”, che è uno strumento utilissimo che ci permette di tracciare la quantità di parole ricercate sul motore di ricerca google, appunto. Ho digitato la parola “bitcoin”, impostando i settaggi in maniera da tracciare il numero di volte in cui la parola è stata cercata da 2012 ad oggi e mi è apparso questo grafico che ora analizzeremo:
trends.google.it
Guardando il grafico, notiamo essenzialmente due picchi: uno a dicembre 2017 e uno a febbraio 2021.
Ora, analizziamo il tutto riferito al grafico di BTCUSD:
Come possiamo notare, il picco di ricerca di dicembre 2017 aveva portato ad un picco del prezzo che, da qualche mese a dicembre 2017, aveva segnato un +600% circa. Stessa cosa è praticamente accaduta a febbraio 2021, tant’è che da inizi 2020 allo stesso febbraio 2021 il prezzo ha segnato una performance del +700%. Cosa possiamo notare da ciò? Che sembra che ci sia abbastanza correlazione tra il numero di volte in cui la parola viene ricercata e la perfomance relativa: più la parola è di moda, più il prezzo sale (e da qui deriva il titolo provocante).
Continuando a riferirci al grafico di google trends, vediamo come il trend, dopo aver formato una sorta di doppio massimo tra febbraio e maggio 2021, è sceso e ora sta lateralizzando. L’appetito verso il Bitcoin sta finendo? Chi lo sa.
CORRELAZIONE SETTORI DIFENSIVI E BITCOIN
Vi riporto ora la correlazione che ha avuto il Bitcoin con i 3 settori difensivi dell’S&P500: il settore dei beni di prima necessità, il settore utilities e quello sanitario. Vediamo come tutti e 3 i settori abbiano avuto una correlazione inversa con la crypto, fatta eccezione del settore sanitario tra la metà e la fine del 2020 (XLV è probabilmente salito in quell’arco temporale poichè gli operatori scontavano il fatto che il settore, appunto, avrebbe trovato un rimedio al covid creando un vaccino).
Vi siete chiesti il motivo per cui ho cercato questa correlazione? Per un semplice motivo: i settori difensivi vengono considerati tali per il fatto che vanno ad apprezzarsi in momenti di incertezza economica e relativa (o possibile) instabilità: questo lo considero una sorta di “termometro” del rischio che c’è nel mercato: è normale che se salgono settori difensivi a dispetto di settori ad alta crescita come quello, ad esempio, tecnologico, l’appetito al rischio è basso. E guarda caso, quando l’appetito al rischio è basso, salgono le difensive ma si deprezza l’asset che per sé è il più rischioso, ossia BTC.
Vediamo come la correlazione sia diversa se BTC viene paragonato a XLK (settore tech), etf che viene scambiato di più quando l’appetito al rischio è maggiore:
La correlazione diretta, come possiamo notare dal grafico, non viene rispettata solo nel periodo tra giugno-fine luglio 2021, mentre nell’ultimo periodo XLK ha iniziato a lateralizzare e la crypto ha perso circa la metà del suo valore.
Un altro indicatore da considerare per stabilire l’appetito al rischio è a parer mio paragonare il settore growth e value, e così ho fatto:
Vediamo come dagli inizi del 2021 circa il settore growth sottoperformava quello value e BTC scendeva e, considerando via via altre tappe temporali successive, questa correlazione tra il rapporto di forza relativa tra i due settori e BTC si sia mantenuta diretta.
Riassumendo, quindi, abbiamo notato come la crypto abbia iniziato a perdere valore dal momento che è diminuito l’appetito al rischio sui mercati e dal momento che è passata un po' di moda tra i “retailers”. Adesso riguardiamo l’ultimo grafico, già visto all’inizio dell’idea:
Questo per quanto mi riguarda è il grafico più importante da guardare: se è vero che quando lo spread tra i rendimenti dei due titoli di stato che ho considerato si accorcia quando si prevede nel futuro un rallentamento economico e vista la correlazione che si è venuta a creare tra questo e la crypto, nonché tra la crypto e i settori difensivi, cosa possiamo aspettarci da Bitcoin nei prossimi tempi? Forse un trend ribassista?
GLI ENORMI STIMOLI FISCALI E IL NUMERO DI RETAILERS NATO NEL 2020
Come ultima cosa ma non meno importante, vi voglio ricordare gli stimoli fiscali donati agli abitanti dei paesi più sviluppati (come il decreto ristori in Italia, per dire). Credo che tantissimi retailers siano nati anche grazie a questi stimoli e, durante i lockdown, abbiano speso tali sussidi iniziando ad investire.
C’è da dire che ora questi stimoli sono finiti, a meno che l’economia non venga rimessa nuovamente in ginocchio. Senza questi stimoli come reagirà il mercato nel suo insieme?
Dopotutto, guardate il grafico su Google Trends della breve frase “investire in borsa”:
trends.google.it
Considerate che, da novembre 2013 fino a fine 2019, il trend era ribassista, formando via via massimi sempre decrescenti. Quando poi è scoppiata la pandemia e le persone sono state costrette a stare a casa, la ricerca della parola ha fatto segnare di nuovo dei massimi pluriennali. Questo per voi è un caso? Io non credo.
Per quanto vi riguarda, quali sono gli strumenti da voi utilizzati che vi permettono di affermare che Bitcoin continuerà a crescere nel futuro?
MATTEO FARCI