Euro in sofferenzaL’euro è sceso sotto 1.06650, il livello più basso da fine giugno, mentre analisti e investitori attendono con interesse sia gli sviluppi economici e monetari, sia la situazione politica tedesca. Le aspettative relative ai futuri tagli dei tassi da parte della BCE, più aggressiva della Fed, stanno mettendo pressione alla moneta comune, mentre il dollaro guadagna forza in ragione di quelli che vengono definiti i “Trump trades”. La vittoria del Tycoon alimenta l’ottimismo di deregolamentazione e di tagli fiscali, che potrebbero stimolare la crescita economica e alimentare l’inflazione. Ciò, a sua volta, potrebbe limitare la capacità della Federal Reserve di abbassare i tassi di interesse.
Le promesse di Trump di aumentare i dazi sui principali partner commerciali, in particolare Cina e Unione Europea, così come i suoi piani per inasprire l’immigrazione, hanno inoltre aumentato le preoccupazioni sulle pressioni inflazionistiche. Ergo, il delta tasso tra le due aree potrebbe aumentare, favorendo ulteriormente la divisa americana. Se poi si pensa che la BCE implementerà un taglio dei tassi di 25 punti base a dicembre, con i mercati che prezzano una riduzione al 2% entro giugno, a questo punto il destino della moneta unica sembra segnato.
PETROLIO
I prezzi del greggio WTI sono scesi di oltre il 2,5%, sotto i 69 dollari al barile nella sessione di ieri, poiché le preoccupazioni relative alla debole domanda cinese continuano a pesare sui prezzi del greggio. I dati che mostrano una bassa inflazione al consumo e prezzi industriali in calo in Cina hanno aumentato i timori di un rallentamento del più grande importatore di petrolio al mondo. Il rafforzamento del dollaro USA, dopo la rielezione del presidente Trump, ha contribuito a creare ulteriore pressione sui prezzi del petrolio, rendendo le materie prime denominate in dollari meno attraenti.
Analisti e investitori monitorano attentamente le prospettive della domanda globale per il 2025, insieme al potenziale impatto delle politiche di Trump e alle tensioni tra Israele e Iran. Tecnicamente ci avviciniamo a supporti chiave rilevanti, posti rispettivamente a 64.30 e 62.40, minimi significativi di aprile del 2023 e novembre 2021. Un breakout sotto questi livelli aprirebbe la strada al test di livelli decisamente inferiori.
WALL STREET NON SI FERMA MAI
Ieri il Dow Jones ha esteso il rally post-elettorale, raggiungendo nuovi massimi storici, contestualmente alla presenza di una euforia generalizzata legata ai potenziali benefici che le politiche di Donald Trump, in particolare i tagli fiscali e la deregolamentazione, porterebbero alle aziende. Nel frattempo, i guadagni dell’S&P 500 hanno rallentato e il Nasdaq corregge qualcosa su prese di beneficio del settore tecnologico. Si attendono ora, con grande interesse, i dati chiave sui CPI e PPI, unitamente ai commenti dei funzionari della Fed, per conferme relative alle mosse future della banca centrale.
ORO, CHE CORREZIONE
L’oro ha esteso la discesa correttiva arrivando fino a 2606, prezzo attuale, a ridosso del minimo del 9 ottobre scorso a 2604, tra le pressioni di un rally del dollaro e in ragione di chiusure preventive di posizioni long, in attesa dei dati chiave di questa settimana. Gli investitori hanno continuato a privilegiare l’appetito al rischio rispetto all’accumulazione di safe assets, ovvero di beni rifugio, a causa delle prospettive fiscali espansive dopo la vittoria alle elezioni presidenziali di Donald Trump. Basti pensare all’impennata dei mercati azionari e del bitcoin, i due asset di rischio per eccellenza.
La possibilità di tariffe più elevate da parte dell’amministrazione Trump ha ulteriormente messo pressione ai prezzi dell’oro tra le crescenti aspettative che un’inflazione più elevata spingerà la Federal Reserve a limitare l’entità dei tagli dei tassi che effettuerà il prossimo anno. I mercati infatti si aspettano che la Fed abbassi il costo del denaro a una soglia massima del 4% entro il primo trimestre del 2025.
AUSTRALIA
Sale l’indice di fiducia dei consumatori del Westpac-Melbourne Institute in Australia, con un incremento a 94,6 punti a novembre 2024, il livello più alto in due anni e mezzo, poiché le prospettive sull’economia e sulle finanze sono finalmente tornate positive.
Tuttavia, l’indice si è mantenuto al di sotto di 100 per quasi tre anni, il che indica che c’è ancora da lavorare, come si suol dire, anche se i componenti chiave dell’indice hanno mostrato forti miglioramenti. Le prospettive economiche per l’anno prossimo sono balzate dell’8,7% e la fiducia nelle prospettive economiche quinquennali è aumentata del 6,5%. Questi guadagni sono stati guidati, in parte, dall’allentamento delle preoccupazioni sui futuri aumenti dei tassi di interesse.
AUD/USD non ha reagito, pressato dalla forza generale del biglietto verde, che ha spinto AUD/USD a 0.6550 da 0.6580 di ieri.
Buona giornata e buon trading!
Saverio Berlinzani
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