Dieci passi nel Forex: Banche Centrali (1 di 4)

Le Banche centrali sono le vere protagoniste del mercato valutario, esse hanno a disposizioni diversi strumenti per raggiungere i loro obiettivi, che si espletano tramite politiche monetarie e fiscali. Gli obiettivi sostanzialmente sono favorire la crescita economica, ponendo una determinata attenzione su stabilità dei prezzi e occupazione.

Quello che voglio far notare con questo post è che non tutte le banche tengono nella stessa maniera agli stessi obiettivi e di seguito vedremo in particolare il “carattere” di ognuna di queste banche, per poi discutere nello specifico quali sono gli indicatori da seguire con attenzione.

• Banca centrale europea: obiettivo primario della Bce per mandato è garantire la stabilità dei prezzi, mantenendo un tasso di inflazione poco sotto il 2%, quindi questo è il presupposto per cui la Banca può muoversi. La stabilità dei prezzi è importante per l’Europa sia per potere avere una crescita sana (che presuppone un tasso di inflazione gradualmente crescente) sia per poter tutelare gli scambi commerciali, o meglio avere il controllo per quanto possibile della forza della propria valuta. L’Unione europea dipende molto sia dalle importazioni (Cina) che dalle esportazioni (Usa), dunque i cambi contro euro specialmente per il dollaro, vengono monitorati dalle istituzioni ma ricordiamo che per mandato la Bce non ha l’obbligo di intervenire. Gli interventi della banca centrale dunque sono plausibili nel momento in cui l’IPC europeo assume valori troppo bassi o troppo alti.

• Federal Reserve: La banca centrale americana condivide con la Bce l’obiettivo della stabilità dei prezzi ma è posto in secondo piano rispetto alla piena occupazione. I flussi import/export Usa sono rallentati negli anni con l’amministrazione Trump, a causa delle politiche protezioniste, e ciò ha permesso anche alle esportazioni di riallinearsi con le importazioni migliorando la bilancia commerciale che si presenta quasi sempre in deficit. In presenza di tassi bassi la Fed ha spesso usato l’alleggerimento quantitativo fino a quando il tasso di disoccupazione non si allineava a quello obiettivo, o viceversa ha manovrato i tassi al rialzo nel momento in cui l’occupazione raggiungeva i minimi.

Dunque mettendo a confronto queste due banche sembrerebbe che l’IPC stia molto più caro alla Bce che alla Fed, mentre il tasso di disoccupazione interesserebbe più quest’ultima. Il discorso è molto ampio e certamente i fattori che influenzano le decisioni delle Banche centrali spesso sono politici. Nei prossimi post magari cercheremo di sviscerarli.
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