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Il petrolio, conoscere il sottostante per operare correttamente.

Formazione
TVC:USOIL   CFD Petrolio WTI
«I mercati sono mossi da impulsi causali non casuali».
William D. Gann



Annoto in queste pagine un documento che riassume uno dei tanti webinar che ho seguito, generalmente non tengo traccia di tutti i corsi, webinar o letture. Devo essere colpito positivamente, attratto dall'argomento, quindi quanto annoto è ovviamente soggettivo. Debbo anche affermare che non tutto rientra nelle mie convinzioni teoriche e operative sul trading, ma è anche vero che paragono un trader che ambisce a ritenersi tale alla stregua di un hacker. Mi spiego per non essere frainteso, voglio semplicemente dire che come l'hacker ha una visione del mondo a 360° e raccoglie quante più informazioni possibili, altrettanto dovrebbe essere patrimonio di un trader per avere, in seguito, gli strumenti necessari all'operatività.

Il Petrolio come in generale le materie prime, hanno sempre avuto un andamento molto ciclico, questo ha permesso nel tempo di offrire un elevato grado di prevedibilità dello strumento, ma da diversi mesi è divenuto difficile fare trading su quest'asset, vuoi dovuto prima alla situazione pandemica, poi alla guerra fra Russia e Ucraina, l'attuale situazione inflattiva, l'avvento dell'economia sostenibile e non per ultimo la riunione dell'Opec con la decisione del taglio alla produzione di barili.

Fra i tanti argomenti non si può non citare il compimento nel 2023 del quarantesimo compleanno di contrattazione del WTI (West Texas Intermediate), il black gold delle commodities, (l'oro nero). Ricordo che il WTI non è altro che il petrolio americano, conosciuto anche come light crude oil. Il contratto nacque nel 1983 lanciato dall'allora NIMEX.
Oggi a distanza di 40 anni, quando, per chi ricorda, la maggior parte di petrolio veniva importata dal medio oriente, (ricordo che nei miei anni d'istruzione scolastica studiai un intero libro sull'OPEC, copertina a sfondo grigio e caratteri neri maiuscoli con la scritta OPEC al centro), dicevo oggi il maggior produttore a livello mondiale sono proprio divenuti gli Stati Uniti. Diverse le dinamiche che hanno innescato questo processo. Anni '70 chi non ricorda l'austerity, (in Italia si viaggiava con targhe alterne), poi la scoperta tecnologica dello "shale oil" e l'esportazione di petrolio degli Stati Uniti negli anni recenti ci portano fino ai giorni d'oggi con una produzione statunitense che supera i 12 milioni di barili giornalieri.

La particolarità che ha rivoluzionato il modello di trading sul petrolio è stato il permesso all'esportazione del WTI che oggi vanta circa 4 milioni di barili giornalieri. Questo ha permesso di calmierare i mercati. Oggi, ovviamente, gli Stati Uniti vorrebbero un quotazione del petrolio bassa, per ovvi motivi inflattivi, (ricordo che un prezzo degli energetici in salita crea inflazione), non a caso hanno venduto parte delle loro scorte strategiche per calmierare il prezzo proprio riallacciandomi anche al concetto espresso sopra.

I due asset che si trovano su la quasi totalità delle piattaforme e sono il Brent scambiato a Londra, viene estratto dal sottosuolo del mare del nord al largo della Scozia per la sua natura dolce adatto alla raffinazione di benzina; più facile da trasportare in luoghi distanti quindi con minori costi. Poi il WTI scambiato a New York ed estratto nei giacimenti degli Stati Uniti ancora più dolce e leggero del Brent ma a differenza del Brent più difficile nel trasporto elevandone i costi. Questi sono i più graditi alle raffinerie per la lavorazione essendo scarsamente densi e con bassi contenuti di solfuro. Poi vi è l'Urals, il petrolio russo, molto pesante che vorrebbe far concorrenza all'americano, ma proprio per le sue caratteristiche non gradito dalle raffinerie in un ottica di costi per la raffinazione. Più complesso il processo, costi di manutenzione degli impianti elevati etc.

Non solo, la Russia si è trovata nella situazione di dover sopportare le sanzioni europee, territorio nel quale esportava. Non essendo comunque un, "piccolo stato sprovveduto", ha rafforzato la vendita in Cina e India, stati vicini; senza entrare nella politica ma semplicemente costruendo un analisi che è il mio compito, annoto un paradosso. L'India lo raffina dopodiché lo invia in forma di derivati in Europa, quindi la Russia in un certo modo ha aggirato le sanzioni, la stessa India che non acquistava dalla Russia ma dall'Iraq e dall'Arabia Saudita in seguito a fronte dei forti sconti del petrolio Russo da parte di Vladimir Putin, (ai minimi storici), a dirottato i suoi acquisti. Concludendo l'analisi, con l'ultimo taglio di produzione dei barili giornalieri da parte dell'OPEC, potrebbe avvenire che l'India incrementi ulteriormente la domanda di Urals russo, arricchendo ulteriormente la Russia con buona pace di tutti.

Per contro, Stati Uniti, Europa, che stanno inasprendo i tassi di interesse, rispettivamente con FED e BCE, per combattere l'inflazione persistente, si potrebbero trovare in un cosiddetto, "cul de sac", in quanto il taglio alla produzione dell'OPEC potrebbe portare ad un notevole aumento sui costi energetici alimentando l'inflazione stessa per altro abbastanza resiliente ai tassi in atto.

Chiunque opera in questo asset non può eludere questa serie di informazioni di cui sopra. Non bisogna improvvisarsi, le informazioni in campo energetico, ma direi, in generale, delle commodities, sono veramente tante. Basti pensare i soldi ed il tempo che investì Gann nella ricerca e studio di informazioni. Altresì, per una serie di caratteristiche, che magari in un articolo futuro posterò, riteneva le commodities l'asset più "giusto" nel quale operare.

Poi vi sono dati macro altrettanto importanti:

Le rilevanti relazioni sul greggio si leggono nel rapporto settimanale sulle scorte API il martedì attorno alle 22.30 e le scorte energetiche dell'EIA il mercoledì attorno alle 16.30. Tendenzialmente all'uscita dei dati si osserva un'accelerazione della volatilità, tanto come accade, per fare un esempio sulle valute all'uscita dei NFP.
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