FERRARI VS FORD: NON È LE MANS '66, MA UNO SPREAD INTERESSANTE24 ore di Le Mans, 1966. Tre Ford GT MK II vincono in parata la famosa 24 ore di Le Mans, ponendo fine al dominio Ferrari degli anni precedenti.
Erano le GT40 contro le 330 P3, era Henry Ford II contro Enzo Ferrari ma…come recita il titolo dell’analisi, non è Le Mans 1966. Oggi è il presente, motivo per il quale:
“Chi delle due case automobilistiche corre più in borsa”?
1. ANALISI TECNICA FERRARI
Poche parole per descrivere la forza di Ferrari:
• Dal minimo relativo raggiunto il 14 giugno 2022, il prezzo ha avuto un forte trend rialzista ben evidenziato dal canale ascendente (figura tecnica rialzista) di color rosso. Il prezzo si trova in corrispondenza dei suoi massimi storici (279.1€ a Milano e 302.86$ a New York)
2. ANALISI TECNICA FORD
Discorso diverso per Ford:
• La società si ritrova in un mercato ribassista dal 2022. All’interno della grafica è possibile osservare la formazione di un triangolo discendente (figura di analisi tecnica ribassista) dove la struttura più importante, testata dal prezzo otto volte da luglio 2022, è il supporto a 11$; interessante notare come il prezzo di trovi al di sotto della sua media mobile a 200 periodi (ulteriore segnale di debolezza del trend)
3. FORZA RELATIVA TRA FERRARI E FORD
È facile immaginare chi delle due aziende stia esprimendo più forza.
Si osservi l’immagine successiva, che rappresenta l’indice di forza relativa tra i prezzi delle due società:
Per coloro i quali hanno poca conoscenza sugli indici di forza relativa tra società:
• Si prendono in esame i prezzi di due società e si dividono tra loro
• Ad un indice di forza rialzista corrisponderà una maggior forza del prezzo della società al numeratore della differenza
• Ad un indice di forza ribassista corrisponderà il contrario: maggior forza del prezzo della società al denominatore
L’ultima figura, con Ferrari al numeratore e Ford al denominatore, è abbastanza esplicita:
• Dominio Ferrari all’interno del range gennaio 2022-luglio 2022
• Sorpasso di Ford a luglio 2022
• Controsorpasso di Ferrari a settembre 2022
Perché le due società hanno mostrato performance così diverse tra loro?
4. LA DIVERSA CICLICITA’ DELLE DUE CASE AUTOMOBILISTICHE
Il settore automobilistico è sicuramente uno dei più ciclici. Questo significa che le sue performance sono fortemente dipendenti dalle condizioni economiche:
• Dovrebbe mostrare buone prestazioni in condizioni economiche favorevoli
• Dovrebbe mostrarne negative in condizione avverse
Uno tra i diversi dati macroeconomici da osservare per capire la forza dell’intensità economica è sicuramente l’ISM sui servizi; in particolare, un “sottodato” di quest’ultimo: l’indice sul business activity, che è possibile osservare all’interno del sito:
www.ismworld.org
Il dato ricopre una grande importanza per due motivi:
• L’economia statunitense è fortemente dipendente dal settore dei servizi
• La sezione “business activity” misura la forza dell’intensità economica all’interno dello stesso settore
Il dato macroeconomico viene costruito attraverso delle interviste rivolte ai direttori degli acquisti delle società di quel ramo settoriale.
La logica vuole che, essendo gli Stati Uniti fortemente dipendenti dai servizi:
• Ad un rafforzamento del dato macroeconomico corrisponderà una condizione favorevole per i settori ciclici come l’automobilistico
• Ad un indebolimento il contrario: una condizione avversa andrà a penalizzare lo stesso
Scopriamo se la logica utilizzata può essere ritenuta affidabile andando a correlare Ford con il business activity:
Su timeframe mensile la correlazione appare per lo più diretta. Questa è la prova che Ford tende a beneficiare di contesti economici favorevoli. Per maggior chiarezza:
• Durante un’espansione dell’attività economica il prezzo di Ford tenderà a guadagnare grazie alle maggiori vendite e, dunque, ai migliori utili societari; questo accade perché in quello stesso contesto economico i consumatori saranno più disposti a spendere denaro per beni discrezionali (chiamati anche “beni ciclici”); l’ETF che replica questo settore è il famoso XLY, di cui Ford, guarda caso, fa parte.
Anche Ferrari è ciclica come la casa automobilista americana?
Per rispondere alla domanda, è utile porsi una semplice domanda:
“Che tipo di clientela presenta la casa di Maranello?”
Sicuramente una che dispone di reddito piuttosto alto.
I consumatori che dispongono di “alte risorse” sono tipicamente quelle meno soggette alle fluttuazioni dell’intensità economica perché sono generalmente capaci di generare reddito anche in condizioni avverse (potrebbero ricoprire alte cariche lavorative meno soggette a licenziamenti o potrebbero aver investito parte della ricchezza in attività mobili o immobili).
Questo cosa significa?
• I clienti Ferrari acquisteranno automobili in qualunque contesto non essendo “ciclici”
È possibile dunque affermare che la casa automobilistica italiana ha la capacità di generare utili societari anche in contesti economici poco favorevoli. Per questo, al contrario di Ford, può essere considerata meno ciclica e appartenente ad un altro settore, quello dei beni di lusso; non è un caso che “RACE” occupi la sesta posizione per peso dell’interno dell’ETF “Amundi S&P Global Luxury” che replica il movimento del settore dei beni di lusso a livello mondiale (figura successiva):
5. UNO SPREAD INTERESSANTE SU CUI OPERARE
Le ultime analisi pubblicate hanno visto l’utilizzo di particolari indicatori (come il rapporto rame/oro e il settore retail americano) utili a delineare il contesto economico USA che, al giorno d’oggi, sperimenta un rallentamento con la possibilità che lo stesso, tra qualche mese, si concretizzi in una recessione. Se così fosse e per gli argomenti trattati precedentemente, potrebbe essere un’ipotesi quella di poter operare in spread sui due titoli automobilistici.
Infatti, nel contesto attuale e in quella che potrebbe essere una recessione, Ford dovrebbe soffrire molto più di Ferrari. Ad esempio:
• I clienti Ford rappresentano generalmente una fascia a reddito medio-basso; quest’ultima è rappresentata dalla classe “operaia” … quella che, tipicamente, è la prima ad essere soggetta ai licenziamenti
A maggiori licenziamenti dovrebbero successivamente corrispondere maggiori risparmi dei consumatori e, quindi, minori clienti per l’intero settore automobilistico; ergo: utili societari in contrazione.
Dunque:
• LONG FERRARI
• SHORT FORD
Quello che potrebbe accadere è rappresentato nell’immagine successiva:
Ferrari potrebbe proseguire il suo trend rialzista e Ford, al contrario, rompere al ribasso il supporto a 11$ per visitare prezzi via via inferiori.
Prima di concludere, è utile ricordare che la casa automobilistica americana presenta una volatilità maggiore rispetto a quella di Maranello. Prendiamo in considerazione i BETA delle due società (che forniscono, appunto, una misura della volatilità rispetto all’S&P500):
• FORD: 1.55 (movimento di 1.55 volte il benchmark)
• FERRARI: 1 (movimento in linea con l’S&P)
Questo significa che, nell’ipotesi di un nuovo Bear Market, Ford andrebbe comunque a perdere più di Ferrari (nel caso in cui anche quest’ultima invertisse la tendenza perché, nonostante il discorso sulla sua clientela, la stessa risulta comunque appartenere al settore azionario che è…uno dei più rischiosi).
Ad oggi lo spread “RACE-F” si ritrova a 279$:
Continuerà a salire? O scenderà? Lo commenteremo tra qualche tempo.
Ci tengo a specificare che questa analisi non vuole rappresentare un consiglio finanziario.
Per dubbi di qualunque tipo commentate pure.
Buona giornata.
Intermarketanalysis
ANALISI INTERMARKET ORO: QUANDO SUPERERA' I MASSIMI STORICI? L’obiettivo di questa analisi è quello di esaminare l’oro e tutti i catalizzatori responsabili del suo movimento. La materia prima riuscirà a superare e segnare nuovi massimi storici? Quali sono le condizioni affinché l’ipotesi si realizzi? Se al contrario dovesse ritracciare, quali livelli monitorare?
Buona lettura.
1. LA TENDENZA LATERALE DELL’ORO
La figura successiva mostra il prezzo dell’oro su timeframe settimanale:
È possibile osservare come il metallo giallo presenti una tendenza laterale da maggio 2020. Gli estremi superiore e inferiore del canale parallelo formato dal prezzo sono costituiti:
• Dalla resistenza a 2080$
• Dal supporto compreso tra i 1650$/1750$
Quali sono stati i catalizzatori che nell’ultimo triennio hanno permesso alla materia prima di raggiungere i suoi massimi storici? Come mostra la grafica successiva:
• Estate 2020: pandemia di covid-19
• Marzo 2022: conflitto Russia-Ucraina
• Maggio 2023: tassi reali in calo e dollaro debole
La pandemia e la guerra sono due tra i possibili e diversi scenari riconducibili a quella condizione definita risk-off; non c’è da stupirsi che l’oro, bene rifugio per eccellenza, abbia agito da tale raggiungendo dunque i massimi storici.
Descriviamo ora il riquadro “tassi reali in calo e dollaro debole” …perché? Cosa significa? Che rapporto esiste tra oro, dollaro e tassi reali?
2. IL RAPPORTO TRA ORO, TASSI REALI E DOLLARO AMERICANO
La figura successiva mostra la correlazione tra metallo prezioso e tassi reali:
Essa, analizzata su timeframe settimanale, si presenta inversa, motivo per il quale:
• Il prezzo dell’oro tende a salire al “deprezzarsi” dei tassi reali
Perché? Proviamo a spiegare questo concetto in maniera estremamente semplice:
• I tassi (o rendimenti) reali altro non sono che la differenza tra tassi nominali e aspettative di inflazione. I tassi reali osservabili nella figura precedente sono stati ottenuti sottraendo al rendimento nominale americano a scadenza 10 anni le aspettative di inflazione alla stessa scadenza
È da ormai diverso tempo che sentiamo o leggiamo la seguente frase:
“L’inflazione erode il valore cedolare delle obbligazioni”
Perché?
Immaginiamo di acquistare un bond dal valore nominale di 1000€ da una cedola del 3% annua con una scadenza di 2 anni: questo significa che, all’anno, andremmo a ricevere un interesse di 30€.
• Il primo anno, immaginando un tasso di inflazione pari allo 0%, potremmo acquistare 30€ di beni
• Durante il secondo anno, con un tasso di inflazione al 2%, non potremmo acquistare la stessa quantità degli stessi beni dell’anno prima con i 30€ di interesse a causa, appunto, dell’aumento generalizzato dei prezzi.
Perché questo?
• Il tasso di inflazione misura l’aumento generalizzato di beni e servizi; quanto più esso salirà, tanto più una moneta perderà potere d’acquisto. Ergo: i 30€ di cedola ricevuti con un tasso di inflazione allo 0% varranno più dei 30€ incassati con un tasso al 2%.
È importante ricordare che:
• Il valore nominale della cedola non cambia; quello che cambia è quello reale, che tiene conto dell’effettiva (o, se preferita, reale) cifra incassata
Che correlazione presenteranno dunque le obbligazioni con il tasso di inflazione anno/anno? Prendiamo in esame l’ETF TLT (obbligazioni del tesoro americano con scadenze residue superiori a 20 anni):
Come mostra la figura, sicuramente inversa!
Ovviamente i tassi reali sono strettamente dipendenti dalla politica monetaria. Osserviamo la figura successiva:
Ad una politica monetaria restrittiva corrisponderà un aumento dei rendimenti reali, al contrario un loro ribasso. Questo significa che il rialzo dei tassi di interesse renderanno più attraenti le obbligazioni, per due motivi:
• Faranno apprezzare i rendimenti nominali
• Faranno diminuire le aspettative di inflazione
Riavvolgiamo ora il nastro e chiediamoci:
“Perché il prezzo dell’oro tende a salire al ribasso dei tassi reali?”
Oro e obbligazioni americane possono essere considerate in certi contesti come due asset class simili tra loro. Ad esempio:
• Entrambi sono considerati come asset rifugio, in grado di proteggere gli investitori da momenti di turbolenza finanziaria
Qual è una differenza importante tra essi?
• Le obbligazioni pagano le cedole, al contrario dell’oro
Ecco, dunque, il motivo della correlazione inversa osservata precedentemente:
• All’aumentare dei tassi reali, aumenterà il “potere cedolare” delle obbligazioni, incentivando gli acquisti degli investitori: sarà più conveniente detenere bond rispetto al gold
• Il contrario accadrà nel caso opposto: tassi reali in ribasso incentiveranno acquisti di oro
Però…c’è sempre un però!
L’oro è correlato inversamente al dollaro americano, come mostra la figura successiva:
Il motivo è semplice:
• L’oro, come alcune tra le altre materie prime più conosciute, è denominato in dollari americani; questo significa che esso, per essere acquistato, dovrà essere pagato in quella stessa valuta. Questo significa che all’apprezzarsi del dollaro, l’oro “costerà di più” per i detentori di altre valute come euro, yen eccetera. Sarò vero il contrario nel caso opposto: al deprezzarsi della valuta gli investitori avranno più incentivi ad acquistarlo
È qui che arriviamo all’ultimo collegamento intermarket del paragrafo: qual è uno dei motivi per il quale il dollaro tende ad apprezzarsi?
L’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve rende più attraenti le obbligazioni americane, come è stato osservato e commentato qualche riga fa.
Quelli stessi bond, così come il gold, sono denominati in dollari americani; questo significa che:
• Quanto più i bond saranno attraenti, tanti più investitori vorranno acquistarli, utilizzando ovviamente dei dollari americani. Questo farà aumentare la domanda della valuta stessa e, per questa dinamica (della domanda e dell’offerta, per la precisione), la valuta tenderà a rafforzarsi. Non è un caso che dollaro e tassi reali a 10 anni americani presentino una correlazione per lo più diretta, come mostra la figura successiva:
Concludiamo questo secondo paragrafo con due schemi riassuntivi:
3. QUANDO L’ORO POTRA’ SUPERARE LA SOGLIA DEI 2080$?
Rispondere alla domanda sarà ora più semplice:
• Quanto più il mercato prezzerà un taglio dei tassi di interesse (e quindi una FED meno aggressiva), tanto più si indeboliranno i tassi reali e il dollaro americano, con annesso rialzo del gold
Quello che dovrebbe accadere è rappresentato nelle due grafiche seguenti:
Tuttavia, secondo il World Gold Council, organizzazione che pubblica dei report e delle analisi sempre molto interessanti, il metallo giallo avrebbe bisogno di un ulteriore catalizzatore. Nella figura successiva un piccolo estratto dell’ultimo report, reperibile al link:
• www.gold.org
Al gold potrebbe servire una brusca correzione del mercato azionario.
È come se, nella figura, i tre punti recitassero:
“Non è presente abbastanza risk-off tale da permette all’oro di infrangere al rialzo i suoi massimi storici”
Quale potrebbe essere un fattore capace di scatenare una brusca correzione?
• Un esempio potrebbe essere rappresentato da un brusco rallentamento degli utili; essi, come mostra la grafica successiva, sono fortemente correlati all’S&P500
Questo accadrà? L’S&P500 realizzerà un nuovo impulso ribassista? Questo lo commenteremo.
Per ora basiamoci sulle correlazioni osservate: se esse saranno rispettate e il contesto e le aspettative degli investitori si manterranno tali, è possibile che ciò potrebbe accadere. O, per correggere il tiro:
• Sarà più probabile osservare la materia prima in prossimità dei suoi massimi storici
Se il suo prezzo dovesse al contrario ritracciare, quali livelli osservare?
Come mostra l’ultima figura:
Il prezzo ha creato un primo impulso rialzista dal 4 novembre 2022 al 2 febbraio 2023: il livello nel quale si sono concentrati maggiori volumi è quello dei 1810$. Il prezzo ha successivamente ritracciato e rimbalzato proprio intorno allo stesso livello. Il rimbalzo, avvenuto il 9 marzo 2023, ha avuto fine un mese dopo, in corrispondenza dei massimi: il point of control dell’impulso si è attestato sui 1995$ ed è proprio nello stesso livello che il prezzo, ora, sta lateralizzando.
I due importanti livelli indicati grazie ai due segmenti paralleli di color rosso rappresentano, ad oggi, due importanti strutture da osservare alle quali il prezzo potrebbe essere sensibile qualora decidesse di ritracciare.
Se avete dei dubbi di qualunque tipo commentate pure.
Buona giornata.
SP500, analisi ad ampio spettroIn questa video-Analisi cerchiamo di capire cosa aspettarci sui mercati tradizionali, grazie alla solita Analisi Ciclica, Volumetrica, Intermarket e di Sentiment, contestualizzando tutto con le dichiarazioni fatte da Powell!
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SP500 Panico o discesa controllata?In questa video analisi analizzeremo dal punto di vista ciclico l'SP500 inoltre cercheremo di capire, grazie all'analisi di sentiment dei grandi operatori, se dobbiamo preoccuparci oppure no!
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SP500 pronto per l'attacco Nell'ultima settimana di contrattazione, lo sviluppo del prezzo dell'SP, ha disegnato un piccolo range poco sotto un importantissimo livello di supply, evidenziata sul grafico dal cluster in rosso nei dintorni di 4.300 $, livello tecnico ma anche psicologico!
Come evidenzia il battleplan, ci troviamo nella seconda metá di questo secondo Ciclo Intermedio, dopo la chiusura del tanto atteso Ciclo Economico Quadriennale sul minimo del 13 Ottobre del 2022(C.E. sta per Ciclo Economico)
L'attuale Ciclo Intermedio ha trovato il suo minimo centrale il 10 Febbraio per poi confermare il piccolo range accennato agli inizi!
Non credo debba dirvelo io che questo Ciclo sta manifestando una forza degna di un super eroe, anche se a dirla tutta, se lo paragoniamo con la forza degli indici europei altro non é che un pivellino.....😂😂😂
L'America sembrerebbe in grosse difficoltá di ripresa, sempre in ottica comparativa col mercato europeo..., cosa che non avrei mai immaginato di vedere poiché sembrerebbe zavorrare l'economia globale!
D'altronde la politica di ''Slow Joe'' non é per niente apprezzata dai loro stessi mercati, e questo é evidente!
Altra cosa che non mi sembra vera, é che in molti rimpiangono il vecchio Trumpzilla 😂😂😂
Mettiamo le battute e l'ironia da parte per capire meglio la situazione e quello che possiamo aspettarci da qui a breve!
Possiamo notare come l'attuale Ciclo Settimanale, partito il 10 Febbraio, ha trovato lo scorso Venerdí 17 il suo minimo centrale, andando a prendere liquiditá qualche pip sotto il minimo ciclico di chiusura, movimento che ha generato un forte riassorbimento, portandolo a recuperare gran parte dello swing prima della chiusura delle contrattazioni e disegnando un hammer su un livello molto importante!
Poiché sono abituato a lavorare con VTL e canali, questo movimento ribassista sembrerebbe aver registrato un fallimento strutturale nella convalida della struttura canalare ascendente, il che comunica un forte interesse degli acquirenti e che potremmo assistere ad un forte sbilanciamento verso l'alto 👆, salvo catalist negativi!
D'altronde il Ciclo Intermedio potrebbe restare in forza fino alla prima settimana di Marzo.
Ovviamente qualora venga violato il minimo di Venerdí, abbiamo tanti livelli dove il prezzo potrebbe reagire positivamente, livelli sia statici che dinamici che trovate sul grafico, oltre ovviamente al Poc, segnato con la linea magenta!
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Dollaro index, falsa rottura o tutto nella norma?La scorsa settimana ho pubblicato un articolo dove parlavo della forza ribassista registrata sull'indice, articolo che allego in 👇
Il giorno di contrattazione successivo alla pubblicazione, l'indice ha preso liquiditá sotto il livello segnalato e poi é schizzato in alto, facendo impaurire tutti coloro che seguono costantemente le mie analisi tanto da esser contattato in privato da diversi follower chiedendomi spiegazioni a riguardo! Spiegazioni che é doveroso fornire a tutti coloro che negli anni si sono affidati al mio giudizio e che ringrazio con il cuore...🙏❤️
A dirla tutta, nella diretta di Domenica notte, la Sunday Night Live, che vi invito a seguire poiché ha un gran valore (ovviamente secondo il sottoscritto😜), ho ampiamente esposto la probabilitá che potesse invertire temporaneamente la corsa al ribasso e come ormai ripeto a tutti da tempi immemori, non bisogna mai vendere i minimi, tantomeno acquistare i massimi poiché é una pratica altamente fallimentare!
Dopo questa breve intro, cerchiamo di dare un senso al movimento.... movimento causato dalle prese di profitto che ci sono state sugli asset stock e sui maggiori indici USA!
Oltre alle prese di profitto, ci sono altri motivi, secondo me ovviamente, per cui il Dollaro sta leggermente perdendo forza ribassista..... ma andiamo per gradi
1 Prese di profitto:
Come ben sapete, o almeno lo spero, il sottostante sugli indici e sulle stock americane é il $ quindi cerchiamo di ragionare.... Se gli speculatori hanno preso profitto sul forte rally degli indici e delle stock cosa hanno comprato a discapito della vendita degli asset posseduti???
Ovviamente $$$ (dollari)
Ecco spiegato parzialmente il rialzo....
Rialzo che giá sta comunicando un forte rallentamento, basti vedere lo spread delle candele, inoltre per chi conosce la VSA avrá giá intuito che a breve potrebbe cambiare nuovamente qualcosa, ristabilendo il trend originario, sebbene abbia violato il tetto del canale discendente che ha imbrigliato il prezzo negli ultimi mesi.
2 Partenza di un nuovo Ciclo Intermedio
Le prese di profitto sopra menzionate, hanno dato anche occasione di far partire un nuovo Ciclo Intermedio, il secondo dell'attuale Ciclo Annuale giá fortemente vincolato a ribasso!
3 Acquisto di $$$ da parte di investitori esteri
Una mia personale teoria é che ci siano anche investitori esteri intenzionati a cavalcare il nuovo trend dato dalla ripartenza del nuovo Ciclo economico degli USA e questo lo deduco dal monitoraggio degli indici delle valute estere che sono in fase di storno e mi riferisco all'Euro, la Sterlina e parzialmente anche lo Yen, sebbene quest'ultimo abbia una forza rialzista molto piú marcata rispetto a tutti gli altri menzionati!
Credo che queste 3 motivazioni bastino a spiegare l'evento....
In molti peró adesso mi diranno:
''Lú ma fino a quale livello di prezzo possiamo considerare inalterato l'attuale trend ribassista?''
Il primo livello di resistenza serio lo stiamo appena approcciando e mi mi riferisco a 103.935 $, livello non tecnico ma volumetrico, come si evince dal volume profile... comunque la violazione di questo livello non cambia assolutamente nulla...
Il livello da attenzionare per una probabile potenziale inversione di breve periodo é 105.80 $
Infine il super livello di resistenza che decreta l'inversione sul medio periodo é tutta l'area nei dintorni di 107 $, area evidenziata in rosso!
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NQ ha raggiunto il target e adesso?Il 22 Gennaio avevo pubblicato un'analisi dopo aver individuato un'onda N di Hosoda, sorretta da un fortissimo livello volumetrico che ha dato la spinta necessaria affinché il modello raggiungesse il primo target!
Naturalmente l'ottimismo degli investitori post Fed ha aiutato notevolmente nella spinta rialzista, ma non é stato solo questo a generare il rialzo...
A livello ciclico, eravamo fortemente esposti a movimenti rialzisti dal momento che, con molte probabilitá, é partito un nuovo Ciclo economico, oltre ad un nuovo Ciclo Annuale sull'asset !
Ci tengo a precisare che i Cicli Economici sono un'altra cosa rispetto all'analisi ciclica che faccio sugli asset, discorso affrontato piú volete nella solita rubrica della Domenica sera che tengo ormai da piú di 2 anni su questa piattaforma!
Ok abbiamo raggiunto il target e adesso?
Beh secondo il mio modesto punto di vista, é naturale che ci sia necessitá di incassare parte dei profitti, motivo per cui la sessione di ieri, Venerdí 03 Febbraio, ha aperto in gapdown.... e probabilmente le prese di profitto potrebbero continuare, ma questo non vuol dire che il Nasdaq si avvia a stornare in modo importante. Allo stato attuale non abbiamo evidence per ipotizzare scenari apocalittici, sebbene abbiamo sul grafico un pattern candlestick di inversione.... ovvero un Harami!
Come si evince dal nostro modello ciclico, il battleplan segnala che siamo ancora esposti a forze rialziste sul breve periodo e il nostro indicatore di ciclo ci dá ragione visto che evidenzia una poderosa forza ciclica! Forza accompagnata da accelerazione e da volatilitá, tutto segnalato dai nostri tools!
Il Battleplan ci ricorda che ci troviamo ancora nella prima metá di questo nuovo Ciclo Intermedio, ovvero il secondo di questo nuovo Ciclo Annuale! A breve é possibile che il prezzo vada quindi a testare il livello 12.140 $ circa, livello strutturale sotto il quale abbiamo una mole esagerata di volumi, gli stessi volumi che hanno generato questo pump!
Sempre il nostro fidato Battleplan, ci segnala che questo Ciclo Intermedio potrebbe restare in forza fino al 10 Marzo e che manca all'appello un minimo centrale evidente, minimo stimato per il 23 Febbraio.
Sul brevissimo dunque mi aspetto una leggera correzione fino al livello massimo sopra citato, al fine di chiudere questo Ciclo Settimanale che potrebbe aver fatto giá la sua area di massimo!
Una eventualitá é che la chiusura del Settimanale venga fatta flat, mantenendo intatto il pavimento del gapup a 12.414 $.... se cosí fosse verrebbe confermata la poderosa forza rialzista dei tori che potrebbe facilmente portare le quotazioni sul target segnalato dall'attivazione del triplo minimo segnalato nella precedente analisi sul NQ, ovvero nei dintorni di 13.740 $
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Per aver una visione completa consiglio di leggere la precedente analisi sul Nasdaq che allego in 👇
Dollaro e forza ribassistaVediamo di fare un recap di quello a cui stiamo assistendo sull'indice del Dollaro perché una tale forza ribassista é stata vista l'ultima volta nel 2008/2009
Il motivo di tale manifestazione ribassista é data probabilmente dalla chiusura di un Ciclo Quadriennale, partito a Gennaio del 2021 dal minimo di 89 $ circa
L'attuale Ciclo Annuale, ovvero l'ultimo di questo Ciclo a 4 anni, sembrerebbe partito il 15 Novembre! Purtroppo la partenza, come dimostra il grafico, é stata un fiasco poiché il prezzo non ha avuto nemmeno la forza di avvicinarsi ai precedenti livelli strutturali!
Attualmente ci troviamo nel primo Ciclo Intermedio del nuovo Annuale e il grafico parla chiaro, i venditori hanno una grandissima forza; forza evidenziata anche dall'indicatore di ciclo, tool overlay!
Sebbene le quotazioni abbiano rallentato nelle ultime 2 settimane, le tempistiche non comunicano niente di buono perché siamo quasi alla fine di questo Ciclo Intermedio e abbiamo ancora altre 2 settimane di potenziale ribasso al fine di chiudere questo Ciclo.
Purtroppo da come siamo partiti, possiamo aspettarci altri 9 mesi circa di potenziale ribasso per questo asset ed escludo che possano esserci colpi di coda che possano portare a recuperare le aree di top, almeno in questo quadriennale, ad eccezione di possibili manovre della FED che potrebbero attuare qualora si indebolisce troppo! Sappiamo che un Dollaro debole favorisce il deflusso di capitali dagli USA e questo non credo possano permetterlo, soprattutto in queste particolari condizioni dove lo spettro della recessione incalza!
Sappiamo che i mercati non si muovono in verticale pertanto ci saranno comunque dei tentativi di rialzo, che a mio avviso non porteranno da nessuna parte, dunque occhio a valutare long che puntano ai massimi.... giusto per intenderci 😜
Se il supporto creato a 101 $ viene mantenuto e il prezzo dovesse invertire, le quotazioni resteranno probabilmente sotto i 105 $ circa!
Personalmente, sul brevissimo, mi aspetto la violazione del livello a 101 $ con target minimo a 98 $
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SP 500 e il segnale che attendevamoFinalmente il segnale tanto atteso per il lungo periodo si é palesato..... 🙏
Nelle ultime sessioni di contrattazione il prezzo ha finalmente violato e mantenuto la VTL di tutto il Ciclo ribassista, partito sul top di Gennaio 2022.
Sicuramente abbiamo assistito ad una delle correzioni piú importanti di questo secolo, sia in durata che per intensitá! Correzione che per pochissimo non ha messo in pericolo il Ciclo Secolare che resta palesemente bullish...
Il grafico ci mostra come sia stato necessario il test del livello di POC a 3.950 $ circa per poter prendere lo slancio.... slancio che servirá a cercare di intaccare la forte liquiditá presente nella precedente area di top, evidenziata a grafico.
Il Ciclo Intermedio, partito sui minimi di fine Dicembre 2022, sta dimostrando una grandissima forza e potrebbe restare in forza fino agli inizi di Marzo pertanto abbiamo abbastanza tempo per cercare non solo di violare il top di periodo a 4.138 $ circa, ma anche di indebolire l'ultimo super livello di resistenza prima di dichiarare guerra all'ATH.
L'attuale Ciclo Settimanale si trova poco oltre la sua metá quindi possiamo sfruttare una eventuale debolezza per piramidare la posizione oppure costruirne di nuove a patto che il prezzo non ritorni nuovamente sotto il livello di equilibrio fissato sul minimo di chiusura del precedente Settimanale!
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SP 500, settimana importanteCome avete potuto notare la scorsa settimana, l'SP500 ha dato un gran bel segnale di inversione sul lungo periodo, violando a rialzo la Ledge, per poi ritestarla!
Abbiamo registrato anche un uncino di Ross che una volta violato, apre la strada a belle occasioni.
Da notare come il Marabozu di Venerdí abbia chiuso sopra il Poc del precedente allungo rialzista, segnale anch'esso di forza!
Sul brevissimo abbiamo due livelli importanti di resistenza:
Il primo é un livello sia strutturale che psicologico e mi riferisco a 4.000 $ circa
Il secondo é dato dalla pool di liquiditá dell'uncino, livello statico che collima con un importante livello dinamico, ovvero la VTL di tutto il Ciclo ribassista (evidenziata dalla linea bianca tratteggiata)
Qualora il prezzo riesca a chiudere sopra questa importante confluenza, allora abbiamo davvero buone probabilitá di attaccare l'area dell'ATH, lasciando invariato il Ciclo Secolare, evidenziato dalle due medie a grafico.
Naturalmente abbiamo altre resistenze sopra di noi, ma se é partito un nuovo Ciclo economico, come é probabile che sia, allora di sicuro cederanno sotto i colpi dei Tori, sempre se questo Ciclo economico é bullish come i precedenti!
Questo lo vedremo strada facendo....
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Dollaro deboleL'indice del dollaro ha effettuato un veloce retro-front nelle ultime sessioni, in virtú, probabilmente, del discorso della sig.ra Lagarde sulle politiche monetarie, programmato per oggi, Lunedí 28/11/2022 alle ore 16:00.
Un innalzamento brusco dei tassi in Euro zona, potrebbe comportare una veloce ripresa dell'Euro, fortemente indebolito dall'innalzamento dei tassi della FED! Almeno fino al prossimo meeting FED!
Perché dico questo? Beh abbiamo visto che a seguito dell'innalzamento brusco dei tassi negli USA, il Dollaro ha acquistato una gran forza a discapito dell'Euro e lo stesso dovrebbe accadere con l'Euro, a paritá di condizioni..
Adesso abbiamo la FED da un lato che potrebbe alzare dello 0.50 % i tassi anziché 0.75 %, calmierando sia i mercati che il rally del dollaro, concedendo spazio all'Euro; e dall'altra parte abbiamo l'UE che si trova in una situazione da dover inasprire l'innalzamento dei tassi di interesse se vogliono mitigare l'inflazione, perché se non alzano i tassi, potremmo ritrovarci nel breve futuro, ossia entro qualche trimestre, a non riuscire ad averne il controllo!
Quali sono gli scenari:
La BCE inasprisce i tassi, l'Euro prende forza ma il mercato stock ne risente; nel mentre si attendono le decisioni della FED e Martedí 28/11 ci sará il rapporto sulla fiducia dei consumatori, parametro attenzionato dalla FED e che considera, insieme ad altri indicatori, per eventuali decisioni sulle politiche monetarie.
Se poi tra qualche settimana la FED continua inesorabile alla ricerca di una rottura nel mercato, mi aspetto forti oscillazioni nei mercati stock, sia in zona Euro che zona USA, ovviamente al ribasso, che trascineranno l'economia nella tanta attesa recessione, segnando un 2023 poco florido per le economie globali!
Se invece la FED alza solo dello 0.50 % allora siamo in linea con le politiche, i cui eventi sono giá stati scontati dal mercato, fino al prossimo catalist! Purtroppo per il 2023 sembrerebbe inevitabile una recessione, salvo un veloce testacoda da parte della FED, il che la direbbe lunga sull'attuale situazione!
Infine possiamo avere un innalzamento dei tassi di interesse in modo aggressivo da entrambe le istituzioni bancarie, FED e BCE, che darebbe stabilitá al cambio valutario mantenendo grossomodo un cambio prossimo all' 1:1 con un lieve vantaggio per l'Euro! Questo porterebbe i mercati nello sconforto totale almeno per i primi 3/6 mesi del nuovo anno!
Purtroppo la situazione si fa sempre piú complessa e come sempre saremo qua a fare il punto della situazione.
🔥🔥🔥 Se ti piacciono le mie analisi o apprezzi quello che faccio, lascia un Like!! 💪 💪
STRATEGIA DI TRADING INTERMARKET CONTRO I TITOLI DI STATO USASalve a tutti.
L’argomento che voglio proporre oggi riguarda una strategia che ho applicato per cavalcare il dato sull’inflazione americana comunicato giovedì 13 dal US Bureau of Labor Statistics.
I diversi punti che tratterò all’interno dell’articolo saranno:
• L’obiettivo della strategia
• I dati sul mercato del lavoro e sull’inflazione alla produzione
• Il rapporto tra rischio e volatilità
• Come calcolare la volatilità sul mercato obbligazionario
• Il motivo per il quale ho aperto uno spread su tre etf obbligazionari
• Il segnale di entrata ed uscita a mercato
Questo non è un consiglio finanziario; è il semplice “utilizzo a mercato” dei concetti che cerco di trasmettere ogni qualvolta pubblico un’analisi con la gentile concessione di Tradingview.
Buona lettura!
L’OBIETTIVO DELLA STRATEGIA
Mai come in questo periodo (rispetto agli ultimi anni) i dati sul mercato del lavoro (non farm payrolls e disoccupazione) e sull’inflazione sono stati così tanto attesi dagli investitori. Quanto più un dato è atteso, tanto più esso riesce a muovere in negativo o in positivo un mercato se manca le aspettative degli analisti.
Il palesarsi di un dato in contrasto con le aspettative può talvolta creare delle tendenze di breve termine su particolari categorie (che esse siano azionario, obbligazionario o materie prime), motivo per il quale la mattina di mercoledì 12, alla fine delle lezioni all’università, ho pensato:
• “Se l’inflazione si presenterà più forte rispetto alle aspettative degli analisti, è possibile che in determinate asset class possano svilupparsi dei trend ribassisti di breve periodo”
Ti tengo a specificare come “per breve periodo” intenda, in questo caso particolare, un arco temporale di una/due settimane.
L’obiettivo della strategia era dunque questo: cavalcare una possibile tendenza all’uscita del dato sull’inflazione di giovedì 13.
Mercoledì mattina, dunque, mi sono chiesto:
• Quando entrare a mercato?
• Che asset scegliere?
• Andare short, long o aprire uno spread?
Ho deciso di entrare a mercato dopo l’uscita del dato sull’inflazione alla produzione di mercoledì, scegliendo tre ETF obbligazionari, aprendo uno spread.
I DATI SUL MERCATO DEL LAVORO E SULL’INFLAZIONE ALLA PRODUZIONE
Posizionarsi a mercato dopo l’uscita del dato sull’inflazione alla produzione significava anticipare il dato sul CPI del giorno dopo. Tentare di anticipare un dato macroeconomico tanto atteso è una pratica estremamente pericolosa; il motivo? La volatilità! Infatti, viviamo in un contesto di mercato in cui la stessa fa da padrona; si pensi al fatto che il VIX, l’indice di volatilità dell’S&P500, si trovi a valori superiori ai 30 punti:
• Quando l’indice si trova al di sopra dei 20 punti si parla di “mercati agitati”
• Quando l’indice si trova al di sotto dei 20 punti si parla di “mercati tranquilli”
È importante capire un concetto fondamentale:
• Quanto più l’indice di volatilità si trova ad alti valori, tanto più la variazione di prezzo (o l’escursione massima tra massimo e minimo o apertura e chiusura di una candela) dell’S&P500 sarà alta
Il dato sull’inflazione avrebbe sicuramente trascinato a sé un aumento di volatilità, motivo per il quale:
• È pratica pericolosa posizionarsi a mercato anticipando un dato
• Lo è ancora di più quando la volatilità si trova a simili valori
Ancora un ultimo concetto fondamentale:
• Quanto più è alta la volatilità, tanto più ci si espone ad un rischio
La mia visione sui mercati era short dal momento in cui mi aspettavo forti dati sull’inflazione. Questa mia visione era guidata dai dati sul mercato del lavoro e dagli stessi dati sul PPI:
• La disoccupazione aveva visto un decremento dello 0.2% (dal 3.7% al 3.5%)
• Le buste paga del settore non agricolo avevano battuto le stime al rialzo (da 250K previste a 263K)
• I dati sui prezzi alla produzione a livello mensile avevano visto un incremento del +0.4%, contro un’aspettativa del +0.2%
Perché pensavo l’inflazione potesse palesarsi ancora ad alti livelli?
• Quando i produttori pagano di più per beni e servizi è altamente probabile che trasferiscano l’aumento di prezzo ai consumatori che a loro volta saranno predisposti a spendere vista la forza del mercato del lavoro e il continuo aumento dei loro salari
Era altamente improbabile osservare una forte decelerazione da parte del CPI dal momento in cui i dati macroeconomici elencati andavano a sostenerla.
IL MOTIVO PER IL QUALE HO APERTO UNO SPREAD SU TRE ETF OBBLIGAZIONARI: L’IMPORTANZA DI MITIGARE I RISCHI
La mia visione sui mercati finanziari dettata dall’aspettativa sul CPI poteva così riassumersi:
• Mercati azionari: visione short
• Mercato obbligazionario: visione short
• Mercato crypto: short
• Dollaro americano: visione long
• Oro: visione short
Che tipo di asset class ho scelto?
Citando nuovamente il concetto precedente:
• È pratica pericolosa posizionarsi a mercato anticipando un dato
• Lo è ancora di più quando la volatilità si trova a simili valori
• Quanto più è alta la volatilità, tanto più ci si espone ad un rischio
Aveva senso aprire uno spread come quello Nvidia-Amazon-Ibm o una strategia intraday short sul Bitcoin, che potete trovare ai seguenti link?
Assolutamente no.
Bitcoin è un asset altamente volatile e aprire una posizione con esso come sottostante prima dell’uscita del dato sul CPI mi avrebbe messo in una posizione altamente rischiosa.
Nvidia e Amazon sono due aziende high beta, ossia con una volatilità maggiore dei benchmark azionari. Visto che i benchmark sono altamente volatili (visti gli alti valori del VIX) e vista la pericolosità di posizionarsi prima dell’uscita del dato, questo mi avrebbe esposto ad un triplo rischio, perché:
• È un rischio posizionarsi in anticipo rispetto all’uscita di un dato macroeconomico molto atteso
• È un rischio posizionarsi con livelli del VIX a 30 punti e oltre
• È un rischio investire su aziende ad alta volatilità
Spero di aver chiarito il concetto!
Per quanto riguarda il dollaro americano e l’oro non avevo delle strategie che proprio il giorno, mercoledì 12, mi facessero entrare a mercato.
La scelta è dunque ricaduta su tre ETF obbligazionari: TLT, IEF, SHY:
• L’Ishares 20+ Year Treasury Bond ETF (TLT) mira a replicare l’andamento di un indice composto da obbligazioni del Tesoro americano con scadenze superiori ai 20 anni
• L’Ishares 7-10 Year Treasury Bond ETF (IEF) mira a replicare il movimento di obbligazioni del Tesoro americano con scadenza compresa tra i 7-10 anni
• L’Ishares 1-3 Year Treasury Bond ETF (SHY) mira a replicare il movimento di obbligazioni del Tesoro americano con scadenze residue comprese tra 1-3 anni
Questi ETF sono sicuramente meno volatili rispetto a Nvidia, Amazon e Bitcoin:
Essi, come si può osservare nella grafica, hanno registrato performance meno negative rispetto alle aziende growth e alla crypto.
Essere meno volatili rispetto alle aziende growth e alla crypto non significa tuttavia non essere volatili affatto tant’è che, osservando il MOVE e i vari ATR dei rendimenti dei titoli di stato USA a 2, 10 e 30 anni, possiamo osservare come effettivamente anche il reparto obbligazionario sia afflitto da “incertezze”.
Per chi non conoscesse il MOVE INDEX e l’ATR:
• Il Move è l’indice di volatilità del mercato obbligazionario e misura la volatilità sulle opzioni negoziate sui Titoli di stato del tesoro americano. Può essere considerato come l’equivalente del VIX per l’S&P500. Quando esso supera al rialzo la soglia dei 120 punti il mercato obbligazionario governativo è da considerare in fase di “turbolenza”
• L’ATR (Average True Range) è un indicatore tecnico che viene utilizzato per misurare la volatilità di un titolo; esso è costruito grazie ad una media che misura i movimenti di prezzo massimi e minimi di un determinato asset; più in particolare, misura la differenza tra massimi e minimi attuali, la differenza tra il massimo attuale e la chiusura precedente e, infine, la differenza tra il minimo attuale e la chiusura precedente
Tornando a noi, le tre grafiche precedenti mostrano come il MOVE, ad oggi, sia a livelli piuttosto alti (152 punti), segnalando alta volatilità sul mercato treasury; a conferma di ciò giungono gli ATR dei vari rendimenti elencati, tutti al di sopra della media. Che significa ciò?
• Nonostante il mercato obbligazionario sia meno volatile rispetto ai titoli growth e alla crypto, è comunque da considerare volatile rispetto alla media storica, motivo per il quale è comunque rischioso investirci, perché:
MAGGIORE È LA VOLATILITA’= MAGGIORE È IL RISCHIO AL QUALE CI ESPONIAMO
Per limitare il rischio dell’operazione ho dunque deciso di aprire uno spread:
• TLT (il più volatile) in vendita
• IEF (volatilità media) in vendita
• SHY (il meno volatile) in acquisto
Ricapitolando i vari concetti:
• Dal momento in cui entrare a mercato in anticipo speculando su un dato macroeconomico è molto rischioso, ho deciso di scegliere tre asset meno volatili rispetto alla media del mercato (abbassando quindi il rischio); dei tre etf nominati ho deciso di venderne due e acquistarne uno per coprirmi qualora il mercato fosse girato nella direzione contraria alle mie aspettative (abbassando quindi il rischio ancora di più)
IL SEGNALE DI ENTRATA: LA FONDAMENTALE IMPORTANZA DELL’ANALISI INTERMARKET
All’interno del seguente paragrafo cercherò di trasmettere il motivo per il quale la mia scelta è ricaduta sui tre ETF e quale è stato il segnale di entrata.
Come ogni giorno specifico all’interno dei miei canali, lo strumento in mano alla Federal Reserve utile a combattere un’inflazione al di sopra degli otto punti percentuali è il rialzo dei tassi di interesse.
Un future utile a capire il livello che i tassi di interesse scontati dal mercato avranno ad una determinata data (o scadenza) è quello sui Federal Funds; dal momento in cui “il mercato guarda sempre al futuro e non al presente”, vi mostro quello a scadenza febbraio 2023:
Qualche tempo fa condividevo delle grafiche nelle quali rimarcavo come il rialzo dei tassi di interesse fosse piuttosto “dannoso” per i prezzi dei titoli di stato:
Le due grafiche mostrano all’interno dei rettangoli di color azzurro come al rialzo dei tassi di interesse (linea di prezzo in nero) si apprezzino i rendimenti dei titoli di stato a 10 e 2 anni (linee di prezzo in rosso).
Per il rapporto inverso tra rendimenti e prezzi, questo cosa significa?
• Ad un incremento dei rendimenti delle obbligazioni corrisponde un decremento del loro prezzo
Dunque, osservando nuovamente la grafica sul future del Federal Fund scadenza febbraio 2023, che tipo di correlazione possiamo aspettarci tra esso e gli ETF TLT, IEF e SHY che replicano, ricordo, il prezzo dei treasury americani?
Tre correlazioni dirette!
• +0.68 TLT
• +0.73 IEF
• +0.79 SHY
Questo significa che:
• Quanto più il mercato prezza per febbraio 2023 una FED aggressiva, tanto più il future Federal Fund segnerà nuovi minimi e tanto più i tre ETF, correlati positivamente allo stesso future, scenderanno
Che tipo di candela mi aspettavo qualora l’inflazione si fosse palesata ancora a valori alti? Una ribassista; il motivo sta nel fatto che tutti i membri del FOMC, da qualche mese a questa parte, dichiaravano che il ritmo di rialzo dei tassi non sarebbe terminato fin tanto che l’inflazione non si fosse palesata in diminuzione; da questo né deriva la mia aspettativa.
LA DESCRIZIONE DELLA STRATEGIA
Ho quindi applicato al future una media mobile a 5 periodi utile a tracciare la tendenza del prezzo delle ultime 5 sedute (dell’ultima settimana di contrattazioni):
Da qui è arrivato il segnale di entrata a mercato:
• Apertura dello spread quando il prezzo del contratto, “attaccato” alla media a 5 periodi, era uguale a 95.40
• Ipotizzando una lettura dell’inflazione “forte”, il future avrebbe creato una candela ribassista, infatti, il 13 ottobre:
Quanto ho guadagnato o perso finora? Vediamolo:
Lo spread è in perdita del -0.04%.
Come spiegavo all’inizio dell’articolo, l’obiettivo è quello di cavalcare una possibile tendenza; di quale, in particolare?
Un tipo di tendenza come quelle evidenziate all’interno dei rettangoli di color azzurro, dove il prezzo del future oscilla al di sotto della media mobile a 5 periodi. Il motivo? All’interno delle stesse aree azzurre i tre ETF hanno sempre performato male (vista la loro correlazione diretta con il future), infatti:
Quello che deve accadere affinchè la mia operazione vada in profitto è questo:
• Se il mercato continuerà a scontare una Fed aggressiva, il prezzo del future segnerà nuovi minimi continuando a rimanere al di sotto della media mobile a 5 periodi e, per la correlazione osservata, i tre ETF continueranno a rimanere ribassisti:
Quale sarà il segnale di chiusura della posizione? La rottura al rialzo della media mobile a 5 periodi da parte del prezzo del future:
• Se il prezzo del future riuscirà a creare una tendenza ribassista in scia all'uscita del dato sull'inflazione io ci guadagnerò dallo spread sullo stesso contratto (tra il prezzo di apertura delle posizioni alla successiva chiusura, alla rottura al rialzo della media a 5 periodi).
A quel punto, osservate le correlazioni, anche gli ETF dovrebbero restituirmi delle buone prestazioni:
Un ulteriore motivo per il quale ho scelto degli ETF obbligazionari e non delle azioni risiede nel problema delle “trimestrali”: ottobre è un mese nel quale la maggioranza delle aziende americane comunicherà i guadagni del terzo trimestre. Gli “earnings” trascinano tanta volatilità e, visto il fatto vorrei intercettare una tendenza settimanale, ho scelto asset che sono esenti da questa tematica.
Qualora ci fossero dei dubbi contattatemi pure.
Grazie per l’attenzione, Matteo Farci
ANALISI INTERMARKET SETTORE DELLA MODA: QUANDO ACQUISTARE?Buongiorno a tutti.
L’articolo che voglio proporvi presenterà il settore azionario dell’abbigliamento, del lusso e della moda.
Le aziende che andrò a menzionare saranno le americane:
• Ralph Lauren
• Foot Locker
• Nike
• Capri Holdings
Dopo una breve presentazione delle diverse società mi servirò dell’analisi intermarket per andare a creare degli indici di forza con un unico obiettivo:
“In che particolari contesti le stesse aziende vanno a performare bene?”
Lo scoprirete all’interno dell’articolo.
Buona lettura.
RALPH LAUREN CORPORATION
Ralph Lauren Corporation è un’azienda statunitense operante nel settore dell’abbigliamento, del marketing e della distribuzione dei prodotti in quattro categorie: abbigliamento, casa, accessori e profumi.
L’azienda presenta diversi marchi:
• Polo Ralph Lauren
• Ralph Lauren Collection
• Lauren Ralph Lauren
• Double RL
• Denim & Supply
• Ralph Lauren Childrenswear
• Chaps e Club Monaco
Il segreto dei capi prodotti dall’azienda? La vasta gamma di tagli e stili disponibili, tutti pensati per soddisfare le diverse esigenze e i diversi gusti.
La società è stata fondata dallo stilista americano Ralph Lauren nel 1967. Esso risulta il 158° uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 6.6 miliardi di dollari.
Presenta una capitalizzazione di mercato di 6.39 miliardi e ha circa 13500 dipendenti. La sede principale si trova a New York.
Sito ufficiale dell’azienda: www.ralphlauren.de
FOOT LOCKER
È un’azienda specializzata di capi e calzature sportive. Con sede principale a New York, vanta 2800 negozi al dettaglio in 28 paesi tra i quali America, Europa, Asia, Australia e Nuova Zelanda. I diversi marchi compresi sono:
• Foot Locker
• Kids Foot Locker
• Champs Sports
• Eastbay
• Atmos
• WSS
• Sidestep
È stata fondata nel 1974 ed ha una capitalizzazione di mercato di 3.6 miliardi. Si propone di ispirare e rafforzare la cultura giovanile in tutto il mondo, alimentando una passione condivisa.
Sito ufficiale dell’azienda: www.footlocker-inc.com
NIKE
Con sede a Beaverton, è una multinazionale statunitense che produce calzature, abbigliamento e accessori sportivi. L’azienda nasce nel 1964 da Phil Knight e Bill Bowerman e, ad oggi, è il più grande fornitore di attrezzature sportive al mondo.
È sponsor tecnico di diverse squadre di calcio, tra le quali:
• Barcellona
• Atletico Madrid
• Liverpool
• Chelsea
• Tottenham
• Inter
• PSG
È molto conosciuta per la linea di calzature sportive Air Jordan nata nel 1984, ispirata al campione di pallacanestro Michael Jordan.
Vanta più di 70mila dipendenti in tutto il mondo e ha una capitalizzazione di mercato di 171 miliardi.
Sito ufficiale dell’azienda: www.nike.com
CAPRI HOLDINGS LIMITED
Capri Holdings Limited è una holding fondata da Michael Kors nel 1981 con sede nelle Isole Vergini britanniche che opera nel settore della moda e del lusso, vendendo in tutto il mondo vestiti, scarpe, orologi, borse e diversi accessori di lusso.
Nel 2017 la holding acquisisce il marchio Jimmy Choo (azienda britannica di alta moda fondata nel 1996 dallo stilista cino-malese Jimmy Choo e dall’imprenditrice Tamara Mellon) per 900 milioni di sterline e successivamente, nel 2018, Versace¬ (orgoglio italiano, fondata nel 1978 dallo stilista Gianni Versace e condotta dopo la sua morte dalla famiglia, nella quale spicca la figura di Donatella Versace).
La holding presenta una capitalizzazione di mercato di 6.6 miliardi e vanta all’attivo 9700 dipendenti.
Sito ufficiali delle aziende della holding:
• Michael Kors: www.michaelkors.it
• Versace: www.versace.com
• Jimmy Choo: row.jimmychoo.com
COME CREARE DEGLI INDICI DI FORZA CON LO SCOPO DI INTERCETTARE I MOMENTI NEI QUALI LE DIVERSE AZIENDE REGISTRANO, STATISTICAMENTE, DELLE BUONE PERFORMANCE
I miei lettori hanno appurato nel corso dei mesi quanto io faccia particolare affidamento su quelli che definisco “indici di rischio”. Essi non sono altro che degli indici di forza relativa tra svariati asset che hanno la funzione di indicare quando una particolare società, materia prima, obbligazione o currency tende ad avere delle buone o delle cattive prestazioni.
Il motivo per il quale vado a costruirli?
• Per avere una visione chiara dell’appetito al rischio degli investitori (quanto gli investitori sono disposti a rischiare sul mercato?)
• Per avere dei dati oggettivi e non soggettivi
• Perché qualsiasi articolo io scriva è sempre giustificato da una grande curiosità che, nel tempo, si è trasformata nella mia più grande passione
In questo articolo ne creerò uno per ogni azienda presentata con lo scopo di indicare tutti quei momenti nei quali ognuna di esse dovrebbe, in linea logica, performare bene.
RALPH LAUREN: INDICE DI FORZA XRT/GC1!
L’indice di forza che utilizzerò per Ralph Lauren sarà quello tra l’ETF SPDR S&P Retail e l’oro.
• L’ETF SPDR S&P Retail, mostrato nella figura successiva, fornisce visibilità al segmento della vendita al dettaglio:
L’ETF ingloba al suo interno aziende che operano nel campo della vendita al dettaglio di abbigliamento, di automobili, di computer ed elettronica, grandi magazzini, vendita al dettaglio di generi alimentari e farmaci, ipermercati, supermercati e svariati negozi specializzati. Ralph Lauren è integrata all’interno di questo settore nonostante non faccia parte del paniere dell’indice.
• L’oro non ha bisogno di presentazioni:
Perché la mia scelta sulla creazione dell’indice di rischio è ricaduta su questi due asset?
L’ETF sul settore retail è da considerare “risk on” e tende ad apprezzarsi quando gli investitori hanno una maggiore propensione al rischio; l’oro, dal canto suo, è il bene “risk off” per eccellenza, andando a reagire bene quando la propensione al rischio da parte degli attori del mercato è bassa o totalmente assente.
Per dimostrarvi il tutto graficamente andrò a correlare l’ETF ed il gold con l’indice di volatilità VIX:
A picchi del VIX corrispondono, metaforicamente parlando, picchi di paura/incertezza degli investitori; in quelli stessi momenti, quali sono i riflessi sull’ETF? Ribassi e/o ritracciamenti!
Diversa la situazione se si considera l’oro:
Nonostante la correlazione tra il metallo prezioso e l’indice di paura si mantenga in territorio misto, è innegabile il fatto che lo stesso metallo registri buone prestazioni quando le preoccupazioni sul mondo finanziario prendono piede.
In conclusione, che informazioni ingloba al suo interno l’indice di rischio XRT/GC1!?
• Quando si apprezza, gli investitori sono disposti a rischiare ed acquistano (attraverso svariati strumenti finanziari) aziende del campo retail
• Quando si deprezza, gli investitori non sono propensi al rischio e tendono ad acquistare i cosiddetti “beni rifugio” ai quali appartiene l’oro
Questi ultimi due punti sono dimostrati dalla correlazione inversa tra l’indice di rischio e il VIX:
La logica vuole che Ralph Lauren registri statisticamente delle buone performance in corrispondenza dei rialzi dell’indice di rischio ad essa associato. Questo è vero?
Direi di sì. A livello settimanale è possibile constatare che ai rialzi tendenziali dell’indice l’azienda americana registra delle buone performance; è vero anche il contrario: quando l’oro tende a sovraperformare il settore retail in maniera tendenziale, Ralph Lauren presenta delle prestazioni negative.
Negli 11 indicatori di rischio che prendo spesso in considerazione all’interno delle mie analisi è presente quello sul rapporto tra le aziende cicliche (XLY) e quelle difensive (XLP). Quando le cicliche sovraperformano le difensive il clima è da considerarsi risk-on, viceversa risk off; ciò è dimostrato nel grafico settimanale che segue:
Quando il VIX (e quindi la “paura” degli investitori) tende a salire XLP sovraperforma XLY, dando vita al cosiddetto “risk off” dei mercati (zone evidenziate nel grafico da rettangoli di color azzurro); viceversa, quando il VIX percorre delle traiettorie ribassiste o comunque si mantiene a valori inferiori dei 20 punti (che è lo spartiacque tra l’agitazione e la tranquillità degli attori del mercato) XLY sovraperforma XLP, dando spazio al “risk on”.
La correlazione inversa tra l’indice di forza e l’indice di volatilità certifica ciò di cui ho appena discusso.
Questo trova conferma nelle performance positive e negative di RL?
Si! La grafica chiarisce ogni dubbio.
FOOT LOCKER: INDICE DI FORZA FL/SPHB
L’indice di forza che utilizzerò per Foot Locker è quello tra la stessa azienda e l’ETF sulle azioni ad alta volatilità (FL/SPHB).
Di “SPHB” ne ho discusso svariate volte all’interno dei miei canali: esso non è altro che l’Invesco S&P500 High Beta ETF.
Allocazione settoriale del paniere:
• 40.4% Information Technology
• 26.6% Consumer Discretionary
• 9.2% Financials
• 6.6% Communication services
• 6.4% Healthcare
• 2.2% Materials
• 1.1% Energy
• 0.9% Consumer staples
Le prime 10 partecipazioni sono costituite da:
• 1.41% ON Semiconductor Corp
• 1.38% Enphase Energy Inc
• 1.24% Nvidia Corp
• 1.23% Advanced Micro Devices Inc
• 1.18% Paycom Software Inc
• 1.18% Epam Systems Inc
• 1.17% Fortinet Inc
• 1.14% Monolithic Power Systems Inc
• 1.13% Paypal Holdings
• 1.11% Kla Corp
Per maggiori informazioni riguardanti l’ETF consultare il link www.invesco.com
Perché utilizzare questo indice di forza?
Tre grafiche fa mostravo come in risk on il settore dei beni ciclici sovraperformava quello dei beni difensivi. In quello stesso sentiment di mercato, le aziende ad alto beta sovraperformano il benchmark di riferimento S&P500; sarò più chiaro utilizzando due grafiche:
• La correlazione diretta tra l’indice di rischio XLY/XLP ed SPHB/S&P500 indica che quando gli investitori preferiscono acquistare aziende cicliche rispetto ad altre difensive, le aziende ad alto beta tendono a sovraperformare l’S&P500
• La correlazione inversa tra il VIX ed SPHB/S&P500 indica che quando la volontà degli investitori di rischiare sale, il VIX registra dei ribassi e, contemporaneamente, le aziende ad alto beta sovraperformano l’S&P500
Perché le aziende ad alto beta vanno tipicamente a sovraperformare il benchmark di riferimento in risk on? Perché il loro beta, superiore ad 1, si riferisce alla volatilità che le stesse società presentano rispetto al benchmark stesso. Per dire:
• Immaginiamo che l’S&P500 si muova per trenta giorni di fila realizzando un +1% ogni seduta; dopo trenta sedute, avrà registrato un +30%. Prendiamo in considerazione tre aziende con un beta di 1.2; esse si muoveranno 1.2 volte l’S&P500 ad ogni seduta, motivo per il quale dopo un mese di contrattazioni avranno registrato ognuna un rialzo di 36 punti percentuali.
Avendo dunque compreso queste due importanti informazioni, quale può essere il mio ragionamento? Andare a creare un ulteriore indice di forza, stavolta tra Foot Locker e le aziende ad alto beta (FL/SPHB), andando a compararlo con l’indice di rischio XLY/XLP.
Mi interessa visualizzare a livello grafico tutti gli archi temporali di risk on (quando XLY guadagna rispetto a XLP) nei quali Foot Locker sovraperforma le aziende ad alto beta. Perché ciò?
Se è vero che SPHB registra buoni rialzi in risk on come abbiamo visto prima, è altrettanto vero che se negli stessi climi di mercato Foot Locker sovraperforma SPHB allora è altamente probabile che lo stesso retailer, in quelli stessi archi temporali, performerà alla grande.
Infatti:
Ogni qualvolta Foot Locker sovraperforma le aziende ad alto beta in risk on, registra delle ottime performance.
CAPRI HOLDINGS LIMITED, NIKE E SPREAD OBBLIGAZIONARI
Per intercettare quei momenti nei quali le ultime aziende americane della lista dovrebbero registrare delle buone performance, mi servirò di due spread obbligazionari societari particolari:
• Per quanto riguarda Nike, lo spread obbligazionario tra rendimenti di obbligazioni emesse da società con rating A e rendimenti di obbligazioni emesse da società con rating AAA (BAMLC0A3CAEY-FRED:BAMLC0A1CAAAEY)
• Per quanto riguarda Capri Holdings Limited, lo spread obbligazionario tra rendimenti di obbligazioni emesse da società con rating BBB e rendimenti di obbligazioni emesse da società con rating AAA (FRED:BAMLC0A4CBBBEY-FRED:BAMLC0A1CAAAEY)
Sarò ora più chiaro.
Uno spread obbligazionario non è altro che una differenza tra rendimenti di due obbligazioni diverse, che esse siano corporate o governative. A titolo di esempio, uno spread obbligazionario è il famoso spread BTP-BUND, discusso qualche tempo fa al link:
•
Qualche mese fa scrivevo un’analisi riguardante le obbligazioni societarie (o corporate), dove discutevo dei diversi ratings assegnati alle aziende da parte delle agenzie di ratings (Fitch, Moody’s e Standard and Poors):
•
Vi consiglio di darci un’occhiata in maniera tale da avere una visione più chiara.
Per fare un breve riepilogo, i ratings non sono altro che dei giudizi assegnati alle società. Essi variano in base alla solidità e alla solvibilità che esse presentano:
Per chi non lo sapesse, la solvibilità aziendale rappresenta la capacità di un’azienda di onorare le obbligazioni assunte con i creditori; in parole povere, esprime la capacità di una società di riuscire a ripagare i propri debiti, restituendo i capitali avuti in prestito (dai creditori, appunto).
I giudizi varieranno dunque in base al grado di solvibilità. L’agenzia Fitch, ad esempio, li assegna in questo modo:
• Tutte le società con stabilità finanziarie robuste che presentano probabilità di default praticamente nulle hanno rating AAA. Il rischio al quale un investitore si espone qualora acquistasse obbligazioni della stessa qualità è vicino allo zero.
• Società con fortissime capacità di restituire il debito presenteranno ratings AA+, AA e AA-
• Società con forti capacità di onorare le obbligazioni assunte presenteranno ratings A+, A e A-
• I ratings BBB+, BBB e BBB- sono assegnati ad aziende che presentano un rischio medio-basso
• Società con rischi medio-alti di non riuscire a ripagare i debiti ai creditori presenteranno ratings BB+, BB E BB-
• I ratings B+, B e B- sono assegnati ad aziende vulnerabili; il rischio che presentano le obbligazioni emesse è alto
• Il rating CCC denota la possibilità di default, motivo per il quale il rischio è elevato
• Il rating D indica un’azienda “insolvente”, ossia non capace di ripagare i propri debiti
Che giudizi presentano Capri Holdings Limited e Nike secondo l’agenzia Fitch?
• CPRI: BBB-
• NKE: A+
Ho specificato varie volte come il rischio di un’obbligazione sia associato al suo rendimento:
• Quanto più è alto il rischio al quale ci si espone acquistando un bond, tanto più il rendimento riconosciuto sarà alto.
Osservando i ratings delle due aziende, dobbiamo dunque aspettarci rendimenti più alti per le obbligazioni “BBB” rispetto a quelle “A”. Ciò è vero?
Direi di sì. Quelle BBB rendono il 5.34%, le altre 4.69%.
Secondo lo stesso ragionamento, i rendimenti delle obbligazioni corporate di qualità AAA saranno ancora più bassi. Infatti:
Il loro rendimento è di 4.16 punti percentuali.
È proprio basandomi sulla qualità del credito emesso dalle due aziende che andrò a crearmi due spread, chiamati “spread obbligazionari”.
Come minuendo degli spread utilizzerò i rendimenti delle obbligazioni BBB (CPRI) e A (NKE) mentre come sottraendo i rendimenti delle obbligazioni aventi rating AAA. Il motivo è semplice:
• Quanto più i rendimenti delle obbligazioni BBB ed A cresceranno rispetto a quelle AAA, tanto più il rischio associato a Nike e Capri Holdings Limited sarà alto.
Immaginate lo spread obbligazionario come un metro di paragone:
• Quanto più i rendimenti delle due aziende si distaccheranno in positivo rispetto a quelle “AAA”, tanto più esse saranno considerate rischiose, ragion per cui la probabilità che in quelli stessi momenti le stesse registrino buone performance saranno scarse. Per quale motivo? Le società aventi ratings AAA (come Microsoft) vengono prese come punto di riferimento dal momento in cui sono le più forti dal punto di vista creditizio. Per cui, metaforicamente parlando, il concetto sarebbe:
“Quanto Capri Holdings Limited e Nike stanno diventando rischiose rispetto al punto di riferimento Microsoft?”
È necessario applicare lo stesso identico concetto che avevo spiegato all’interno dell’analisi riguardante lo spread BTP-BUND:
“Quanto più il rendimento del decennale italiano si discosta in positivo rispetto a quello tedesco, tanto più l’Italia è percepita rischiosa rispetto alla Germania. Perché? Perché la nazione tedesca, a livello europeo, è la più forte e credibile, tanto da essere utilizzata come metro di riferimento”
Per concludere, per l’uguaglianza RISCHIO = RENDIMENTO del mondo obbligazionario, quanto più il rendimento di Capri Holdings e Nike crescerà rispetto a quello di Microsoft, tanto più il rischio percepito per le aziende di abbigliamento e lusso sarà alto.
Infatti:
Da inizi 2022 possiamo notare una correlazione inversa tra lo spread “A-AAA” e Nike: quanto più lo spread si allarga, percorrendo una traiettoria rialzista, tanto più Nike verrà percepita rischiosa dagli investitori, tanto più essa registrerà delle cattive prestazioni. Quali potrebbero essere i momenti positivi per Nike in cui sfruttare lo spread?
Quando lo stesso registra delle contrazioni, come mostrato nei rettangoli di color rosso. In quelle condizioni, l’azienda di calzature e articoli sportivi registra delle buone prestazioni.
Stessa identica cosa per Capri Holdings Limited:
• Si imposta lo spread obbligazionario “BBB-AAA” e lo si correla all’azienda:
• Quando lo spread si dilata, la holding di lusso tende ad avere delle prestazioni negative
• Quando lo spread si contrae, la holding di lusso tende ad avere delle prestazioni positive
Utilizzare degli spread obbligazionari per intercettare quei momenti nei quali le aziende performano positivamente o negativamente è un modo a parer mio fantastico di utilizzare l’analisi intermarket; tuttavia, è doveroso fare delle precisazioni:
• La qualità del credito emesso da un’azienda può variare nel tempo per cui è necessario monitorare di settimana in settimana se quello stesso rating è rimasto invariato. Se esso non lo fosse, si dovrebbe dunque rimodificare lo spread obbligazionario.
Esempio: per Nike vi ho mostrato lo spread “A-AAA”. Se alla stessa società il mese prossimo venisse assegnato un rating CCC, si dovrebbe considerare lo spread “CCC-AAA”
• Il coefficiente di correlazione tra un particolare spread e l’azienda ad esso associata si deve necessariamente mantenere in territorio negativo
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Il mio utilizzo dell’analisi intermarket non deriva soltanto dalla curiosità di scoprire come gli asset finanziari siano legati l’uno rispetto all’altro, ma anche dalla necessità di creare dei particolari indici che aiutino il mio stile di investimento a scegliere le aziende migliori nel momento migliore all’interno dei più svariati contesti economico-finanziari.
Questo era l’obiettivo dell’articolo: fornirvi una chiave di lettura diversa sull’intermarket analysis, motivo per il quale spero apprezziate.
Se dovessi acquistare le aziende menzionate nell’articolo farò sicuramente riferimento agli indicatori a voi mostrati.
Questa è solo la prima analisi riguardante il settore della moda e dell’abbigliamento. Le prossime aziende che analizzerò saranno le europee:
• LVMH (Moet Hennessy Louis Vuitton SE), proprietaria di oltre 80 marchi di aziende di alta moda tra le quali Louis Vuitton, Christian Dior, Bulgari, DKNY, Fendi, Cèlice, Givenchy, Kenzo, di orologi come Tag Heuer, di gioielli come Tiffany & Co., di vini e liquori come Moet & Chandon, Veuve Clicquot, Hennessy, di editoria come Le Parisien e di distribuzione come Sephora e, tra le altre cose, di alberghi di lusso.
• KERING, che possiede diversi marchi come Gucci, Yves Saint Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen, Bottega Veneta, Boucheron, Brioni e Pomellato
• Adidas
Buon weekend, Matteo Farci.
CINA: I MIGLIORI SETTORI DEL MERCATO AZIONARIOBuongiorno. Dopo aver illustrato attraverso un’analisi con l’aiuto di svariati grafici tecnici la superiorità che il mercato azionario cinese sta mostrando nei paragoni di Stati Uniti ed Europa, che potete leggere al link:
•
Stamani voglio mostrarvi con l’aiuto di diversi indici di forza relativa quali sono i migliori settori all’interno dello stesso mercato cinese.
Per qualsiasi domanda commentate. Buona lettura!
QUALI SONO I SETTORI CHE SOVRAPERFORMANO IL CSI300?
Come capire quali sono i migliori settori del mercato cinese? E’ piuttosto semplice, in quanto ci viene in aiuto l’analisi intermarket: si vanno a creare degli indici di forza relativa con lo scopo di paragonare i diversi settori azionari di una nazione con il loro benchmark di riferimento che, trattandosi di Cina, non è altro che il CSI300. I settori che sovraperformano l’indice di riferimento sono da considerare i “migliori”, quelli che sottoperformano lo stesso sono da considerare “deboli”.
• SETTORE TECNOLOGICO VS CSI300
Come potete osservare in alto a sinistra della grafica, abbiamo l’etf “CHIK” del settore tecnologico dell’indice di forza al numeratore e l’etf “000300” del CSI300 al denominatore dello stesso indice: questo significa che quando la linea di prezzo si muove al rialzo, è il settore tecnologico a sovraperformare il benchmark di riferimento; viceversa, con una linea di prezzo in ribasso, sarà il benchmark a sovraperformare il settore. Questa piccola precisazione appena fatta sarà valida per tutti gli indici di forza che osserverete in questa analisi.
Tornando a noi, possiamo osservare come il settore tech stia sovraperformando il benchmark da più di un mese a questa parte; per questo motivo, possiamo considerare lo stesso come uno dei migliori settori.
• SETTORE DEI BENI CICLICI VS CSI300
Il settore dei beni ciclici sovraperforma il rifermento da addirittura un mese e mezzo circa, dall’11 marzo 2022; ne consegue dunque una grande forza, superiore al settore tech. Il settore ciclico è da annoverare tra i migliori.
• SETTORE ENERGETICO VS CSI300
Guardando la grafica avrete già la risposta: il settore energetico sovraperforma il CSI300 da più di un anno. Le due trendline rialziste di color rosso continua e tratteggiata ne sono la prova.
Il settore energetico rientra dunque tra i migliori settori dell’azionario cinese.
• SETTORE IMMOBILIARE VS CSI300
Il settore del real estate non riesce a sovraperformare il benchmark. Questo è dimostrato dal trend discendente dell’indice di forza a testimoniare una debolezza relativa dell’immobiliare; per questo motivo lo stesso non verrà preso in considerazione per la scelta dei migliori settori.
• SETTORE UTILITY VS CSI300
Stesso discorso anche per il settore utility: non verrà preso in considerazione in quanto l’indice di forza testimonia il fatto che il settore non sta sovraperformando il benchmark.
• SETTORE INDUSTRIALE VS CSI300
Anche il settore industriale non verrà preso in considerazione per la scelta dei settori migliori. La sua debolezza rispetto al CSI300 è ben definita dal canale parallelo discendente sull’indice di forza.
• SETTORE DEI BENI PRIMARI VS CSI300
Il grafico di prezzo non indica una vera e propria forza del settore dei beni primari rispetto al CSI300. Tuttavia, i due minimi rialzisti consecutivi e il triangolo ascendente potrebbero suggerire il fatto che i titoli del settore consumer staples possano continuare a performare bene (essendo i segnali tecnici rialzisti); per questo motivo, il settore può essere considerato, a parer mio, tra i migliori.
• SETTORE HEALTHCARE VS CSI300
Anche il settore healtcare rientra tra i migliori settori vista la sovraperformance, seppur debole, rispetto al CSI300 iniziata il 9 maggio 2022.
• SETTORE FINANZIARIO VS CSI300
Grande debolezza del settore finance rispetto al CSI300, denotata dal testa e spalle ribassista. Lo stesso sarà escluso per la scelta dei settori migliori.
• SETTORE DELLE COMUNICAZIONI VS CSI300
Il triangolo ascendente e i minimi consecutivi rialzisti dell’indice di forza denotano una forza superiore (se non troppo) del settore delle comunicazioni rispetto al CSI300. Il settore rientra dunque tra i migliori.
• SETTORE DEI MATERIALI VS CSI300
Grande forza del settore dei materiali certificata dalla trendline rialzista di color rosso applicata all’indice di forza. Da agosto 2021, tuttavia, la linea di prezzo crea un triangolo simmetrico, con massimi via via decrescenti; tuttavia ciò non mi fa cambiare idea: vista la forza espressa dal settore nel lungo periodo, lo stesso si presenta “coerente” per la scelta dei migliori settori.
Quali sono stati dunque i settori migliori, ossia quelli che hanno dimostrato maggior forza rispetto al benchmark di riferimento?
• SETTORE TECH
• SETTORE DEI BENI DISCREZIONALI
• SETTORE ENERGETICO
• SETTORE DEI BENI PRIMARI
• SETTORE HEALTHCARE
• SETTORE DELLE COMUNICAZIONI
• SETTORE DEI MATERIALI
Nella prossima analisi andrò a selezionare il miglior settore in assoluto tra i migliori sette.
Spero abbiate apprezzato il lavoro, vi auguro una buona giornata.
Matteo Farci
LA CORRELAZIONE TRA MERCATO OBBLIGAZIONARIO E MATERIE PRIMEBuongiorno ragazzi. Dopo aver analizzato le correlazioni del mercato obbligazionario con quello azionario e con il dollaro americano, oggi analizzeremo quello con le materie prime.
Come riferimento obbligazionario utilizzerò il rendimento del titolo di Stato a 10 anni, per quanto riguarda le materie prime l’ETN Bloomberg Commodity Index (DJP), che contiene all’interno del suo paniere, in diverse percentuali, tutte le commodities. Le prime 4 partecipazioni sono date dall’oro (14.08%), natural gas (8.47%), greggio WTI (8.42%) e greggio brent (7.35%)
Per poter spiegare la correlazione esistente tra le due asset classes mi servirò del dollaro americano in quanto, come capirete, rivestirà un ruolo importante (se non fondamentale).
Come ho specificato all’inizio del paragrafo, avevo già parlato della correlazione esistente tra obbligazioni e dollaro; vi consiglio di leggere l’analisi al link:
LA CORRELAZIONE INVERSA TRA OBBLIGAZIONI E COMMODITIES SU TIMEFRAME SETTIMANALE
Inizialmente condividerò un grafico settimanale in cui andrò a correlare il rendimento del decennale americano con il DJP, utilizzando il coefficiente di correlazione impostato a 20 periodi, in maniera da avere una panoramica generale:
Dal 2006 ai giorni nostri la correlazione si è mantenuta per la maggior parte dell’arco temporale in territorio positivo. Ciò significa che ogni qualvolta le obbligazioni sono state vendute (con il relativo rialzo dei rispettivi rendimenti visto il rapporto inverso obbligazione/rendimento), le materie prime sono state invece acquistate. Cosa ne conviene da questa osservazione? Queste due correlazioni:
• Correlazione diretta tra rendimenti del decennale americano e materie prime
• Correlazione indiretta tra titoli di stato americani a 10 anni e materie prime
Ora scenderemo più nei dettagli andando a condividere dei grafici giornalieri e aggiungendo all’interno dell’analisi il ruolo del dollaro americano, condividendo il suo indice DXY.
LA CORRELAZIONE “MISTA” TRA OBBLIGAZIONI E COMMODITIES SU TIMEFRAME GIORNALIERO
PERIODO GIUGNO 2006-GIUGNO 2007
Tra giugno 2006 e giugno 2007 i rendimenti a 10 anni hanno perlopiù lateralizzato, seguiti dal DJP. Possiamo quindi affermare che la correlazione tra essi si è mantenuta diretta. Abbiamo invece assistito ad una svendita di dollaro americano.
PERIODO GIUGNO 2007-LUGLIO 2008
Giungiamo alla prima metà della crisi immobiliare scoppiata negli Stati Uniti intorno alla fine del 2007. Vediamo come il rendimento del decennale americano abbia nello stesso arco temporale creato un trend ribassista; il motivo è da ricercare nel ruolo di bene rifugio degli stessi titoli di Stato a quella scadenza: gli investitori, in climi di risk-off dei mercati (in quanto si trattava di recessione), ricercano dei rendimenti stabili e sicuri, e i titoli di Stato USA a 10 anni ricoprono quel ruolo: tale funzione deriva dalla stabilità del Paese stesso che gli emette: un alto rating (più un rating è alto e più un Paese è credibile nell’onorare le obbligazioni assunte) rassicura gli investitori sul fatto che lo Stato riesca sicuramente a restituire il prestito (acquistare un’obbligazione equivale a prestare dei soldi ad un Paese) con un interesse riconosciuto; questi acquisti di obbligazioni sono per questo motivo considerati sicuri e affidabili, e si sono riflessi sui rendimenti relativi che, come abbiamo osservato, hanno creato un trend ribassista.
Lo stesso discorso fatto finora non è replicabile per quanto riguarda il dollaro: esso non riesce ad assumere il suo ruolo di bene rifugio e questo si riflette sull’indice delle commodities, che si muovono in maniera inversa rispetto ai rendimenti (e, di conseguenza, in maniera diretta rispetto ai titoli di stato).
Perché accade ciò? Le materie prime all’interno del DJP sono commerciate in dollari USA. Questo significa che la loro richiesta tende ad aumentare quando il dollaro si indebolisce mentre tende a diminuire quando la stessa valuta si rafforza.
Facciamo un piccolo esempio: immaginiamo voglia comprare un barile di petrolio il cui prezzo è 100$. La mia valuta di riferimento è l’euro; immaginiamo un EUR/USD a 1.22; il cambio valutario indica il fatto che 1€ vale 1.22$.
Andrò a pagare il mio barile di petrolio 81,96€ (100$/1,22$).
Immaginiamo ora che il dollaro si rafforzi, immaginando un cambio EUR/USD a 0.85 (come negli anni 2000);
Questo significa che 1€ andrebbe a valere 0.85$. A questo punto andrei a pagare lo stesso barile non più 81.96€, bensì 117.64€.
Applicate ora questo piccolo ragionamento fatto al DJP:
• Più il prezzo diventa conveniente (con un dollaro in fase di indebolimento), più è probabile che l’indice delle materie prime salga
• Meno il prezzo diventa conveniente (con un dollaro in fase di rafforzamento), più è probabile la discesa dell’indice
Questo è il motivo per il quale obbligazioni e materie prime hanno avuto lo stesso trend: quest’ultime sono fortemente dipendenti dalla forza o dalla debolezza della valuta con la quale sono scambiate: è quindi necessario utilizzare nella correlazione che stiamo analizzando il dollaro americano.
PERIODO LUGLIO 2008-MARZO 2009
Troviamo un cambio di correlazione a partire da luglio 2008: i titoli di stato a 10 anni continuano a comportarsi da beni rifugio e ad essere di conseguenza acquistati, e lo stesso ruolo viene assunto dal dollaro. A questo punto si ha il cambio di rotta da parte dell’indice DJP: dai massimi a 74$ di giugno 2008, l’indice perde oltre il 50% del suo valore, correlandosi in maniera indiretta con i titoli di Stato; uno dei motivi del loro crollo è dovuto anche alla stessa recessione: in un contesto economico di questo tipo, esse tendono a performare male; il motivo è da ricercare nella domanda dei consumatori e nella loro predisposizione a spendere: essendo in recessione, il “consumer spending” cala, e con esso anche la richiesta di materie prime e il loro prezzo, a causa della legge della domanda e dell’offerta; infatti:
MINOR DOMANDA = DIMINUZIONE DEL PREZZO
PERIODO GENNAIO 2009-DICEMBRE 2009
In tutto l’arco dell’anno solare 2009, i rendimenti del decennale salgono come conseguenza delle vendite sui titoli di stato e lo stesso dollaro si correla in maniera diretta con questi ultimi: l’effetto sulle materie prime è da manuale: una svalutazione della moneta rende più conveniente l’acquisto delle materie prime da parte degli investitori e il DJP, come conseguenza diretta, si tiene in trend rialzista per tutto l’arco di tempo analizzato.
PERIODO DICEMBRE 2009-GIUGNO 2010
Verso la fine della crisi immobiliare assistiamo ad una “parità” dei titoli di stato, un rafforzamento del dollaro e un conseguente indebolimento del DJP.
PERIODO GIUGNO 2010-APRILE 2011
Da giugno 2010 ad aprile 2011 i rendimenti dei titoli di stato non prendono un vero e proprio trend; ciò non è vero per gli altri due asset: il dollaro americano disegna un trend ribassista mentre il DJP uno rialzista.
PERIODO APRILE 2011-AGOSTO 2013
Osserviamo come, da aprile 2011 ad agosto 2013, gli investitori abbiano spostato i loro capitali su titoli di stato e dollaro, andando a farli apprezzare. Il rafforzamento del dollaro ha poi pesato sull’indice delle materie prime, che in due anni e due mesi perde il 40% circa del suo valore.
PERIODO AGOSTO 2013-GENNAIO 2015
Nei due anni successivi la musica non cambia, infatti assistiamo agli stessi trend da parte di tutte le tre asset classes osservate nel biennio precedente 2011-2013.
PERIODO GENNAIO 2015-DICEMBRE 2016
Biennio 2015-2016 caratterizzato da una lateralizzazione da parte dei titoli di stato e da parte del dollaro USA; le materie prime continuano la loro caduta, portandosi ad un prezzo di 24$ circa.
PERIODO DICEMBRE 2016-APRILE 2018
Tra tutti i periodi analizzati finora, questo è l’unico in cui le materie prime e i titoli di stato lateralizzano. La debolezza della valuta mondiale non riesce a rinvigorire il DJP.
PERIODO APRILE 2018-CROLLO COVID 19
Il biennio 2018-2019 è stato caratterizzato da un acquisto di titoli di stato con corrispondente diminuzione del relativo rendimento e da un rafforzamento del dollaro americano, con conseguente deprezzamento da parte delle materie prime.
PERIODO CROLLO COVID19-GIORNI NOSTRI
Dai crolli dei mercati azionari di marzo 2020 abbiamo assistito ad una generalizzata vendita di titoli di stato, un non-definito trend da parte del dollaro ed un’esplosione da parte del DJP.
LE DIFFERENZE TRA IL BREVE E IL LUNGO PERIODO
L’aver analizzato la correlazione tra materie prime e titoli di stato a livello giornaliero e a livello settimanale ha messo in luce un argomento che vorrei chiarire:
- Abbiamo assistito ad una correlazione inversa a livello settimanale
- Abbiamo assistito ad una correlazione “mista” a livello giornaliero
Che insegnamento dobbiamo trarne? Una correlazione può risultare “diversa” a seconda del timeframe in cui viene analizzata; abbiamo infatti scoperto come essa si mantenga piuttosto indiretta (e diretta se si fa riferimento ai rendimenti ma non ai titoli di stato) se studiata a livello settimanale, ma assume un atteggiamento “controverso” se si fa riferimento al timeframe giornaliero; riferendoci a quest’ultimo riusciamo infatti a trovare degli archi temporali in cui la correlazione indiretta non si palesa (giugno 2006-giugno 2007, giugno 2007-luglio 2008, dicembre 2009-giugno 2010 ed infine gennaio 2015-dicembre 2016).
Per studiare una correlazione è quindi necessario scegliere un determinato timeframe, in quanto essa può risultare diversa a seconda che ci si riferisca al breve o al lungo periodo.
LA CORRELAZIONE TRA MATERIE PRIME, TITOLI DI STATO E INFLAZIONE
Il consumer price index gioca un ruolo fondamentale in questa correlazione. Qual è il motivo? Riflettiamo assieme:
Ho già specificato diverse volte l’influenza che ha l’inflazione nelle obbligazioni (titoli di stato): se essa sale, è meno conveniente per gli investitori detenerle, per il fatto che il rendimento che loro otterrebbero da tale investimento sarebbe totalmente eroso dal CPI stesso. Quello che dobbiamo aspettarci quindi è una correlazione inversa tra inflazione e titoli di stato: più l’inflazione sale, più i titoli vengono venduti e viceversa.
Per quanto riguarda le commodities, esse vanno a performare bene in territori inflattivi; perché? Perché esse sono le maggiori responsabili del dato oggettivo: più il loro prezzo sale, maggiori saranno le pressioni inflazionistiche.
Basandoci su tutto quello esplicitato in questo paragrafo, cosa possiamo aspettarci?
- In fasi di recessioni, i livelli di inflazione calano poiché la domanda di beni da parte di industrie, privati e cittadini diminuiscono dal momento che lo stesso “consumer spending” cala in maniera diretta e di conseguenza, dal momento che il mondo delle commodities è dominato dalla legge della domanda e dell’offerta, minore è la domanda, minore sarà il prezzo. Per quanto riguarda le obbligazioni, il concetto si capovolge: il calo dei prezzi al consumo le rende più appetibili in quanto il rendimento non sarebbe più eroso dal CPI; la conseguenza diretta è un loro acquisto; da non dimenticare anche il ruolo del decennale americano come bene rifugio, che tende ad apprezzarsi in momenti di risk-off.
- In fasi di riprese ed espansioni economiche tutto si ribalta: l’inflazione vede degli aumenti a causa dell’aumento della domanda di beni, e da qui l’aumento di prezzo delle materie prime. Le obbligazioni diventano invece poco attraenti per i motivi spiegati poc’anzi.
Questo è possibile osservarlo a livello grafico?
RECESSIONE 2007-2009
RIPRESA ED ESPANSIONE ECONOMICA 2009-2011
RECESSIONE COVID-19
RIPRESA ED ESPANSIONE ECONOMICA 2020-2021
L’analisi termina qua. Essa è generalizzata a tutte le materie prime dal momento che ho correlato le obbligazioni ad un indice di esse. Prossimamente scriverò delle analisi che si incentreranno sulla correlazione tra le stesse obbligazioni e materie prime specifiche.
Grazie per l’attenzione, Matteo Farci.
CORRELAZIONE TRA MERCATO AZIONARIO E MERCATO OBBLIGAZIONARIOBuongiorno ragazzi, questa è la quarta analisi del mio blog incentrata sul mondo obbligazionario. La prossima settimana, rispettando le linee guida di tradingview, vi fornirò il link per l'accesso.
Dopo aver ricercato le correlazioni che il mercato obbligazionario presenta nei confronti del dollaro americano, oggi tratterò un altro tipo di correlazione: quella con il mercato azionario.
Per chi non l’avesse fatto consiglio caldamente lo studio delle precedenti tre analisi in maniera tale da avere una visione chiara e coincisa dell’argomento perché da questa analisi in poi gli argomenti andranno via via ad intrecciarsi.
Correlerò i due asset a partire dal 2000, in maniera da studiare la correlazione avuta negli ultimi 20 anni.
Iniziamo!
INTRODUZIONE: CLIMA DI RISK-OFF E RISK-ON
Una situazione di “risk off” altro non è che quel particolare scenario caratterizzato dalla presenza di tensioni che possono avere diverso carattere, da quello geopolitico (come sta accadendo in queste ultime settimane in Ucraina), politico (la scelta di un nuovo presidente degli Stati Uniti, ad esempio, può impattare sul sentiment degli investitori), economico o finanziario (come ad esempio le manovre di politica monetaria e la scelta dei tassi di interesse). In questa particolare condizione gli investitori spostano la loro liquidità in asset considerati a basso rischio, i cosiddetti “beni rifugio”, come oro, obbligazioni di paesi solidi economicamente e con un alto rating, dollaro USA, Franco Svizzero e Yen giapponese.
Una situazione di “risk on” è invece quella situazione in cui c’è appetito al rischio, dove gli investitori, spinti dall’ottimismo e dalla positività del momento, vanno alla ricerca di asset che offrano degli alti rendimenti. Uno di questo è il mercato azionario, il mondo delle materie prime e tutte quelle valute legate a quest’ultime (come, ad esempio, il dollaro canadese, legato in maniera forte al prezzo del petrolio).
LA CORRELAZIONE NEGLI ULTIMI 20 ANNI
Vediamo nella grafica come a marzo 2000 l’S&P500 raggiunga i massimi storici. Il top raggiunto dal mercato azionario coincide anche con dei top di periodo segnati dal rendimento del decennale americano e dal rendimento del 2 anni. Sembrerebbe quindi un tipico clima di risk-on: gli investitori, infatti, si posizionano sul mercato azionario (che, come dico sempre, è caratterizzato da alto rendimento associato però ad un altrettanto rischio alto) vendendo obbligazioni (e ciò è testimoniato dal rialzo del rendimento associato visto il rapporto inverso obbligazione/rendimento) in quanto considerate, per il clima di mercato, a rendimento troppo basso e quindi poco convenienti. Basta uno spread a capovolgere il tutto: quello tra i rendimenti a 10 anni e 2 anni: nello stesso periodo, esso scende al di sotto dello 0%, lanciando quindi il segnale di possibile recessione. Che accade quindi?
Accade che qualche tempo dopo, a circa 5 mesi di distanza, esplode la bolla di internet e l’S&P500 va a perdere oltre il 50% del suo valore. A quel punto gli investitori iniziano a comprare obbligazioni, considerandole quindi dei “beni rifugio” e la diretta conseguenza di ciò è il crollo dei rendimenti, che si correlano quindi positivamente all’azionario.
Come vediamo dalla grafica che segue, come interviene la Fed per andare a combattere la recessione? Abbassa il livello dei tassi di interesse, portandoli dal 6.5% all’1%:
Qual è lo scopo di un ribasso dei tassi di interesse? Permettere ai privati e alle aziende un più facile accesso al credito. Spiegato in termini ancora più semplici, vedetela così: una recessione colpisce qualsiasi settore all’interno di un’economia. Per permettere la ripartenza di ognuno di loro, si devono creare una serie di incentivi. Una banca centrale, così, attua le sue mosse di politica monetaria, andando in questo caso ad abbassare gli interessi sui prestiti. Le aziende e i privati, così, sono incentivati a richiederli dal momento che gli interessi poi riconosciuti alla banca saranno molto bassi (in questo caso, come ho detto, dell’1%). Questo causa una forte positività tra gli operatori, i commercianti, gli imprenditori e in generale nei cittadini, andando a riflettersi su dati macroeconomici di rilevante importanza: uno tra questi è sicuramente la fiducia dei consumatori:
Come potete osservare nella grafica soprastante in cui vi ho condiviso con la linea blu il sentiment dell’università del Michigan e in arancio i tassi di interesse sui prestiti, un aumento o un ribasso di questi ultimi ha poi sempre influito sul sentiment dei consumatori (anche se allo stesso dato impattano altri dati macroeconomici che riprenderò in un’altra analisi). In particolare, a un rialzo dei tassi segue un sentiment pessimista, mentre al ribasso uno ottimista.
Dopo questo breve sunto, torniamo a noi. Il ribasso dei tassi di interesse arrivati all’1% nel 2003 ha quindi ricostruito per i motivi spiegati un clima di risk-on, dove l’azionario tende chiaramente a performare bene. Qual è stata quindi la diretta conseguenza?
Che gli operatori hanno comprato azioni e venduto obbligazioni, spingendo al rialzo i relativi rendimenti.
Spostiamoci più avanti nel tempo:
Il clima di risk on continua e, dal 2003 al 2006, gli investitori continuano a concentrarsi sull’azionario lasciando da parte l’obbligazionario. A questo punto però cosa accade? Lo spread si muove nuovamente sotto lo 0%. Ciò è causato da un aumento dei tassi di interesse che passano dall’1% al 4.5%:
Dico questo perché le scelte di politica monetaria impattano più sui rendimenti a 2 anni che su quelli a 10 anni e quindi, dal momento in cui si parla di spread (differenza), crescendo più i 2 anni rispetto ai 10 anni, ed essendo il 2 anni il sottraendo mentre i 10 anni il minuendo della differenza, lo spread tende poi a muoversi in territorio negativo. Cosa prelude, come ho detto svariate volte, uno spread negativo? Una recessione. Ed è così che si arriva alla crisi immobiliare:
Da fine 2007 a metà 2009 gli investitori acquistano obbligazioni e vendono azioni, andando a disegnare così i trend che vedete nella grafica, tipici di periodi di risk-off.
Successivamente i tassi di interesse vengono abbassati allo 0.25% per favorire una ripresa economica. Questo cosa provoca?
Provoca nuovi massimi storici sull’azionario. Per quanto riguarda il mondo obbligazionario, invece, si hanno dei segnali contrastanti. I titoli a 10 anni, dal 2009 al 2014, vengono comprati e venduti a diversi intervalli temporali (e questo è chiaro guardando i diversi trend disegnati nei diversi archi temporali), mentre i rendimenti a 2 anni non prendono nessun tipo di trend, andando a lateralizzare.
La musica inizia a cambiare nel 2017:
Dopo anni di massimi storici, i mercati subiscono una nuova ondata di aumenti del costo dei prestiti. Come hanno reagito a tal proposito gli investitori? Vediamolo:
I mercati azionari hanno continuato la loro corsa al rialzo, però notiamo l’inversione del trend dei rendimenti: le obbligazioni iniziano ad essere vendute e ciò si riflette nell’aumento dei rendimenti, specie in quelli a 2 anni, che crescono maggiormente in valor percentuale rispetto ai 10 anni. Questo causa un’inversione della curva dei rendimenti o, più in particolare, uno spread sotto lo zero, come vediamo nel grafico:
La domanda che sorge spontanea ora è: dopo quanto si ha la recessione dal momento che l’inversione della curva dei rendimenti è sempre il preludio di un crollo economico? Si ha con la pandemia di Covid 19:
A questo punto i capitali sono stati spostati sull’obbligazionario come “protezione”. Ritroviamo, dunque, la correlazione diretta tra i rendimenti dell’obbligazionario e azionario.
Come abbiamo già visto prima, è l’intervento della banca centrale a rimettere in piedi l’economia entrata in recessione:
I tassi vengono riabbassati allo 0.25% e, come effetto diretto, l’azionario torna sui massimi storici, correlandosi in maniera diretta con i rendimenti a 10 e 2 anni.
BREVE RIEPILOGO
Studiando la correlazione obbligazionaria-azionaria degli ultimi 20 anni, quali sono i punti salienti da tenere a mente?
• Le obbligazioni sono correlate inversamente al mercato azionario in quanto uno è considerato uno strumento a basso rischio (obbligazioni) mentre l’altro ad alto rischio (azionario).
• I rendimenti delle obbligazioni, dal momento in cui si muovono in maniera inversa alle relative obbligazioni ai quali sono associati, sono correlati direttamente all’azionario.
• Ogni qualvolta si ha un’inversione della curva dei rendimenti, gli investitori spostano subito il denaro sui titoli di stato in quanto essi costituiscono un “porto sicuro” qualora ci fosse l’effettiva recessione che un’inversione della curva ha sempre anticipato.
• I tassi di interesse influiscono sia sul mercato obbligazionario che su quello azionario, andando ad impattare sul sentiment degli operatori.
• Ogni aumento dei tassi di interesse, negli ultimi 20 anni, ha preannunciato un’inversione della curva dei rendimenti che poi si è materializzata in una recessione (come la bolla di internet, quella del mercato immobiliare e successivamente, seppur evento imprevisto, la pandemia di covid 19)
UNO SGUARDO AI GIORNI NOSTRI
Basandomi su ogni concetto espresso in questa analisi e nelle 3 precedenti, è chiaro che ormai i tassi di interesse verranno alzati a marzo:
Il mondo azionario e quello obbligazionario, nel nostro presente, si stanno muovendo esattamente nello stesso modo dei precedenti 20 anni. A marzo arriverà l’aumento dei tassi di interesse. Secondo voi questo porterà, come è già accaduto, ad un’inversione della curva dei rendimenti e ad una successiva recessione contemporaneamente al crollo dei mercati azionari?
Questo per me è probabile. Non so se succederà perché non sono nè mago , tanto meno un indovino; mi piace tuttavia analizzare e capire quelle che possono essere le possibilità in un futuro non troppo lontano. E’ questo il motivo per cui il 9 dicembre 2021, su tradingview, ho condiviso un’analisi dal titolo “l'inversione dei mercati azionari giungerà nel 2022”? La stessa analisi deriva da considerazioni di questo tipo, e questo tipo di analisi intermarket mi permettono di capire in anticipo tantissime situazioni che possono venire a crearsi. E questo, chiaramente, mi permette di essere preparato ad ogni eventualità.
E’ fondamentale studiare i vari asset che compongono il mondo finanziario e la loro correlazione. Riuscendo a capire le meccaniche e la psicologia ad essi associati si può avere un vantaggio enorme.
Grazie, Matteo Farci.
MOVE INDEX: L'INDICE CHE FORNISCE TANTI SEGNALI CONCRETIMOVE INDEX: L’INDICE DELLA PAURA DEL MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Ciao lettori, questa analisi da me scritta è la seconda parte riguardante il mercato obbligazionario. All'inizio della prossima settimana, rispettando le linee guida imposte da tradingview, vi fornirò il link. Alcuni utenti di tradingview si sono già iscritti e per questo gli ringrazio.
Detto ciò, nella prima analisi sul mercato obbligazionario (che trovate solo nel mio blog) ho analizzato in linea generale cosa sono le obbligazioni, in particolare i titoli di stato americani. Ho collegato ciò alla curva dei rendimenti, facendo diversi esempi reali delle forme che essa può assumere, il tutto correlato con l’economia; successivamente ho trattato lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 e 2 anni, per poi concludere con i TIPS, ossia le obbligazioni indicizzate all’inflazione.
Oggi tratterò un indicatore molto particolare: il MOVE Index.
VOLATILITA’ STORICA E VOLATILITA’ IMPLICITA
Il MOVE index è l’indice di volatilità del mercato obbligazionario. Per chi ancora non lo sapesse, cos’è la volatilità? Non è altro che un indice che misura quanto i rendimenti di un certo asset (in questo caso quindi le obbligazioni) si discostano dal proprio valore medio in un determinato intervallo di tempo; facciamo un esempio: se un particolare asset ha registrato una volatilità del 2% in un dato periodo significa che, nello stesso periodo considerato, il valore dell’asset si è discostato in media del 2% dal suo prezzo medio.
E’ importante definire due tipi di volatilità ai fini di capire cos’è il MOVE:
• Volatilità storica: Essa ci dice quanto un asset, nel passato, si sia discostato dal proprio valore medio. E’ un dato che quindi ci fornisce informazioni di un periodo passato. Le bande di Bollinger o l’ATR sono ad esempio dei strumenti utilizzati da tanti analisti tecnici utili a calcolare la volatilità storica di un asset:
• Volatilità implicita: mentre la storica fornisce informazioni riguardanti il passato, l’implicita invece fornisce una stima della volatilità futura di un determinato sottostante; è quindi da considerare una misura delle aspettative degli operatori circa la variabilità futura dello strumento considerato.
Essa non può essere calcolata tramite strumenti quali ATR o Bande di BollInger, bensì attraverso il prezzo delle opzioni; non rappresenta l’ampiezza delle oscillazioni di prezzo di un dato asset in un determinato periodo, bensì una misura della certezza o dell’ incertezza sul comportamento futuro dello stesso asset.
IL MOVE INDEX
Tornando al MOVE, esso non è altro che un indice che misura la volatilità implicita del mondo obbligazionario.
E’ calcolato seguendo il movimento della volatilità implicita dei rendimenti dei titoli di stato statunitensi (quelli che ho analizzato nel primo articolo) a 2, 5, 10 e 30 anni, con riferimento ai prezzi delle opzioni a 1 mese.
L’indice ha questo aspetto:
Per ricercarlo su tradingview è necessario scrivere nella barra di ricerca la signa “MOVE”.
I valori considerati dagli esperti come valori limiti sono gli 80 e i 120 punti. Gli 80 rappresentano uno stato emotivo di estrema “tranquillità”, mentre il valore di 120 una di “estrema paura”. Al di sopra dei 120 o al di sotto degli 80 abbiamo delle fasi di mercato instabili. In particolare, è quando il MOVE scende al di sotto dei 55 punti che si iniziano a presagire delle fasi finanziarie anomale. Vediamo perché:
Come potete osservare, le svariate volte in cui l’indice è arrivato ai 55 punti o è sceso al di sotto di essi, è stato anticipatore di determinati crolli azionari, causati dai più svariati problemi: nel 2007 è stato anticipatore della crisi immobiliare e nel 2020 della pandemia Covid-19; nel 2015 ha anticipato il crollo del mercato dovuto a un rialzo dei tassi di interesse seguenti ad anni di politica monetaria ultra accomodante; nel 2018, invece, è stato il preludio del crollo causato dalla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e da una politica monetaria restrittiva. Ma non solo: ha anticipato anche la bolla di internet del 2000 (purtroppo non posso farvi notare ciò a livello grafico in quanto tradingview non ha abbastanza dati storici).
Quindi, il più delle volte che il MOVE ha raggiunto valori appena mostrati, i mercati azionari ne hanno risentito, perdendo poi tanto in valore percentuale (sempre oltre i 15 punti percentuali). Questo cosa ha causato a livello emotivo ai mercati finanziari? Chiaramente tanta paura e incertezza. Dove possiamo riscontrare a livello grafico ciò che ho appena affermato? Sul VIX chiaramente, ossia l’indice di paura dell’S&P500 (il VIX mostra l'aspettativa di volatilità del mercato a 30 giorni ed è costruito utilizzando le volatilità implicite di un'ampia gamma di opzioni su indici S&P 500). Osservate:
Ho evidenziato nel MOVE, con dei quadratini neri, gli stessi valori negli stessi archi temporali considerati precedentemente. Ogni qualvolta esso abbia raggiunto valori di 55 punti (o inferiori), il VIX si è conseguentemente rialzato come naturale conseguenza di paura e incertezza degli investitori, fino ad arrivare successivamente a “sgonfiarsi” non appena il mercato trovava pace e certezze.
L’introduzione del VIX in questo particolare paragrafo mi è utile per spiegarvi essenzialmente due cose fondamentali:
• Il ruolo delle obbligazioni come bene rifugio
• I picchi del MOVE a 120 punti, oltre di essi o in loro prossimità (ossia in territorio di estrema paura)
Ora sarò più chiaro. Come abbiamo appena visto, la volatilità dell’S&P500 andava subito a salire oltre i 20 punti ogni qualvolta il bechmark stesso andava a crollare. Ciò in termini pratici cosa significa? Che gli investitori toglievano il denaro dal mercato azionario in quanto esso, essendo rischioso, non poteva costituire in determinati periodi un “porto sicuro”; il discorso è che gli investitori non lasciano mai il denaro “fermo”, bensì vanno a riposizionarli in porti considerati in quei particolari momenti più sicuri. Quali sono questi? Uno di è il mercato obbligazionario! Ogni qualvolta l’S&P500 ha avuto i cali conseguenti a livelli di 55 punti del MOVE, gli investitori sono sempre andati a riposizionarsi sulle obbligazioni, andando a comprarle, con il conseguente deprezzamento del rendimento dell’obbligazione associata. Quindi tutti quei picchi del MOVE che osservate a 120 punti, al di sopra di essi o in loro prossimità sono la rappresentazione grafica di uno spostamento di capitali da un mercato ad un altro, ossia da quello azionario a quello obbligazionario (quindi da uno più rischioso ad uno più sicuro).
Osservate questa grafica:
Come obbligazioni ho scelto il decennale americano, in particolare il suo rendimento. Ora focalizzate l’attenzione sugli andamenti dei vari asset all’interno dei diversi rettangoli gialli; vedete come ogni qualvolta il MOVE e il VIX siano sparati al rialzo il rendimento del decennale sia invece sceso? Ciò significa appunto che, per la relazione inversa tra obbligazione e rendimento (che ho spiegato nel precedente articolo), si compravano obbligazioni.
Lo stesso discorso può essere applicato anche utilizzando obbligazioni ad altra scadenza, in particolare quelle a scadenze di 2, 5 e 30 anni.
Spero di essere stato abbastanza chiaro.
Con questo ho terminato la parte teorica riguardando questo particolare indicatore di volatilità. Nel prossimo paragrafo vi svelerò invece alcune particolari correlazioni.
LA CORRELAZIONE TRA MOVE INDEX E LO SPREAD DEI RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO USA A 10 E 2 ANNI
Con il grafico soprastante voglio presentarvi un indicatore che probabilmente molti di voi non conosceranno: l’indice di correlazione. E’ facile da trovare: digitate nella barra di ricerca degli indicatori di tradingview la sigla “CC”, selezionate l’indicatore e successivamente scegliete l’asset che volete correlare con il sottostante preso in considerazione. Come potete constatare voi stessi, questo indicatore oscilla tra 1 e -1: con il numero 1 si fa riferimento ad una correlazione diretta al 100% (ossia entrambi gli asset seguono alla perfezione lo stesso andamento) mentre con -1 si fa riferimento alla situazione opposta, ossia ad una correlazione indiretta al 100% (se un asset sale, l’altro scende con un ugual intensità). Tutti i numeri compresi tra 1 e -1 sono riferiti a correlazioni non perfette.
Osserviamo il grafico: notate come, per la maggior parte del tempo, il MOVE e lo spread si muovano assieme segnando una correlazione diretta. Accade invece poche volte il contrario. Ma quando si verifica quest’ultima condizione, cosa succede all’S&P500? Vediamolo insieme:
Ogni qualvolta l’indice di correlazione entra in territorio negativo, il bechmark S&P ritraccia o crolla. Il fatto più interessante è che questo indice è un ottimo strumento per prevedere possibili ritracciamenti o crolli: se notate, tutte le volte che l’indicatore è entrato in negativo ha sempre anticipato il mercato, ad eccezione degli inizi del 2019.
RAPPORTO DI FORZA RELATIVA TRA VIX E MOVE
La linea di prezzo blu che vedete nella grafica di sopra altro non è che il rapporto di forza relativa tra il VIX e il MOVE. Per ricercare questo tipo di correlazione selezionate nella barra di ricerca di tradingview “VIX/MOVE” e otterrete lo stesso grafico.
I livelli da considerare, a parer mio, sono i 0.29 punti e i 0.13. Ora vi svelerò perché, correlando lo stesso indice con il rendimento del decennale americano e successivamente con l’S&P 500:
Prestate molta attenzione: ogni qualvolta l’indice ha stagnato intorno a valori di 0.15 punti o al di sotto, il decennale ha aumentato il suo rendimento. Questo, per il rapporto inverso tra obbligazione e rendimento, significa che, in quei stessi archi temporali, gli investitori vendevano obbligazioni. Caso contrario invece quando l’indice raggiungeva i 0.29 punti: rendimento del decennale in trend ribassista, dato dal fatto che gli investitori stessero comprando obbligazioni.
Ora correliamo il tutto al mercato azionario, in particolare all’S&P500:
Ogni qualvolta il VIX si dimostrava più forte del MOVE e si raggiungono valori di 0.29 punti e oltre, il bechmark tendeva a ritracciare (o crollare) ; in caso contrario, a valori bassi da 0.15 punti, tende invece a salire.
Ora riepiloghiamo:
• Valori di 0.29: azioni vendute e obbligazioni comprate
• Valori di 0.15: azioni comprate e obbligazioni vendute
Cosa ci dice tutto ciò? Ci da informazioni riguardo il sentiment degli operatori, in altre parole ci riferisce la rotazione dei capitali che avviene dal mondo azionario al mondo obbligazionario e viceversa! Dal lato teorico è facile spiegare il motivo per cui essa avviene: quando il VIX si dimostra più forte del MOVE significa che la paura nel mercato azionario è maggiore rispetto a quella nel mondo obbligazionario (visto che stiamo parlando di indici di paura): è per questo che gli investitori posizionano i loro capitali dove sanno di avere “meno rischio”. In caso contrario, se fosse il MOVE a dimostrarsi più forte del VIX, accadrebbe il contrario, con un azionario più forte dell’obbligazionario.
Possiamo quindi definire questo indice di forza relativa come un indicatore di sentiment di mercato.
Esso è inoltre utile per evidenziare bottom di mercato. Il segnale ci viene dato quando raggiunge i 0.37 punti.
Questo segnale tuttavia non è affidabile tanto quanto quello considerato dalla correlazione tra lo spread e il MOVE, tuttavia ci suggerisce che un mercato potrebbe aver arrestato la sua caduta.
La seconda analisi incentrata sul mercato obbligazionario termina qua. Nel blog, all'inizio della prossima settimana, pubblicherò un'analisi in cui utilizzerò gli stessi indicatori appena descritti per avere una visione più chiara di quello che oggi sta accadendo ai mercati finanziari.
MATTEO FARCI
MERCATO DEL LAVORO, FED FUNDS E RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATOBuongiorno ragazzi, l’idea di questo lunedì non si baserà sulla tipica analisi intermarket della settimana precedente, bensì sull’impatto che i dati sul non farm payrolls, disoccupazione e retribuzione oraria media hanno avuto sui Fed Funds. Spiegherò il motivo del rialzo dei rendimenti a 2 e 10 anni dei titoli di stato statunitensi, il tutto correlato alle prossime decisioni della FED americana. Volevo proporre qualcosa di diverso dal solito, se apprezzate l’idea lasciate un like in maniera tale da farmi capire se questi contenuti sono apprezzati in maniera tale da riproporveli in futuro.
I DATI SUL MERCATO DEL LAVORO: NON FARM PAYROLLS E LIVELLO DI DISOCCUPAZIONE
Come di consuetudine il primo venerdì di ogni mese il Bureau of Labor Statistics rilascia due dati fondamentali riguardanti il mercato del lavoro negli Stati Uniti: le buste paga del settore non agricolo e il livello di disoccupazione.
Gli analisti, considerando l’impennata dei casi omicron in gennaio (il picco era stato raggiunto a metà gennaio, appunto), si aspettavano dei dati deboli, rispettivamente:
• Buste paga del settore non agricolo: 150K
• Livello di disoccupazione: 3,9%
Entrambi i dati hanno sorpreso le attese:
• Buste paga del settore non agricolo: 467K
• Livello di disoccupazione: 4%
Nonostante i livelli di disoccupazione siano saliti dello 0,1% rispetto al mese precedente, i nuovi posti di lavoro creati hanno registrato un aumento percentuale sopra le attese del 211%, segnando un +467K.
COSA SONO I FED FUNDS
I Fed Funds sono dei future scambiabili sul CME che rappresentano l’opinione che gli investitori hanno riguardo il valore che i tassi di interesse potrebbero avere ad una determinata data. E’ un future molto utile per diversi motivi:
• Dà una visione riguardante il sentiment che gli operatori di mercato hanno riguardo le scelte di politica monetaria futura e ciò assume particolare rilevanza dal momento che i mercati finanziari sono influenzati direttamente e indirettamente da essa.
• Permette la possibilità a noi traders di assumere posizioni speculative sulle future mosse da parte della Federal Reserve.
Il grafico continuos del future ha questo aspetto:
COME SI LEGGE IL FUTURE E PERCHE’ E’ INFLUENZATO DAL MERCATO DEL LAVORO STATUNITENSE
Come ho spiegato poco fa, l’andamento di questo future è influenzato dalle decisioni di politica monetaria della Fed. Vi starete chiedendo che rapporto possa esistere tra la federal reserve e il mercato del lavoro: ciò è da ricercare negli obiettivi perseguiti dalla stessa: essi sono la stabilità dei prezzi (e quindi la regolazione dell’inflazione) e l’occupazione.
Nell’analisi da me pubblicata il 31 gennaio in cui analizzavo l’impatto che avesse avuto la banca centrale sui mercati dopo il meeting, che trovate al link:
analizzavo le parole di Powell durante conferenza, che vi riporto:
“Si è assistito ad un aumento dei posti di lavoro solido tanto che il tasso di disoccupazione è diminuito sostanzialmente. Con un'inflazione ben al di sopra del 2% e un mercato del lavoro forte, il Comitato prevede che presto sarà opportuno aumentare i tassi”.
Avete capito ora il motivo? In base a questi parametri la banca centrale pianifica la sua politica: questo è il motivo per il quale il future segue questa dinamica.
Detto questo, il contratto continuos sui fed funds, a parer mio, dice poco e niente. E’ invece interessante studiare i contratti ad una determinata scadenza, come tra poco vi illustrerò.
Facciamo riferimento ora ad una delle affermazioni più accreditate dell’ultimo mese:
“GLI OPERATORI SI ASPETTANO CHE I TASSI DI INTERESSE SARANNO AUMENTATI A MARZO”
Per capire se è effettivamente così, andiamo ad osservare il contratto future sui Fed Funds con scadenza marzo 2022:
Vediamo come il prezzo del future abbia lateralizzato per circa un anno, non prendendo mai una vera e propria direzionalità. Questo perché? Perché il mercato non stava ancora scontando l’aumento dei tassi di interesse! Ha iniziato a scontarli dal momento che il rettangolo di distribuzione è stato bucato al ribasso, agli inizi di dicembre 2021! Affermo con certezza questa mia ultima affermazione dimostrandovelo grazie al Nasdaq:
Al primo falso breakout del rettangolo di distribuzione, il Nasdaq segnava l’ultimo massimo storico. Successivamente, quando il breakout è stato validato, l’indice tech ha provato a rivisitare i massimi senza riuscirci e, successivamente, ha subito delle ingenti perdite.
Questo poteva essere solo un modo per constatare se, effettivamente, gli investitori avessero iniziato a scontare i tassi di interesse in quel periodo indicato nel grafico (tra novembre e dicembre 2021). Un altro modo possibile è l’analisi dei volumi:
Come potete constatare, quando il mercato non scontava aumenti dei tassi i volumi erano relativamente bassi: i contratti su questo future era poco scambiati. Quando il mercato ha invece iniziato a credere fortemente al loro aumento, i volumi sono aumentati in maniera forte, segno del fatto che molti operatori, probabilmente per hedging (per protezione), hanno iniziato a specularci. Quando i volumi sono bassi, c’è poco appetito da parte del mercato verso il contratto in questione e, in questo caso, ciò si traduce in “poco interesse”. Quando i volumi e di conseguenza l’interesse nei confronti del tema “aumento tassi” ha iniziato a prendere piede, i volumi sono aumentati. Sono stato chiaro?
I volumi non sono solo importanti per capire l’entità di un breakout o per costruirci una strategia di trading, bensì anche in situazione come queste. Un grafico lascia tantissime informazioni e noi dobbiamo essere attenti, scaltri e conoscere la materia per saper cogliere la palla al balzo!
Tornando al nocciolo della questione, come capiamo l’aspettativa sul tasso di interesse futuro? Con una semplice differenza:
Applichiamo la differenza tra 100 (che rappresenta in forma numerica il tasso di interesse allo 0%) e il prezzo del future corrente, in questo caso 99.745:
100 - 99.745 = 0,265
Questo significa che oggi il mercato si aspetta che i tassi di interesse, nella riunione del FOMC di marzo, verranno alzati del 0,25%.
Questa differenza può essere applicata anche a contratti a scadenza più lontana. Facciamo una prova: le successive due riunioni del FOMC dopo marzo sono previste il 3-4 maggio 2022 e il 14-15 giugno. Andiamo ora a selezionare i due future sui fed funds con scadenza maggio 2022 e giugno 2022:
Come potete notare dalla grafica, in questo periodo gli investitori si aspettano che i tassi saranno tra al 0.5%/0.75% a maggio e al 0.75%/1% a giugno.
CORRELAZIONE DIRETTA TRA RENDIMENTI SUI TITOLI DI STATO A 2 ANNI E FED FUNDS
Nelle mie idee passate avrete letto tantissime volte la frase “la parte a scadenze brevi della curva dei rendimenti è sensibile alle scelte di politica monetaria”. Il titolo di stato di riferimento per le scadenze brevi è quello a 2 anni. Vediamo se ha effettivamente un rapporto con i fed funds:
Come potete osservare, entrambi, per mesi, hanno avuto un andamento non strutturato. Poi qualcosa è cambiata:
1. Ad inizio ottobre 2021 i volumi sono iniziati ad aumentare in maniera importante sul future, segno che la tematica sui tassi di interesse stava iniziando a prendere piede.
2. Nello stesso momento, i rendimenti dei titoli a due anni hanno rotto al rialzo il rettangolo di accumulo e successivamente hanno creato un piccolo triangolo ascendente
3. Dopo un mese è avvenuto anche il breakout del triangolo di distribuzione sul future e, contemporaneamente, la rottura del triangolo ascendente al rialzo
4. Entrambi gli asset hanno iniziato a muoversi a braccetto.
Mi son state fatte tante domande riguardanti l’argomento sui rendimenti a 2 anni nelle ultime settimane, spero di essere stato chiaro. Credo non ci sia maniera migliore di questa per spiegare il motivo della breve frase “la parte corta della curva è influenzata dalle decisioni di politica monetaria”.
Tornando a noi, anche in questo caso l’analisi tecnica ci è stata molto utile per poter individuare dei segnali molto concreti che il sentiment del mercato sui tassi di interesse stesse cambiando (analisi dei volumi, i breakout sui rettangoli e il breakout sul triangolo ascendente).
RETRIBUZIONE ORARIA MEDIA, INFLAZIONE E RENDIMENTI SUI TITOLI DI STATO A 10 ANNI
Le buste paga del settore non agricolo e il livello di disoccupazione non sono stati gli unici dati importanti della scorsa settimana. Un altro a cui presto sempre attenzione è la retribuzione oraria media, che misura il cambiamento della retribuzione oraria media nelle principali aziende. Ora vi mostrerò la crescita anno/anno che questo ha presentato:
04.02.2022 (Gen) 5,7%
07.01.2022 (Dic) 5%
03.12.2021 (Nov) 5,1%
05.11.2021 (Ott) 4,8%
08.10.2021 (Set) 4,6%
03.09.2021 (Ago) 4%
06.08.2021 (Lug) 4,1%
02.07.2021 (Giu) 3,7%
04.06.2021 (Mag) 1,9%
07.05.2021 (Apr) 0,4%
Come potete constatare, si è passati dallo 0,4% di aprile 2021 al 5,7% di gennaio 2022. Questo dato va ad aumentare tendenzialmente in periodi di ripresa economica, quando tutte le aziende di un Paese riprendono ad assumere manodopera.
Quest’aumento tendenziale dei salari non è altro che quel fenomeno definito come “inflazione salariale”; in linea logica, più i salari aumentano, più i salariati saranno disposti a spendere: questo andrebbe poi a generare una spirale inflazionistica generale.
Tornando a noi, venerdì 4 è uscito il dato per gennaio 2022 che, come ho detto precedentemente, si è attestato al 5.7%. Dal momento che i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni crescono o decrescono rispondendo a dinamiche di crescita/decrescita economica o inflazione, come possiamo aspettarci che essi si siano comportati? Osserviamolo in un grafico a 15 minuti:
Alle 14:30, ora italiana dell’uscita del dato, il rendimento sul decennale americano è esploso segnando un +4,51%.
Ora capite quando provo a spiegarvi che i rendimenti delle scadenze più lunghe dei titoli di stato (in particolare il decennale, che è il riferimento) rispondono a questi tipi di dinamiche? Spero di avervelo dimostrato ancora una volta.
L’analisi di questo lunedì termina qua, spero i contenuti siano apprezzati. Sarà molto importante seguire da vicino i dati macroeconomici che ho analizzato in questa idea, in quanto le prossime scelte di politica monetaria saranno dettate dallo svilupparsi di essi. Probabilmente, a dati sul lavoro più forti e inflazione galoppante, dovremmo aspettarci una Fed più aggressiva. E questa aggressività dove si ripercuoterebbe? Sui Fed Funds. E questi chi influenzano in maniera diretta? I mercati finanziari!
Volevo aggiungere che ho intenzione di creare un canale personale in cui condividerò tante altre idee riguardanti i mercati finanziari, materie prime e forex, analisi di mercato e correlazioni tra asset e dati macroeconomici. Vi comunicherò quando il progetto sarà ultimato, rispettando chiaramente le linee guida imposte da tradingview.
Grazie, Matteo Farci
L'INVERSIONE DEI MERCATI AZIONARI GIUNGERA' NEL 2022?Buongiorno ragazzi, oggi vi voglio parlare di ciò che potrebbe accadere prossimamente sui mercati finanziari, analizzando i vari cicli economici e il loro susseguirsi e, successivamente, la curva dei rendimenti dei titoli di stato USA e di come quest’ultima stia ultimamente cambiando la sua pendenza.
Il mondo obbligazionario è sempre stato considerando un mercato “anticipatore”, in quanto esso è sempre il primo asset tra i più conosciuti (obbligazioni, materie prime e azioni) ad anticipare i cambiamenti nei cicli economici.
I CICLI ECONOMICI
Come molti di voi sapranno, i cicli economici sono 4, e si susseguono uno dopo l’altro. Ogni ciclo può durare anche diversi anni e ciò che li caratterizza sono la crescita (o la decrescita) economica, i livelli di inflazione, di disoccupazione e le scelte di politica monetaria delle banche centrali.
Partiamo con l’esaminare il primo ciclo, ossia quello di ripresa economica (che rappresenterebbe il periodo metà 2020- metà 2021 circa) che nasce dopo un periodo di recessione economica (indotta, nel nostro caso, dalla pandemia). In un periodo del genere i livelli di inflazione sono bassi, le scelte di politica monetaria sono accomodanti: si fa spesso uso dei quantitative easing, così come è accaduto nel 2020, e il livello dei tassi di interesse sta quasi allo zero, il tutto per favorire una richiesta al credito (e ai prestiti) con lo scopo di far “girare moneta”, il tutto per favorire la crescita economica. I livelli di disoccupazione pian piano si abbassano. Per quanto riguarda i dati macroeconomici, dovremo aspettarci quindi dati sul PIL in crescita mese su mese, accompagnati dalla crescita delle vendite al dettaglio, del PMI, del PPI, dell’inflazione e delle buste paga, mentre i livelli di disoccupazione dovrebbero man mano diminuire. I dati sulla fiducia dei consumatori inizia ad alzarsi.
In questo contesto economico, le materie prime incrementano il loro valore (aumentando la domanda dei consumatori verso beni e prodotti, le industrie andranno a produrre di più e, dal momento che il prezzo delle materie prime si basa sulla legge della domanda e dell’offerta, più aumenta la domanda, più il loro prezzo salirà) così come il mercato azionario. Il mondo obbligazionario, invece, inizia a muoversi in territorio negativo in quanto gli investitori, in un clima di risk on, preferiscono comprare azioni che obbligazioni visti i ritorni all’investimento più alti.
Arriviamo quindi al secondo ciclo, ossia al ciclo della massima espansione, in cui l’economia si è ormai ripresa, la disoccupazione si è riassorbita ma i livelli di inflazione sono molto alti, a causa dei prezzi del petrolio e, in generale, delle materie prime e di tanti altri fattori che ora non discuterò per non uscire troppo fuori tema.
In questo particolare ciclo le banche centrali non sono più accomodanti, dichiarando di togliere all’economia i sostegni precedentemente dati (procedendo cin i famosi tapering) e di alzare successivamente i tassi di interesse, per cercare di far abbassare l’inflazione arrivata ormai oltre il target del +2%. I livelli del PIL sono alti, così come i livelli del producer price index, delle buste paga, delle vendite al dettaglio, dei PMI e della fiducia dei consumatori. Per quanto riguarda le performance delle varie asset classes, le obbligazioni rimangono in territorio negativo, mentre girano in negativo anche le azioni (perché, come dico sempre, la finanza anticipa sempre e gli investitori, spaventati dalla banca centrale e dal relativo aumento dei tassi di interesse prossimi, liquidano le proprie posizioni long). Le materie prime continuano tuttavia a performare bene perché di per sé sono asset che performano alla grande in periodi di moderata/alta inflazione.
Il terzo ciclo (quello del rallentamento economico) ha inizio a parer mio con la scelta delle banche centrali di alzare i tassi di interesse. Con questi oltre lo 0%-0,25%, le imprese non saranno tanto più spinte (come lo erano nel ciclo 1 e 2) a richiedere prestiti per espandersi e così come per le imprese, vale per i privati (in generale, ci sarà una stretta sul credito). Ciò significa che, vista l’inferiore quantità di moneta circolante, l’inflazione tende ad abbassarsi e con lei anche il valore in borsa delle materie prime (le commodities tendono inoltre a perdere il loro valore in quanto le industire iniziano a produrre di meno in quanto la domanda dei consumatori inizia ad essere più debole e quindi minor domanda, prezzo delle materie prime giù). Con le materie prime in trend negativo, andremo a trovare valori del PPI via via decrescenti, assieme alla fiducia dei consumatori e alle relative vendite al dettaglio. Il livello di disoccupazione giunge ad un bottom e inizia a muoversi in un trend lateral-rialzista. Il PIL inizia a registrare mese su mese valori via via decrescenti. Questo è l’unico ciclo economico in cui troviamo tutti e tre le asset classes che ho nominato in trend ribassista.
Arriviamo infine al ciclo 4, ossia alla contrazione economica (che talvolta può sfoggiare anche in una recessione) in cui il PIL non cresce più bensì inizia a diminuire mese su mese, e lo stesso vale per l’inflazione e il PPI. La fiducia dei consumatori e le vendite al dettaglio iniziano a registrare dei numeri ben più negativi dei cicli 1 e 2, e lo stesso vale per i PMI. I livelli di disoccupazione si alzano in quanto le aziende iniziano a registrare utili notevolmente inferiori rispetto al ciclo 2 e 3 e di conseguenza iniziano a tagliare anche i posti di lavoro (le buste paga aumentano tendenzialmente nei cicli 1 e 2 in quanto, ad una ripresa ed un’espansione economica massima le aziende tandono ad espandersi, e ciò accade di pari passo con nuove assunzioni). I tassi di interesse sono relativamente medio/alti.
Quando si tocca il punto più basso della contrazione o della recessione economica, si ha l’intervento delle banche centrali che applicano nuovamente politiche monetarie: dapprima gli abbassano di nuovo intorno allo 0% e successivamente agiscono immettendo denaro sotto diverse forme nel sistema economico, così che si possa tornare alla fase economica 1, ossia quella della ripresa. I segnali che anticipano una nuova ripresa economica sono dapprima le obbligazioni, che girano in territorio positivo, seguite successivamente da azioni ed infine dalle materie prime, non dimenticando tutti i dati macroeconomici già menzionati, che iniziano tutti a registrare dei valori via via sempre migliori.
LA SITUAZIONE AI NOSTRI GIORNI
Nel biennio 2020-2021 abbiamo a parer mio assistito al susseguirsi di 3 cicli economici in maniera molto rapida: fase di recessione, di ripresa e di espansione economica. Tutti gridano al crash dei mercati azionari: a parer mio, forse, ci arriveremo nel prossimo anno. La teoria secondo il quale affermo che con buone probabilità arriveremo ad una fase di rallentamento economico non giunge solo studiando i vari cicli economici e il loro susseguirsi, ma analizzando anche la curva dei rendimenti dei titoli di stato americani.
COS’E’ LA CURVA DEI RENDIMENTI?
La curva dei rendimenti è la rappresentazione grafica della relazione fra le varie scadenze dei titoli di Stato americani e il relativo rendimento. Nei grafici che tra poco condividerò con voi avremo sull’asse delle ordinate i rendimenti che il titolo assume in corrispondenza di ciascuna scadenza, e sull’asse delle ascisse le relative scadenze.
La curva dei rendimenti può essere essenzialmente di 3 tipi:
- Crescente (o “steepening”)
- Piatta (o “flattening”)
- Invertita
Abbiamo una curva dei rendimenti “normale” o “crescente” quando ci sono aspettative di crescita economica. Esiste un rapporto inverso tra le obbligazioni e i relativi rendimenti: se gli investitori vendono obbligazioni (in questo caso titoli di stato) , il rendimento delle stesse obbligazioni va a crescere; quindi, se la curva dei rendimenti “normale” è crescente, significa che gli investitori vendono obbligazioni di tutte le scadenze per andare a spostare i loro capitali in strumenti a più alto rischio, ossia le azioni (facendo quindi alzare i rendimenti, in maniera appunto crescente), considerando anche il tipico clima di risk on dei mercati tipici di quella fase economica; questa è la curva dei rendimenti che abbiamo avuto nel 2020-2021, tipica appunto di una ripresa/espansione economica che noi stessi stiamo vivendo (che dopo vi mostrerò). Inoltre voglio ricordare che in periodi di ripresa/espansione economica, l’inflazione si fa sempre via via più alta fino a raggiungere un punto in cui agisce la banca centrale che, alzando i tassi di interesse, cerca di calmierarla. Proprio per questo motivo la curva è crescente: che senso ha tenere un’obbligazione che ha, ad esempio, un rendimento dell’1,7% se poi ci ritroviamo con un inflazione del 2%/3%? Avrebbe poco senso, in quanto l’inflazione andrebbe ad erodere i futuri rendimenti agli stacchi delle cedole e, quindi, cosa fanno gli investitori? Vendono le obbligazioni, facendo aumentare i rendimenti e dando alla curva la tipica forma “steepening”.
Per quanto riguarda una curva piatta, essa si va a formare in periodi economici di transizione: gli investitori iniziano a comprare titoli di stato a lunga scadenza (10,20 e 30 anni) facendo abbassare i relativi rendimenti (e infatti nell’immagine vediamo come, nelle lunghe scadenze, la curva si appiattisce). Questo succede poiché i tassi di interesse, per combattere l’inflazione, sono stati aumentati e di conseguenza gli investitori iniziano a scontare ciò, andando a comprare obbligazioni a lunga scadenza, facendo così appiattire la parte finale della curva stessa (a questo punto gli investitori iniziano ad avere meno “paura” dell’erosione del loro denaro futuro a causa dell’inflazione).
Una curva invertita è tipica di una recessione. Vi chiedete il perché? Ragioniamo assieme: se i rendimenti delle scadenze brevi (a 1,2,3,5 e 7 anni) sono più alti delle scadenze lunghe, significa sostanzialmente che gli investitori stanno vendendo obbligazioni a bassa scadenza (facendo quindi aumentare i relativi rendimenti) e comprando la stesse a lunga scadenza (facendo quindi abbasare i relativi rendimenti). Che senso avrebbe ciò? Si vendono obbligazioni a breve termine quando, nel breve termine stesso, non si ha una buona visione dell’economia (chi è che compra i titoli di stato di un Paese che potrebbe nei prossimi tempi trovarsi in recessione economica?) mentre si vanno a comprare le obbligazioni a lunga scadenza in quanto si va scontare il fatto che poi in futuro (in un futuro a 10,20 e 30 anni), dopo l’intervento delle banche centrali, l’economia sarà migliorata.
Ho studiato i vari cicli economici e il mondo obbligazionario e, per pura curiosità, sono andato a costruire la curva dei rendimenti USA relativa al periodo di Q1,Q2,Q3 E Q4 utilizzando i rendimenti a 1,2,3,5,7,10,20 e 30 anni relativi a quei trimestri:
PRIMO TRIMESTRE 2021 (Q1)
Possiamo notare come la curva sia crescente. Più ci si avvicina alle scadenze più lunghe, maggiore è la pendenza della curva
SECONDO TRIMESTRE 2021 (Q2)
Anche nel secondo trimestre del 2021 la curva si presentava “steepening”, molto simile a quella di Q1.
TERZO TRIMESTRE 2021 (Q3)
Nessun particolare considerazione diversa per la curva di Q3
QUARTO TRIMESTRE 2021 (Q4)
Vediamo come, in Q4, la curva si sia appiattita. In particolare, il rendimento del titolo di stato a 20 anni presenta un rendimento addirittura maggiore rispetto a quello a 30 anni. Questa curva è stata da me creata il 3 dicembre, quindi pochi giorni fa. E’ un caso che la curva abbia iniziato ad appiattirsi alla fine del terzo trimestre / inizio quarto trimestre, quando si iniziava a vociferare l’aumento dei tassi di interesse (e, ultimamente, un accelerazione del tapering che andrebbe a significare un aumento dei tassi non più in Q2 2022 ma probabilmente in Q1 2022)?
Vi riporto la grafica della curva dei rendimenti il 20 ottobre (quindi inizio Q4):
Come vediamo, è intorno a quel periodo che la curva ha iniziato ad appiattirsi. Questo è stato causato a parer mio dal fatto che gli investitori hanno iniziato a scontare il rialzo dei tassi di interesse.
E’ POSSIBILE CHE STIA ARRIVANDO IL “CROLLO DEI MERCATI?”
La riflessione che faccio tra me e voi è questa: abbiamo detto che l’appiattimento della curva dei rendimenti anticipa una transizione di cicli economici; abbiamo detto anche che il rialzo dei tassi di interesse di una nazione va ad abbassare l’inflazione scoraggiando però le imprese e le industrie che andranno quindi a richiedere meno prestiti e finanziamenti: come ho detto prima, si tende ad assumere manodopera in maniera più consistente durante le riprese e le espansioni economiche (in quanto la richiesta per i beni, e di conseguenza la loro produzione, aumenta), ma, raggiunto un picco dell’espansione, come avevo detto in precedenza, i livelli di disoccupazione si iniziano a muoversi in un trend lateral-rialzista. Con una disoccupazione in leggero aumento, il dato sulla fiducia dei consumatori verso l’economia inizierebbe a registrare dei decrementi (è normale che un consumatore inizi ad avere meno fiducia sul sistema economico dal momento che la disoccupazione, a piccoli passi, inizia a salire), e di conseguenza è probabile che i risparmi delle famiglie inizierebbero ad aumentare. La conseguenza diretta è sulle vendite al dettaglio, che inizierebbero a diminuire e di conseguenza, con loro, le revenue delle aziende che non andrebbero più a fatturare come nella fase di ripresa/espansione economica, in cui i consumatori erano più propensi a spendere vista la grande fiducia sull’economia. A revenue inferiori delle aziende potrebbe essere legata la poi futura vendita delle azioni stesse da parte degli investitori, con i prezzi delle azioni che potrebbero vedere l’inizio di un trend lateral-ribassista. Dopotutto quando parlavo di cicli economici ho detto che la fase di rallentamento economica era anticipata dapprima dalle obbligazioni, seguite poi dalle azioni. Le obbligazioni effettivamente non si trovano in un trend rialzista: se infatti vi condivido il grafico dei titoli di stato a 10 anni, vediamo che essi sono in un trend discendente:
Lo stesso non si può dire per le azioni, in quanto se condividessi il grafico dell’S&P500 vedremo l’indice stesso praticamente ai massimi storici. Ciò può significare il fatto che, per gridare “i mercati crolleranno” (anche se io preferisco più un “i mercati scenderanno”), bisognerà aspettare che anche le azioni effettivamente inizino a stornare, confermando quindi il nuovo ciclo economico di rallentamento. Però attenzione. Vi condivido un grafico interessante:
Questo è il grafico dell’S&P500. Nell’area in giallo vi ho segnato il range di prezzo, notando che esso, in Q2 2020, è incrementato del 20,6%. I dati sul PIL USA relativi a Q2 2020 (dati reperiti su investing.com) erano:
30.09.2020 (2° trim.) -31,4%
27.08.2020 (2° trim.) -31,7%
30.07.2020 (2° trim.) -32,9%
Nonostante la ripresa economica non fosse ancora partita (visto che era appena scoppiata la pandemia) il mercato aveva già iniziato a scontare tutto. La domanda è: anche stavolta il mercato sconterà prima un nuovo possibile ciclo economico?
Vi voglio riportare un ultimo dato interessante, relativo alla FED: in una riunione di fine settembre, quando aveva quasi annunciato il “tapering”, la stessa prevedeva che l'economia americana sarebbe cresciuta del 5,9% quest'anno, per poi rallentare al 3,8% nel 2022 e al 2,5% nel 2023. Leggendo i dati della FED, balza subito all’occhio il fatto che potrebbe effettivamente esserci un rallentamento, no?
Quindi, ritornando alla domanda iniziale, il crollo dei mercati è vicino? Nessuno può saperlo, vi ho però portato alcuni dati interessanti, intrecciando cicli economici, obbligazioni e azioni. Per quanto riguarda il mio processo, continuerò giorno dopo giorno a leggere i dati macroeconomici e osserverò la curva dei rendimenti e tutti gli etf settoriali di cui parlo sempre…perché? Perché il mercato sconta quasi sempre tutto in precedenza.
MATTEO FARCI
Usd/Jpy: Forza confermata - Obiettivo 112,00Il cambio in oggetto arriva da un importante apprezzamento che ha portato il dollaro americano da 102,50 a 111,00 da inizio 2021 ad oggi.
Il movimento di rafforzamento del dollaro su yen giappo è stato precisamente correlato con i movimenti di:
Eur/Usd ( che ha creato dei massimi in area 1,2350 per poi scivolare a inizio 2021)
Xau/Usd ( che aveva iniziato ad indebolirsi già qualche mese prima, precisamente ad agosto 2020 e continua a mostrare debolezza )
10YR Treasury note Yield ( che aveva iniziato a mostrare segni di ripresa già ad agosto 2020 con Gold ma che ha violato i massimi precedenti di cambio trend proprio tra fine 2020 e inizio 2021 )
DXY ( preciso in zona 89,00/90,00 ha creato un minimo dove nel 2018 aveva creato il rialzo monster successivo )
La price action del cambio ha una struttura chiara:
- tendenza long con una gamba rialzista quasi senza pullback
- ultime settimane di classica ossigenazione a tre candele con massimi e minimi decrescenti
- arrivo in area 38,2 % della leg bullish
- tenuta della zona statica e dinamica a 108,00
- Tailed bars su area 108,00 di ripartenza
- Close settimanale con FTW Power
Tutto ciò mi ha fatto essere compratore di dollari e venditore di yen in settimana, condividendo questa operazione nella mia community e avendo come obiettivo area 112,00, zona che potrebbe essere ritestata nelle prossime settimane molto probabilmente.
Per oggi è tutto, vi auguro un buon TRADING SIMPLE!
ANALISI E SCENARI DEI MERCATI: IL QUADRO COMPLETOLo S&P-500 sembra orientato verso i massimi storici, registrati in area 4190, dopo che i prezzi hanno rintracciato nei pressi della mediana di Bollinger in D1.
I 𝗳𝘂𝘁𝘂𝗿𝗲𝘀 𝗨𝘀𝗮 navigano al momento intorno alla parità. Negli Stati Uniti verranno rese note oggi le richieste settimanali di sussidi alla disoccupazione, che offriranno un’istantanea della ripresa economica in corso. I timori che questa possa essere rallentata dalla recrudescenza del Covid spingono al ribasso il rendimento dei Treasury a dieci anni a 1,53%.
L’allungo di Wall street ha trascinato anche le piazze europee al rialzo, in questi ultimi due giorni di contrattazioni. Al momento della scrittura il 𝗙𝘁𝘀𝗲-𝗠𝗶𝗯 segna + 0.56 % e il 𝗗𝗮𝘅-𝟯𝟬 +0.63%.
Dal punto di vista tecnico entrambi conservano ovviamente la loro impostazione rialzista. Per quanto riguarda l’indice tedesco la prossima area di resistenza di rilievo, potrebbe essere individuata in area 15340.
L’indice italiano, invece, vede il prossimo baluardo da abbattere in area 24500, e qualora quest’area venisse violata, lo step successivo sarebbe il muro dei 25000.
Visto il quadro tecnico, specie in una giornata come questa, dobbiamo tener conto dell’aspetto macroeconomico.
Oggi è la giornata del 𝗺𝗲𝗲𝘁𝗶𝗻𝗴 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗕𝗰𝗲, dalla quale gli investitori si aspettano annunci sulla politica monetaria dell’Eurozona.
L’istituto guidato da 𝗖𝗵𝗿𝗶𝘀𝘁𝗶𝗻𝗲 𝗟𝗮𝗴𝗮𝗿𝗱𝗲 dovrebbe rinviare decisioni importanti al prossimo appuntamento, previsto per giugno, e limitarsi a mantenere i tassi d’interesse invariati.
Questo meeting, ovviamente, avrà un peso specifico di rilievo anche ai fini dei prossimi movimenti dell’𝗘𝗨𝗥.
La major , dopo l’allungo di Lunedì che ha spinto i prezzi al rialzo, ha iniziato una fase di compressione che vede oscillare i prezzi in un trading range molto stretto. Gli investitori sembrano quindi molto cauti su quelle che potrebbero essere le indicazioni che verranno fuori oggi dalla riunione Bce.
Se osserviamo 𝗲𝘂𝗿/𝘂𝘀𝗱 graficamente, possiamo notare come ci troviamo nei pressi di una resistenza dinamica settimanale importante, per questo motivo le parole che oggi proferirà la Lagarde acquisiranno ancora maggior peso ai fini dei prossimi movimenti di prezzo della valuta unica.
Concludiamo con oro e petrolio.
Il 𝗚𝗼𝗹𝗱 , dopo aver disegnato un doppio minimo interessante in area 1670, ha dato vita a uno spunto rialzista che ha spinto i prezzi fino in area 1800, dove ha incontrato un’importante resistenza dinamica. Il trend partito la scorsa estate resta ribassista , e solo alla violazione della suddetta area si potrebbe cominciare a considerare un’inversione di lungo.
Il rally poderoso del 𝗽𝗲𝘁𝗿𝗼𝗹𝗶𝗼 della prima parte di quest’anno sembra essersi esaurito, e il Wti sembra aver trovato un trading range di equilibrio compreso tra i 57 e i 64 dollari al barile. Qualora uno di questi prezzi venisse violato, potremmo assistere a nuovi movimenti decisi.
Sembra che il petrolio sia in attesa di nuovi sviluppi sul tema 𝗖𝗼𝗿𝗼𝗻𝗮𝘃𝗶𝗿𝘂𝘀, con relativi contagi e restrizioni, per capire quando ci sarà una vera ripresa e un ritorno alla normalità, che farebbe lievitare la domanda della materia prima.
[PORTAFOGLIO] Nuova posizione su USDCHFAggiungo al portafoglio una nuova posizione:
LONG USDCHF a 0.9458
che si aggiunge al precedente long in carico a 0.9278 dal 16/03/21
ANALISI
"Oggi ci sarebbero così tanti buoni motivi per considerarla un'operazione perfetta, tanti quanti ce ne potranno essere domani per dire quanto fosse sbagliata!".
NOTA
Dal momento che credo che «nessun piano sopravvive al contatto con il nemico», reputo che al fine della sostenibilità nel tempo di questa attività sia più importante in assoluto la gestione delle operazioni, una volta che si è in ballo, piuttosto che l'analisi che ne darebbe le genesi.
Ecco il motivo di questa mia nuova tipologia di pubblicazione che vuole essere un diario di un'operatività REALE piuttosto che un confronto a colpi di scarabocchi sui grafici.
Aggiornerò via via chiusure e nuove aperture il più possibile in tempo reale.
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I MPORTANTE
L'intento di pubblicare la mia operatività su questo sito è solo narcisistico masochismo e nel caso voleste per follia replicare le mie operazioni, dei vostri guadagni e/o perdite non me ne fregherebbe proprio nulla. Le idee espresse sono esclusivamente mie. Le analisi sono solo a scopo ludico/informativo e non devono essere considerate come una consulenza finanziaria o istigazione di alcun tipo. La decisione di agire in base a quanto scritto è affare vostro, vi esorto a non replicare le operazioni non sapendo niente del mio metodo decisionale e del mio modello di gestione del rischio.
HB
PS: qui sotto trovi i link dello storico del portafoglio.