Future BTP sulla parte alta della congestione. Obiettivi 2024Il prezzo del Future BTP da metà Ottobre sta crescendo di 12 punti percentuali. Il rialzo è partito nel momento che le Banche Centrali hanno iniziato a mostrarsi colombe sul rialzo dei tassi, paventando possibili tagli nel 2024. La Fed nell'ultima riunione ha dichiarato di prevedere tre tagli. Personalmente mi sento di dire che tra quello che prevedono e poi quello che accade c'è sempre un infinità di variabili.
Pertanto, ad oggi ho più fiducia nei grafici. Al momento il BTP è arrivato nella parte alta della congestione che sta caratterizzando il suo prezzo dal Settembre 2022. Al prezzo di 120,76 abbiamo un importante livello delle estensioni di Fibonacci che è un primo obiettivo di questa leg up. A salite l'altro livello rilevante è quello a 122.65 che corrisponde al 1.618 delle estensioni, inoltre coincide con il massimo fatto a Dicembre 2022.
Il primo obiettivo grosso per il 2024 resta in area 126.50 mentre il successivo e più velleitario passa a 132.50 punti.
Rendimenti
ANALISI INTERMARKET ORO: QUANDO SUPERERA' I MASSIMI STORICI? L’obiettivo di questa analisi è quello di esaminare l’oro e tutti i catalizzatori responsabili del suo movimento. La materia prima riuscirà a superare e segnare nuovi massimi storici? Quali sono le condizioni affinché l’ipotesi si realizzi? Se al contrario dovesse ritracciare, quali livelli monitorare?
Buona lettura.
1. LA TENDENZA LATERALE DELL’ORO
La figura successiva mostra il prezzo dell’oro su timeframe settimanale:
È possibile osservare come il metallo giallo presenti una tendenza laterale da maggio 2020. Gli estremi superiore e inferiore del canale parallelo formato dal prezzo sono costituiti:
• Dalla resistenza a 2080$
• Dal supporto compreso tra i 1650$/1750$
Quali sono stati i catalizzatori che nell’ultimo triennio hanno permesso alla materia prima di raggiungere i suoi massimi storici? Come mostra la grafica successiva:
• Estate 2020: pandemia di covid-19
• Marzo 2022: conflitto Russia-Ucraina
• Maggio 2023: tassi reali in calo e dollaro debole
La pandemia e la guerra sono due tra i possibili e diversi scenari riconducibili a quella condizione definita risk-off; non c’è da stupirsi che l’oro, bene rifugio per eccellenza, abbia agito da tale raggiungendo dunque i massimi storici.
Descriviamo ora il riquadro “tassi reali in calo e dollaro debole” …perché? Cosa significa? Che rapporto esiste tra oro, dollaro e tassi reali?
2. IL RAPPORTO TRA ORO, TASSI REALI E DOLLARO AMERICANO
La figura successiva mostra la correlazione tra metallo prezioso e tassi reali:
Essa, analizzata su timeframe settimanale, si presenta inversa, motivo per il quale:
• Il prezzo dell’oro tende a salire al “deprezzarsi” dei tassi reali
Perché? Proviamo a spiegare questo concetto in maniera estremamente semplice:
• I tassi (o rendimenti) reali altro non sono che la differenza tra tassi nominali e aspettative di inflazione. I tassi reali osservabili nella figura precedente sono stati ottenuti sottraendo al rendimento nominale americano a scadenza 10 anni le aspettative di inflazione alla stessa scadenza
È da ormai diverso tempo che sentiamo o leggiamo la seguente frase:
“L’inflazione erode il valore cedolare delle obbligazioni”
Perché?
Immaginiamo di acquistare un bond dal valore nominale di 1000€ da una cedola del 3% annua con una scadenza di 2 anni: questo significa che, all’anno, andremmo a ricevere un interesse di 30€.
• Il primo anno, immaginando un tasso di inflazione pari allo 0%, potremmo acquistare 30€ di beni
• Durante il secondo anno, con un tasso di inflazione al 2%, non potremmo acquistare la stessa quantità degli stessi beni dell’anno prima con i 30€ di interesse a causa, appunto, dell’aumento generalizzato dei prezzi.
Perché questo?
• Il tasso di inflazione misura l’aumento generalizzato di beni e servizi; quanto più esso salirà, tanto più una moneta perderà potere d’acquisto. Ergo: i 30€ di cedola ricevuti con un tasso di inflazione allo 0% varranno più dei 30€ incassati con un tasso al 2%.
È importante ricordare che:
• Il valore nominale della cedola non cambia; quello che cambia è quello reale, che tiene conto dell’effettiva (o, se preferita, reale) cifra incassata
Che correlazione presenteranno dunque le obbligazioni con il tasso di inflazione anno/anno? Prendiamo in esame l’ETF TLT (obbligazioni del tesoro americano con scadenze residue superiori a 20 anni):
Come mostra la figura, sicuramente inversa!
Ovviamente i tassi reali sono strettamente dipendenti dalla politica monetaria. Osserviamo la figura successiva:
Ad una politica monetaria restrittiva corrisponderà un aumento dei rendimenti reali, al contrario un loro ribasso. Questo significa che il rialzo dei tassi di interesse renderanno più attraenti le obbligazioni, per due motivi:
• Faranno apprezzare i rendimenti nominali
• Faranno diminuire le aspettative di inflazione
Riavvolgiamo ora il nastro e chiediamoci:
“Perché il prezzo dell’oro tende a salire al ribasso dei tassi reali?”
Oro e obbligazioni americane possono essere considerate in certi contesti come due asset class simili tra loro. Ad esempio:
• Entrambi sono considerati come asset rifugio, in grado di proteggere gli investitori da momenti di turbolenza finanziaria
Qual è una differenza importante tra essi?
• Le obbligazioni pagano le cedole, al contrario dell’oro
Ecco, dunque, il motivo della correlazione inversa osservata precedentemente:
• All’aumentare dei tassi reali, aumenterà il “potere cedolare” delle obbligazioni, incentivando gli acquisti degli investitori: sarà più conveniente detenere bond rispetto al gold
• Il contrario accadrà nel caso opposto: tassi reali in ribasso incentiveranno acquisti di oro
Però…c’è sempre un però!
L’oro è correlato inversamente al dollaro americano, come mostra la figura successiva:
Il motivo è semplice:
• L’oro, come alcune tra le altre materie prime più conosciute, è denominato in dollari americani; questo significa che esso, per essere acquistato, dovrà essere pagato in quella stessa valuta. Questo significa che all’apprezzarsi del dollaro, l’oro “costerà di più” per i detentori di altre valute come euro, yen eccetera. Sarò vero il contrario nel caso opposto: al deprezzarsi della valuta gli investitori avranno più incentivi ad acquistarlo
È qui che arriviamo all’ultimo collegamento intermarket del paragrafo: qual è uno dei motivi per il quale il dollaro tende ad apprezzarsi?
L’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve rende più attraenti le obbligazioni americane, come è stato osservato e commentato qualche riga fa.
Quelli stessi bond, così come il gold, sono denominati in dollari americani; questo significa che:
• Quanto più i bond saranno attraenti, tanti più investitori vorranno acquistarli, utilizzando ovviamente dei dollari americani. Questo farà aumentare la domanda della valuta stessa e, per questa dinamica (della domanda e dell’offerta, per la precisione), la valuta tenderà a rafforzarsi. Non è un caso che dollaro e tassi reali a 10 anni americani presentino una correlazione per lo più diretta, come mostra la figura successiva:
Concludiamo questo secondo paragrafo con due schemi riassuntivi:
3. QUANDO L’ORO POTRA’ SUPERARE LA SOGLIA DEI 2080$?
Rispondere alla domanda sarà ora più semplice:
• Quanto più il mercato prezzerà un taglio dei tassi di interesse (e quindi una FED meno aggressiva), tanto più si indeboliranno i tassi reali e il dollaro americano, con annesso rialzo del gold
Quello che dovrebbe accadere è rappresentato nelle due grafiche seguenti:
Tuttavia, secondo il World Gold Council, organizzazione che pubblica dei report e delle analisi sempre molto interessanti, il metallo giallo avrebbe bisogno di un ulteriore catalizzatore. Nella figura successiva un piccolo estratto dell’ultimo report, reperibile al link:
• www.gold.org
Al gold potrebbe servire una brusca correzione del mercato azionario.
È come se, nella figura, i tre punti recitassero:
“Non è presente abbastanza risk-off tale da permette all’oro di infrangere al rialzo i suoi massimi storici”
Quale potrebbe essere un fattore capace di scatenare una brusca correzione?
• Un esempio potrebbe essere rappresentato da un brusco rallentamento degli utili; essi, come mostra la grafica successiva, sono fortemente correlati all’S&P500
Questo accadrà? L’S&P500 realizzerà un nuovo impulso ribassista? Questo lo commenteremo.
Per ora basiamoci sulle correlazioni osservate: se esse saranno rispettate e il contesto e le aspettative degli investitori si manterranno tali, è possibile che ciò potrebbe accadere. O, per correggere il tiro:
• Sarà più probabile osservare la materia prima in prossimità dei suoi massimi storici
Se il suo prezzo dovesse al contrario ritracciare, quali livelli osservare?
Come mostra l’ultima figura:
Il prezzo ha creato un primo impulso rialzista dal 4 novembre 2022 al 2 febbraio 2023: il livello nel quale si sono concentrati maggiori volumi è quello dei 1810$. Il prezzo ha successivamente ritracciato e rimbalzato proprio intorno allo stesso livello. Il rimbalzo, avvenuto il 9 marzo 2023, ha avuto fine un mese dopo, in corrispondenza dei massimi: il point of control dell’impulso si è attestato sui 1995$ ed è proprio nello stesso livello che il prezzo, ora, sta lateralizzando.
I due importanti livelli indicati grazie ai due segmenti paralleli di color rosso rappresentano, ad oggi, due importanti strutture da osservare alle quali il prezzo potrebbe essere sensibile qualora decidesse di ritracciare.
Se avete dei dubbi di qualunque tipo commentate pure.
Buona giornata.
SVEZIA: LA CRISI IMMOBILIARE E IL CROLLO DELLE SOCIETA'L’obiettivo dell’analisi è quello di far luce sulle condizioni economiche svedesi andando a correlare tra loro alcuni dati macroeconomici, capaci di impattare fortemente sul settore azionario immobiliare, fortemente ciclico.
1. LA CORRELAZIONE TRA TASSO DI INFLAZIONE, POLITICA MONETARIA, INTERESSI SUI MUTUI, PRODOTTO INTERNO LORDO E AZIONARIO IMMOBILIARE
A che livello si attesta ad oggi il tasso di inflazione svedese misurato anno/anno?
Come mostra la figura, al 10.6%. La Svezia non osservava tale cifra dal lontano marzo del 1991.
Lo stesso si mantiene più forte o più debole rispetto a quello misurato per l’euro area? È possibile scoprirlo attraverso uno spread, osservabile nella figura successiva:
Lo spread (di color nero), ottenuto sottraendo il tasso di inflazione svedese a quello europeo, è piuttosto chiaro, +3.6%: l’inflazione svedese si mantiene più forte. Volendo essere ancora più precisi, la Svezia risulta essere il 15° paese europeo con l’inflazione più alta:
Il concetto che qualunque appassionato ha appreso nel biennio 2021-2023 è stato sicuramente il seguente:
• Un alto tasso di inflazione è combattuto dalle banche centrali attraverso la manipolazione dei tassi di interesse
La Sveriges riksbank, a partire dal 28 aprile del 2022, ha iniziato il suo processo di inasprimento di politica monetaria attraverso il rialzo dei tassi di interesse che, per diversi anni, erano stati ancorati allo 0%. In particolare, come mostra la figura successiva, dal 0% al 3.5%:
Ad un aumento dei tassi di interesse della banca centrale il costo del denaro diventa più oneroso: questo significa che l’interesse da pagare per poter accedere a dei prestiti (per mutui e finanziamenti, ad esempio) aumenta.
Questo significa che dovrebbe esistere una correlazione diretta tra tassi di interesse di una banca centrale e il tasso per accedere a dei mutui. Andiamo ad osservare nella figura successiva se l’ipotesi è vera:
La correlazione tra i due dati è positiva, motivo per il quale:
• All’aumentare dei tassi di interesse della banca centrale, aumenterà il costo del denaro per accedere a dei mutui
Cerchiamo ora di ragionare in maniera logica, ponendoci una semplice domanda:
“Come impatta l’aumento dei tassi di interesse sul mercato immobiliare di un Paese?”
Dovrebbe impattare in maniera negativa poiché, teoricamente, l’aumento del prezzo per accedere ad un mutuo sfavorirebbe la domanda di immobili, infatti:
• È più probabile che i consumatori accedano ad un mutuo quando esso si presenta “a sconto”
I prezzi delle case sono legati alla legge della domanda e dell’offerta. Se i ragionamenti ipotizzati fossero giusti, si potrebbe affermare che:
• All’aumento dei tassi di interesse, aumenteranno i prezzi dei mutui e diminuirà la richiesta di case, con relativa diminuzione del loro prezzo
• Al contrario, ad un taglio dei tassi di interesse corrisponderanno mutui “più accessibili e meno onerosi” e quindi un aumento della loro domanda, con relativo aumento dei prezzi delle case
Osserviamo nella figura successiva se l’ipotesi è plausibile:
Si, è plausibile!
Concentriamoci ora sull’indice dei prezzi delle case, osservando la figura successiva:
È possibile osservare come esso abbia registrato una contrazione anno/anno pari al -12.7%, lontano dalla soglia dello 0%. Questo impatterà sul PIL? Scopriamolo studiando la correlazione tra i due dati:
La correlazione tra essi (studiata su 10 periodi) è mediamente positiva, motivo per il quale è possibile affermare come il mercato immobiliare (in particolare, l’indice dei prezzi delle case) impatti in maniera importante sull’intensità economica.
Concludiamo il paragrafo con un piccolo schema:
2. IL CROLLO DEL SETTORE AZIONARIO IMMOBILIARE SVEDESE
Come avrà reagito l’azionario immobiliare svedese al crollo dell’indice dei prezzi delle case? Osserviamo le prestazioni di tre società:
• Samhallsbyggnadsbolaget, società che si concentra sulla gestione e sviluppo di proprietà immobiliari:
+522% dopo il crollo del 2020 e, dal massimo storico di novembre 2021, -91%.
• Castellum, che si occupa della gestione e sviluppo di immobili commerciali e industriali:
Oltre il +100% di prestazione dai minimi del 2020 ai massimi storici di novembre 2021 per poi perdere oltre la metà del suo valore (-60.9%).
• Fastighets AB Balder, che possiede un portafoglio diversificato di proprietà come locali commerciali, edifici residenziali e immobili industriali:
+213% dai minimi del 2020 e successivo crollo del -67% dai massimi storici.
Perché queste tre società hanno registrato delle enormi prestazioni con bassi tassi di interesse e continuano a registrare dei minimi via via decrescenti dopo l’aumento degli stessi? La risposta è semplice:
• Il settore immobiliare è un settore ciclico, ossia un settore sensibile all’intensità economica. È importante evidenziare come la domanda di immobili, che siano essi commerciali, industriali o residenziali sia fortemente legata all’intensità dell’economia
3. I TASSI DI INTERESSE PROSEGUIRANNO LA LORO TRAIETTORIA AL RIALZO?
Per rispondere alla domanda, è necessario porsi:
• Il primo interrogativo:
“Perché la banca centrale svedese dovrebbe arrestare un rialzo dei tassi?”
Un motivo, tra i diversi, potrebbe essere il seguente:
“Per stimolare l’intensità economica, evitando una recessione (quasi alle porte)”
• Il secondo interrogativo:
“Potrebbe la banca centrale svedese arrestare un rialzo dei tassi con un tasso di inflazione a doppia cifra”?
Difficile rispondere a questo, per un motivo semplice:
• Un rialzo dei tassi ha un effetto positivo sul tasso di inflazione, ma negativo sull’intensità economica
Ad oggi il mercato si aspetta un taglio? Osserviamo nella figura successiva il rendimento a 2 anni del titolo di stato svedese:
È importante ricordare che:
• Il rendimento a 2 anni è quello più influenzato dalle aspettative degli investitori sulla politica monetaria
È possibile osservare come il rendimento dello stesso bond si trovi in prossimità dei massimi di periodo, al 2.9%; questo denota il fatto che gli attori di mercato non hanno aspettative di un pivot e successivo taglio degli interest rates.
La figura precedente è e sarà una delle più importanti da osservare per capire quale potrà essere il destino dell’economia svedese e del suo settore immobiliare.
Qualora qualche concetto non fosse stato chiaro commentate pure.
Buona giornata.
Andamento curva dei rendimenti Titoli di Stato e comparativaAndamento della curva dei rendimenti dato dal differenziale tra i 10Y ed i 2Y, con comparativa tra Paesi UE e Stati Uniti.
Chiariamo che le spettative di un rialzo dei tassi sono associati ad un andamento crescente della curva.
Pertanto una curva ascendete, indica che i rendimenti sono più elevati per le obbligazioni con scadenza più lunga. Per cui i rendimenti più elevati sulle obbligazioni con scadenze più lunghe sono richiesti per compensare l'inflazione e i futuri aumenti dei tassi.
Rimando ad un'analisi fatta a Febbraio'21 per maggiori approfondimenti sulle dinamiche teoriche.
In questa fase possiamo vedere che l e curve dei rendimenti in Europa hanno iniziato ad invertirsi nel Estate'22. Può sembrare strano ma i mercati hanno iniziato a valutare con anticipo, una contrazione dell'inflazione, in un contesto in cui le Banche Centrali, in particolare la BCE stavano alzando i tassi di interesse.
Ad inizio di questo 2023, abbiamo avuto una leggera ripresa della curva, sia in UE che in USA, ma a Marzo ha ripreso a scendere.
Ciò vuol dire che i rendimenti delle scadenze dei Titoli di Stato a lunga scadenza hanno iniziato a scendere a fronte di una loro crescita nominale. Nel mentre le scadenze brevi hanno iniziato a rende maggiormente, per una loro minor crescita.
Nell'immagine allegata, vediamo come da inizio anno , i rendimenti dei 10Y ITA siano scesi, mentre quelli del 2Y siano saliti.
Future BTP sta chiudend il weekly con una candela di incertezza Il Btp al prezzo attuale di 119,30 sta recuperando il 10,50% dal minimo fatto a Settembre. Dal minimo a 108,30 fatto in spike aveva rimbalzato subito. Ha poi iniziato ad accumulare per circa due mesi. Molto poco se consideriamo il tempo che sui massimi ha passato in distribuzione.
Tuttavia come scrivevo nella analisi del 17 Novembre, Btp ad un bivio per continuare il rialzo , il superamento del livello di in area 118,70 potrebbe aver alzato le probabilità per un prosieguo del rialzo.
La situazione al momento è ancora di incertezza, anche alla luce della candela weekly, che si sta per andare a chiudere, che dovrebbe essere una tipica long legged doji. Il prezzo ha fatto un massimo a 121,70 arrivando quasi a toccare la diagonal trend di Fibonacci e poi ha iniziato a ritracciare.
Al momento è possibile una fase correttiva con arrivo verso 116 e non ci sarebbe nulla di sorprendente. Sicuramente deve restare sopra i 114,80 per non annullare tutta la fase di rialzo fatta rapidamente in questi due mesi.
Un ritracciamento, anche sotto i 120 e verso 116 dovrebbe vedere un nuovo rimbalzo del BTP con obiettivo verso l’area dei 126-128 punti. Questo ritracciamento va fatto però nel breve.
Tra i collegamenti, ho messo un'altra interessante analisi, dell'8 Settembre, mentre si aspettavano ancora le decisioni delle banche centrali, dove trattavo in comparazione sia Btp che Bund.
Btp e Bond - AttenzioneLe politiche monetarie espansive degli ultimi anni con il protrarsi di tassi radenti lo zero, hanno creato nei risparmiatori, specie quelli "millennials" o che comunque hanno un'età inferiore ai 30 anni, un bias di approccio al mercato orientato al rischio: si accetta un rischio più elevato su strumenti azionari, per riuscire a ricavare rendimenti dall'investimento (grazie all'espansività delle politiche i rendimenti sono stati molto interessanti).
Ci siamo abituati ad un mercato dove, grazie ai benefici di diversificazione degli strumenti che oggi abbiamo a disposizione, abbiamo potuto godere di anni dove l'attività d'investimento è sembrata addirittura facile.
Oggi ci troviamo in una situazione nella quale il mercato sembra voler tornare ad offrire strumenti con un rischio teorico inferiore rispetto all'azionario, ma con livelli di rendimento che cominciano ad essere particolarmente convenienti e che possono essere utilizzati per valorizzare capitali, praticare strategie di arbitraggio, gestire plusvalenze o minusvalenze.
Come possiamo vedere nel grafico lo spread di rendimento tra il nostro titolo di stato decennale e quello tedesco, da luglio 2021, complici anche le politiche di flessibilità sul debito, hanno visto la nascita di un trend in crescita. Oggi lo spread di rendimento si attesta in area 230/250, con il nostro titolo di stato decennale che fa segnare un rendimento del 4,50%.
Molti investitori, dinanzi a questi tassi, sicuramente cominciano a sentire il richiamo del buon vecchio btp: guadagnare il 4,5% all'anno per 10 anni potrebbe essere un buon compromesso, considerando anche che, nel corso degli anni, eventuali politiche monetarie espansive potrebbero far salire i prezzi dei bond, con l'opportunità di valutare guadagni in conto capitale.
Resta da capire se il mercato ha già scontato i rialzi che ci attendono, oppure se in qualche maniera potrebbero esserci altri scossoni.
Attenzione allo spread, il livello 300 in genere comincia ad essere abbastanza significativo.
Siamo vicini alla RECESSIONE AMERICANA?Vi lascio alcune analisi fondamentali riguardo la possibile recessione Americana e quando questo scenario potrebbe verificarsi.
Dalle ultime letture trimestrali del GDP abbiamo visto un ulteriore calo, segnando due letture negative consecutive.
Tecnicamente con i dati analizzati ci troviamo già in un scenario di "recessione tecnica".
Analizzando in profondità, il mercato obbligazionario è entrato in territori molto scomodi per l'economia americana, soprattutto lo spread tra i rendimenti a 10 anni con i 2 anni.
Dal grafico possiamo notare come ogni qualvolta il prezzo ha toccato il minimo, nell'arco di 8-12 mesi l'economia americana è entrata in recessione.
Attualmente ci troviamo a livelli di minimi storici toccati nel 2000, arriveremo a toccare nuovi minimi?
Cosa ha spinto in settimana lo spread così in basso?
Le notizie di venerdì riguardanti il Non Farm Payroll e il tasso di disoccupazione hanno distrutto le attese, mostrando un ulteriore forza del lavoro, questa potrebbe tradursi in una presa di posizione della FED ancor più aggressiva.
Analizzando i dati e calcolando la media di giorni che in passato sono trascorsi dopo i minimi dello spread us10y-us02y, è di 297 giorni, con questo calcolo la possibile proiezione di una recessione ricade ad agosto 2023.
Continuiamo l'analisi con altri grafici per avere più chiara la situazione.
Nel grafico mostrato sopra, ho evidenziato le recessioni passate con i rialzi dei tassi d'interesse da parte della FED.
Possiamo notare come dopo un rialzo dei tassi d'interesse più o meno importante l'America cade in recessione.
Il calcolo effettuato anche in questo caso è stato quello di valutare la media di giorni che in passato sono trascorsi prima di cambiare ciclo economico.
Con una media di 990 giorni, la proiezione della recessione americana ricade a fine 2024.
Un altro grafico che ho utilizzato per avere la situazione attuale più chiara, è stato quello del prodotto interno lordo.
Inserendo le aree di recessione e la linea dello zero (linea rossa) è evidente come ogni volta che il GDP (GROSS DOMESTIC PRODUCT) scende sotto lo 0, l'America subisce una forte frenata.
Attualmente il valore si trova a -0,90, quindi poco al di sotto alla linea dello zero.
L'ultimo grafico che porto all'interno di questa analisi è quello del rendimento a 2 anni.
La media di giorni che passano dal picco dei rendimenti alla recessione è di 444 giorni, anche qui seguendo questa linea guida arriviamo ad agosto 2023.
Pare chiaro che la situazione che la banca centrale americana vuole fare passare non è proprio quella che il mercato riflette.
In base ai dati attuali e alle condizioni di instabilità dei mercati, le proiezioni di agosto 2023 sono da prendere con le pinze, ovviamente il passato non è garanzia del futuro ma guardare i comportamenti passati è molto utile come linea guida in generale.
La situazione in Europa attualmente sembra leggermente migliore ma in vista dell'inverno la situazione potrebbe cambiare drasticamente.
Prossimamente andrò a commentare i grafici degli indici azionari e quello delle materie prime per avere un ulteriore idea di quello che ci possiamo aspettare nei prossimi mesi e non solo.
Buon trading a tutti.
M&A_Forex
Obbligazioni e Politica Monetaria, in ballo l'economia.Obbligazioni? Politica Monetaria?
In USA continua a crescere il mercato del lavoro, numeri che allontanano eventuali recessioni di breve periodo, anche se si continua ad alimentare l'inflazione.
Il Boom di nuovi assunti e la bassa disoccupazione costringerà la Federal Reserve Bank ad aumentare ancora i tassi costringendo Wall Street & Piazza Affari a muoversi ancora nel mercato "Orso".
La Federal Reserve, per voce di Powell, non avrebbe ritoccato i tassi a settembre, ora però con i dati del lavoro in crescita forse forse qualche ripensamento ci sarà.
L'inflazione è alimentata anche dall'aumentare degli occupati che possono far crescere i consumi e quindi in USA l'inflazione cresce grazie alla buona salute economica, in Europa invece alla BCE tocca patire e gestire un'inflazione causata dall'aumentare dei prezzi delle materie prime causa conflitto Russia Ucraina.
Tassi e politica monetaria sono i driver dei prossimi mesi, le banche centrali al momento non hanno alcun sostegno politico e questa situazione potrebbe costringere i mercati a rimanere scarichi e lateralizzare per molto tempo.
Quasi certamente si rinforzerà il mercato obbligazionario, ma i rendimenti devono purtroppo crescere ancora!
I dati macro del lavoro di oggi hanno fatto recuperare il terreno perso nei giorni scorsi a tutti i rendimenti finanziari tra cui il rendimento USA che è tornato a salire riportandosi a quota 2.80%, rialzo per il rendimento Tedesco a 0.95% mentre il rendimento Italiano fortunatamente ha lateralizzato attorno al 3%.
Il rendimento del decennale sta calando con decisione dai top toccati di recente. La tendenza in atto è destinata a proseguire?
Il mercato delle obbligazioni lato debito si sta calmando e c'è effettivamente un ritorno verso livelli più miti.
Questo è merito anche dell'attuazione dello scudo anti-spread da parte della BCE. Il mercato obbligazionario lato debito si sta calmando e c'è effettivamente un ritorno verso livelli più miti.
Il rendimento del BTP a 10 anni è sceso stabilmente sotto il livello del 3,4%, resistenza forte che si è venuta a creare nei giorni della crisi di Governo. Il decennale è sceso addirittura sotto il 3% e questo è un ottimo segnale di distensione sul mercato del debito obbligazionario.
Sarà importante ora che il rendimento del decennale scenda al di sotto del 2,9% per poter stare più sereni e scendere ancora verso la soglia del 2,6%-2,5%.
La riduzione del rendimento e quindi del costo dell'indebitamento, ha favorito il rialzo delle obbligazioni che offrono rendimento.
Tutti i BTP hanno iniziato a galoppare verso l'alto, chi più e chi meno, con l'indice delle obbligazioni quotate che è salito dai 93 alla vecchia resistenza intorno ai 97 punti.
Un ulteriore allungo sopra questo livello aprirà le porte ad una salita verso quota 100 e molte obbligazioni potrebbero ritrovarsi a pareggiare il tel quel.
LA MIA VISIONE RIBASSISTA DEI MERCATI AZIONARI AMERICANI Salve lettori.
Mirko, uno dei primi ad aver sostenuto il mio lavoro all’interno del blog, mi ha contattato qualche giorno fa ponendomi una domanda riguardante il mercato azionario americano, nutrendo alcuni dubbi riguardo i suoi ritracciamenti, ma soprattutto sulle possibili risalite.
Ho deciso dunque di scrivere due analisi in maniera tale da fornirgli spunti di riflessione, e come a lui spero anche a voi; in questa che leggerete oggi spiegherò la mia visione ribassista basandomi sullo studio della curva dei rendimenti e sull’analisi del ciclo economico in cui ci troviamo, mentre in quella che pubblicherò tra qualche giorno andrò ad utilizzare determinati indici di forza che vado a creare per capire quale sia il sentiment del mercato.
Buona lettura.
ANALISI DEL CICLO ECONOMICO
Il 9 dicembre, all’interno di tradingview, pubblicavo un’analisi dal titolo “L’inversione dei mercati azionari giungerà nel 2022”?
All’interno di essa avevo argomentato temi inerenti ai diversi cicli economici e il loro susseguirsi, sottolineando come nel biennio 2020-2021 avessimo assistito ad un susseguirsi molto rapido di tre diversi cicli: una fase di recessione, una di ripresa e la successiva espansione. Ipotizzavo infine che la probabilità che arrivassimo ad un rallentamento economico fosse alta, non basandomi soltanto sullo studio dei diversi scenari economico finanziari, bensì concentrandomi anche su un tema che io reputo abbastanza importante: lo studio della curva dei rendimenti dei titoli di Stato del tesoro americano.
LA CURVA DEI RENDIMENTI E LE SUE VARIE INCLINAZIONI
Riprendendo questo tema, essa può avere tre forme caratteristiche diverse:
• Inclinata positivamente o “steepening”, quando il rendimento di ciascuna obbligazione aumenta all’aumentare delle relative scadenze
• Piatta o “flattening”, quando i rendimenti tra le diverse obbligazioni a diversa scadenza sono tutti simili (o uguali) tra loro
• Invertita, quando le obbligazioni con scadenze più brevi presentano rendimenti più alti rispetto a quelle con scadenze più lunghe
Possiamo riassumere brevemente con la grafica:
CURVA DEI RENDIMENTI INCLINATA POSITIVAMENTE
Una curva dei rendimenti “inclinata positivamente” si forma quando il mercato ha aspettative di crescita economica; viene considerata la “curva normale” in quanto è quella in cui i rendimenti aumentano all’aumentare delle scadenze stesse (per il rapporto RISCHIO = RENDIMENTO di cui parlo sempre, acquistare obbligazioni a lunga scadenza espone un investitore ad un rischio più alto, che quindi vorrà essere più remunerato dal punto di vista economico).
Il fatto che la curva assuma questo tipo di inclinazione in periodo di crescita economica è dettata dal fatto che gli investitori tendano ad acquistare più titoli di stato a breve scadenza (in quanto sanno che appunto, nel breve, le prospettive economiche saranno positive) che a lunga scadenza (in quanto per loro è più difficile prevedere gli scenari economici futuri).
Arriva successivamente un punto in cui le aspettative di inflazione iniziano ad aumentare: durante una crescita economica aumentano i consumi e la domanda, che sono alcuni dei diversi fattori per i quali l’indice dei prezzi al consumo cresce; lo stesso dato macroeconomico erode il potere di acquisto e i guadagni futuri, motivo per il quale gli investitori tendono a scaricare più obbligazioni a lunga durata (facendo gonfiare i rendimenti) in quanto il rendimento percepito sarebbe poi eroso dal consumer price index stesso. Per dire: che senso avrebbe per loro acquistare un’obbligazione a 10 anni con rendimento al 3% se le prospettive di inflazione a 10 anni si attestassero al 4%? Non avrebbe senso. Per tutti questi motivi, preferiscono più le obbligazioni a breve termine che a lungo termine; è così che tale preferenza va a far “impennare” ancora di più la curva sulle lunghe scadenze.
Per cui, ricapitolando, possiamo avere due curve inclinate positivamente:
• Una in cui le aspettative di inflazione alte non si sono ancora palesate
• Una in cui le stesse aspettative iniziano a creare problemi tra gli operatori a mercato
Esse sono rappresentate nella grafica che segue:
Importante considerare anche il fatto che ad una crescita economica appartiene un risk on del mercato azionario, clima in cui l’obbligazionario non performa bene (per la loro correlazione inversa).
CURVA DEI RENDIMENTI PIATTA
Una curva dei rendimenti piatta si forma tipicamente in fasi economiche di rallentamento o di transizione; si palesa tipicamente in prossimità della fine di una crescita economia. Per quale motivo? Vi spiegherò il tutto con due grafiche:
Nell’appiattimento della fase 1, i rendimenti sulle brevi scadenze vanno a gonfiarsi per due motivi:
1. Deterioramento dei dati macroeconomici
2. Alta inflazione
Gli investitori vanno così a posizionarsi sulle scadenze più lunghe, scontando dati macroeconomici futuri migliori e un’inflazione più bassa (che non eroderebbe il valore delle cedole).
Nell’appiattimento della fase 2, l’intervento delle banche centrali va ad influenzare la parte breve della curva attraverso l’innalzamento dei tassi di interesse, gonfiando ancora di più i rendimenti; il verificarsi di ciò è anche causato da un pessimismo sulle prospettive economiche a breve termine: gli operatori preferiscono così posizionarsi sulle lunghe scadenze.
Per il rapporto RISCHIO = RENDIMENTO, possiamo affermare ciò: sia che ci si posizioni su obbligazioni a breve che a lunga durata, il rischio è lo stesso; ciò non è strano? Assolutamente si, e ciò rappresenta l’incertezza degli operatori.
La curva piatta si osserva tipicamente in periodi di transizione tra una curva normale, inclinata positivamente, ed una curva invertita.
CURVA DEI RENDIMENTI INVERTITA
Si viene a creare quando le scadenze brevi hanno un rendimento più alto rispetto alle scadenze lunghe. Si palesa tipicamente dai 10 a 17 mesi prima di una recessione.
Il rapporto RISCHIO = RENDIMENTO ci aiuta a capire il senso di questa curva e il motivo per il quale essa si forma prima di una recessione: notiamo come sia più rischioso investire sul breve termine (a 6 mesi o 1,2,3 anni) che sul lungo termine (10,20 o 30 anni). Perché?
Gli investitori vendono quantità massicce di titoli di stato sul breve in quanto si aspettano in un arco di tempo relativamente breve pessime condizioni economiche, riconducibili a una possibile/probabile recessione; proprio per questo si aspettano un interesse più alto qualora investissero nello stesso arco temporale.
Ricordate: maggiore è il rischio al quale ci si espone, maggiore sarà l’interesse richiesto.
Per quanto riguarda le scadenze lunghe, ritroviamo dei rendimenti inferiori in quanto il rischio a cui ci si espone viene considerato più basso; è chiaro quindi che questa curva non rappresenta buone prospettive economiche.
UNO SGUARDO AI GIORNI NOSTRI
Ho reperito sul sito di Investing.com la curva dei rendimenti appartenente ad oggi, ad un mese fa e ad un anno fa:
Ora le commenterò.
• In color celeste ritroviamo la curva di un anno fa. Essa possiamo definirla come inclinata positivamente. Come ho spiegato nel paragrafo precedente, essa si forma quando ci sono aspettative di crescita economica; non è un caso che in Q2 2021 gli Stati Uniti si trovassero in uno scenario economico di prosperità. Da notare anche il fatto che il rendimento del decennale non superasse i 2 punti percentuali. Ciò significa che le aspettative di inflazione di un anno fa non si dimostravano alte come ora. Questo può essere dimostrabile condividendo il grafico sui tassi di inflazione a breakeven a 10 e 5 anni, che danno una misura sulle aspettative di inflazione a 10 e, appunto, a 5 anni:
• Ritroviamo ancora la curva di color rosso (calcolata un mese fa) e blu (calcolata ad oggi). Le differenze tra quest’ultime due rispetto a quella calcolata un anno fa sono lampanti: l’intervento della Federal Reserve con il rialzo dei tassi di interesse ha innanzitutto influenzato le scadenze tra i 6 mesi e i 3 anni che, ad oggi e ad un mese fa, rendono quasi il triplo rispetto a maggio 2021; nelle due curve più recenti troviamo oltretutto un appiattimento tra le scadenze a 2 anni e quelle a 10; non è un caso dal momento che ora i dati macroeconomici sono in rallentamento, al contrario di un anno fa. Come ho già specificato, l’appiattimento della curva si verifica in periodi di rallentamenti economici!
Da non trascurare un’ulteriore considerazione: il titolo di stato a 20 anni ha un rendimento maggiore rispetto a quello a 30 anni; per il rapporto RISCHIO = RENDIMENTO significa che gli investitori reputano più “pericoloso” prestare dei soldi al governo americano per 20 anni che non per 30; ciò non vi appare piuttosto strano? Questo fatto non rappresenta una condizione economica stabile, dal momento che le scadenze lunghe della curva rispondono a dinamiche inflazionistiche e alle leggi di domanda e offerta!
• Da ricordare anche che la curva, il primo aprile, ha invertito: questo è dimostrato tra lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato americani a 10 e 2 anni:
Questo significa che per qualche giorno gli investitori hanno reputato più rischioso investire nel breve termine (a 2 anni) rispetto al lungo (a 10 anni); questo è il motivo per il quale l’inversione della curva ha sempre anticipato una recessione.
IL CICLO ECONOMICO E’ CAMBIATO
Il recente “crollo” dei mercati finanziari non è stato solo dettato dal mondo obbligazionario e dalle molteplici informazioni che esso fornisce, ma anche da un ulteriore aspetto: il ciclo economico è cambiato.
Esso può essere diviso in 6 fasi, e in ognuna di esse le diverse asset classes registrano performance diverse.
Per essere più chiaro fornirò una grafica reperita su Google Image:
Osservandola, posso affermare il fatto che, da marzo 2020, abbiamo vissuto le fasi 1,2,3,4 e 5.
• FASE 1
La Fase 1 è quel particolare ciclo economico nel quale un Paese entra in recessione; le performance delle maggiori asset classes sono:
1. Mercato azionario: ribassista
2. Materie prime: ribassiste
3. Obbligazioni: rialzista
I motivi di tali performance sono i seguenti:
1. I mercati entrano in clima di risk off: si registra una fuga di capitali dagli asset considerati rischiosi, come appunto le azioni, e vanno ad apprezzarsi i cosidetti “safe assets”, ossia i beni rifugio
2. La domanda dei consumatori e delle industrie verso le materie prime diminuisce. Esse quindi, essendo dipendenti dalle leggi di domanda e offerta, registrano delle performance negative
3. Le obbligazioni sono viste come un bene rifugio e vengono acquistate
Come potete osservare nella grafica, come “obbligazionario” ho utilizzato il titolo di stato a 10 anni, essendo esso anche un bene rifugio, come indice di materie prime il “bloomberg commodity index” e come indice azionario l’S&P500.
• FASE 2
La fase 2 è quel particolare ciclo economico in cui la recessione tocca il suo minimo; da questo punto in poi, come vedremo tra poco, si avrà la successiva ripresa.
Le performance delle asset classes sono:
1. Mercato obbligazionario: rialzista
2. Mercato azionario: rialzista
3. Mercato delle materie prime: ribassista
I motivi di tali performance sono i seguenti:
1. Il mercato obbligazionario continua il suo trend rialzista in quanto il clima di risk-off non è scomparso
2. Il mercato azionario inverte la sua tendenza in quanto gli investitori iniziano a scontare dati macroeconomici migliori (ricordate: il mercato anticipa sempre tutto)
3. Il mercato delle materie prime non cambia ancora il suo trend in quanto la domanda ed esse legata rimane ancora a livelli bassissimi, soprattutto da parte del settore industriale
• FASE 3
La fase 3 è quel particolare ciclo economico di ripresa; essa, dopo aver toccato il “bottom” della recessione, riparte.
Le performance delle asset classes sono:
1. Mercato obbligazionario: rialzista
2. Mercato azionario: rialzista
3. Mercato delle materie prime: rialzista
I motivi di tali performance sono i seguenti:
1. Il mercato obbligazionario continua il suo trend rialzista in quanto le prospettive di inflazione, che non si sono ancora palesate in maniera forte, non erodono le cedole; è quindi ancora conveniente detenerle (riferendomi, in particolare, sul decennale)
2. L’azionario sale, spinto dall’ottimismo degli investitori tipico del clima risk-on
3. In ripresa economica la domanda di materie prime riprende da parte di industrie, privati e individui: per la legge della domanda e dell’offerta, esse incrementano il loro valore
La Fase 3 è l’unica parte del ciclo economico in cui tutti e 3 le asset classes si trovano in trend rialzista.
• FASE 4
Arriviamo al ciclo di espansione economica.
Le performance delle asset classes sono:
1. Mercato obbligazionario: ribassista
2. Mercato azionario: rialzista
3. Mercato delle materie prime: rialzista
I motivi di tali performance sono:
1. Il mercato obbligazionario, in particolare il decennale americano, diventa poco attraente dal momento che l’inflazione inizia ad essere di ostacolo, in quanto eroderebbe le cedole. Come ho spiegato all’inizio dell’analisi, quando le aspettative di inflazione aumentano, la curva dei rendimenti registra un’ulteriore cambio di pendenza positivo, che, tradotto, significa maggior vendita di obbligazioni alla stessa scadenza
2. Il mercato azionario mantiene la rotta rialzista in quanto lo scenario risk on non è cambiato
3. Stesso discorso per le materie prime: la domanda continua ad essere robusta, motivo per il quale il trend rimane costantemente rialzista
• FASE 5
Il ciclo economico ha raggiunto la sua massima espansione ed ora inizia a rallentare.
Le performance che in questo ciclo economico caratterizzano le asset classes sono:
1. Mercato obbligazionario: ribassista
2. Mercato azionario: ribassista
3. Materie prime: rialzista
I motivi di tale performance sono:
1. Il decennale americano si mantiene ribassista in quanto l’inflazione è diventata tanto alta da essere poco attraente da tenere nei portafogli
2. Il mercato azionario inverte la tendenza in quanto si inizia a respirare un clima di risk off dovuto all’intervento della Federal Reserve che da “accomodante” diventa “aggressiva” con il rialzo dei tassi di interesse. Tutti i settori che avevano spinto al rialzo l’azionario nei cicli precedenti iniziano ad essere ribassisti, mentre vengono preferiti quelli definiti “difensivi”
3. La domanda al quale le materie prime sono correlate positivamente persiste; questo è il motivo per il quale esse mantengono la tendenza rialzista
CONCLUSIONI SU CURVA DEI RENDIMENTI E CICLI ECONOMICI E POSSIBILE IMPATTO DELL’AUMENTO DEI TASSI DI INTERESSE SULL’ECONOMIA AMERICANA
L’analisi che vi ho fornito mette alla luce un fatto ineccepibile: l’economia si trova in una fase di rallentamento. Il primo campanello d’allarme è giunto dapprima con l’appiattimento (Q4 2021) e successiva inversione (Q2 2022) della curva della curva dei rendimenti. E’ in quel momento che ho iniziato ad essere più cauto nel fare determinati investimenti, specie nel mercato azionario; il motivo è uno ed uno solo: in determinati scenari, esso non tende a performare bene.
La conferma schiacciante l’abbiamo avuta dal cambio di ciclo economico che vi ho mostrato. Ci troviamo ora nella fase 5 nella quale, come da manuale, il mercato azionario tende a performare male.
Questo è il motivo per il quale la mia visione è ribassista.
La possibilità che possa esserci una recessione è reale, per 5 motivi:
• L’appiattimento della curva dei rendimenti che stiamo osservando si forma tipicamente dopo una curva inclinata positivamente e prima di una invertita
• L’inversione della stessa l’abbiamo osservata ad aprile
• Siamo ora alla fase 5 del ciclo economico, avvicinandoci sempre più alla recessione
• I dati macroeconomici si stanno deteriorando
• Il rialzo dei tassi di interesse ha sempre portato l’economica in recessione
Riferendomi all’ultimo punto, vi rilascio una grafica:
Essa mostra il legame esistente tra ogni ciclo di rialzo dei tassi di interesse e la successiva recessione; osservate: ogni aumento di essi è sempre stato anticipatore.
Per il 2022 è previsto un aumento per così dire “aggressivo” di essi: anche stavolta il passato si ripeterà?
Spero l’analisi sia stata di vostro interesse, a breve pubblicherò la seconda parte.
Buona giornata, Matteo Farci
BTP possibile scenario di lungo periodoIl BTP sta subendo una correzione pesante, che dai massimi toccati ad Agosto’21 lo sta portando a perdere oltre 23 punti, pari a circa il 15%.
BTP 10Y a livello di rendimento sul decennale ci troviamo difronte ad una crescita del 290%.
BTP 30Y un rendimento in crescita del 95%
Un discreto disastro per cassettisti che hanno comprato da Gennaio’19 in poi, fatta eccezione per chi ha avuto il sangue freddo di comprare sugli spike ribassisti della pandemia.
Il Btp sta già scontando il rialzo dei tassi di cui si parla da mesi, ma che in area euro non è ancora avvenuto, per una serie di motivi che riguardano proprio l’Italia, aumenti dei tassi della BCE con il debito pubblico monster italico comporteranno spese ed oneri di rifinanziamento che peseranno come un macigno sul bilancio dello Stato, in una situazione geopolitica assai complessa.
Venendo alla situazione grafica su weekly possiamo vedere la vita completa del Future BTP che non arriva ancora a 14 anni.
Il prezzo si sta avvicinando ad una prima importante area di congiunzione tra 129 e 131,50 che dovrebbe portare a degli acquisti. Il 38% di Fibonacci è un primo livello supportivo che deve ancora essere toccato da cui può partire una reazione, che non sarà un’inversione che però difficilmente sarà un’inversione del trend ribassista.
Va fatta molta attenzione perché l’eventuale perdita dei 129 punti dirigerà i prezzi verso l’area indicata come Linea Maginot , ma questo scenario al momento ha meno probabilità.
Accelerazione al ribasso per il differenziale US10Y - US02YIl grafico in figura mostra la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato Americani a 10 anni e quelli a 2. Quando il valore di questa differenza si riduce, i rendimenti dei titoli di stato Americani a 2 anni, performano meglio di quelli a 10, poiché gli investitori vedendo incertezza nel breve termine, tendono a vendere obbligazioni a brevi scadenze, alimentandone l'aumento del tasso di interesse.
Quando preoccuparsene?
Nel caso in cui il differenziale risulti negativo, il sentiment di mercato del mondo obbligazionario potrebbe anticipare uno storno di mercato.
Da una analisi di Backtesting, valori negativi di questo indice hanno rispettivamente anticipato: Bolla Dot-com, Crisi Subprime, Crollo causato da pandemia.
Riaccadrà? Non è detto, ma è bene osservare di tanto in tanto questo grafico per monitorare le possibili correlazioni tra mondo obbligazionario e mondo azionario.
Buon Trading a tutti!
MERCATO DEL LAVORO, FED FUNDS E RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATOBuongiorno ragazzi, l’idea di questo lunedì non si baserà sulla tipica analisi intermarket della settimana precedente, bensì sull’impatto che i dati sul non farm payrolls, disoccupazione e retribuzione oraria media hanno avuto sui Fed Funds. Spiegherò il motivo del rialzo dei rendimenti a 2 e 10 anni dei titoli di stato statunitensi, il tutto correlato alle prossime decisioni della FED americana. Volevo proporre qualcosa di diverso dal solito, se apprezzate l’idea lasciate un like in maniera tale da farmi capire se questi contenuti sono apprezzati in maniera tale da riproporveli in futuro.
I DATI SUL MERCATO DEL LAVORO: NON FARM PAYROLLS E LIVELLO DI DISOCCUPAZIONE
Come di consuetudine il primo venerdì di ogni mese il Bureau of Labor Statistics rilascia due dati fondamentali riguardanti il mercato del lavoro negli Stati Uniti: le buste paga del settore non agricolo e il livello di disoccupazione.
Gli analisti, considerando l’impennata dei casi omicron in gennaio (il picco era stato raggiunto a metà gennaio, appunto), si aspettavano dei dati deboli, rispettivamente:
• Buste paga del settore non agricolo: 150K
• Livello di disoccupazione: 3,9%
Entrambi i dati hanno sorpreso le attese:
• Buste paga del settore non agricolo: 467K
• Livello di disoccupazione: 4%
Nonostante i livelli di disoccupazione siano saliti dello 0,1% rispetto al mese precedente, i nuovi posti di lavoro creati hanno registrato un aumento percentuale sopra le attese del 211%, segnando un +467K.
COSA SONO I FED FUNDS
I Fed Funds sono dei future scambiabili sul CME che rappresentano l’opinione che gli investitori hanno riguardo il valore che i tassi di interesse potrebbero avere ad una determinata data. E’ un future molto utile per diversi motivi:
• Dà una visione riguardante il sentiment che gli operatori di mercato hanno riguardo le scelte di politica monetaria futura e ciò assume particolare rilevanza dal momento che i mercati finanziari sono influenzati direttamente e indirettamente da essa.
• Permette la possibilità a noi traders di assumere posizioni speculative sulle future mosse da parte della Federal Reserve.
Il grafico continuos del future ha questo aspetto:
COME SI LEGGE IL FUTURE E PERCHE’ E’ INFLUENZATO DAL MERCATO DEL LAVORO STATUNITENSE
Come ho spiegato poco fa, l’andamento di questo future è influenzato dalle decisioni di politica monetaria della Fed. Vi starete chiedendo che rapporto possa esistere tra la federal reserve e il mercato del lavoro: ciò è da ricercare negli obiettivi perseguiti dalla stessa: essi sono la stabilità dei prezzi (e quindi la regolazione dell’inflazione) e l’occupazione.
Nell’analisi da me pubblicata il 31 gennaio in cui analizzavo l’impatto che avesse avuto la banca centrale sui mercati dopo il meeting, che trovate al link:
analizzavo le parole di Powell durante conferenza, che vi riporto:
“Si è assistito ad un aumento dei posti di lavoro solido tanto che il tasso di disoccupazione è diminuito sostanzialmente. Con un'inflazione ben al di sopra del 2% e un mercato del lavoro forte, il Comitato prevede che presto sarà opportuno aumentare i tassi”.
Avete capito ora il motivo? In base a questi parametri la banca centrale pianifica la sua politica: questo è il motivo per il quale il future segue questa dinamica.
Detto questo, il contratto continuos sui fed funds, a parer mio, dice poco e niente. E’ invece interessante studiare i contratti ad una determinata scadenza, come tra poco vi illustrerò.
Facciamo riferimento ora ad una delle affermazioni più accreditate dell’ultimo mese:
“GLI OPERATORI SI ASPETTANO CHE I TASSI DI INTERESSE SARANNO AUMENTATI A MARZO”
Per capire se è effettivamente così, andiamo ad osservare il contratto future sui Fed Funds con scadenza marzo 2022:
Vediamo come il prezzo del future abbia lateralizzato per circa un anno, non prendendo mai una vera e propria direzionalità. Questo perché? Perché il mercato non stava ancora scontando l’aumento dei tassi di interesse! Ha iniziato a scontarli dal momento che il rettangolo di distribuzione è stato bucato al ribasso, agli inizi di dicembre 2021! Affermo con certezza questa mia ultima affermazione dimostrandovelo grazie al Nasdaq:
Al primo falso breakout del rettangolo di distribuzione, il Nasdaq segnava l’ultimo massimo storico. Successivamente, quando il breakout è stato validato, l’indice tech ha provato a rivisitare i massimi senza riuscirci e, successivamente, ha subito delle ingenti perdite.
Questo poteva essere solo un modo per constatare se, effettivamente, gli investitori avessero iniziato a scontare i tassi di interesse in quel periodo indicato nel grafico (tra novembre e dicembre 2021). Un altro modo possibile è l’analisi dei volumi:
Come potete constatare, quando il mercato non scontava aumenti dei tassi i volumi erano relativamente bassi: i contratti su questo future era poco scambiati. Quando il mercato ha invece iniziato a credere fortemente al loro aumento, i volumi sono aumentati in maniera forte, segno del fatto che molti operatori, probabilmente per hedging (per protezione), hanno iniziato a specularci. Quando i volumi sono bassi, c’è poco appetito da parte del mercato verso il contratto in questione e, in questo caso, ciò si traduce in “poco interesse”. Quando i volumi e di conseguenza l’interesse nei confronti del tema “aumento tassi” ha iniziato a prendere piede, i volumi sono aumentati. Sono stato chiaro?
I volumi non sono solo importanti per capire l’entità di un breakout o per costruirci una strategia di trading, bensì anche in situazione come queste. Un grafico lascia tantissime informazioni e noi dobbiamo essere attenti, scaltri e conoscere la materia per saper cogliere la palla al balzo!
Tornando al nocciolo della questione, come capiamo l’aspettativa sul tasso di interesse futuro? Con una semplice differenza:
Applichiamo la differenza tra 100 (che rappresenta in forma numerica il tasso di interesse allo 0%) e il prezzo del future corrente, in questo caso 99.745:
100 - 99.745 = 0,265
Questo significa che oggi il mercato si aspetta che i tassi di interesse, nella riunione del FOMC di marzo, verranno alzati del 0,25%.
Questa differenza può essere applicata anche a contratti a scadenza più lontana. Facciamo una prova: le successive due riunioni del FOMC dopo marzo sono previste il 3-4 maggio 2022 e il 14-15 giugno. Andiamo ora a selezionare i due future sui fed funds con scadenza maggio 2022 e giugno 2022:
Come potete notare dalla grafica, in questo periodo gli investitori si aspettano che i tassi saranno tra al 0.5%/0.75% a maggio e al 0.75%/1% a giugno.
CORRELAZIONE DIRETTA TRA RENDIMENTI SUI TITOLI DI STATO A 2 ANNI E FED FUNDS
Nelle mie idee passate avrete letto tantissime volte la frase “la parte a scadenze brevi della curva dei rendimenti è sensibile alle scelte di politica monetaria”. Il titolo di stato di riferimento per le scadenze brevi è quello a 2 anni. Vediamo se ha effettivamente un rapporto con i fed funds:
Come potete osservare, entrambi, per mesi, hanno avuto un andamento non strutturato. Poi qualcosa è cambiata:
1. Ad inizio ottobre 2021 i volumi sono iniziati ad aumentare in maniera importante sul future, segno che la tematica sui tassi di interesse stava iniziando a prendere piede.
2. Nello stesso momento, i rendimenti dei titoli a due anni hanno rotto al rialzo il rettangolo di accumulo e successivamente hanno creato un piccolo triangolo ascendente
3. Dopo un mese è avvenuto anche il breakout del triangolo di distribuzione sul future e, contemporaneamente, la rottura del triangolo ascendente al rialzo
4. Entrambi gli asset hanno iniziato a muoversi a braccetto.
Mi son state fatte tante domande riguardanti l’argomento sui rendimenti a 2 anni nelle ultime settimane, spero di essere stato chiaro. Credo non ci sia maniera migliore di questa per spiegare il motivo della breve frase “la parte corta della curva è influenzata dalle decisioni di politica monetaria”.
Tornando a noi, anche in questo caso l’analisi tecnica ci è stata molto utile per poter individuare dei segnali molto concreti che il sentiment del mercato sui tassi di interesse stesse cambiando (analisi dei volumi, i breakout sui rettangoli e il breakout sul triangolo ascendente).
RETRIBUZIONE ORARIA MEDIA, INFLAZIONE E RENDIMENTI SUI TITOLI DI STATO A 10 ANNI
Le buste paga del settore non agricolo e il livello di disoccupazione non sono stati gli unici dati importanti della scorsa settimana. Un altro a cui presto sempre attenzione è la retribuzione oraria media, che misura il cambiamento della retribuzione oraria media nelle principali aziende. Ora vi mostrerò la crescita anno/anno che questo ha presentato:
04.02.2022 (Gen) 5,7%
07.01.2022 (Dic) 5%
03.12.2021 (Nov) 5,1%
05.11.2021 (Ott) 4,8%
08.10.2021 (Set) 4,6%
03.09.2021 (Ago) 4%
06.08.2021 (Lug) 4,1%
02.07.2021 (Giu) 3,7%
04.06.2021 (Mag) 1,9%
07.05.2021 (Apr) 0,4%
Come potete constatare, si è passati dallo 0,4% di aprile 2021 al 5,7% di gennaio 2022. Questo dato va ad aumentare tendenzialmente in periodi di ripresa economica, quando tutte le aziende di un Paese riprendono ad assumere manodopera.
Quest’aumento tendenziale dei salari non è altro che quel fenomeno definito come “inflazione salariale”; in linea logica, più i salari aumentano, più i salariati saranno disposti a spendere: questo andrebbe poi a generare una spirale inflazionistica generale.
Tornando a noi, venerdì 4 è uscito il dato per gennaio 2022 che, come ho detto precedentemente, si è attestato al 5.7%. Dal momento che i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni crescono o decrescono rispondendo a dinamiche di crescita/decrescita economica o inflazione, come possiamo aspettarci che essi si siano comportati? Osserviamolo in un grafico a 15 minuti:
Alle 14:30, ora italiana dell’uscita del dato, il rendimento sul decennale americano è esploso segnando un +4,51%.
Ora capite quando provo a spiegarvi che i rendimenti delle scadenze più lunghe dei titoli di stato (in particolare il decennale, che è il riferimento) rispondono a questi tipi di dinamiche? Spero di avervelo dimostrato ancora una volta.
L’analisi di questo lunedì termina qua, spero i contenuti siano apprezzati. Sarà molto importante seguire da vicino i dati macroeconomici che ho analizzato in questa idea, in quanto le prossime scelte di politica monetaria saranno dettate dallo svilupparsi di essi. Probabilmente, a dati sul lavoro più forti e inflazione galoppante, dovremmo aspettarci una Fed più aggressiva. E questa aggressività dove si ripercuoterebbe? Sui Fed Funds. E questi chi influenzano in maniera diretta? I mercati finanziari!
Volevo aggiungere che ho intenzione di creare un canale personale in cui condividerò tante altre idee riguardanti i mercati finanziari, materie prime e forex, analisi di mercato e correlazioni tra asset e dati macroeconomici. Vi comunicherò quando il progetto sarà ultimato, rispettando chiaramente le linee guida imposte da tradingview.
Grazie, Matteo Farci
NASDAQ, INFLAZIONE BUONA, RENDIMENTI, TASSI E T-BOND
C'è nella cultura economica dominante, una concezione secondo cui l'inflazione sia un fenomeno monetario.
Se l'economia di mercato non riesce a produrre un tasso di inflazione che la Banca Centrale ritiene coerente
con la crescita economica si deve intervenire sui tassi e accelerare il tapering.
I recenti aumenti dei prezzi sono dovuti in parte ad uno shock di offerta (tipo chip shortage) ed al rincaro dei prodotti energetici.
Le banche centrali in questo contesto facendo leva sui tassi possono intervenire solo dal lato della domanda, ma l'inflazione non
aumenta e diminuisce solo a causa della politica monetaria delle banche centrali è anche in gran parte il risultato delle scelte che fanno le aziende.
Più i prezzi salgono, maggiori sono i profitti per le società. L'amministrazione Usa, anche attraverso la Federal Trade Commission sta
combattendo l'aumento dei prezzi e le pratiche anticoncorrenziali che le stanno alimentando a scapito dei consumatori. In sostanza
più che inflazione, stiamo avendo una nuova fase di "opportunità aziendale", avidità direbbero a Wall Street. Le società, con prospettiva
di prezzi crescenti, sono incentivate a produrre di più rispetto ad una situazione precedente con tassi vicino allo zero quasi al limite della trappola della liquidità.
In questo contesto si inseriscono come conseguenza gli aumenti dei tassi di rendimento dei T-Bond.
L’aspettativa di un aumento dei rendimenti svaluta le attività finanziarie a lunga scadenza
e avvantaggerebbe la "rotazione settoriale" verso i titoli value la cui attività è già capace di
generare una buona redditività immediata. Ad essere penalizzate sono le obbligazioni e le società dette growth
a causa dei massicci investimenti che dovrebbero realizzare nel lungo periodo i cui flussi di cassa futuri
sono ancora attualizzati dagli analisti in base al "rendimento privo di rischio", com'è appunto, il T-BOND.
Ma KPMG prima della pandemia ha elaborato un sondaggio sulle aspettative di ritorno sugli investimenti tra le aziende Tech:
- impatto immediato 10%;
- entro 6 mesi 34%;
- entro 12 mesi 27%;
- entro 2-3 anni 24%;
- entro 5 anni il 4%;
- oltre 5 anni <1%.
Inoltre, molte soffrono i tradizionale processi di budget annuali sugli investimenti che non ormai
non supportano i loro pivot rapidi di crescita.
Secondo Value Research i fondi del settore Tech hanno avuto un rendimento medio nel 2021 del 67%.
Il rendimento del decennale USA a gennaio 2022 è del 1,90%.
I tassi FED sono allo 0-0,25%, e si avvicineranno a fine 2022 all'1%.
ANALISI INTERMARKET E INFLAZIONE: LA REAZIONE DEGLI OPERATORIBuongiorno ragazzi, oggi voglio parlare dei dati riguardanti l’inflazione pubblicati dal US bureau of labor statistics, andando ad analizzarli e vedendo come i diversi asset (obbligazionario, forex e indici azionari) abbiano reagito.
SUL CPI NON HA ANCORA INFLUITO IL “CROLLO” DEL PETROLIO E DEL NATURAL GAS
Se avete letto la mia precedente idea, ipotizzavo il fatto che questo mese (o il prossimo) il CPI avrebbe registrato un decremento dato dal fatto che il petrolio e il natural gas avessero perso rispettivamente il -27,13% e il -44,02%:
Questo non è stato il mese relativo al picco inflazionistico, in quanto esso ha registrato un incremento anno su anno di +6,8% e mese su mese del +0,8%. In particolare, addentrandoci nel rapporto, vediamo come l’energia sia aumentata del 33% rispetto allo scorso anno e del 3,5% rispetto al mese precedente. In particolare, considerando solamente l’incremento mese/mese, le materie prime energetiche hanno visto un incremento del +5,9%, gli oli combustibili un +3,5%; ci sono stati aumenti del 6,1% per quanto riguarda il carburante per motori e la benzina e un modesto +0,3% per quanto riguarda l’elettricità.
Guardando altre categorie, il cibo è aumentato del +0,7% e del 6% circa a/a, gli autoveicoli usati un +2,5% m/m e l’abbigliamento un +1,3% m/m. Vi rilascio qua sotto il link per il rapporto completo in maniera che possiate osservarlo:
www.bls.gov
COME HANNO REAGITO I DIVERSI ASSET FINAZIARI?
Innanzitutto, sottolineiamo il fatto che l’inflazione ha raggiunto un incremento tale da ritornare nel 1982 per poterlo vedere di uguale entità, e questo credo dica tutto.
Un’inflazione al 6,8% è molto alta. Basti pensare che un’economia, per poter essere considerata sana e sostenibile, necessita di un’inflazione al 2% o valori prossimi (1,9%/2,1%, ad esempio), tant’è che una banca centrale ha il compito di doverla “regolare”. Ricordate quali sono stati i motivi di tale incremento?
1. Aumento del prezzo spropositato delle materie prime
2. Problemi sulla catena di approviggionamento
3. Grandissima domanda da parte dei consumatori nell’era post-covid
Questi sono solo alcuni dei 3 motivi, probabilmente i più importanti, tra i quali andrei ad aggiungere anche le politiche monetarie ultra-accomodanti.
La Fed è passata da toni tranquilli e pacati (“l’inflazione è solo transitoria, si abbasserà presto”) a toni più “falco” come si dice a wall street, ossia a toni più aggressivi, annunciando dapprima l’inizio del tapering e, successivamente, facendo intendere che probabilmente il tapering stesso sarebbe stato accelerato in quanto l’economia avrebbe avuto tutte le carte per reggersi con le sue gambe.
Ma ritorniamo a noi: come hanno reagito i mercati all’aumento inflattivo più grande dal 1982?
DOLLARO AMERICANO
Dal grafico giornaliero vediamo come il dollaro si trovi in un trend rialzista; guardate le due medie mobili: esse si trovano a grande distanza tra loro (media a 50 periodi sopra la media a 200 periodi = trend rialzista) e ciò testimonia la forza del prezzo; da considerare anche la distanza tra il prezzo stesso e la media a 50 periodi, altra prova della grande forza della price action. Vi ho segnato con dei segmenti di color nero le strutture per me importanti. Dagli inizi di novembre ad oggi si è avuta la formazione di un triangolo simmetrico a causa del rintracciamento del prezzo: a questo scopo ho utilizzato il rintracciamento di fibonacci per poter visualizzare i livelli in cui il prezzo potrebbe rintracciare prima di ripartire: sono i livelli 38.2, 0.5 e 61.8. Ora guardiamo il grafico intraday a 30 minuti:
Tendenzialmente, quando i dati sull’inflazione sono alti e superano le aspettative (era previsto un aumento m/m del +0,7% invece il dato è stato dello +0,8%) il dollaro va ad apprezzarsi, in quanto il miglior modo per combattere l’inflazione è il rialzo dei tassi di interesse (e il tasso di interesse stesso va ad aumentare il valore della moneta); quindi, molti operatori si sarebbero aspettati un rialzo del dollaro. Invece, all’uscita della notizia, il prezzo ha fatto una candela ribassista del -0,22% per poi rimangiarsi il guadagno fatto da inizio contrattazioni del +0,20%, perdendo dalle 14:30 alla chiusura dei mercati un -0,46% e chiudendo in complesso la giornata in negativo con un -0.16%.
Perché il dollaro si è deprezzato e non il contrario? Per un semplice motivo: credo che il mercato avesse già scontato la notizia le settimane precedenti. Il mercato si aspettava già diverse settimane un dato che battesse le aspettative tant’è che i giornali statunitensi ne parlavano già da diverso tempo e, come diversi giornali, anche alcuni specialisti. Ricordate sempre la tendenza del mercato di scontare tutto prima, quello sul dollaro credo sia un esempio perfetto.
Voglio approfittare del contesto per dire che probabilmente il dollaro sta già scontando il tapering (e la sua accelerazione) e forse anche l’aumento dei tassi di interesse che avverrà nel 2022, e questo potrebbe essere testimoniato dalla sua forte price action.
MONDO OBBLIGAZIONARIO: OBBLIGAZIONI E RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO USA A 10 ANNI
Utilizzando sempre dei grafici a 30 minuti, vi ho condiviso a sinistra il rendimento del decennale americano e a destra la relativa obbligazione. Dall’apertura dei mercati fino alle 14:30 i rendimenti sono saliti del +1,96% (ricordiamo che i rendimenti salgono quando vengono vendute obbligazioni, e infatti a destra vediamo come le obbligazioni siano scese del -0,26%) mentre, all’uscita del dato, il rendimento è andato a segnare un -4,40% nel giro di 3 ore per poi riguadagnare un +2% circa tra la metà e la fine della seduta di contrattazioni; a destra vediamo il comportamento inverso della relativa obbligazione.
Anche questo comportamento è strano, no? Ho detto nelle mie idee precedenti che i rendimenti delle obbligazioni tendono ad alzarsi quando si ha paura di inflazione e, ripeto un’altra volta, come non si può non avere paura di un’inflazione a livelli così alti? A quanto pare si può non averne, e questo è testimoniato dal decremento del rendimento.
Come mai è successo questo? Credo per lo stesso motivo del dollaro: il mercato aveva già scontato da diverso tempo questo dato, e il mondo obbligazionario ancor prima del dollaro stesso, testimoniato dall’appiattimento della curva dei rendimenti. A proposito di ciò, che forma ha avuto la curva dei rendimenti venerdì, a fine contrattazioni?
La curva del 10 dicembre è addiritura più appiattita di quella che avevamo visualizzato per il 3 dicembre:
Ricordo che l’appiattimento si ha in periodi di transizioni economiche (tra un’espansione e un rallentamento economico) e avviene in quanto gli investitori iniziano nuovamente a comprare obbligazioni (specie a media/lunga scadenza) in quanto iniziano a scontare l’abbassamento dell’ inflazione a causa dell’aumento dei tassi di interesse: questo ragionamento che ho fatto è probabilmente il motivo per cui vi dico che la notizia era già stata scontata, ancor prima che la scontasse il dollaro, e questo dimostra ancora una volta quanto sia importante saper leggere il mondo obbligazionario. Per maggiori informazioni, vi inoltro una mia idea in cui spiego da vicino come si comporta il mondo obbligazionario:
S&P500 E NASDAQ
Vediamo ora la reazione dell’S&P500 e del Nasdaq, condividendo il loro grafico a 30 minuti:
I due indici non si sono comportati diversamente rispetto agli altri asset visti in precedenza; all’uscita del dato, entrambi hanno formato una candela verde (+0,40% dell’S&P e +0,80% del Nasdaq) per poi andare a rimangiarsi tutto le mezz’ore successive, per poi infine riprendersi e andare a chiudere in complesso la giornata positivamente, con un +0,78% per lo Standard and Poor e un +1,1% per il Nasdaq. I due indici si trovano ormai vicinissimi ai loro massimi storici, con una distanza del 0,75% per l’S&P e un 2,74% per il Nasdaq.
Continuando a parlare di indici, ci tengo a farvi notare una cosa curiosa, per farvi capire quanto i mercati se ne siano infischiati del dato più alto da decenni: il Nasdaq è un’indice con un peso fortemente tecnologico, i quali titoli sono growth, ossia aziende che puntano alla crescita, concentrando i loro guadagni nel futuro e non nel presente. Con questo non voglio dire che le revenue trimestrali del presente non siano alte (anzi), bensì parte dei loro guadagni sono riutilizzati per espandere le aziende stesse e produrre guadagni ancora più alti nel futuro. Ciò è testimoniato dai bassi (o assenti) dividendi offerti agli azionisti. L’inflazione è chiaramente una nemica in questo contesto, poiché se è vero che essa erode i guadagni futuri delle aziende, è altrettanto vero che le aziende growth sono quelle che più ne risentono, in quanto la loro crescita e le loro future revenue potrebbero essere proprio limitate dall’inflazione stessa (sono stato chiaro? Se non lo sono stato commentate l’idea, sarò ancora più chiaro). Con una lettura così alta del CPI, quindi, cosa ci saremo dovuti aspettare? Chiaramente uno storno dell’indice. Ma ciò non è successo.
La cosa curiosa è che se analizzassimo uno per uno gli etf settoriali, vediamo come XLK, ossia l’etf tecnologico, sia stato quello a performare addiritura meglio, con un bel +2,01%, andando a segnare oltretutto nuovi massimi storici:
Questa è un ulteriore conferma del fatto che il mercato avesse già scontato tutto e del fatto che il mercato stesso non abbia più paura in quanto sconta il rialzo dei tassi di interesse. Infatti, se così non fosse, l’etf XLK non avrebbe guadagnato da inizi anno un +33,82%.
Se per caso voleste un’altra conferma del fatto che l’inflazione non ha fatto paura, vi riporto la correlazione tra lo stesso etf e il rendimento del decennale americano. Ricordando che se i rendimenti si alzano per paura dell’inflazione e che ciò non è avvenuto, è chiaro che la correlazione tra i due asset debba essere necessariamente inversa, e infatti:
COME SI E’ COMPORTATO L’ORO?
Il metallo prezioso per eccellenza ha guadagnato un modesto +0,46%. Tuttavia, come vi riporto nel grafico, i volumi di giornata sono stati abbastanza bassi rispetto alla media degli ultimi 30 giorni, in quanto la media registrava volumi di 203,4K mentre il volume giornaliero era pari a 140K. I volumi ci dicono quanta partecipazione c’è nel mercato: dal momento che l’oro è visto come un bene rifugio, personalmente mi sarei aspettato maggior partecipazione da parte dei compratori (in quanto l’oro tendenzialmente sale in queste giornate) ma ciò non è accaduto, infatti l’aumento di +0,46% non è chissà cosa.
Possiamo vedere un aumento di volumi se scendessimo a livello intraday, volumi che tuttavia si vanno poi a sgonfiare:
Quindi, infine, penso che l’oro abbia fatto poco e nulla. Secondo il detto “l’oro è una protezione contro l’inflazione” e secondo il fatto che l’inflazione ha avuto un incremento molto molto alto, mi sarei aspettato una candelona rialzista e grandi volumi e tutto questo, come potete vedere, non è accaduto.
COME SI E’ COMPORTATO IL VIX?
Ricordo come il VIX, ossia l’indice di volatilità relativo all’S&P500, venga considerato da tanti come “l’indice della paura”, in quanto va ad innalzarsi tipicamente in momenti e giornate incerte e turbolente (come è successo, ad esempio, quando è stata scoperta la nuova variante omicron del covid). Nella grafica vi riporto i dati riguardo i valori del cpi da aprile 2021 (ossia da quando i valori hanno superato la soglia di attenzione della FED, fissata intorno a 2 punti percentuali) fino all’ultimo dato:
Con delle frecce nere sono andato ad indicare le candele relative alla data di uscita del cpi, da maggio fino all’ultimo di dicembre. Notiamo innanzitutto come il VIX non abbia risentito del dato, dal momento che è riandato a visitare valori di “tranquillità” (ossia sotto i 20 punti). Notiamo però come, dal dato di aprile a quello del 10 dicembre, il vix si sia mosso in territorio di “paura” solamente una volta, ossia il giorno dell’uscita del dato relativo ad aprile, il 12 maggio. E’ forse un caso che si sia mosso sopra i 20 punti quando il dato, per la prima volta, aveva infranto la soglia prossima al 2%, andando a segnare un incremento praticamente doppio? E perché per i successivi dati, ancora più alti, gli operatori non hanno reagito in quel modo? Io andrei a considerare il fatto che la maggior parte degli operatori fosse cosciente dei problemi legati all’energia (prezzi che correvano verso massimi relativi via via crescenti), alla catena di approviggionamento e alla forte domanda di beni, per cui era probabile che i dati del cpi successivi sarebbero stati visti al rialzo: gli operatori stavano quindi iniziando a scontare il tutto in anticipo? E’ forse questa la ragione per il quale il VIX, dopo il 12 maggio, non sia più andato a visitare territori di turbolenza? E’ una ipotesi. Voi, invece, cosa ne pensate?
EFFETTO GRANAGLIE E PREZZO DEL COTONE E DEL PETROLIO SUI DATI RIGUARDO I CEREALI E L'ABBIGLIAMENTO
Innanzitutto vi condivido il grafico sulle tre granaglie principali, ossia soia, mais e grano:
Notiamo come il mais e la soia siano scesi dai massimi di maggio, mentre il grano è l’unico dei tre a dimostrarsi forte. Volevo vedere se il decremento generale dei loro prezzi si fosse riflesso nel dato sull’inflazione e infatti, se aprite il rapporto che vi ho mandato, potete osservare nella sezione “CEREALI E PRODOTTI DA FORNO” che il dato, per quanto sia visto comunque al rialzo, sta iniziando a creare nel suo aumento un “appiattimento”, infatti, mese/mese, osserviamo che da agosto a settembre si aveva avuto un aumento del +1,1%, da settembre a ottobre un +1%, mentre nell’ultimo dato, da ottobre a novembre, un +0,8%. E’ un caso che questo dato stia contraendo proprio nel momento in cui le granaglie iniziano a perdere valore?
Un’ultima curiosità: a fine ottobre avevo pubblicato un’idea in cui discutevo del possibile aumento dell’abbigliamento a fronte degli aumenti dei prezzi del petrolio e del cotone:
guardando i dati sull’inflazione, noto come, al contrario della contrazione del dato riguardo i cereali, il dato riguardo l’abbigliamento sia in espansione, in particolare da agosto a settembre abbiamo avuto un -1,1%, da settembre a ottobre un 0% (il dato è stato visto in incremento), mentre da ottobre a novembre addiritura un aumento del +1,3%: grazie all’analisi intermarket e ad altri possibili fattori, sono riuscito a prevedere il tutto con un buon anticipo.
MATTEO FARCI
IPOTESI DEL PREZZO FUTURO DELL'ORO CON L'ANALISI INTERMARKETBuongiorno a tutti, ieri parlavo dell’importanza di intrecciare nelle analisi diversi strumenti per avere una visione sempre più chiara e più ampia dei mercati finanziari.
In particolare, vi ho parlato dell’importanza di saper leggere i segnali dati dal mondo obbligazionario. Continuando a collegarmi ad esso, oggi voglio correlare lo stesso strumento con il prezzo del petrolio e i valori dell’inflazione per poter fare un’ipotesi sul prezzo che potrà avere l’oro nel prossimo anno.
LA DIFFERENZA TRA I RENDIMENTI NOMINALI E I RENDIMENTI REALI
Si parla spesso delle tante correlazioni che esistono per l’oro: la correlazione inversa con il dollaro statunitense, quella con l’inflazione e quella con il bitcoin sono forse le più chiacchierate.
La correlazione di cui voglio parlare oggi è quella esistente con i tassi di interesse reali, che non sono altro che il rendimento, nel mio esempio, dei titoli di stato a 10 anni americani, aggiustati all’inflazione. Il famoso “US10Y”, ossia il rendimento del titolo di stato a 10 anni, è nominale, non reale; diventa reale dal momento che esso si indicizza all’inflazione; esso è determinato semplicemente calcolando lo spread tra il rendimento di un dato titolo di stato e l’inflazione (ricordo a voi che uno spread non è altro che una sottrazione).
Mi piace ragionare sempre per via grafica. Purtroppo non sono riuscito a costruire la correlazione qui su tradingview, ma posso comunque condividervi un link in cui la correlazione di cui parlo è ben determinata (la correlazione è tra i rendimenti dei titoli di stato reali a 10 anni con, appunto, l’oro):
www.filepicker.io
Come possiamo vedere nell’immagine, quando i tassi di interesse reali tendono a scendere, l’oro si comporta in maniera inversa, andando ad apprezzarsi.
Ora ragioniamo insieme per capire al meglio come i dati siano indicizzati:
Vi riporto i dati anno su anno dell’inflazione USA (dati reperiti su investing.com):
10.11.2021 (Ott) 6,2%
13.10.2021 (Set) 5,4%
14.09.2021 (Ago) 5,3%
11.08.2021 (Lug) 5,4%
13.07.2021 (Giu) 5,4%
10.06.2021 (Mag) 5,0%
12.05.2021 (Apr) 4,2%
13.04.2021 (Mar) 2,6%
Vediamo che dai dati di marzo agli ultimi di ottobre si ha avuto un costante incremento.
Ora guardiamo il grafico relativo ai rendimenti USA a 10 anni:
I rendimenti si sono mossi al rialzo in maniera aggressiva da agosto 2020 a marzo 2021. Questo, come ho spiegato nella mia precedente idea, è dovuto al fatto che per gli operatori, con un inflazione così alta e un clima di risk on nei mercati, non aveva senso tenere obbligazioni con un rendimento intorno al 1,5%/1,6%/1,7% dal momento che l’inflazione avrebbe poi eroso i guadagni. Ricordo che i rendimenti salgono essenzialmente per due motivi: aspettative di crescita economica e paura per inflazione alta. Continuando ad osservare, vediamo come i rendimenti abbiano poi cessato la loro forza rialzista andando a formare un canale parallelo con due top (evidenziati con dei rettangolini gialli, a 1,7% circa) e due bottom (evidenziati con il rettangolino azzurro, a 1,15%).
Basandoci sui dati riguardanti l’inflazione che vi ho condiviso prima, vi ricordo che uno degli obiettivi della FED è quello di tenere a bada l’inflazione intorno al valore del 2%; effettivamente, vediamo come l’inflazione di marzo fosse del 2,6%, quindi non troppo preoccupante, fino ad arrivare i mesi successivi a valori ben più preoccupanti del 4%,5%,6% ed oltre. In quello stesso periodo, vediamo appunto come i rendimenti a 10 anni nominali abbiano lateralizzato, mentre gli stessi indicizzati all’inflazione abbiano invece iniziato un trend discendente, con massimi sempre decrescenti.
Questo potete osservarlo nel link di Fred Economics che ora vi condivido:
fred.stlouisfed.org
Perché i nominali hanno lateralizzato mentre quelli reali hanno iniziato un trend ribassista? Questo è proprio dovuto alla sottrazione tra il valore dei nominali meno l’inflazione, e questo è l’effetto.
Mi sono voluto dilungare per rendervi ben chiara la situazione.
LA CORRELAZIONE TRA ORO E RENDIMENTI REALI
Vi condivido il grafico dell’oro in cui vi segno delle aeree molto importanti:
L’oro, dagli inizi di marzo 2021 quando, nello stesso periodo, gli us real interest rates hanno iniziato il loro trend ribassista, ha guadagnato il 6,20% circa. Nei rettangoli azzurri vi ho segnato i periodi in cui la correlazione tra i due asset è più evidente; vi consiglio di paragonare i rialzi dell’oro di metà marzo/metà maggio e di metà settembre/metà novembre con gli stessi interessi reali: la correlazione sarà molto attendibile. Se vi chiedete come mai la correlazione non è perfetta ogni giorno della settimana (nel senso, se l’oro fa un candela rossa, gli us real interest rates fanno una candela verde) vi rispondo che tale correlazione è molto più apprezzabile nel medio/lungo periodo, ma non nel breve (e questo potete chiaramente vederlo nel link dell’immagine che precedentemente vi ho condiviso):
www.filepicker.io
IL PESO CHE HA IL PETROLIO E I SUOI RAFFINATI NEL PANIERE DEL CONSUMER PRICE INDEX
L’ente statunitense che rilascia i dati sull’inflazione è il US BUREAU OF LABOUR STATISTICS. Entrando nel sito ufficiale, in particolare nella pagina che ora vi linkerò, vediamo come un grafico ad istogrammi ci raffiguri il fatto che si, l’inflazione è molto alta, indicando il fatto che la causa maggiore di tale incremento è il prezzo dell’energia:
www.bls.gov
Nell’ultima pubblicazione si può notare come i prezzi dell’energia, anno su anno, siano aumentati di ben il 30%, mentre si hanno avuti incrementi più modesti per tutte le altre categorie, compresi il cibo, i servizi e quant’altro (non esaminerò tutto il paniere del cpi in questa idea, vi consiglio di cliccare sul link e vedere voi stessi).
Ora utilizziamo una grafica per comparare i dati sull’inflazione con i prezzi del petrolio:
Come potete vedere, ho paragonato gli aumenti del petrolio con i dati sull’inflazione, e ho trovato riscontro positivo, nel senso che a un aumento del petrolio è corrisposto un aumento del cpi. In particolare, come specifico nella grafica, da fine marzo a inizi luglio il petrolio è aumentato del 33,6%, mentre il cpi è passato dal 2,6% al 5,4%; dagli inizi di luglio alla fine di agosto il crude oil ha rintracciato del 20% circa, mentre il cpi e' rimasto stabile intorno a valori del 5,3%/5,4%. Infine, da fine agosto a fine ottobre, a un incremento del crude oil del 40% è corrisposto un aumento del cpi, che è passato dal 5,4% al 6,2%. Se vi chiedete perché i valori di inflazione non siano diminuiti in corrispondenza di luglio e agosto, visto il rintracciamento del 20%, credo possa essere imputabile al fatto che in quello stesso periodo, nel paniere dell’inflazione, registrasse numeri molto alti la vendita di auto usate, i cui prezzi erano aumentati tantissimo anno su anno.
COME PUO’ INFLUENZARE L’INFLAZIONE IL RECENTE CROLLO DEL PETROLIO?
Sappiamo come il petrolio abbia rintracciato pesantemente nelle ultime settimane. Ciò è dovuto a diversi fattori, come la paura per la nuova variante omicron di covid. Il dato che uscirà oggi sul cpi come potrà essere dal momento che il petrolio ha rintracciato di circa il -27%? Secondo le ultime stime, le agenzie prevedono un incremento (si pensa oltre il 6,7%) fatto sta che aspetteremo il dato ufficiale per esaminare al meglio la situazione, infatti molto spesso le previsioni vengono smentite da altri numeri (come è accaduto, ad esempio, per l’ultimo dato sui non farm payrolls).
CORRELAZIONE TRA INFLAZIONE, PETROLIO E CURVA DEI RENDIMENTI PER FARE UN’IPOTESI SUL PREZZO FUTURO DEL GOLD
Per quanto riguarda il mondo obbligazionario, la curva dei rendimenti si sta appiattendo (ho trattato bene questo argomento nell’ultima idea, pubblicata ieri. Il link lo condivido in basso):
I rendimenti a 10 anni dei titoli di stato sembrano non vogliano più salire oltre il l’1,7%, probabilmente perché stanno (o hanno) già scontato il futuro aumento dei tassi di interesse.
Per quanto riguarda l’inflazione, abbiamo visto come nell’ultimo dato del 6,2% abbia influito pesantemente il prezzo dell’energia, che però ora sta scendendo (per i prezzi dell’energia, si fa riferimento anche ai prezzi del natural gas chiaramente) ; il petrolio in questi ultimi giorni ha tentato un rimbalzo, tuttavia si trova ancora lontano dagli 85$ di qualche settimana fa; provando ad ipotizzare il prezzo del petrolio nel prossimo trimestre, vi aspettate che risalga attorno a quei valori? Tutto dipenderà dall’OPEC, dai casi covid e dalla domanda mondiale (mi aspettavo che nell’ultima riunione di inizi dicembre l’organizzazione tagliasse l’aumento mensile di 400k barili, ma ciò non è successo, forse perché l’OPEC stessa si aspetta nei primi mesi dell’anno una contrazione della domanda). Quello che penso è che il petrolio farà fatica, almeno nel breve periodo, a ritornare a quei valori, in quanto non ha ricevuto la forza necessaria dall’OPEC, che dapprima ha comunicato il fatto di prevedere una contrazione di domanda, e in secondo luogo non ha tagliato la produzione. Inoltre, in tante nazioni del mondo, ci sono nuove restrizioni per i viaggi, e questo significa minor consumo di carburante da parte del settore aereo.
Sarà importante seguire da vicino i report dell’OPEC (il prossimo il 13 dicembre) , dell’EIA e della IEA, molto utili per capire le dinamiche di domanda e offerta. Se si rivelerà vera la contrazione della domanda, è chiaro che il petrolio farà molta fatica a risalire agli 85$.
Questa situazione cosa potrà significare per l’inflazione? Che forse i dati di ottobre (o novembre) hanno visto il loro picco. E quindi, se i rendimenti a 10 anni nominali rimanessero effettivamente a quei valori visto il contesto economico americano e l’inflazione iniziasse un trend neutrale/debolmente ribassista (dico debolmente ribassista perché oggi, 9 dicembre, non c’è nulla che mi faccia pensare a un crollo del petrolio), che aspetto potrebbe avere la curva dei rendimenti a 10 anni reali nel prossimo trimestre? Probabilmente, visto lo spread che vi ho descritto prima, neutrale/debolmente rialzista (in quanto, se l’inflazione dimuisce ma il rendimento nominale oscilla a valori di 1,3%/1,4%, rimanendo quindi stabile, l’interesse reale tende di nuovo a crescere).
Se quindi i rendimenti reali hanno toccato il loro bottom per iniziare un trend neutral/debolmente rialzista e vista la correlazione inversa nel medio periodo con il gold, cosa possiamo aspettarci dal metallo prezioso? Che il suo prossimo trend sarà neutral/debolmente ribassista?
Inoltre ricordo che il futuro aumento dei tassi di interesse (in Q1 o Q2 2022) andranno sicuramente ad abbassare il cpi stesso.
Mi rendo conto che l’analisi è molto lunga ma ci ho lavorato diverse ore. Mi rendo anche conto che è un’ipotesi ottenuta analizzando diversi strumenti, dal momento che ho creato un “minestrone” di inflazione, curva dei rendimenti, interessi nominali, reali e prezzo del petrolio. Ma è un’ipotesi, non un consiglio finanziario. Questa è comunque la mia idea, vedrò nei prossimi mesi cosa succederà, nel frattempo spero che tutti questi ragionamenti vi possano essere utili, grazie mille per l’attenzione.
BREVE ANALISI TECNICA SUL GOLD
Vi ho condiviso un grafico settimanale in cui vediamo la formazione di un bellissimo triangolo discendente, che è una figura di analisi tecnica ribassista. Dopo aver toccato i massimi storici ad agosto 2020, il prezzo ha rintracciato, andando a testare il supporto a 1676$ numerose volte (vi ho evidenziato tali situazioni con dei rettangolini gialli) e andando a formare sempre dei massimi decrescenti con la conseguente formazione del triangolo discendente. Nella settimana dell’8 novembre abbiamo assistito anche ad un falso breakout, evidenziato con una freccia rossa.
Le due cose da tener d’occhio in questa “mini” analisi tecnica sono due:
- Il triangolo discendente
- I volumi: notiamo come l’impulso rialzista partito da maggio 2019 fino al massimo storico di agosto 2020 sia stato accompagnato da volumi alti (evidenziati nel
rettangolo azzurro) . A partire invece dallo stesso agosto fino ad oggi, i volumi si sono notevolmente abbassati, e questo è ben visibile nel rettangolo giallo.
Quindi, che c’è da dire? Che la visione intermarket potrebbe essere lateral-ribassista, e la price action sembra voglia confermare questa tendenza, in quanto una figura di analisi tecnica ribassista e volumi in diminuzione rispetto alla media non precludono solitamente un rialzo del prezzo.
MATTEO FARCI
La curva dei rendimenti ritorna a salireVenerdì scorso pubblicato questa riflessione su "Curva dei rendimenti dei titoli di stato UE, USA ed inflazione" dove alla fine del ragionamento ponevo questo quesito.
[ ... adesso le curve dei vari Stati stanno scendendo ed in un contesto mondiale in cui si parla di crescita dell'inflazione, questo stona ed è una contraddizione.
Qualcuno mente sulla reale crescita dell'inflazione? ]
Nel grafico in oggetto, rispetto al precedente che allego di seguito, mi focalizzo sulla situazione solo dei rendimenti italiani e dopo una settimana posso dire che si sta formando la risposta.
Mentiva la discesa della curva dei rendimenti che ha prontamente ripreso a salire il giorno successivo, ed oggi ha dato un chiaro segnale con un Future Btp che mentre scrivo perde lo 0,5% e con il rendimento del decennale che guadagna il 7% (quest'ultimo dato non lo potete vedere dal grafico ma velo riporto).
Per cui lo scenario inflazionistico non è stato spedito ancora in soffitta, ma non è detto che ciò non accadrà nelle prossime settimane, paio di mesi.
Di seguito vi allego il grafico dell'analisi di venerdì 11 Giugno che comparava anche USA, Germania e Francia.
Curva dei rendimenti dei titoli di stato UE, USA ed inflazione.In data 8 Febbraio '21 pubblicavo questa analisi del differenziale sulla curva dei rendimenti obbligazionari ( Curva dei rendimenti in crescita, cosa vuole dire ), segnalando che quella dei Paesi UE stava partendo e l'italiana era la più in ritardo.
Da quel 8 Febbraio il rendimento sul decennale italiano è passato da 0,57 ad un massimo del 1,149 toccato il 19 Maggio '21, con una crescita del 127%; mentre il valore del Btp è sceso del 5,2%. Nello stesso arco di tempo il Bund tedesco ha fatto +83%, ma come scrivevo la curva era partita in anticipo rispetto alla nostra.
Venendo al grafico attuale ho aggiunto anche il differenziale di rendimenti Oat francesi.
Partendo dal grafico dei rendimenti degli americani, possiamo vedere come abbiano anticipato nuovamente l'Europa, infatti hanno iniziato ad inclinare la curva a fine Marzo, mentre in UE abbiamo iniziato a metà Maggio.
Ricordo che sul differenziale la curva in ascesa indica un'aspettativa di crescita dei tassi di interesse, mentre una curva in discesa fa attendere una riduzione dei tassi a breve.
In parole povere, una curva ascendete indica che i rendimenti sono più elevati per le obbligazioni con scadenza lunga, ma soprattutto i rendimenti più elevati sulle scadenze più lunghe sono richiesti per compensare l'inflazione ed i futuri aumenti dei tassi.
Come potete vedere adesso le curve dei vari Stati stanno scendendo ed in un contesto mondiale in cui si parla di crescita dell'inflazione questo stona ed è una contraddizione.
Qualcuno mente sulla reale crescita dell'inflazione?
Lancio la domanda ad ora non formulo risposte, ma farò confronti su altri settori che ad una prima occhiata mi danno segnali contrastanti.
ANALISI TECNICA E FONDAMENTALE SOUTHER COPPER (SCCO)Ciao ragazzi, vi propongo un'idea sul mercato azionario e vi motiverò la stessa.
La Southern Copper è la più grande società mineraria che si occupa di estrazione del rame. Inoltre, si occupa anche di produzione di altri materiali come molibdeno, zinco e argento. Quest'anno, come quasi tutte le altre aziende americane, ha avuto una crescita molto accentuata, andando a toccare il 22 febbraio i suoi massimi storici.
ANALISI TECNICA
Dal punto di vista tecnico, la price action è molto forte, basti guardare la grande separazione tra le medie mobili a 50 e 200 periodi. Il 22 febbraio, dopo aver toccato i massimi storici, il prezzo ha rintracciato (ora si trova un pò più in basso del rintracciamento di Fibonacci 61.8 ), complici l'rsi, entrato in ipercomprato, e il balzo dei rendimenti del tesoro USA a 10 anni, il cui balzo è andato ad influenzare negativamente in tante altre aziende di cui ora non parlerò. La mia area di attenzione nei rintracciamenti di Fibonacci è quella tra il livello 38.2 e il 61.8; può quindi essere lecito che il prezzo ora, dopo aver rintracciato, possa ritornare in alto, almeno fino ai massimi storici. Concludendo, ci potrebbe essere quindi il segnale per un'entrata long. Escludendo questa possibilità, si potrebbe pensare a un long nel caso il prezzo scendesse fino a toccare la media a 50 periodi per poi rimbalzare.
ANALISI FONDAMENTALE
Per avvalorare la mia idea per un'entrata long, ho riflettuto su due fondamentali: il prezzo e la domanda del rame, e gli utili dell'azienda generati negli ultimi tempi. Per quanto riguarda il primo fondamentale, sappiamo benissimo che il rame è legato alla crescita economica (per maggiori informazioni a riguardo, vi consiglio di leggere la mia idea pubblicata qualche tempo fa sul rame); la domanda è molto forte, sopratutto dalla Cina, e di conseguenza il prezzo del rame stesso è aumentato, andando a favorire quindi tutte quelle aziende che lavorano proprio nel campo di questa commodity; quindi, l'aumento del prezzo del rame (ma anche dell'argento, del molibdeno e dello zinco) e i grandi volumi di vendita hanno portato forti guadagni all'azienda, il che si traduce dal punto di vista tecnico in un un forte trend rialzista. Ho letto che Southern Copper ha generato liquidità netta da attività operative per $ 2.783 milioni nel 2020 rispetto a $ 1912 milioni nel trimestre dell'anno precedente, il che dice tutto.
CORRELAZIONE AZIENDA CON IL RAME, CON IL DOLLARO USA E CON I RENDIMENTI DEL TESORO USA A 10 ANNI
La mia riflessione si conclude con questa correlazione a tre: il rame è una materia prima destinata a continuare a salire nel 2021, e sarà favorita se il dollaro si presenterà debole, perchè un dollaro debole è conveniente per tutti quegli investitori che compreranno il rame a un prezzo chiaramente più basso. La debolezza del dollaro, a sua volta, sarà favorita dalla forza del mercato azionario, infatti, se voi andate a vedere, ogni qualvolta il mercato azionario si è mosso verso l'alto, il dollaro ha perso qualcosa in termini di prezzo, mentre quando il mercato azionario scende di prezzo, il dollaro diventa un bene rifugio a breve termine, alzando il suo prezzo e facendo scendere di conseguenza il prezzo delle materie prime, in quanto gli investitori compreranno le stesse materie prime a prezzo più alto, scoraggiando quindi l'acquisto. Nell'ultima settimana passata, gran parte dell'azionario è sceso di prezzo per l'innalzamento dei rendimenti a 10 anni, quindi auspico che i rendimenti rimangano a questi livelli in maniera da non influenzare l'azionario, che a sua volta influenzerà poi il dollaro USA, che a sua volta influenzerà il rendimento delle materie prime come il rame, che a sua volta impatterà nell'azienda Southern Copper, facendola magari salire ancora di prezzo.
Scusate i (forse) eccessivi collegamenti, ma mi piace farvi capire appieno il mio metodo e come ragiono prima di entrare a mercato. Per delucidazioni sull'argomento, scrivetemi pure, è sempre un piacere.
Ciao, buon trading!
Confronto rendimenti Btp con altri Paesi UEIl rendimento del nostro Btp sta scendendo costantemente dopo l’impennata Covid-19.
Spesso analizzo il Btp perché è quello che trado ogni giorno, assieme ad alcune scadenze sottostanti.
Ho una personal idea da 1 anno è che dovrebbe arrivare vicino ai rendimenti del decennale Spagnolo e Portoghese, forse sotto ma sarebbe pretendere troppo.
Come Italia paghiamo l’immenso debito pubblico e la costante instabilità politica, oltre che l’affidabilità di alcuni possibili interlocutori.
Da italiani siamo consapevoli di queste nostre debolezze, ma al contempo rispetto a Spagna e Portogallo abbiamo una economia e capacità produttive ampiamente superiori
La capacità di investire bene i soldi del Recovery found, sommati agli acquisti della BCE credo che potranno dare la spinta per far si che il Btp arrivi al pari dei rendimenti di Spagna e Portogallo.