PETROLIO, LONG FINO A 130$A seguito del forte movimento rialzista a cui abbiamo assistito dopo l'inizio bellico in Ucraina, la quotazione ha ripiegato dall'area $130 con un movimento tecnico che si è riportato sotto la Ema21 per ritestare la zona di supporto $95; in tale area è ritornata una pressione in acquisto che, soprattutto con la candela daily di ieri e di giovedì scorso, ha spinto di nuovo il prezzo sopra la media mobile e sopra la zona di resistenza $106. Questo livello rappresenta in questo momento la zona più interessante (sia statica che dinamica) per cercare una mini correzione ed un nuovo segnale di Price Action Long al fine di valutare una strategia rialzista che potrebbe spingere il prezzo sui massimi di cui sopra. La parola al prezzo...
Maurizio
Petrolio
L'INDICE DI ORO E PETROLIO E MEDIE MOBILI VOLUMETRICHEBuongiorno ragazzi, questa è un'analisi pubblicata all'interno del mio blog l'8 marzo. Ho discusso la stessa sul mio canale youtube nel video dal titolo:
"L'IMPORTANZA DELLE MEDIE MOBILI VOLUMETRICHE APPLICATE AD UN INDICE DI MATERIE PRIME DA ME CREATO" pubblicato il 10 marzo.
Ho notato che l’argomento in cui costruivo l'indice del settore della difesa (vi lascio il link dell'idea sotto nei collegamenti a idee correlate) è stato per voi interessante. Ripropongo quindi un’analisi in cui andrò a costruire un ulteriore indice, basato stavolta sulle materie prime.
L’indice è legato in maniera diretta allo scenario geopolitico scatenatosi il 24 febbraio con il conflitto tra Russia e Ucraina.
Successivamente utilizzerò le medie mobili volumetriche (argomento di cui non ho mai parlato) per farvi capire un modo ulteriore per inquadrare il sentiment del mercato.
LE MATERIE PRIME SCELTE PER LA COSTRUZIONE DELL’INDICE
L’indice che costruirò sarà composto dall’oro e dal petrolio. La diversa natura di queste due commodities è da ricercare nelle diverse tematiche alle quali rispondono:
• L’oro è un bene rifugio che va tipicamente ad apprezzarsi in maniera prepotente in periodi di instabilità dei mercati
• Il petrolio è una materia prima energetica che risponde alla legge della domanda e dell’offerta
Ho scelto due materie prime così diverse tra loro per creare un indice completo, ossia un indice che risponda a due tematiche:
• Legge di domanda e offerta
• Bene rifugio
Se avessi ad esempio indicizzato petrolio e natural gas cosa avrei ottenuto? Semplicemente un paniere legato a una sola tematica, ossia quella della legge della domanda e dell’offerta. Stessa cosa se avessi inglobato oro e argento assieme: il risultato sarebbe stato un indice influenzato unicamente dalla natura di bene rifugio. Combinando oro e petrolio, si ottiene di conseguenza un indice che io definisco “completo”.
PERCHE’ NON E’ POSSIBILE INDICIZZARE LE MATERIE PRIME ATTRAVERSO I LORO FUTURES?
Avevo mostrato come fosse semplice costruire un indice di azioni: era sufficiente sommare le diverse sigle (ticker) delle diverse aziende utilizzando l’operatore matematico “+”.
Per quanto riguarda il mondo delle commodities, non è tuttavia così semplice. Se utilizzassimo i futures alle materie prime associati per costruire il nostro indice (come, ad esempio, “CL1! + GC1!”), ciò non sarebbe possibile; il problema risiede nelle diverse unità di misura utilizzate per esprimere il valore delle stesse commodities, in quanto:
• L’oro è espresso in dollari a oncia
• Il Mais è espresso in dollari a bushel
• Il petrolio in dollaro a barile
• Il rame in dollari a tonnellata
Questo non accade per le azioni. Esse, infatti, sono tutte espresse in dollari ad azione, e di conseguenza, seguendo tutte lo stesso principio, possono essere indicizzate senza grosse difficoltà.
Come si può ovviare al problema? Scegliendo un ETC e un ETF che replichino il prezzo delle materie prime da noi scelte.
L’ETC E L’ETF DA UTILIZZARE
• Oro: ETC Invesco physical gold A (SGLD)
• Petrolio: ETF United States oil fund (USO)
Inserendo nella barra di ricerca il “codice”:
BATS:USO + MIL_LS:SGLD
Otteniamo l’indice, che ha questo tipo di andamento:
ANALISI TECNICA E FONDAMENTALE INDICE
L’indice delle materie prime dimostra una forza simile all’indice delle aziende della difesa: dai minimi visitati il 2 dicembre 2021, esso si è mosso in moto parabolico riuscendo a guadagnare oltre 28 punti percentuali, raggiungendo così i 253,05$. Sono diversi gli aspetti tecnici degni di nota; ognuno di loro da un’unica informazione: il trend si presenta estremamente forte. Essi sono:
• La distanza della media mobile veloce a 50 periodi dai 253.05$: più la distanza tra il prezzo e la media aumenta, più un trend è da considerare forte
• La distanza tra le due medie mobili: più è grande la distanza tra la media a 50 e quella a 200 periodi, più il trend è da considerare in salute
• Volumi: come spesso esprimo, è condizione fondamentale che i volumi accompagnino il prezzo al rialzo. Maggiori essi sono, maggiore è la partecipazione degli investitori al rialzo, più è considerato affidabile un trend. L’aumento di essi è ben rappresentato dal cambio di pendenza avuto dalla media a 30 giorni (in color nero)
• RSI: l’indicatore si trova oltre gli 80 punti; essi esprimono una situazione di “ipercomprato”, ossia quella in cui un prezzo ha avuto un trend eccessivamente forte.
Vorrei ricordare un aspetto: quando l’RSI raggiunge e supera valori di 70 punti, il prezzo tende a ritracciare. Credo che in quest’indice quest’indicatore debba essere contestualizzato con il particolare momento poiché la speculazione è ancora alta; è quindi possibile che esso si mantenga ancora a valori alti.
Diamo ora uno sguardo all’ATR, che misura il nervosismo avuto dagli investitori:
Analizziamo innanzitutto il periodo novembre 2020-novembre 2021: l’ATR si è mosso tra valori compresi i 2.92 e i 2.14 punti. Il 2 dicembre si giunge ad un minimo relativo da parte dell’indice: esso corrisponde ad un massimo relativo da parte dell’ATR. Come si può spiegare ciò? Come ho scritto nella precedente analisi in cui andavo a costruire l’indice sulle aziende della difesa, è proprio in quella data che le testate giornalistiche iniziano ad affrontare dei temi riguardanti un possibile conflitto. Un possibile conflitto come può impattare a livello psicologico sugli investitori? Decisamente male. Questo nervosismo è ben rappresentato graficamente dall’ATR, che raggiunge così i 3.40 punti.
Questo nervosismo trova quiete i 2 mesi successivi: l’ATR, dal 2 dicembre 2021 all’11 febbraio 2022, perde 26 punti percentuali circa; questo ritracciamento coincide tuttavia con la rotazione dei capitali su oro e petrolio, che si riflette sull’indice, che nello stesso arco di tempo segna una performance del +13% circa.
Perché accade ciò? Poiché gli investitori anticipano sempre le mosse del mercato, in maniera da essere ben posizionati qualora dovesse palesarsi un determinato evento economico-finanziario o geopolitico.
Il nervosismo riprende la scena da protagonista l’11 febbraio, quando l’idea di un possibile conflitto prende sempre più forma: in poco meno di un mese l’ATR sale del 108% circa, accompagnato da un’accelerazione parabolica dell’indice dal +15%. Ci troviamo ora a 5.21 punti, sintomo che il nervosismo che scorre nei mercati è alto.
UTILIZZARE L’INDICE COME “TERMOMETRO DI SENTIMENT”: STRATEGIA CON DUE MEDIE MOBILI VOLUMETRICHE
Per capire come agirò le prossime settimane, mi chiedo innanzitutto:
“quando sono iniziate le speculazioni sull’oro e sul petrolio causate dalle tensioni geopolitiche?”
Come ho specificato qualche paragrafo fa, intorno agli inizi di dicembre. E’ possibile trovare conferma nei grafici dei futures delle due materie prime? Direi di si.
La mia idea è quindi quella di aspettare che nell’indice ”(USO+SGLD)” si ricreino le condizioni “psicologiche” antecedenti l’inizio del conflitto.
Come le ricavo queste particolari condizioni? Dai volumi!
• I volumi non erano così alti come lo sono ora (visto che l’affluenza sul bene rifugio e sul petrolio era inferiore perché il conflitto non era si era ancora palesato)
L’IMPORTANZA DELL’INCROCIO DELLE MEDIE MOBILI SUI VOLUMI
Molto spesso, all’interno delle analisi, tratto argomenti riguardanti l’incrocio tra due medie mobili. Nella mia operatività faccio sempre riferimento a due medie mobili, in particolare:
• Una “veloce” a 50 periodi
• Una “lenta” a 200 periodi
Possiamo applicare due medie mobili ai volumi e non al prezzo? Assolutamente si.
I settaggi saranno questi:
• Una “veloce” a 19 periodi
• Una “lenta” a 64 periodi
Perché queste opzioni?
• La scelta della media mobile a 64 periodi deriva dal fatto che la speculazione sull’indice inizia proprio 64 periodi fa (64 “candele” fa); la stessa media tiene quindi conto del numero di contratti scambiati dagli investitori da quando essi hanno iniziato a scontare la probabilità di un conflitto fino ad oggi.
• Ho successivamente ricercato una media mobile più veloce che “scavalchi” al rialzo quella lenta a 64 periodi il 24 febbraio, ossia il giorno dell’inizio del conflitto in Ucraina, corrispondente all’accelerazione parabolica dell’indice: la media mobile a 19 periodi è quella che risponde a tale esigenza.
Come esprimo sempre, che tipo di informazione dà il “golden cross”, ossia il passaggio di una media mobile “veloce” al di sopra di una media mobile “lenta”? La forza di un trend. Più una media mobile veloce distanzia una lenta, più un trend è da considerarsi forte ma soprattutto in “accelerazione”, al rialzo o al ribasso che sia.
Ho sempre rimarcato come i volumi rappresentino in qualche modo l’umore degli investitori, per cui che tipo di informazioni dà il golden cross che vi mostrerò ora nella grafica?
L’informazione di un cambio di umore.
Come ho spiegato in precedenza, il numero di contratti scambiati è aumentato in maniera vertiginosa all’inizio del conflitto, e dal giorno la loro quantità si è sempre mantenuta a livelli alti; maggiori sono i contratti scambiati, maggiore è l’interesse e la speculazione in un determinato asset. Per cui:
• Se i volumi continuassero a mantenersi alti, significherebbe probabilmente che l’agitazione degli investitori non sarebbe conclusa, e di conseguenza lo stesso interesse per l’indice continuerebbe a persistere
• Se i volumi invece iniziassero a diminuire, potrebbe significare che l’appetito degli investitori per oro e petrolio starebbe iniziando a calare.
Quando potremmo capire tutto ciò? Quando la media mobile volumetrica “veloce” scavalcherà al ribasso quella “lenta”.
Perché dico questo? Perché quando una media mobile lenta stà al di sopra di una veloce, il trend principale è ribassista. E quindi, applicando questo ragionamento ai volumi, ciò potrebbe significare che “l’umore” degli investitori non sarebbe più ottimista, ma pessimista. E cosa succede quando un umore diventa pessimista? Che un grafico inizia a muoversi in trend discendente perché l’interesse nei suoi confronti cala.
STRATEGIA CON DUE MEDIE MOBILI VOLUMETRICHE E ATR
Aggiungo un’ulteriore aspetto:
Più la distanza tra due medie mobili aumenta, più l’indicatore o l’asset al quale le medie mobili sono associate è da considerarsi forte o debole:
La possibile strategia appena descritta con due medie mobili volumetriche non ha solo dei pro, bensì anche dei contro; deve quindi essere settata in maniera tale da considerarsi affidabile. Quali sono questi “contro”? E’ vero che quando la quantità di contratti inizia a calare probabilmente il sentiment inizia a cambiare, però esiste anche un’altra possibilità: ipotizziamo che i prossimi giorni il conflitto si risolverà; cosa accadrebbe all’indice? Probabilmente tutte le posizioni long verrebbero chiuse (visto il desiderio degli investitori di portarsi “a casa” i profitti) e in quel modo questo si rifletterebbe con un grande aumento dei volumi.
Come ci potremmo aspettare il grafico se accadesse tale evenienza? Provo a ipotizzarlo nella seguente grafica:
I volumi aumenterebbero in maniera repentina e di conseguenza la distanza tra le medie mobili volumetriche aumenterebbe. Ciò è in contrasto con quanto espresso precedentemente, dove sottolineavo il fatto che le medie mobili volumetriche avrebbero mantenuto la stessa “impostazione” fin tanto che il sentiment sarebbe rimasto stabile.
Quello che voglio spiegare in questo caso è che l’impostazione delle medie mobili (quella veloce al di sopra della lenta) non cambierebbe, tuttavia ci sarebbe un cambio di sentiment (viste le enormi vendite). Ciò significa che la strategia descritta precedentemente sarebbe affidabile fin tanto che il conflitto rimarrà stabile, senza improvvise sorprese (come, appunto, una risoluzione del conflitto).
Ma se si risolvesse?
In quel caso una soluzione potrebbe essere questa: osservare attentamente l’ATR. Perché?
Se ci fossero dei grandi volumi di vendita, l’ATR andrebbe a salire: questo perché esso misura la volatilità storica, e la volatilità non è altro che quello strumento che misura la variazione di prezzo di un asset in un periodo di tempo specifico; se le vendite fossero di una certa robustezza, che candele andremmo ad osservare a livello grafico? Candele di una certa imponenza, seguite di conseguenza da un ATR in crescendo!
Se quindi vedessimo un grande volume di vendite con un ATR a crescere, non dovremmo più considerare le medie volumetriche come “termometro di cambiamento di sentiment” come descritto nel paragrafo precedente. Infatti:
• Se la media mobile volumetrica a 19 periodi superasse al di sotto quella a 64 periodi con un contemporaneo decremento dell’ATR, potremmo affermare che l’appetito nei confronti delle due materie prime starebbe svanendo, il che potrebbe suggerire che il mercato abbia scontato il conflitto.
• Se la distanza tra la media mobile volumetrica a 19 periodi mantenesse o aumentasse la distanza al rialzo nei confronti dell’altra a 64 periodi con una grande pressione ribassista (e non rialzista) nell’indice e con un ATR a crescere, allora non potremmo considerare più affidabili le medie mobili volumetriche.
Vi faccio un esempio grafico sull’S&P500 per spiegarvi la correlazione tra incrocio tra medie mobili volumetriche e ATR:
Quindi ricordate: se il trend dell’indice iniziasse a diventar ribassista nonostante l’incrocio tra la media mobile veloce e quella lenta non avvenga, osservate l’ATR. Come potete vedere dagli esempi, esso non mente.
RIEPILOGO:
Per capire il sentiment degli investitori riguardante il delicato momento geopolitico attraversato, si possono attuare due possibili strategie:
• Strategia con due medie mobili volumetriche: fin tanto che la media mobile a 19 periodi rimarrà al di sopra di quella a 64, il sentiment rimarrà intatto (e quindi la “paura” nei riguardi del conflitto” continuerà a persistere). Se il sentiment invece cambiasse, i volumi scambiati sarebbero inferiori (perché l’interesse nei confronti delle materie prime calerebbero) e questo si rifletterebbe nella media mobile veloce che scavalcherebbe quindi al ribasso quella lenta
• Se ci fossero delle grandi vendite causate, ad esempio, dalla risoluzione del conflitto, la distanza tra le due medie mobili volumetriche aumenterebbe, ma ciò sarebbe un falso segnale in quanto il sentiment sarebbe cambiato. Osservando invece l’ATR si eliminerebbero i falsi segnali
Per avere quindi la sicurezza che l’incrocio tra le medie mobili volumetriche funzioni, confrontatele sempre con l’ATR: se la media volumetrica veloce incrocia al rialzo quella lenta, l’Average true range deve trovarsi in una condizione di “crescendo”. Viceversa, a incrocio invertito, lo stesso deve trovarsi in “dimuendo”.
Ciò espresso fin’ora non è un consiglio finanziario. E’ semplicemente l’analisi di un grande appassionato di finanza.
MATTEO FARCI
PETROLIO/USDBreve aggiornamento sul PETROLIO.
Come detto a metà Gennaio, il prezzo del petrolio ha appena superato i 120$.
Vista la situazione tra NATO, Russia e Uraina più la continua domanda di materie prime, il prezzo del greggio potrebbe raggiungere il suo ATH a 145$ circa. Essendo entrati a 85$, io chiuderei parte dei trade e quel gain lo terrei liquido per comprare le crypto che potrebbero fare un'altra discesa visto l'ammontare dei derivati usati per sola speculazione.
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non è un consiglio finanziario ma un parere personale
LA COSTRUZIONE IN DIRETTA LIVE DI UN INDICE DI "SENTIMENT" Salve ragazzi. Visti i vari messaggi ricevuti riferiti all'idea pubblicata nella community venerdì, ho deciso che domani, alle 11:00, terrò una diretta qui su Tradingview (successivamente caricherò il video sul mio canale youtube) in cui costruirò in diretta un nuovo indice, stavolta sulle materie prime.
Ho notato che questo argomento vi è piaciuto particolarmente, per cui credo vi possa essere utile osservare come mi creo un'indicatore in diretta.
Vi spiegherò i motivi per cui l'ho creato, che tipo di informazioni mi fornisce ma soprattutto come lo utilizzerò per capire il sentiment degli investitori, attraverso una strategia particolare: l'utilizzo delle medie mobili volumetriche.
Vi rilascio in anticipo qualche slide:
A domani, Matteo Farci
Petrolio ed Eur-Usd, che belle Pin tradate!!Il grafico del Petrolio ci mostra una bellissima tendenza di rialzo, sia giornaliera che settimanale, con un super segnale di Price Action tradato ad inizio settimana e che ha già portato il trade in area take profit! Situazione analoga anche per un trade short sull' Eur-Usd... spiego tutto nel video di oggi.
Saluti, Maurizio.
Impulsi tecnici ribassisti su tutti gli indici 18.02.2022Analisi weekly su grafico a linea.
Il DAX registra la chiusura settimanale più bassa degli ultimi 11 mesi e si avvia a testare l'area 14.800-15.000 che ha finora frenato tutte le discese dei prezzi.
Settimana storica per il Nasdaq che cambia struttura dopo quasi 2 anni. Gli indici USA proseguono al ribasso trainati dal Russell che invece ha già cambiato struttura da alcune settimane.
Attenzione allo stato di eccesso tecnico del petrolio.
Interessante breakout dell'oro.
Bund su supporti chiave. Rendimenti del Treasury a target in area 2%.
Vediamo il quadro
ENI supporto critico 13 Petrolio candela key reversal 16.02.2022Mercati azionari con volumi in calo ed in cerca di direzione.Il DAX sfiora il target a 15.600 ma per adesso fallisce il test.
Il petrolio tenta di sfondare in alto e poi si ribalta pesantemente disegnando una candela di tipo key reversal. Quali impatti su ENI? Vediamo in dettaglio.
Opportunità Forex febbraio 2022Quali sono le migliori opportunità di trading per l'inizio di questo mese di febbraio? Qual è lo scenario predominante per il dollaro, valuta principale? Quale tra le materie prime è la più interessante da un punto di vista operativo? Quali trade ho ancora aperti in quest'ultimo giorno di gennaio?
Vediamo tutto insieme in questa analisi a 360° del Forex, il mercato più bello del mondo!
Buona settimana di trading! Maurizio
Mercati: settimana decisiva?La prossima probabilmente (se non vedremo un estenuante lateralità) sarà la settimana che ci dirà qualcocosa di più a proposito dell'andamento dei mercati.
Partiamo dal babbo di tutti i merxcati:
- SPX: la violazione del minimo di partenza del ciclo trimestrale del 4 Ottobre chiude o chiuderà a breve un trimestrale ribassista che dovrebbe a sua volta chiudere il lungo ciclo biennale iniziato a Marzo 2020. I tempi sono regolari e consoni come la struttura. Però... sarebbe tutt'altro che sorprendente vedere ancora un piccolo ciclo (settimanale?) proiettarsi verso nuovi minimi o a ritestare quello appena fatto. Provo ad analizzarlo nel grafico dedicato successivo. Resta comunque il fatto che chiuso un ciclo ne parte un altro con quello che ne consegue.
- VIX: ha fatto dei picchi crescenti e sebbene l'ultimo sembri rientrare, 27.65 è ancora lontanuccio dai 20 sotto i quali il mercato si può considerare tranquillo. L'azionario nella prossima settimana potrebbe dunque vedere ancora un range piuttosto importante.
- SKEWX: è tornato sui suoi valori normali anche se qualche punto in meno darebbe più tranquillià per la ripartenza.
- WTI: è in pieno rally che potrebbe continuare qualche giorno ma anche lui a breve rientrerà, sul minimo del 20 agosto è partito un ciclo semestrale, ha chiuso con struttura e tempi consoni il trimestrale a 71 giorni, ed ora si appresta a chiuderlo non appena avrà terminato gamba 3 del due tempi a 4 sottocli.
- Materie prime: in realtà quello è un ETF sull'indice, il CRB, che qui però non trovo. Sono in pieno rally anche loro ma va detto che petrolio ed ora pesano oltre il 50% sull'indice.
- Baltic Dry: questo indice è più preciso e soprattutto anticipa, perchè si riferisce al costo del noleggio delle Bulk, dry appunto, cioè materie prime secche e alla rinfusa, quindi niente petrolio, altri prodotti chimici liquidi, gas e ovviamente oro. Da notare infatti nel quadratino evidenziato, come con la partenza del rally del CRB, il BDX abbia invertito rotta, segnale importante di una caduta della domanda di trasporto di materie secche che poi sono quelle usate dalla produzione di beni come auto ecc...
- MIB: infine un 'occhiata al nostro indice sempre bistrattato e che ora invece si è dimostrato il più robusto non avendo ancora violato i minimi di partenza a 24921. Qualora li violasse a breve, a mio avviso sarà uno dei mercati che potrebbe dare più soddisfazioni di altri in fase di ripartenza.
La presente è la mia visione e non costituisce un sollecito all'investimento o ad operare.
ANALISI SETTORIALE E COEFFICIENTI BETA. COSA SUCCEDE SUI MERCATIBuongiorno a tutti. La scorsa settimana ho letto tanti articoli secondo cui la stessa è stata tra le più difficili per quanto riguarda i trader e i loro relativi trade ed investimenti. Io, tuttavia, non la penso così. Credo sia importante saper leggere il mercato e studiare come gli investitori tendenzialmente reagiscono ai giorni di alta volatilità e cosa preferiscono vendere o comprare; tuttavia, riagganciandomi allo stesso discorso, credo che l’ultima sia quindi stata una settimana fondamentale sotto questi aspetti. Attraverso determinati grafici cercherò di spiegare il motivo, analizzando l’S&P500 e il Nasdaq con le rispettive volatilità, il livello di opzioni presenti sul mercato per capire ancora più da vicino il sentiment e, successivamente, analizzerò ogni singolo settore, spiegando cos’è il coefficiente beta e come può essere utile in certe condizioni di mercato, condividendo una mia operazione andata in profitto.
VIX E VXN: VOLATILITA’ AD ALTI VALORI
Voglio ricordare a chi non lo sapesse cosa si intende per volatilità dei mercati : essa non è altro che uno strumento che misura la variazione di prezzo di un asset in un dato periodo. Può assumere dei valori bassi o viceversa alti (per il VIX , indice di volatilità dell’S&P 500, lo spartiacque tra bassa ed alta volatilità sono i 20 punti mentre per il VXN, indice di volatilità del Nasdaq, 25 punti) a seconda delle particolari condizioni di mercato.
Spesso gli indici di volatilità sono definiti “gli indici di paura” in quanto un loro incremento è spesso associato ad uno storno del mercato. I mercati ad alta volatilità sono caratterizzati da bruschi movimenti di prezzo che vanno a caratterizzare l’elevata imprevedibilità di quel mercato mentre i mercati a bassa volatilità sono più stabili e hanno fluttuazioni di prezzo contenute.
Vediamo a livello grafico i valori che questi due indici hanno raggiunto:
Come possiamo vedere, essi hanno raggiunto valori simili a quelli avuti tra fine novembre-inizi dicembre 2021 dovuti alla scoperta della variante omicron. Come ho specificato prima, un’alta volatilità spesso accompagna uno storno dei mercati; vediamo come hanno reagito l’S&P500 e il Nasdaq, i due benchmark di riferimento:
Vediamo come entrambi gli indici siano stati pesantemente ribassisti: l’S&P si è discostato dai suoi massimi di circa il -8,5%, mentre il Nasdaq ancora di più, segnando un -13,5%.
Quello che mi interessa farvi notare sono due segnali tecnici: il primo riguarda il fatto che i due indici sono riusciti a rompere al ribasso e con decisione la media a 200 periodi; questo evento non accadeva dal 29 giugno 2020 per quanto riguarda l’S&P e dal 9 marzo 2020 per quanto riguarda il Nasdaq da quasi, si fa per dire, un’eternità.
Il secondo segnale è dato dal profilo del volume settato tra luglio 2021 ed oggi: notate nella parte destra di entrambi i grafici i rettangolini da me segnati di color grigio? Ecco, notate come all’interno i volumi siano notevolmente inferiori rispetto agli altri? Quelle zone vengono chiamate “vuoti volumetrici” e in essi, tipicamente, il prezzo non trova grandi ostacoli. Questo può significare che potremmo vedere, almeno nel breve periodo, l’S&P a valori intorno a 4200$/4300$ e il Nasdaq intorno ai 14000$. Vedremo i prossimi giorni cosa succederà. Ora vi condivido gli andamenti dei due benchmark e la loro correlazione con le rispettive volatilità:
La domanda è: la volatilità continuerà? E’ probabile, dal momento che la prossima settimana la FED si riunirà (mercoledì); il mercato sconta dai tre ai quattro rialzi dei tassi di interesse quest’anno, tuttavia la FED ha gradualmente cambiato atteggiamento nei confronti di tale argomento, essendo diventata ultimamente “imprevedibile”. Come dico sempre, i mercati sono impauriti dalle incertezze e imprevedibilità e non dalle certezze per cui, a parer mio, la prossima settimana, almeno da lunedì a mercoledi, saremo soggetti a volatilità. Vedremo cosa succederà, probabilmente lo commenterò poi nel mio profilo.
UN INDICATORE PARTICOLARE: IL RAPPORTO PUT/CALL RATIO SU SINGOLE AZIONI
Per chi non lo sapesse, il rapporto Put/Call è un indicatore che mostra il volume delle opzioni put relativo al volume delle opzioni call. Le opzioni put vengono utilizzate per diversi motivi: per proteggersi dai ribassi del mercato o per scommettere su un ribasso. Le opzioni call, al contrario, vengono utilizzate per proteggersi dai rialzi del mercato o per scommettere su un rialzo. Il rapporto Put/Call è superiore a 1 quando il volume delle put supera il volume delle call e inferiore a 1 quando il volume delle call supera il volume delle put.
Io utilizzo questo indicatore per capire il sentiment del mercato: quest’ultimo lo considero pessimista quando l’indicatore supera i livelli di 1 e ottimista quando scende al di sotto dello stesso livello; questi giorni ho notato qualcosa di molto particolare, che ora vi farò notare:
Nell’ultima settimana abbiamo assistito ad un picco di 1.14; ciò significa che la quantità di put piazzate a mercato erano ben superiori alle quantità di call. Per tornare a valori simili dobbiamo ritornare allo scoppio della pandemia, ossia a marzo 2020. Questo a parer mio sta ad indicare il fatto che gli operatori, stavolta, hanno realmente paura e sono incerti sul futuro a breve termine (non come, talvolta, si vociferava nel 2020-2021 quando il mercato stornava del 2%-3%) e, di conseguenza, acquistano massicce quantità di put per coprirsi, come ho spiegato all’inizio del paragrafo.
Monitorerò nei prossimi giorni questo indicatore, assieme ad altri di cui parlerò tra poco, per vedere il tipo di opzioni che gli investitori piazzeranno a mercato in maniera da avere un quadro più o meno generale sul sentiment.
SETTORE PER SETTORE: I MIGLIORI E I PEGGIORI
Ora analizzerò tutti i settori dell’S&P500 ricorrendo all’utilizzo di diversi etf che ora mostrero’:
A sinistra vediamo il settore finanziario, mentre a destra quello energetico. Entrambi in territorio negativo (-6,5% circa per quello finance mentre un -3,2% per quello energy), i due settori value si sono comportati in maniera diversa, dal momento che il finance ha perso il doppio rispetto all’altro; questo è dovuto al fatto che parte delle banche d’affari presenti in quell’etf hanno presentato delle trimestrali deludenti. A queste appartengono sicuramente JPMORGAN e GOLDMAN SACHS:
Mentre l’etf sul settore finance è stato spinto giù dalle grandi banche, il settore energetico ha invece attutito i colpi grazie ad un petrolio che non è crollato come altri asset, infatti:
Notate inoltre la grande forza del settore energetico, al contrario di tutti gli altri che poi mostrerò: la lontananza del prezzo dalla media a 50 periodi indica una grande forza al contrario di tutti gli altri settori che, come vedrete, hanno rotto al ribasso la media a 200 periodi, segnale di grande debolezza.
Ora analizziamo il settore industriale e dei materiali:
Quello dei materiali si è dimostrato più debole rispetto a quello industriale (-5,36% contro un -4,39%) tuttavia, in chiave tecnica, vediamo come l’industrial abbia dapprima rotto la media a 200 periodi e, successivamente, abbia confermato quest’ultima con un’ulteriore candela ribassista (quella di venerdì) al contrario del settore materials che non ha avuto un’ulteriore conferma di rottura della stessa media. A livello tecnico ciò che ho appena detto si traduce in una debolezza più forte del settore industrial.
Anche il settore del Real Estate è stato venduto:
Nell’ultima settimana ha perso un -2,90% e, nell’ultimo mese, un -9,5%. Vi ho segnato con dei segmenti orizzontali le strutture per me più importanti; tuttavia, tracciando l’intervallo fisso volumetrico nel periodo di lateralizzazione compreso tra giugno e dicembre 2021, mi sono reso conto di come ci sia un vuoto volumetrico (indicato in quel rettangolo di color rosa): è possibile quindi che se il prezzo riuscisse a rompere al ribasso con forza la media a 200 periodi, potrebbe poi trovare pochi ostacoli nel rivisitare la struttura di prezzo intorno ai 44$. Vedremo cosa accadrà.
Adesso andremo a considerare i settori difensivi:
A primo impatto si può vedere come questi settori abbiano sofferto molto meno di altri. In particolare, direi più i settori dei beni di prima necessità e delle utilities, che hanno perso intorno al punto percentuale, a differenza del settore sanitario, che ha sfiorato il -3,5%.
In conclusione, quindi, possiamo ancora una volta vedere come i due settori difensivi per eccellenza abbiano costituito una sorta di “porto sicuro”.
Molto male i settori tecnologico, dei beni discrezionali e delle comunicazioni, con le performance raffigurata nella grafica di sotto:
Detto questo, abbiamo visto le performance di ogni settore all’interno dell’S&P500. All’inizio di questo articolo scrivevo di come i giornali finanziari di tutto il mondo parlassero di un momento molto difficile per gli investitori per quanto riguardava i loro trade e i loro investimenti, specificando che non la pensavo così. Credo sia fondamentale essere sempre pronti a qualsiasi situazione di mercato, specie nei giorni di alta volatilità. Sapete qual è uno dei parametri da poter considerare per capire meglio come ci si può muovere in mercati con volatilità simili? E’ il concetto di “coefficiente beta”.
IL BETA NEI MERCATI AZIONARI
Il coefficiente Beta è una grandezza che misura la variazione attesa del rendimento di un certo titolo per ogni variazione di un singolo punto percentuale del mercato di riferimento. Il valore di questo coefficiente tende a muoversi intorno a 1: nello specifico, se il Beta di un’azione è pari a 1, questa tenderà a muoversi in linea con il mercato di riferimento, senza amplificare o ridurre i movimenti dello stesso. Quando il Beta di un’azione è maggiore di 1, invece, si è davanti a un titolo “aggressivo”, che amplifica i movimenti del mercato, l’attività è considerata quindi più rischiosa. Se il Beta è compreso tra 0 e 1, si ha di fronte un’azione “difensiva”, la quale tende a muoversi in modo meno proporzionale all’indice di riferimento.
Fatta questa piccola premessa, vi elenco i valori dei Beta di ogni singolo etf settoriale che ho preso in considerazione precedentemente.
• XLE: 1,67
• XLI: 1,24
• XLY: 1,18
• XLF: 1,17
• XLB: 1,10
• XLK: 1,05
• XLC: 1,01
• XLU: 0,38
• XLV: 0,81
• XLP: 0,58
• XLRE: 0,7
Notiamo come gli etf con un beta superiore ad 1 siano quello energetico, industriale, dei beni discrezionali, dei finanziari, dei materiali, quello tecnologico e quello delle comunicazioni. Con un beta inferiore ad 1 invece troviamo il settore delle utilities, dei sanitari, dei beni di prima necessità e il settore immobiliare.
Per fare un esempio pratico, prendendo il beta di XLU, ossia 0.38, ci possiamo aspettare che a un movimento del +1% dell’S&P500 corrisponda un +0,8% del settore utilities. O, viceversa, a un movimento del -5,69% da parte dello Standard and Poor corrisponda un -6.7% da parte del settore tecnologico. E’ quello che è realmente successo questi giorni? Ebbene si. Se andate a moltiplicare il beta di ogni settore per la performance del bechmark di riferimento vedrete con buona approssimazione che tutto ciò risulta.
Ora capite perché conoscere i beta dei diversi settori (o comunque delle diverse azioni) è di per sé un indicatore fondamentale?
Ci è utile innanzitutto per capire quali potrebbero essere, ad esempio, le migliori opportunità short (sfruttando il fatto che il più delle volte la volatilità porti ribassi), e anche per posizionare stop loss e take profit nelle operazioni.
Spero che questo concetto sul coefficiente beta vi schiarisca le idee, e soprattutto spieghi il perché, in giorni di alta volatilità, alcuni settori performano diversamente da altri. Questo a me ha aiutato tanto nell’operatività.
Ho ad esempio chiuso in profitto un’operazione su Amazon in vendita, aperta alla rottura di un canale:
Avevo essenzialmente 3 segnali: rottura al ribasso di un canale contrassegnato dai segmenti neri paralleli, alti volumi al momento della rottura e un vuoto volumetrico dato dal visible range di tutto il momento di lateralizzazione dell’azienda. Ora vi spiego come ho ragionato: dopo aver avuto questi 3 segnali, ho controllato il beta di Amazon, che è di 1,12. Ciò significa che il prezzo dell’azienda, dal giorno dell’apertura della posizione short, si sarebbe mossa più veloce del benchmark Nasdaq di 1,12 volte. Approfittando del fatto che il settore dei beni discrezionali (a cui appartiene AMZN) ha un beta alto (1.18), ho aperto la posizione, che mi è andata in profitto in pochissimi giorni. Se non avessimo avuto alta volatilità non avrei mai aperto una posizione a causa del fatto che tra pochi giorni ci saranno gli earnings dell’azienda (e l’operazione quindi mi sarebbe potuta andare immediatamente in perdita); avendo invece alta volatilità (quindi range delle candele molto ampi) e beta alto, ho aperto l’operazione con tranquillità perché mi aspettavo di raggiungere il take profit (o lo stop loss) in breve tempo.
Spero che questo esempio vi possa schiarire le idee.
Per quanto riguarda i valori dei coefficienti beta, potete notare come XLE, con un beta superiore a tutti, non abbia rispettato le aspettative; come vi ho già spiegato, esso è fortemente dipendente dal petrolio che, appunto, è andato bene la scorsa settimana se rapportato ad altri asset.
Come ultimo grafico riguardante questo paragrafo vi condivido il rapporto tra le azioni ad alto e basso beta, il tutto associato al vix:
Fissate l’attenzione in basso, dove vedete il Vix: il rettangolo rosso vi è utile per visualizzare quanto la volatilità sia stata alta nelle ultime settimane. Adesso, considerando il rapporto tra le azioni ad alto beta e quelle a basso beta, notate come queste ultime stiano sovraperformando le altre? Questa è la chiara dimostrazione di tutto quello che ho provato a spiegare fin’ora.
Tuttavia ho considerato solo quello che gli investitori hanno scaricato o venduto. Vediamo anche quello che hanno acquistato.
VALUTE RIFUGIO: YEN GIAPPONESE E FRANCO SVIZZERO
Vediamo come dall’inizio della settimana (dal 18 gennaio) lo yen si sia rafforzato in maniera costante, formando un canale ascendente. Che dire? Ha confermato il suo ruolo di valuta rifugio in giorni di turbolenza. Il franco svizzero, ugualmente in positivo, ha formato addirittura un doppio minimo: questa è una particolare situazione a me molto cara, in cui si sono andate ad intrecciare analisi tecnica e fondamentale: tecnica per quanto riguarda il pattern, che è rialzista, e fondamentale in quanto il franco, in qualità di bene rifugio, avrebbe dovuto apprezzarsi. Tutto questo è accaduto.
Gli altri asset acquistati dagli investitori sono state le obbligazioni, sia a breve che a lunga scadenza.
Come dico sempre, le obbligazioni sono asset a rischio molto più basso se paragonate alle azioni, quindi in settimane di alta volatilità si po' verificare un loro acquisto da parte di chi vuole preservare il denaro. Ma attenzione, non è sempre così, in quanto un aumento della volatilità, spesso, è causata proprio dalle forti vendite nello stesso mercato obbligazionario, con conseguente rialzo dei rendimenti che, come ho specificato diverse volte, apre tutta una serie di questioni riguardanti, in particolare, il settore growth (trovate tutte le informazioni a riguardo sul mio profilo, vi consiglio di dare un’occhiata oppure, per maggiori dettagli, contattatemi pure).
BITCOIN: ROTTURA TESTA E SPALLE E RIMBALZO SU POINT OF CONTROL DEL VISIBLE RANGE
Nella mia precedente idea avevo correlato il Bitcoin all’economia, allo spread tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 e 2 anni e agli altri etf settoriali:
Quello che voglio aggiungere a questa idea è che il Bitcoin, anche nella passata settimana, ha continuato a muoversi in trend ribassista, visto il momento di risk-off sui mercati:
La crypto ha perso il -18% circa al momento della scrittura. Questo era abbastanza prevedibile vista la correlazione positiva che sta presentando ultimamente con alcuni settori, in particolare quello tech. Vi voglio far notare due cose: la rottura del testa e spalle ribassista e il successivo rimbalzo della candela di sabato 22 nel point of control del visible range settato nel periodo inizi 2021- 23 gennaio 2022. Il prezzo scenderà al sotto? Vedremo. Da considerare la grande quantità di volumi presenti in quella fascia di prezzo; ciò si traduce con il fatto che il prezzo stesso potrà incontrare molti ostacoli.
Spero che quest’idea vi possa aiutare a prendere delle scelte migliori in futuro.
Non ho menzionato l’oro poiché ho intenzione di scrivere i prossimi giorni un’idea a parte.
Le mie idee non costituiscono consigli finanziari, sono soltanto delle analisi che condivido per cercare di portare forti contenuti all’interno di tradingview e della sua community. Ognuno deve crearsi il proprio metodo. Per qualsiasi informazione o chiarimento sono disponibile per tutti.
Buona settimana.
Matteo Farci
LA FED SCUOTE TUTTI I MERCATI? NO! ANALIS MACRO ULTIMA SETTIMANABuongiorno ragazzi, oggi volevo analizzare quello che è successo la scorsa settimana sui mercati finanziari statunitensi, in quanto è stata abbastanza particolare. Ci sono stati diversi dati macroeconomici e dichiarazioni che hanno fatto da padroni indiscussi. Tra questi elenco il vertice OPEC tenuto il 4 gennaio, i verbali degli incontri del FOMC del 5 gennaio ed infine i dati sulla disoccupazione e i non farm payrolls di venerdì 7 gennaio.
DECISIONI DELLA OPEC SULLA PRODUZIONE DI PETROLIO
La OPEC ha confermato che procederà con il previsto aumento della produzione di petrolio per il mese di febbraio 2022. L’aumento sarà di 400000 barili al giorno: quest’ultimo è stato approvato dopo che i membri OPEC hanno stimato un eccesso di offerta nell’anno 2022 inferiore a quello previsto in precedenza.
Nonostante la OPEC si attenda un nuovo surplus le stime indicano che sarà nettamente più contenuto di quanto ci si attendesse in precedenza con la produzione di petrolio che supererà la domanda mondiale di 1,4 milioni di barili al giorno nei primi tre mesi dell’anno rispetto agli 1,9 milioni della valutazione precedente.
Come ha preso la notizia il future sul Petrolio? Vediamo:
Dai minimi a 62$ circa del 2 dicembre, sembra che il Petrolio abbia recuperato piuttosto bene. A fine anno è stata rivisitata la resistenza a 76$ circa, quasi in corrispondenza della media a 50 periodi: il prezzo ha dapprima rintracciato brevemente, per poi andare (il 4 gennaio, giorno del meeting OPEC) a rompere al rialzo la media a 50 periodi, segnando infine una performance settimanale del +4,91%. Direi quindi che il mercato ha reagito piuttosto bene al meeting OPEC, non tanto perché la produzione è stata confermata anche per febbraio in aumento (ciò entrerebbe in contrasto per la legge della domanda dell’offerta, che dice che l’aumento dell’offerta di una materia prima è difficilmente accompagnata da un rialzo del prezzo della materia prima stessa), ma quanto perché gli aspetti della variante omicron, a conti fatti, non rallenteranno quanto ci si aspettava il consumo di petrolio.
Nonostante sembri che la positività in questa commodity sia tornata, vi voglio mostrare un piccolo campanello d’allarme, derivante dal cot report:
Vedete come il ribasso di tutto novembre (mese della scoperta della variante omicron) sia stata accompagnata da un trend ribassista da parte dei contratti dei large-speculators: probabilmente, in quello stesso periodo, tante operazioni erano state chiuse per 2 motivi:
1. Paura e incertezza nei riguardi della nuova variante che avrebbe potuto bloccare nuovamente l’economia mondiale
2. Prese di profitto a seguito del grande impulso rialzista di settembre-ottobre
Nell’ultimo mese (nonostante il prezzo si sia ripreso e sia passato nuovamente sopra la media a 50 periodi) si è creata una divergenza: lo spread tra contratti long e short si accorcia nonostante il prezzo continui a salire; come mai? Questo non posso saperlo, ma comunque lo considero un campanello di allarme, simbolo del fatto che il prezzo forse non è forte come sembra.
Per quanto riguarda invece la volatilità sull’asset, direi che si è tornati in condizioni di “tranquillità”, dal momento che l’indicatore è sceso sotto i 45 punti:
Quale sarà quindi il futuro destino del petrolio? Lo vedremo prossimamente, io vi ho riportato alcuni indicatori, ai quali vorrei aggiungervene un altro: tipicamente, in periodi di inflazione, le materie prime tendono a performare bene e tra queste non può certo mancare il crude oil.
IL FOMC, CIO’ CHE HA SCOSSO I MERCATI. MA PROPRIO TUTTI?
E qui veniamo ai verbali degli incontri del FOMC del 5 gennaio. In quell'occasione, i banchieri hanno annunciato l'accelerazione del processo che metterà fine agli stimoli monetari, con un tapering di 30 miliardi di dollari al mese (e non più 15 miliardi) per mettere fine al programma di aiuti da 120 miliardi al mese entro marzo. Il programma prevedeva 80 miliardi in titoli di Stato e 40 miliardi in titoli garantiti da mutui ipotecari. Inoltre, dopo il primo aumento dei tassi, si prevede anche una riduzione del bilancio.
Vi rilascio alcuni punti salienti dell’incontro:
“L'inflazione si sta dimostrando più alta e duratura del previsto e, per questo, potrebbe essere necessario alzare i tassi d'interesse prima del previsto; inoltre, è necessario ridurre il passo degli aiuti monetari, non più così necessari. Se il mercato del lavoro continuerà a migliorare con questo passo, i prerequisiti per un aumento dei tassi d'interesse potrebbero essere raggiunti relativamente presto”
Inoltre, dal dot plot (che è un grafico che registra ogni 3 mesi le previsioni della Fed) è emerso che la maggioranza dei banchieri prevede ora almeno tre rialzi dei tassi d'interesse nel 2022. Dopo la precedente riunione, a settembre, nove componenti su 18 del FOMC avevano invece ipotizzato almeno un rialzo dei tassi nel 2022.
Questa notizia è stata una sorpresa per i mercati che, come spesso vi dico, non hanno reagito affatto bene. Usando dei grafici a 30 minuti, vediamo quale è stata la loro reazione:
Vediamo come i due benchmark principali abbiano performato piuttosto male all’uscita del comunicato: l’S&P ha perso il -1,6%, mentre il Nasdaq il -1,92%. Sapete perché quest’ultimo è andato peggio? Ne parlo spesso, ma ora lo mostrerò:
A sinistra del grafico vi ho riportato la reazione del rendimento del decennale americano; vediamo come esso sia salito del +1,22%. Era normale che tale notizia scuotesse anche il mercato obbligazionario! Ma tornando a noi: come mai il Nasdaq ha perso di più? Per la correlazione che esiste tra inflazione e titoli growth! Ricordo che la parte lunga della curva dei rendimenti (costituita dalle scadenze a 10, 20 e 30 anni) si innalza tipicamente per due motivi: o per una previsione di crescita economica o per un’inflazione persistente (ed è ciò che è successo); direi che in questo momento siamo in una fase di espansione economica che non troppo tardi volgerà al termine, per cui la risalita dei rendimenti dei titoli a scadenza lunga è data dalla paura degli investitori di un’inflazione più persistente e duratura di quanto ci si aspettasse. Quali sono i titoli che più vengono danneggiati da un’inflazione alta e persistente? I titoli growth, che basano i loro guadagni sul futuro e non nel presente, e sappiamo quanto l’inflazione, appunto, eroda i guadagni futuri!
Guardate la correlazione inversa che esiste tra i rendimenti del decennale americano, il Nasdaq e l’etf XLK che rappresenta un paniere di aziende tecnologiche. Vedete che si muovono con buona approssimazione in maniera quasi opposta? Assistiamo a una correlazione molto inversa soprattutto quando il rendimento del decennale tende ad accelerare in maniera abbastanza aggressiva, come mostra appunto l’immagine:
Detto ciò, abbiamo capito come le tech, questa settimana, abbiano performato piuttosto male a causa del rialzo dei rendimenti obbligazionari. Al contrario di queste ultime, le value hanno invece performato bene, andando a segnare addiritura un +1,14%.
Vorrei inoltre farvi notare un qualcosa di importante:
Negli stessi momenti in cui il rendimento del decennale americano aumenta rapidamente, il settore Value tende a segnare buone performance, al contrario, come abbiamo visto prima, del tech. Sembra quasi che, in certi momenti, i due asset siano correlati positivamente. Sapete qual è la spiegazione?
Per farvelo capire, andrò a spacchettare l’etf del settore value dell’S&P500 per settori:
SETTORE FINANZIARIO 15,87%
SETTORE SANITARIO 15,56%
SETTORE INDUSTRIALE 12,89%
SETTORE TECNOLOGIE INFORMATIVE 12,40%
SETTORE CONSUMER STAPLES 10,72%
SETTORE CONSUMER DISCRETIONARY 7,72%
SETTORE SERVIZI DI COMUNICAZIONE 6,92%
SETTORE ENERGETICO 5,31%
SETTORE UTILITIES 5,04%
SETTORE MATERIALI 3,96%
SETTORE IMMOBILIARE 3,33%
Come possiamo notare, il peso maggiore è dato dal settore finanziario. Chiediamoci una cosa: come reagisce il settore finanziario all’aumento dei tassi di interesse e di conseguenza all’aumento dei rendimenti del decennale americano? Reagisce alla grande, tant’è che esiste una correlazione piuttosto positiva; vediamola:
Come mai c’è una correlazione diretta tra questi due asset? Le banche ricevono finanziamenti e creano successivamente guadagni in questo modo: ricevono innanzitutto fondi tramite i depositi dei clienti, a cui pagano tassi d’interesse a breve termine. Quindi, la parte corta della curva del rendimento rappresenta i costi di prestito della banca. Successivamente, guadagnano prestando denaro a tassi a lungo termine più alti. La differenza tra i due tassi (quello a lungo termine meno quello a breve termine) è nota come spread del tasso d’interesse e rappresenta il guadagno potenziale della banca. Quindi, più alto è un rendimento a scadenza lunga, più una banca ci guadagna, ecco spiegato il motivo! Il +5,43% dell’ultima settimana del settore finanziario non è stato un caso:
L’altro best performer della settimana è stato il settore energetico, rinforzato chiaramente dalla bella performance settimanale del petrolio, che segna un oltre +10%!
Vediamo le performance degli altri settori, per poi analizzare i titoli di stato a diversa scadenza, le materie prime e il dollaro.
SETTORE INDUSTRIALE E MATERIALI
Vediamo come il settore industriale abbia performato molto meglio rispetto a quello dei materiali. Non è un caso dal momento che, nel settore “value”, l’industriale occupa un peso del 12,89%.
SETTORE SANITARIO E DELLE COMUNICAZIONI
Il settore sanitario, nonostante rappresenti il secondo settore per peso all’interno dell’etf del settore value, ha subito tante vendite, chiudendo con una performance del -4,64%. Quello delle comunicazioni, invece, è ormai da diverso tempo in difficoltà, in particolare da inizi settembre 2021.
SETTORI BENI DI PRIMA NECESSITA’ E BENI DISCREZIONALI
I due settori hanno performato piuttosto diversamente: quello dei beni discrezionali male, -2,43%, mentre quello dei beni di prima necessità appena appena bene, segnando un +0,40%: questo è probabilmente dovuto al fatto che XLP è un settore difensivo, per cui probabilmente alcuni investitori hanno scaricato posizioni su settori più rischiosi a beneficio di alcuni meno rischiosi e quindi più difensivi. Ciò però è accaduto solo in XLP e non nel settore utilities, nonché difensivo, che perde oltre il punto percentuale:
Molto male il Real Estate, che segna una performance negativa del -4,9% dopo una cavalcata durata qualche settimana.
INDICE DELLE PAURE SUI MERCATI: VIX E VXN
Vediamo come i due indici, VIX (volatilità S&P500) e VXN (volatilità Nasdaq) si siano mossi in modo diverso: il VIX è rimasto all’interno dell’area di relativa tranquillità (sotto i 20 punti) mentre il VXN, al contrario, è salito oltre i 25 punti, a volatilità quindi preoccupanti. Come mai questa divergenza tra i due indici? Perché si ha avuto maggior paura per i titoli tech (e quindi del Nasdaq) a causa del rialzo dei rendimenti del decennale e per tutti i motivi che ho spiegato precedentemente!
MONDO OBBLIGAZIONARIO
Vi ho condiviso due curve dei rendimenti ben distinte, una di Q3 2021 (con i rendimenti del 2 agosto 2021) e una di Q1 2022 (quella odierna). Le due curve appartengono a due momenti ben distinti: in quella di Q3 2021 la banca centrale era abbastanza “rilassata” in quanto riferiva nelle sue riunioni il fatto che i tassi non sarebbero stati aumentati a breve, che l’inflazione era transitoria e la crescita economica robusta, con dati sul lavoro e disoccupazione via via migliorativi; alla curva odierna invece appartiene una Fed ben più aggressiva per i motivi di cui vi ho parlato all’inizio di questa idea.
Vi ho condiviso queste due curve per un particolare motivo: avete mai sentito da qualche professionista dire “la banca centrale può controllare solo la parte breve della curva”? Questo è il tipico esempio.
Guardiamo come i rendimenti alle brevi scadenze siano più ripidi oggi di quanto non lo fossero in Q3 2021; la parte a scadenze brevi della curva dei rendimenti (da scadenze di qualche mese fino ai 7 anni) è determinata dalle aspettative per la politica della Federal Reserve; il rendimento di quella parte aumenta quando ci si aspetta che la Fed aumenti i tassi e diminuisce quando ci si aspetta che i tassi di interesse vengano ridotti. L’estremità lunga della curva dei rendimenti, invece, è influenzata da fattori quali le prospettive sull’inflazione, la domanda e l’offerta degli investitori, la crescita economica.
Come ho spiegato diverse volte, se la crescita è robusta e l’inflazione in aumento, il prezzo delle obbligazioni a lunga scadenza dovrebbe scendere. Questo fa salire i rendimenti a 10,20 e30 anni e, di conseguenza, la curva diventa più ripida. Se una banca centrale risponde alle pressioni inflazionistiche alzando i tassi di interesse a breve termine, la curva si appiattisce, è questo è infatti quello che stiamo vedendo negli ultimi tempi; vediamo infatti che nella parte lunga troviamo una “gobbetta”; questo è sinonimo del fatto che si sta scommettendo in un futuro rallentamento economico (in quanto il rialzo dei tassi di interesse, tipicamente, avviene alla fine o comunque in prossimità della fine di un’espansione economica, per il fatto che una ripresa e successivamente un’espansione si portano dietro anche un’alta inflazione).
Tuttavia, i rendimenti hanno fatto i protagonisti la scorsa settimana, andando ad incrementare in maniera abbastanza notevole:
Vediamo infatti come le due scadenze lunghe siano salite in maniera vertiginosa: ciò è probabilmente dovuto all’incertezza degli operatori riguardo un’inflazione che si potrà dimostrare più dura e persistente di qualche tempo fa; questo è stato dichiarato anche dalle FED che appunto, per combatterla, prevede 3 aumenti dei tassi.
Avete quindi capito il motivo della forma della curva dei rendimenti odierna rispetto a quella di qualche mese fa? Se no, commentate e sarò più chiaro.
IL DOLLARO AVEVA PROBABILMENTE GIA’ SCONTATO TUTTO E CIO’ HA AIUTATO LE COMMODITIES
Spesso ho detto che probabilmente il dollaro aveva già scontato il tapering e probabilmente qualche aumento dei tassi di interesse; credo che questa ipotesi possa essere ora considerata vera in quanto il dollaro stesso, all’annuncio aggressivo della FED, si è mosso poco. Anzi, si trova in un canale di lateralizzazione da ormai 2 mesi, dal 17 novembre:
Da questa lateralizzazione ne hanno beneficiato le materie prime (guardate il grafico a destra, il bloomberg commodity index) che, dopo aver disegnato un doppio minimo sulla struttura a 27 dollari, sono ripartite al rialzo, segnando una performance settimanale del +2,41%!
NON FARM PAYROLLS E DISOCCUPAZIONE
Infine, vi riporto altri due catalizzatori della scorsa settimana: le buste paga del settore non agricolo, che hanno registrato un aumento di 199mila nuovi posti di lavoro a dispetto delle stime di investing.com di 400mila, e i dati sulla disoccupazione molto positivi, scesi al 3,9% dai 4,1% del mese precedente.
Questi ultimi sono due dati molto importanti, per 2 motivi: i mandati della FED sono il controllo dell’occupazione e il monitoraggio dei livelli d’inflazione: a seconda dei prossimi dati sui posti di lavoro, la FED potrebbe decidere se anticipare o posticipare l’aumento dei tassi, e quindi se essere più aggressiva o meno, e questo potrebbe scuotere ancora i mercati; i livelli di disoccupazione via via decrescenti danno invece sostegno all’inflazione, in quanto più persone possono spendere, la domanda dei beni si alza e di seguito l’inflazione stessa; interessante sarà vedere i prossimi dati sulle vendite al dettaglio in quest’ottica.
Spero quest’idea sia uno spunto riflessivo per tutti.
MATTEO FARCI
Petrolio WTI, usciremo dalla zona di comfort?Al momento le quotazioni trovano una loro area di equilibrio tra i 73,30 ed i 69,35.
Le operatività si svolgono tutte all'interno di tali riferimenti grafici fino ad un'eventuale foratura confermata che potrebbe originare uno spostamento più importante prezzi; rimangono di assoluto interesse e da monitorare con attenzione, le aree a basso ed elevato impatto volumetrico.
Buon trading
*Petrolio, short già da oggi se...Dopo il movimento rialzista che ha contraddistinto il petrolio nel bimestre 20 agosto - 25 ottobre il prezzo, dopo una leggera lateralità, non solo si è riportato al di sotto della media mobile iniziando una tendenza ribassista nel grafico "daily" ma ha addirittura violato al ribasso l'area importante dei $74 con la fortissima candela discendente del 26 novembre, favorendo un breakout della EMA21 anche nel time-frame settimanale, spingendo la quotazione fino a zona $62. Nelle ultime sedute abbiamo assistito ad un movimento di correzione verso il livello violato a fine novembre con un bel Engulfing ribassista disegnato giovedì scorso (chiaro segnale di Price Action) che avrebbe potuto anche essere preso in considerazione per un'entrata "in trend"!; dopo il leggero rialzo di venerdì sarebbe molto interessante riscontrare oggi una candela di conferma short, magari anche nei time frame H4 e/o H8 per entrare in vendita e seguire questo movimento discendente con un bellissimo target sul supporto in area $62. Attendo quindi una conferma di Price Action nella giornata odierna; in caso contrario non si farà nulla.
Buona settimana di trading, Maurizio.
Petrolio, punto della settimana e vantaggi statisticiAnalisi dell'ambiente operativo nel quale muoversi alla ricerca di opportunità di guadagno e presentazione di indicatori statisticamente tarati per avere un vantaggio nella proprie scelte discrezionali. Volume Profile, Supertrend, Pivot Point e medie mobili
IPOTESI DEL PREZZO FUTURO DELL'ORO CON L'ANALISI INTERMARKETBuongiorno a tutti, ieri parlavo dell’importanza di intrecciare nelle analisi diversi strumenti per avere una visione sempre più chiara e più ampia dei mercati finanziari.
In particolare, vi ho parlato dell’importanza di saper leggere i segnali dati dal mondo obbligazionario. Continuando a collegarmi ad esso, oggi voglio correlare lo stesso strumento con il prezzo del petrolio e i valori dell’inflazione per poter fare un’ipotesi sul prezzo che potrà avere l’oro nel prossimo anno.
LA DIFFERENZA TRA I RENDIMENTI NOMINALI E I RENDIMENTI REALI
Si parla spesso delle tante correlazioni che esistono per l’oro: la correlazione inversa con il dollaro statunitense, quella con l’inflazione e quella con il bitcoin sono forse le più chiacchierate.
La correlazione di cui voglio parlare oggi è quella esistente con i tassi di interesse reali, che non sono altro che il rendimento, nel mio esempio, dei titoli di stato a 10 anni americani, aggiustati all’inflazione. Il famoso “US10Y”, ossia il rendimento del titolo di stato a 10 anni, è nominale, non reale; diventa reale dal momento che esso si indicizza all’inflazione; esso è determinato semplicemente calcolando lo spread tra il rendimento di un dato titolo di stato e l’inflazione (ricordo a voi che uno spread non è altro che una sottrazione).
Mi piace ragionare sempre per via grafica. Purtroppo non sono riuscito a costruire la correlazione qui su tradingview, ma posso comunque condividervi un link in cui la correlazione di cui parlo è ben determinata (la correlazione è tra i rendimenti dei titoli di stato reali a 10 anni con, appunto, l’oro):
www.filepicker.io
Come possiamo vedere nell’immagine, quando i tassi di interesse reali tendono a scendere, l’oro si comporta in maniera inversa, andando ad apprezzarsi.
Ora ragioniamo insieme per capire al meglio come i dati siano indicizzati:
Vi riporto i dati anno su anno dell’inflazione USA (dati reperiti su investing.com):
10.11.2021 (Ott) 6,2%
13.10.2021 (Set) 5,4%
14.09.2021 (Ago) 5,3%
11.08.2021 (Lug) 5,4%
13.07.2021 (Giu) 5,4%
10.06.2021 (Mag) 5,0%
12.05.2021 (Apr) 4,2%
13.04.2021 (Mar) 2,6%
Vediamo che dai dati di marzo agli ultimi di ottobre si ha avuto un costante incremento.
Ora guardiamo il grafico relativo ai rendimenti USA a 10 anni:
I rendimenti si sono mossi al rialzo in maniera aggressiva da agosto 2020 a marzo 2021. Questo, come ho spiegato nella mia precedente idea, è dovuto al fatto che per gli operatori, con un inflazione così alta e un clima di risk on nei mercati, non aveva senso tenere obbligazioni con un rendimento intorno al 1,5%/1,6%/1,7% dal momento che l’inflazione avrebbe poi eroso i guadagni. Ricordo che i rendimenti salgono essenzialmente per due motivi: aspettative di crescita economica e paura per inflazione alta. Continuando ad osservare, vediamo come i rendimenti abbiano poi cessato la loro forza rialzista andando a formare un canale parallelo con due top (evidenziati con dei rettangolini gialli, a 1,7% circa) e due bottom (evidenziati con il rettangolino azzurro, a 1,15%).
Basandoci sui dati riguardanti l’inflazione che vi ho condiviso prima, vi ricordo che uno degli obiettivi della FED è quello di tenere a bada l’inflazione intorno al valore del 2%; effettivamente, vediamo come l’inflazione di marzo fosse del 2,6%, quindi non troppo preoccupante, fino ad arrivare i mesi successivi a valori ben più preoccupanti del 4%,5%,6% ed oltre. In quello stesso periodo, vediamo appunto come i rendimenti a 10 anni nominali abbiano lateralizzato, mentre gli stessi indicizzati all’inflazione abbiano invece iniziato un trend discendente, con massimi sempre decrescenti.
Questo potete osservarlo nel link di Fred Economics che ora vi condivido:
fred.stlouisfed.org
Perché i nominali hanno lateralizzato mentre quelli reali hanno iniziato un trend ribassista? Questo è proprio dovuto alla sottrazione tra il valore dei nominali meno l’inflazione, e questo è l’effetto.
Mi sono voluto dilungare per rendervi ben chiara la situazione.
LA CORRELAZIONE TRA ORO E RENDIMENTI REALI
Vi condivido il grafico dell’oro in cui vi segno delle aeree molto importanti:
L’oro, dagli inizi di marzo 2021 quando, nello stesso periodo, gli us real interest rates hanno iniziato il loro trend ribassista, ha guadagnato il 6,20% circa. Nei rettangoli azzurri vi ho segnato i periodi in cui la correlazione tra i due asset è più evidente; vi consiglio di paragonare i rialzi dell’oro di metà marzo/metà maggio e di metà settembre/metà novembre con gli stessi interessi reali: la correlazione sarà molto attendibile. Se vi chiedete come mai la correlazione non è perfetta ogni giorno della settimana (nel senso, se l’oro fa un candela rossa, gli us real interest rates fanno una candela verde) vi rispondo che tale correlazione è molto più apprezzabile nel medio/lungo periodo, ma non nel breve (e questo potete chiaramente vederlo nel link dell’immagine che precedentemente vi ho condiviso):
www.filepicker.io
IL PESO CHE HA IL PETROLIO E I SUOI RAFFINATI NEL PANIERE DEL CONSUMER PRICE INDEX
L’ente statunitense che rilascia i dati sull’inflazione è il US BUREAU OF LABOUR STATISTICS. Entrando nel sito ufficiale, in particolare nella pagina che ora vi linkerò, vediamo come un grafico ad istogrammi ci raffiguri il fatto che si, l’inflazione è molto alta, indicando il fatto che la causa maggiore di tale incremento è il prezzo dell’energia:
www.bls.gov
Nell’ultima pubblicazione si può notare come i prezzi dell’energia, anno su anno, siano aumentati di ben il 30%, mentre si hanno avuti incrementi più modesti per tutte le altre categorie, compresi il cibo, i servizi e quant’altro (non esaminerò tutto il paniere del cpi in questa idea, vi consiglio di cliccare sul link e vedere voi stessi).
Ora utilizziamo una grafica per comparare i dati sull’inflazione con i prezzi del petrolio:
Come potete vedere, ho paragonato gli aumenti del petrolio con i dati sull’inflazione, e ho trovato riscontro positivo, nel senso che a un aumento del petrolio è corrisposto un aumento del cpi. In particolare, come specifico nella grafica, da fine marzo a inizi luglio il petrolio è aumentato del 33,6%, mentre il cpi è passato dal 2,6% al 5,4%; dagli inizi di luglio alla fine di agosto il crude oil ha rintracciato del 20% circa, mentre il cpi e' rimasto stabile intorno a valori del 5,3%/5,4%. Infine, da fine agosto a fine ottobre, a un incremento del crude oil del 40% è corrisposto un aumento del cpi, che è passato dal 5,4% al 6,2%. Se vi chiedete perché i valori di inflazione non siano diminuiti in corrispondenza di luglio e agosto, visto il rintracciamento del 20%, credo possa essere imputabile al fatto che in quello stesso periodo, nel paniere dell’inflazione, registrasse numeri molto alti la vendita di auto usate, i cui prezzi erano aumentati tantissimo anno su anno.
COME PUO’ INFLUENZARE L’INFLAZIONE IL RECENTE CROLLO DEL PETROLIO?
Sappiamo come il petrolio abbia rintracciato pesantemente nelle ultime settimane. Ciò è dovuto a diversi fattori, come la paura per la nuova variante omicron di covid. Il dato che uscirà oggi sul cpi come potrà essere dal momento che il petrolio ha rintracciato di circa il -27%? Secondo le ultime stime, le agenzie prevedono un incremento (si pensa oltre il 6,7%) fatto sta che aspetteremo il dato ufficiale per esaminare al meglio la situazione, infatti molto spesso le previsioni vengono smentite da altri numeri (come è accaduto, ad esempio, per l’ultimo dato sui non farm payrolls).
CORRELAZIONE TRA INFLAZIONE, PETROLIO E CURVA DEI RENDIMENTI PER FARE UN’IPOTESI SUL PREZZO FUTURO DEL GOLD
Per quanto riguarda il mondo obbligazionario, la curva dei rendimenti si sta appiattendo (ho trattato bene questo argomento nell’ultima idea, pubblicata ieri. Il link lo condivido in basso):
I rendimenti a 10 anni dei titoli di stato sembrano non vogliano più salire oltre il l’1,7%, probabilmente perché stanno (o hanno) già scontato il futuro aumento dei tassi di interesse.
Per quanto riguarda l’inflazione, abbiamo visto come nell’ultimo dato del 6,2% abbia influito pesantemente il prezzo dell’energia, che però ora sta scendendo (per i prezzi dell’energia, si fa riferimento anche ai prezzi del natural gas chiaramente) ; il petrolio in questi ultimi giorni ha tentato un rimbalzo, tuttavia si trova ancora lontano dagli 85$ di qualche settimana fa; provando ad ipotizzare il prezzo del petrolio nel prossimo trimestre, vi aspettate che risalga attorno a quei valori? Tutto dipenderà dall’OPEC, dai casi covid e dalla domanda mondiale (mi aspettavo che nell’ultima riunione di inizi dicembre l’organizzazione tagliasse l’aumento mensile di 400k barili, ma ciò non è successo, forse perché l’OPEC stessa si aspetta nei primi mesi dell’anno una contrazione della domanda). Quello che penso è che il petrolio farà fatica, almeno nel breve periodo, a ritornare a quei valori, in quanto non ha ricevuto la forza necessaria dall’OPEC, che dapprima ha comunicato il fatto di prevedere una contrazione di domanda, e in secondo luogo non ha tagliato la produzione. Inoltre, in tante nazioni del mondo, ci sono nuove restrizioni per i viaggi, e questo significa minor consumo di carburante da parte del settore aereo.
Sarà importante seguire da vicino i report dell’OPEC (il prossimo il 13 dicembre) , dell’EIA e della IEA, molto utili per capire le dinamiche di domanda e offerta. Se si rivelerà vera la contrazione della domanda, è chiaro che il petrolio farà molta fatica a risalire agli 85$.
Questa situazione cosa potrà significare per l’inflazione? Che forse i dati di ottobre (o novembre) hanno visto il loro picco. E quindi, se i rendimenti a 10 anni nominali rimanessero effettivamente a quei valori visto il contesto economico americano e l’inflazione iniziasse un trend neutrale/debolmente ribassista (dico debolmente ribassista perché oggi, 9 dicembre, non c’è nulla che mi faccia pensare a un crollo del petrolio), che aspetto potrebbe avere la curva dei rendimenti a 10 anni reali nel prossimo trimestre? Probabilmente, visto lo spread che vi ho descritto prima, neutrale/debolmente rialzista (in quanto, se l’inflazione dimuisce ma il rendimento nominale oscilla a valori di 1,3%/1,4%, rimanendo quindi stabile, l’interesse reale tende di nuovo a crescere).
Se quindi i rendimenti reali hanno toccato il loro bottom per iniziare un trend neutral/debolmente rialzista e vista la correlazione inversa nel medio periodo con il gold, cosa possiamo aspettarci dal metallo prezioso? Che il suo prossimo trend sarà neutral/debolmente ribassista?
Inoltre ricordo che il futuro aumento dei tassi di interesse (in Q1 o Q2 2022) andranno sicuramente ad abbassare il cpi stesso.
Mi rendo conto che l’analisi è molto lunga ma ci ho lavorato diverse ore. Mi rendo anche conto che è un’ipotesi ottenuta analizzando diversi strumenti, dal momento che ho creato un “minestrone” di inflazione, curva dei rendimenti, interessi nominali, reali e prezzo del petrolio. Ma è un’ipotesi, non un consiglio finanziario. Questa è comunque la mia idea, vedrò nei prossimi mesi cosa succederà, nel frattempo spero che tutti questi ragionamenti vi possano essere utili, grazie mille per l’attenzione.
BREVE ANALISI TECNICA SUL GOLD
Vi ho condiviso un grafico settimanale in cui vediamo la formazione di un bellissimo triangolo discendente, che è una figura di analisi tecnica ribassista. Dopo aver toccato i massimi storici ad agosto 2020, il prezzo ha rintracciato, andando a testare il supporto a 1676$ numerose volte (vi ho evidenziato tali situazioni con dei rettangolini gialli) e andando a formare sempre dei massimi decrescenti con la conseguente formazione del triangolo discendente. Nella settimana dell’8 novembre abbiamo assistito anche ad un falso breakout, evidenziato con una freccia rossa.
Le due cose da tener d’occhio in questa “mini” analisi tecnica sono due:
- Il triangolo discendente
- I volumi: notiamo come l’impulso rialzista partito da maggio 2019 fino al massimo storico di agosto 2020 sia stato accompagnato da volumi alti (evidenziati nel
rettangolo azzurro) . A partire invece dallo stesso agosto fino ad oggi, i volumi si sono notevolmente abbassati, e questo è ben visibile nel rettangolo giallo.
Quindi, che c’è da dire? Che la visione intermarket potrebbe essere lateral-ribassista, e la price action sembra voglia confermare questa tendenza, in quanto una figura di analisi tecnica ribassista e volumi in diminuzione rispetto alla media non precludono solitamente un rialzo del prezzo.
MATTEO FARCI
CRUDE OIL (CL) - Fase di debolezzaIl CRUDE OIL (CL) dopo aver toccato quota 85$ ha avviato una fase di ritracciamento dimostrando un rafforzamento della stessa questa settimana soprattutto a seguito della notizia sulla nuova variante del virus sudafricana con alto numero di mutazioni che ha portato a preoccupazione, incertezza da parte degli investitori con conseguente alta volatilità.
Venerdì 26/11 la discesa è stata talmente intensa al punto di registrare il break out al ribasso di una trend line dinamica (rappresentata in figura) che sosteneva da inizio Novembre 2020 la salita del prezzo del petrolio ed, inoltre, il break out al ribasso della media (MA) degli istituzionali a 200 periodi.
Tali break out al ribasso dal punto di vista probabilistico indica la possibile volontà del mercato di una prosecuzione di un trend ribassista ormai avviato.
In figura sono state individuate due aree di domanda/supporto (rettangoli verdi) dove potremmo registrare una momentanea reazione del prezzo al rialzo con buona probabilità che la prima area possa essere "bucata" al ribasso avvicinandosi alla seconda più bassa.
Quanto sopra esposto non è un consiglio finanziario ma la nostra view basata sulla strategia PCTS.
Buon trading!
PETROLIO AL TEST DEL SUPPORTO IN AREA 76,50!Quarta Settimana di Ribasso per il PETROLIO, che sfiora il supporto in area 76,50!
Prezzo che, nonostante tutto, mantiene inalterata la sua impostazione rialzista, per cui l'area attuale potrebbe rappresentare un buon punto di partenza per individuare un minimo relativo e alla ripartenza consolidare la posizione rialzista con successivi acquisti.
Buon Trading!
ANALISI PETROLIO:BIDEN, OPEC, SPR E...NUOVA VARIANTE SUDAFRICANABuongiorno a tutti, ero ormai da diverso tempo senza analizzare il petrolio, e credo che quello che ultimamente sta succedendo su di esso è degno di nota.
DISSIDI OPEC-BIDEN
Come sappiamo l’OPEC, ossia l’organizzazione mondiale dei paesi esportatori di petrolio, ha fondamentalmente 3 obiettivi:
- Il primo è quello di mantenere stabili i prezzi del petrolio coordinando la produzione petrolifera dei suoi membri attraverso le quote.
- Il secondo obiettivo è quello di ridurre la volatilità dei prezzi del petrolio
- Il terzo è quello di adeguare l’offerta di petrolio per combattere le eccedenze e le carenze, contribuendo così a ridurre la volatilità del prezzo del petrolio sui mercati internazionali.
Dopo la pandemia di covid-19 tale organizzazione non riuscì a trovare un accordo sul taglio dell’offerta (dato che la domanda sarebbe stata a livelli bassissimi dati i blocchi nazionali) e il prezzo del petrolio precipitò, andando a segnare addiritura dei prezzi negativi che non si erano mai visti prima.
Dopo questo avvenimento si riuscirono a trovare degli accordi riguardo il taglio dell’offerta che piano piano andarono a risollevare il prezzo della materia prima, portando il prezzo del barile a oltre 80$.
A questa breve introduzione voglio aggiungere il fatto che l’aumento dei prezzi del petrolio è chiaramente un fenomeno inflazionistico; non per niente abbiamo visto un aumento dell’inflazione USA e dell’inflazione EU rispettivamente del 6,2% e del 4,1% anno su anno. L’aumento dei prezzi del petrolio si va poi a riversare su tutta un’altra serie di prodotti e raffinati, come:
- Plastica
- Asfalto
- Gasolio
- Oli combustibili
- Benzina
- Cherosene
- Gas petrolio liquefatto (GPL)
- Oli lubrificanti
- Paraffina
- Catrame
Non è da escludere l’aumento del prezzo delle merci che vengono trasportate da nazione a nazione, o da paesi diversi della stessa nazione: è chiaro che se i carburanti (e quindi i costi di trasporto) sono maggiori, le merci finali distribuite tra i consumatori aumenteranno.
L’inflazione che si è venuta a creare ha spaventato tutti gli stati mondiali e gli investitori, fatta (forse) eccezione della FED, che ha sempre definito essa come “transitoria”.
Questa affermazione trova pochi d’accordo, e tra questi non manca il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha provato a concordare con l’OPEC un aumento della produzione di petrolio con lo scopo di andare a calmierare i prezzi del barile stesso. Questo perché? Perché i prezzi di una materia prima si definiscono con la dinamica della domanda e dell’offerta; collegandoci a questo meccanismo, Biden e la sua amministrazione prevedono un aumento della domanda nel prossimo anno dal momento che le condizioni economiche stanno migliorando (si prevede che il PIL USA nel 2022 crescerà di circa il 3,8%); per questo motivo, il governo USA, seguito da altri stati come India, Corea del Sud, Cina, Inghilterra e Giappone hanno chiesto all’OPEC un aumento dell’offerta, trovando però nella controparte un rifiuto. La risposta dell’organizzazione mondiale dei paesi esportatori di petrolio è stata dettata dal fatto che l’organizzazione stessa ha dovuto fare nei tempi prima un grandissimo lavoro per portare i prezzi del barile ai prezzi odierni vista la loro visione economica mondiale ancora incerta (possibili nuovi focolai o restrizioni come sta accadendo ora in Germania e Austria), decidendo un “modesto” aumento di produzione mensile di 400mila barili fino a settembre 2022.
Nel suo ultimo report mensile sul mercato petrolifero, l’OPEC ha inoltre stimato quale potrà essere il livello di domanda concludendo che essa, a livello mondiale, migliorerà del 4,3% rispetto al 2021.
Credo che tale percentuale di miglioramento non abbia soddisfatto l’OPEC tanto da aumentare in maniera più accentuata la produzione, aggiungendo inoltre che si prevede anche un surplus di offerta per Q1 2022, così come i nuovi casi covid che stanno prendendo piede in diversi Paesi. Da non dimenticare il traffico aereo; parte rilevante del consumo di carburante è utilizzato proprio negli aerei, e solo ora alcune nazioni hanno riniziato ad aprire i confini (gli USA, ad esempio, due settimane fa).
Incassato il “no” diretto dell’OPEC, come hanno reagito le nazioni? Hanno rilasciato barili dalle loro riserve strategiche di petrolio (SPR) . Sapete cosa sono queste riserve? Non sono altro che riserve di emergenza che non hanno lo scopo di essere usate per andare a modificare il prezzo del barile, bensì di essere utilizzate in caso di gravi interruzioni delle operazioni nelle raffinerie o a seguito, ad esempio, di gravi disastri ambientali (basti pensare al più recente uragano Ida: per mantenere attiva la fornitura di energia, Biden ha attivato la SPR americana).
Secondo i dati che ho letto, gli USA rilasceranno circa 50 milioni di barili, il Regno Unito circa 1,5 milioni di barili mentre l’India 5 milioni. Cina, Giappone e Corea del Sud, al momento, devono ancora annunciare numeri specifici.
Stando alla dinamica della domanda e dell’offerta, questa notizia avrebbe dovuto portare i prezzi del barile più in basso, invece il 23 novembre abbiamo assistito alla formazione di una candela dal +2,28%..come mai positiva e non negativa? Probabile che il mercato avesse già scontato in anticipo la notizia come spesso accade, oppure perché 50 milioni di barili USA, sommati a forse altri 50 milioni degli altri paesi, andrebbero a ricoprire la domanda mondiale di un solo giorno.
Detto questo, la situazione attuale è quella che ora ho descritto. I possibili market mover per il petrolio, a parer mio, saranno le decisioni dell’OPEC (la prossima riunione avverrà il 2 dicembre), i casi covid mondiali (più casi -> possibili nuovi lockdown -> minor richiesta di carburanti) ed infine sarà utile informarsi sulle previsioni dei viaggi delle compagnie aeree perché, come ho detto, gran parte del consumo mondiale avviene grazie ai voli.
Inoltre, voglio aggiungere che alcune banche d’affari o testate giornalistiche, tra le quali Bloomberg, danno un prezzo del barile a 100$ il prossimo futuro. Ciò accadrà?
ANALISI TECNICA
Vi ho condiviso il grafico giornaliero del future del petrolio con scadenza gennaio 2022. Quello che mi balza subito all’occhio è la grande separazione che si è venuta a creare tra le due medie mobili: quella veloce, a 50 periodi, e quella lenta, a 200 periodi; come spesso sottolineo nelle mie analisi, tanto più è considerevole la distanza tra due medie mobili diverse in periodi tra loro (sempre facendo riferimento ad una veloce ed una lenta), tanto più un trend è forte; e infatti, questa grande distanza è testimoniata dal fatto che il petrolio, a partire da gennaio 2021, ha incrementato il suo valore di oltre il 60%.
Vi ho evidenziato due strutture di prezzo importanti: quella a 60$, evidenziata da un rettangolo nero, e quella a 71$ circa, sentita dal prezzo ben 3 volte (evidenziato con rettangolini rossi) prima di essere stata superata dallo stesso, arrivando poi a segnare il massimo relativo a 83,83$. Interessante notare come il prezzo sia entrato a valori di RSI di ipercomprato (a 80) per poter raggiungere tale prezzi. Ricordo che molto spesso ad un valore RSI di ipercomprato (sopra i 70) o ipervenduto (sotto i 30) corrisponde un rintracciamento del prezzo, e questo è proprio ciò che è accaduto.
Per calcolare il possibile rintracciamento ho utilizzato il rintracciamento di Fibonacci dal minimo dell’ultimo impulso rialzista (dal minimo della candela del 23 agosto) fino al massimo (al massimo della candela del 25 ottobre). I rintracciamenti possibili sono 3, e sono evidenziati nel rettangolo di color giallo:
- Quello nel livello 38,2%
- Quello nel livello 50%
- Quello nel livello 68,2%
Sembra per ora che il prezzo abbia rintracciato del 38,2%, ma non è da escludere che possa rintracciare fino al 50% o al 68,2%.
Dopo aver rimbalzato sul livello 38,2%, vediamo come il prezzo, con le candele del 23 ,24 e 26 novembre, abbia sentito la media a 50 periodi.
Adesso, a parer mio, bisognerà capire cosa farà il prezzo, perché ci troviamo in una fase di stallo, sia dal punto di vista fondamentale che tecnico: se il prezzo romperà con forza e con buoni volumi la media a 50 periodi, potrebbe tranquillamente tornare a far visita agli 83$; viceversa, nel caso non riuscisse a romperla, potrebbe continuare a rintracciare. Sarebbe fantastico se lo facesse in prossimità dei livelli 50% e 61,8% e in corrispondenza della struttura a 71$: un successivo rimbalzo in corrispondenza di quella zona mi farebbe pensare ad un’entrata long, perché quella è la zona in cui in passato i compratori hanno spinto nuovamente il prezzo al rialzo, facendogli creare l’impulso arrestatosi poi il 25 ottobre.
POSIZIONI COT REPORT PER CAPIRE IL SENTIMENT DEGLI SPECULATORI
Utilizzo sempre nelle mie analisi sulle materie prime il COT REPORT, guardando con particolare attenzione le posizioni nette (ottenute per differenza tra i contratti long e contratti short) degli speculatori. Notiamo come, dal 3 settembre al 22 ottobre le posizioni nette long siano aumentate, e nello stesso periodo il grafico ha formato i nuovi massimi relativi a 83,83$:
22.10.2021 429,6K
15.10.2021 404,8K
08.10.2021 398,3K
01.10.2021 373,8K
24.09.2021 356,0K
17.09.2021 355,1K
10.09.2021 349,2K
03.09.2021 356,5K
Successivamente il prezzo ha poi rintracciato, con conseguente diminuzione delle posizioni long rispetto a quelle short:
19.11.2021 415,8K
15.11.2021 421,3K
05.11.2021 419,3K
29.10.2021 423,7K
Questa diminuzione di posizioni long è probabilmente dovuta alle diverse prese di profitto dopo l’ultima grande cavalcata. Sarà interessante vedere cosa accadrà in futuro.
**Questa idea è stata scritta ieri e per alcuni problemi non è stata possibile pubblicarla. Voglio aggiungere a quello che ho già espresso una notizia dell’ultima ora: è stata trovata una nuova variante covid in Sud Africa, denominata B.1.1.529. L’unica dichiarazione a riguardo è stata della dottoressa Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico dell’OMS :” Non sappiamo ancora molto su questo. Quello che sappiamo è che questa variante ha un gran numero di mutazioni. E la preoccupazione è che quando si hanno così tante mutazioni, può avere un impatto sul comportamento del virus”.
Per ora sembra che i mercati abbiano reagito abbastanza male: il Nikkei 225 chiude le contrattazioni con un ribasso del -3%, lo stesso petrolio al momento della scrittura perde il 3,52%, mentre i future sugli indici americani si muovono in territorio negativo. Intanto, Il Regno Unito ha annunciato che vieterà i voli da sei paesi africani, incluso il Sudafrica, a partire da mezzogiorno di venerdì.
Come ho già scritto, nuovi focolai covid potrebbero significare nuove restrizioni (sotto forma di nuovi lockdown), e le nuove restrizioni andrebbero chiaramente ad impattare negativamente sulla domanda di petrolio.
Aveva quindi ragione l’OPEC a non riaprire i rubinetti più di quanto stesse facendo per paura di nuovi lockdown? Questo lo capiremo soltanto i prossimi giorni, per il momento aspettiamo una giornata volatile.
MATTEO FARCI
OIL, che timing!Dopo la B1 perfetta, siamo andati in A1 dove il prezzo ha sentito il 38.2% di Fibonacci ed è ripartita verso la B2 del quadrimestrale .
Nell’articolo precedente ” OIL, pronti a ripartire ” avevo detto di come il canale Buy in H1 si stesse restringendo, e guardate come sono entrati i segnali Buy :
Siamo sui minimi!
Adesso dobbiamo solo vedere se il prezzo agirà come deve, ovvero punterà a quota 89.66 come previsto mesi fa.
Posizione sul petrolio: raggiunti i livelli di attenzione.Le ultime quattro settimane hanno visto un sostanziale indebolimento del mercato del petrolio greggio leggero, con lo storno in area 76 e candela che trova reazione in prossimità sia della Ema100 che di un livello di supporto statico.
La fiammata inflazionistica, a cavallo degli ultimi dodici mesi mi ha portato a due operazioni sul petrolio. La prima operazione, che tutto sommato ritengo soddisfacente, chiusa a marzo 2021 in base alla perdita di momentum e di bias psicologico orientato alla protezione dei profitti.
La seconda attualmente ancora a mercato e sulla quale la mia decisione di restare in posizione dipenderà dal comportamento del prezzo rispetto ai livelli tecnici indicati sul grafico. Se la Ema100 ed il livello di supporto statico dovessero essere violati in maniera decisa al ribasso, andrei a chiudere le relative posizioni.
Specifico che per l’operatività in futures, per esigenze di money managment e per scalabilità del lotto al ribasso, su alcuni sottostanti eseguo transazioni con CFD. Non sono uno strumento che amo particolarmente, ma se impiegati con un broker serio, possiamo cogliere delle opportunità senza essere troppo vincolati dalla grandezza dei lotti.
OIL, segnale MCS H1Entrato segnale MCS su grafico H1, target MML a 79.41 in riassorbimento candela Daily.
Stop Loss 73.62
PETROLIO: SITUAZIONE DI IPERCOMPRATO TECNICOIl #petrolio, una volta raggiunta l'area degli $80, sembra voler prendere una pausa per capire gli sviluppi della situazione energetica mondiale. Il passaggio dall'utilizzo del Natural Gas e del Carbone per produrre energia al petrolio, meno caro in questo periodo, potrebbe aver influenzato l'ultima crescita delle quotazioni. In ogni caso l'intero comparto rimane sotto pressione mostrando una spiccata #volatilità. I prezzi del carbone in Cina, ad esempio, hanno continuato a diminuire e hanno perso circa il 14%. I prezzi del gas in Europa e negli Stati Uniti sono diminuiti rispettivamente del 5,3% e dell'1%. I prezzi della benzina negli Stati Uniti hanno perso l'1,1%. Un ulteriore fattore che sta esercitando pressione sul prezzo del petrolio, anche se meno importante, è stato il rafforzamento nelle ultime settimane del dollaro USA.
Ma nonostante la pausa dei prezzi, la domanda di petrolio rimane forte e l'offerta rimane ancora limitata. I paesi dell'#OPEC + hanno chiarito che non vedono alcun motivo per rivedere il programma per aumentare la produzione finora.
Dal punto di vista tecnico, analizzando un grafico di lunghissimo periodo su base settimanale, potremmo essere vicini ad un punto di forte resistenza. Anche le indicazioni che provengono dalla lettura dell'indicatore #RSI mostrano che i prezzi si trovano in una zona di #ipercomprato.