US10Y: Triangolo rialzista-ascendenteUS10Y: Triangolo rialzista-ascendente
Triangolo ascendente rilevato su US10Y
Le medie mobili esponenziali rimangono possibili obiettivi
Monitora i livelli di Ichimoku
Il ROC (Tasso di Cambiamento) è in territorio positivo.
Le obbligazioni possono raggiungere un double top
Stai attento
Buoni scambi a tutti
US10Y
Tassi Interesse FED: inflazione e rendimenti Bond in USALa Fed mostra di prendere il discorso inflattivo di punta. L'ha fatto con ritardo, ma non vuol cadere nell'errore di allentare la presa per farla riaccendere.
Era Febbraio'22 che avevo iniziato a pubblicare questi grafici. La trend line di lungo periodo è stata violata solo in un una rilevazione con picco inflattivo a 9.10 da dove poi è iniziata la discesa.
Soprattutto sottolineavo che i rendimenti dei 10Y erano schiacciati verso il basso, oggi si sono adeguati e penso che lo dovrebbero fare ancora per un mezzo punticino.
Oggi attendiamo la BCE, ma il suo comportamento credo sarà uguale.
IL MONDO OBBLIGAZIONARIO GOVERNATIVO USA GRIDA “RECESSIONE”?Buongiorno a tutti.
È da qualche tempo che non analizzo il mercato obbligazionario americano, a parer mio uno dei migliori indicatori dal momento che esso tende spesso ad anticipare determinati eventi. Baserò la mia analisi su determinati rapporti fra i titoli di stato a breve scadenza (3 mesi, 6 mesi, 1,2 e 3 anni) rispetto al decennale, cercando di far luce sul motivo per il quale essi hanno i comportamenti che voi stessi leggerete nell’analisi attraverso varie grafiche e mie interpretazioni.
Ritornerò a discutere sul mondo obbligazionario governativo dopo il dato sull’inflazione di mercoledì 13, in quanto esso è stato determinante nell’ultimo anno per questo tipo di asset class.
IL DATO SULL’INFLAZIONE
L’indice dei prezzi al consumo è salito del 9.1% rispetto ad un anno fa, battendo le stime degli analisti dell’8.8%; un dato così alto mancava all’economia americana dal lontano novembre 1981.
Escludendo i fattori alimentari ed energetici, il dato è aumentato del 5.9% rispetto alla stima del 5.7%.
Un’inflazione che non accenna ad arrestarsi potrebbe spingere la Federal Reserve e il suo presidente Jerome Powell in una posizione ancora più “hawkish”, tant’è che il mercato iniziava a prezzare per l’incontro del 26-27 luglio un aumento dei tassi di un punto percentuale.
Le aspettative del mercato di un rialzo di 100 punti base sono tuttavia svanite venerdì 15 quando lo stesso ha iniziato a scontare la possibilità di un rialzo più modesto di 75 punti base.
Tale possibilità è visualizzabile attraverso lo strumento FedWatch Tool del gruppo CME:
Potete trovare questa pagina al sito:
• www.cmegroup.com
COME STA REAGENDO IL MONDO OBBLIGAZIONARIO GOVERNATIVO?
Analizzerò ora il mondo obbligazionario governativo, facendo riferimento ai titoli di stato statunitensi e ai relativi rendimenti.
Voglio ricordarvi come abbia già discusso varie volte su temi riguardanti il mondo obbligazionario, motivo per il quale se ci fosse qualcosa che non vi è chiaro, consiglio di leggere tutte le analisi all’interno del mio profilo.
Detto ciò, voglio riprendere alcuni punti che reputo importanti prima di trattare l’argomento.
In fasi di “prosperità” economica, i rendimenti dei titoli di stato aumentano all’aumentare delle scadenze degli stessi; si ha questo tipo di dinamica per il rapporto RISCHIO = RENDIMENTO: acquistare titoli di stato a lunga scadenza (e quindi “fermare” i capitali per un arco di tempo ampio) espone un investitore ad un rischio più alto, che quindi vorrà essere più remunerato dal punto di vista economico; questo non accade qualora lo stesso decida di “bloccare” i capitali per un arco di tempo ristretto, acquistando, ad esempio, titoli di stato a breve scadenza: il rendimento (o l’interesse) richiesto sarà più basso anche perché l’esposizione al rischio sarà più bassa. Il senso di questa dinamica è questo:
• E’ più facile prevedere lo stato di salute di un Paese nel brevissimo e breve termine rispetto ad un arco di tempo più ampio; per questo motivo, il rischio al quale ci si espone acquistando titoli di stato a brevi scadenze è inferiore rispetto a quello al quale ci si esporrebbe acquistandone a lunghe scadenze
Graficando i vari titoli di stato a scadenza crescente è possibile visualizzare la famosa “curva dei rendimenti” che, nello scenario economico appena descritto, appare come segue:
Credo ormai come chiunque abbia capito come gli Stati Uniti stiano vivendo un momento di rallentamento economico, accertato anche dalla previsione della Fed di Atlanta che, attraverso il suo modello di previsione GDPNow, stima un PIL per Q2 2022 al -1.2%:
In un contesto di rallentamento economico, la curva dei rendimenti assume una forma diversa, definita “piatta”:
Per il rapporto RISCHIO = RENDIMENTO, si può affermare che sia che ci si posizioni su titoli di stato a breve che a lunga durata, il rischio è lo stesso; questa non rappresenta una condizione economico finanziaria stabile, traducibile in un’incertezza degli operatori.
La stessa curva si osserva tipicamente in periodi di transizione tra una inclinata positivamente ed una invertita; quest’ultima si viene a creare quando il rendimento dei titoli di stato a più breve scadenza risultano più alti rispetto a quelli a lunga scadenza:
Una curva di questo tipo si osserva tipicamente dai 10 ai 17 mesi prima di una recessione. Il motivo? È semplice: gli operatori vendono quantità massicce di titoli di stato a breve scadenza in quanto si aspettano nello stesso arco temporale pessime condizioni economiche, riconducibili a una possibile/probabile recessione; proprio per questo si aspettano un interesse più alto qualora ci volessero investire; infatti, maggiore è il rischio al quale essi si espongono, maggiore sarà l’interesse richiesto.
LA CURVA DEI RENDIMENTI DI OGGI
Come appare la curva dei rendimenti di oggi? Vediamolo:
Essa appare piatta, con diversi rendimenti a diverse scadenze molto discordanti tra loro. Sarò ora più chiaro.
RAPPORTO TRA RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 3 MESI E 10 ANNI
Notiamo come il rendimento del titolo di stato a 3 mesi sia simile a quello a 10 anni. Per l'uguaglianza rischio=rendimento di cui ho parlato qualche riga fa, si rischia poco più che acquistare titoli di stato a 10 anni rispetto a quelli a 3 mesi. Questo non rappresenta la normalità dal momento che gli investitori vogliono ottenere una remunerazione più alta tanto più alta è la scadenza di un'obbligazione (titolo di stato). Possiamo capire qualcosa in più osservando lo spread tra gli stessi rendimenti:
Per il rapporto inverso tra titoli di stato e rendimenti, lo spread indica il fatto che ad ora gli investitori scaricano in maniera pesante titoli di stato a 3 anni rispetto a 10 anni.
I rendimenti delle parti brevi della curva si innalzano tipicamente per due motivi:
• Quando la banca centrale del paese associata ad essi inizia a diventare più “aggressiva” alzando i tassi di interesse
• Quando le prospettive macroeconomiche a breve termine iniziano a deteriorarsi
Questa è dunque la dimostrazione che, a breve termine (3 mesi), gli investitori non hanno buone aspettative riguardanti l’economia americana.
È importante anche sottolineare il fatto che tipicamente le banche si indebitano sui 3 mesi e successivamente fanno ricavi sui 10 anni; se lo spread arrivasse allo 0% le stesse avrebbero poca convenienza a concedere prestiti, e questo si ripercuoterebbe in maniera diretta sull’economia, andando a deteriorarla ancora di più.
RAPPORTO TRA RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 6 MESI E 10 ANNI
Osserviamo ora il rapporto tra i rendimenti dei titoli di stato a 6 mesi e quelli a 10 anni:
Il rischio al quale ci si espone acquistando titoli di stato a 10 anni è uguale a quello al quale ci si espone acquistando quelli a 6 mesi. Questa considerazione rappresenta uno scenario economico “prosperoso” in cui un investitore richiede un premio più alto qualora blocchi i suoi capitali acquistando obbligazioni a lunga scadenza? Non direi. L’alto rendimento del titolo governativo a 6 mesi prezza il rischio al quale ci si espone qualora si intenda acquistarlo. Da osservare lo spread tra questi titoli di stato:
Il crollo di questo spread è simile rispetto a quello precedente: c’è una vendita maggiore di titoli a 6 mesi rispetto a quelli a 10 anni.
RAPPORTO TRA RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO AD UN ANNO E 10 ANNI
Il rapporto tra i rendimenti dei titoli di stato ad 1 anno e quello a 10 anni cosa comunica?
Comunica il fatto che il rischio al quale ci si espone acquistando titoli di stato ad 1 anno è maggiore rispetto al rischio al quale ci si esporrebbe acquistando titoli di stato a 10 anni.
Questo è un ulteriore segnale di come le aspettative degli investitori nei riguardi dell’economia statunitense sul breve periodo è tutta fuor che positiva. Questo è dimostrato anche dallo spread 10 anni-1 anno:
Uno spread al di sotto dello 0% comunica come gli operatori ritengano più “pericoloso” investire in titoli di stato con scadenza 1 anno rispetto a quelli con scadenza 10 anni.
RAPPORTO TRA RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 2 ANNI E 10 ANNI
Lo spread tra i titoli di stato a 10 anni e 2 anni è sempre stato considerato un indicatore affidabile di previsione di recessioni. Il motivo è spiegato nella grafica: ogni qualvolta esso ha infranto al ribasso la soglia dello 0% (ossia ogni qualvolta il rendimento a 2 anni è risultato più alto rispetto al 10 anni) ha poi seguito una recessione.
Lo spread, al momento della scrittura di questa analisi, si trova al -0.19%. Lo stesso aveva visitato percentuali negative anche ad inizi aprile. Anche stavolta seguirà una recessione?
RAPPORTO TRA RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 3 ANNI E 10 ANNI
Anche il rapporto tra i titoli di stato a 10 e 3 anni indica come nei casi precedenti il fatto che gli operatori stiano prezzando un rischio maggiore qualora ci si esponga sul breve termine rispetto al lungo termine.
IL CAMBIAMENTO DELLA PARTE A BREVI SCADENZE DELLA CURVA DEI RENDIMENTI RISPETTO AD UN ANNO FA
Chiudendo l’analisi, voglio mostrarvi un’ulteriore considerazione:
Nella parte sinistra sono mostrati i rendimenti dei titoli di stato con scadenza 6 mesi, un anno e due anni di, rispettivamente, un anno fa (curva di color celeste), un mese fa (curva di color arancio) e oggi (curva blu).
Possiamo osservare come i rendimenti siano cambiati notevolmente.
Un anno fa il mercato non reputava rischioso investire in titoli di stato a breve scadenza poichè i rendimenti erano relativamente bassi, aggirandosi al di sotto dello 0.5%.
Notate invece come oggi tale rischio sia aumentato (rispetto ad un anno fa) e come fosse già aumentato anche un mese fa: i rendimenti delle due curve blu e arancio sono ben maggiori, e si attestano tra il 2.5% e il 3.5%.
Considerando la differenza tra oggi e un mese fa, possiamo notare come il mercato, ad oggi, reputi più rischiosi i titoli di stato a 6 mesi ed 1 anno (sempre per la differenza tra rendimenti).
Questa differenza tra rendimenti indica come il mercato, in diverse fasi temporali, abbia via via riprezzato i rischi.
CONCLUSIONI
Mi rendo conto di come l’analisi possa essere di difficile lettura. Provo tuttavia a riavvolgere il nastro in maniera da essere più chiaro.
• Ho spiegato come il rendimento di un titolo di stato sia legato al rischio dello stesso: maggiore è il rischio al quale ci si espone quando esso viene acquistato, maggiore sarà il rendimento (o il tasso di interesse) che si vuole ottenere.
• Vi ho spiegato come il rialzo dei rendimenti della parte breve della curva sia influenzata particolarmente dalle decisioni di politica monetaria e da prospettive macroeconomiche a breve termine.
• Il rialzo del rendimento di qualsiasi obbligazione è legato in maniera inversa al prezzo della stessa: più un’obbligazione viene venduta, più il suo rendimento salirà.
• Come si può visualizzare nell’analisi, c’è una svendita massiccia di titoli di stato a breve termine rispetto a quelli a 10 anni
Basandoci su questi concetti, cosa si può pensare? Come mai gli investitori stanno svendendo titoli di stato a breve e brevissima scadenza? Il motivo è il fatto che le loro prospettive macroeconomiche per il breve termine si stanno via via deteriorando, diventando sempre più peggiorative (e ciò è confermato dalla differenza di rendimento delle brevi scadenze di un mese fa ed oggi). Essi considerano più rischioso investire in titoli di stato con orizzonte temporale 1, 2 e 3 anni rispetto a 10 anni, mentre il rischio di investire a 3 e 6 mesi è pressoché identico facendo sempre riferimento ai 10 anni.
Tutto questo, ragazzi, non rispecchia un’aspettativa del mercato di un’economia che possa essere positiva a breve termine. Possiamo ufficialmente dire come il mercato stia scontando quella che ormai è diventata la parola più famosa e chiacchierata sui mercati finanziari? “RECESSIONE”?
Buona giornata, Matteo Farci
CREARE UN INDICE DI FORZA PER PREVEDERE UN SEGNALE DI RECESSIONEBuongiorno ragazzi.
L’obiettivo di questa analisi è quello di costruire un indice di forza relativa capace di anticipare un segnale di recessione, ottenuto combinando tra loro mercato azionario e obbligazionario. Spiegherò passo passo i ragionamenti compiuti sperando di essere il più chiaro possibile.
Sul mio canale youtube ho condiviso un video-guida che tratta lo stesso argomento, al link:
www.youtube.com
Buona lettura!
RISCHIO=RENDIMENTO
Come ho spiegato nella mia analisi riguardante i ratings assegnati ai vari Stati Europei che trovate al link:
spiegavo come uno Stato si finanzi attraverso l’emissione dei titoli di stato. Ricordate come sono definiti?
Un titolo di Stato è un’obbligazione, ossia un titolo di credito che conferisce ad un investitore che lo acquista il diritto a ricevere, alla scadenza del titolo stesso, il rimborso della somma versata più una remunerazione, ossia un interesse.
In base alla capacità di uno Stato di onorare le obbligazioni assunte, esso riceve un determinato rating.
Più il rating assegnato è basso, maggiore sarà l’interesse riconosciuto. Questo perché? La risposta è semplice; immaginiamo che un investitore decida di finanziare uno Stato in rischio default (con un rating C), esponendosi così ad un rischio molto alto; il problema nasce dal momento che lo stesso potrebbe non riuscire a restituire la somma ad esso “prestata” più l’onere. Secondo voi, in una condizione del genere, un investitore si accontenterebbe di un interesse basso? Assolutamente no. Che senso avrebbe per lui rischiare una simile esposizione senza avere un grande incentivo? Assolutamente nessuno.
Questo è il motivo per cui il decennale russo, ad ora, rende il 13% circa (rating C).
Cosa ne conviene da tutto ciò che ho scritto finora? Che in campo obbligazionario un interesse (o rendimento) indica il grado di rischio a cui un investitore si espone, per cui:
RISCHIO =RENDIMENTO
LA CURVA DEI RENDIMENTI
Un paese emette diversi titoli di stato a diversa scadenza. Grazie ad essi è possibile costruire la famosa “curva dei rendimenti”, che non è altro che la rappresentazione grafica della relazione fra le varie scadenze dei diversi titoli di Stato e i relativi rendimenti.
Pensandoci bene, credo che questa curva, che fra poco vi mostrerò, sia uno degli indicatori più importanti nel mondo della finanza (e del trading). Perché? Perché saperla leggere aiuta noi traders a capire quali sono le aspettative degli investitori verso l’economia di un determinato Paese. Questo perché? Perché essa assume delle particolari forme in base al periodo economico (ripresa ed espansione economica, rallentamento economico e recessione) in cui viene calcolata.
RIPRESA/ESPANSIONE ECONOMICA
Questo particolare scenario economico segue un periodo di recessione; l’ultimo esempio l’abbiamo avuto da marzo 2020 a maggio/giugno 2021 circa.
Osservando la curva dei rendimenti costruita in quel periodo e immaginando di non conoscere per quale Paese essa sia stata costruita, possiamo essere in grado di capire lo stato di salute di quell’economia? Si. Ora vi mostrerò come:
Ogni qualvolta un paese si trova in ripresa/espansione economica, la curva dei rendimenti è inclinata positivamente, situazione definita dagli americani “steepening”; i rendimenti dei titoli di stato sono via via crescenti man mano che ci si avvicina a scadenze sempre più spostate nel tempo. Vi mostro ora due curve dei rendimenti inclinate positivamente, costruite dopo le recessioni del 2008 e del 2020:
Perché in questo particolare scenario economico la curva assume questa forma?
Lo scenario economico di ripresa ed espansione è caratterizzato da un clima di risk-on dei mercati. Cosa significa questo? Che gli investitori vanno a posizionarsi su asset finanziari ad alto rischio (come azioni, crypto e materie prime) poiché il rendimento che potrebbero ricevere da tali investimenti sarebbe più alto rispetto a quello che avrebbero ricevuto qualora avessero deciso di investire in titoli di stato, sicuramente con dei rischi più bassi, ma appunto meno convenienti. Il comportamento degli investitori si riflette così nella forma della curva: essi scaricano obbligazioni a tutte le scadenze (da pochi mesi a 30 anni) e, per il rapporto inverso che esiste tra obbligazioni e relativi rendimenti, vanno a imprimere la tipica pendenza positiva alla curva (vendono tutte le scadenze, fanno rialzare tutti i rendimenti).
• Un modo alternativo per capire che tale forma definisce un periodo di ripresa/espansione economica è controllare le scadenze brevi, soprattutto la scadenza a 2 anni. Tale scadenza è influenzata dalle scelte di politica monetaria della banca centrale: se le aspettative di un rialzo dei tassi di interesse sale, tipicamente il rendimento del titolo a 2 anni sale. Possiamo affermare con certezza ciò vista la grande correlazione che lega questi ultimi due elementi:
In questi particolari scenari economici, una banca centrale va’ ad abbassare i tassi a zero per favorire la ripresa e la crescita e, per il rapporto diretto appena osservato per via grafica, a bassi tassi di interesse appartengono bassi rendimenti, e da qui si può spiegare quindi il fatto che i rendimenti della parte a scadenze brevi della curva rendono molto meno rispetto alle altre scadenze.
Per l’equazione RENDIMENTO=RISCHIO, possiamo affermare che quindi è più rischioso detenere titoli di Stato a lunga scadenza che non a breve scadenza. Perché? Perché è sicuramente più facile prevedere lo stato di salute dell’economia di un Paese per il breve periodo che non per il lungo.
RALLENTAMENTO ECONOMICO
Un’economia si riprende, si espande e successivamente raggiunge un picco, da cui successivamente inizia a rallentare: a questo scenario economico appartiene una curva dei rendimenti piatta (quando i rendimenti dei vari titoli di stato iniziano ad avvicinarsi tra loro in valore percentuale). L’esempio che vi riporterò è quella costruita venerdì 18 marzo 2022:
Ora vi confronterò la curva appena costruita con la curva di maggio 2021, che coincideva con lo scenario di ripresa/espansione economica. Vedete le grandi differenze?
L’appiattimento della curva dei rendimenti avviene fondamentalmente a causa di due motivi: scelte di politica monetaria e alta inflazione. Ora mi spiegherò meglio.
Uno scenario economico di ripresa ed espansione trascina con sé l’inflazione. Perché questo accade?
Perché nello stesso scenario la domanda di beni, da parte di industrie, privati e cittadini aumenta. Per la legge della domanda e dell’offerta, più un bene è richiesto e più tipicamente il suo prezzo aumenta. Da questo scaturisce il fatto che quando un’economia si è ripresa in maniera stabile, i valori di inflazione sono al di sopra dell’obiettivo della banca centrale, ossia al di sopra del 2%. Cosa accade quindi? Che per andare a calmierare l’inflazione per evitare un surriscaldamento eccessivo, la banca centrale alza i tassi di interesse.
Osserviamo ora la grafica di sopra:
• Una politica monetaria più aggressiva o “hawkish” va a riflettersi nella parte a scadenze brevi della curva, in particolare nel titolo a 2 anni. Questo perché? Riflettiamo assieme.
Immaginiamo di acquistare un titolo di stato a 2 anni, con un rendimento all’ 1.7% circa (a titolo di esempio chiaramente). Ammettendo che l’inflazione superi il 2%, che senso ha per un investitore acquistare obbligazioni a quella scadenza se l’interesse attraverso il quale andrebbero a guadagnare verrebbe completamente eroso dall’inflazione? Non avrebbe alcun senso, tant’è che si assiste ad uno scenario di sell-off e, per il rapporto inverso tra obbligazioni e rendimenti, più esse vengono vendute, più il rendimento sale, dando la forma rialzata alla parte breve.
Perché invece la parte a scadenze più spostate nel futuro (dai 10 a 30 anni) va ad appiattirsi?
• Un rialzo dei tassi di interesse, idealmente parlando, andrebbe a calmierare l’inflazione nel lungo periodo. Gli investitori, scontando questo, vanno quindi a riposizionarsi su titoli di stato a più lunga scadenza e, per il rapporto inverso tra obbligazioni e rendimenti, più titoli di stato vengono comprati, più il loro rendimento andrebbe a calare, dando la tipica forma piatta. Con un’inflazione regolata, infatti, la loro cedola non verrebbe erosa dall’inflazione, cosa che invece succederebbe per i titoli a 2 anni.
Quindi, per il rapporto RENDIMENTO=RISCHIO, possiamo affermare che il rischio al quale si espone un investitore è uguale sia che si esponga su titoli a breve scadenza che su quelli a lunga scadenza; questo particolare scenario non rappresenta chiaramente la normalità in quanto, come abbiamo visto prima, è più rischioso prestare dei soldi sotto forma di acquisto in obbligazioni per 10,20 o 30 anni (in quanto è difficile prevedere lo stato di salute economico dopo 10,20 o 30 anni) che per 1 o 2 anni.
Vi rilascio una grafica in cui vado a visualizzarvi il rapporto esistente tra ripresa/espansione economica, surriscaldamento inflazionistico e successivo rialzo dei tassi di interesse:
RECESSIONE
Arriviamo dunque alla recessione. Questo particolare scenario è sempre anticipato da un’inversione della curva dei rendimenti; si ha questa particolare forma quando gli stessi sulle brevi scadenze hanno un rendimento più alto rispetto a quelli sulle lunghe scadenze. Perché?
Riflettiamo assieme:
Se i rendimenti delle scadenze brevi (a 1,2,3 e 5 anni) sono più alti rispetto alle scadenze lunghe, significa sostanzialmente che gli investitori vendono obbligazioni a bassa scadenza (facendo quindi aumentare i relativi rendimenti) e comprano le stesse a lunga scadenza (facendo quindi abbassare i relativi rendimenti). Che senso avrebbe ciò? Vendono obbligazioni a breve termine quando, nello stesso arco temporale, non hanno una buona visione dell’economia (chi è che compra i titoli di stato di un Paese che potrebbe nei prossimi tempi trovarsi in recessione economica?) mentre vanno a comprare le obbligazioni a lunga scadenza in quanto scontano il fatto che poi in futuro (in un futuro a 10,20 e 30 anni), dopo l’intervento delle banche centrali (con interventi di politica monetaria come il quantitative easing) l’economia sarà migliorata.
Il rapporto RENDIMENTO=RISCHIO dà quindi l’immediata informazione che un’economia è sull’orlo di una recessione; ricordate: in condizioni normali, un rendimento è tanto più alto quanto maggiore è il tempo in cui si prestano dei soldi sotto forma di acquisto in obbligazioni.
SPREAD TRA I RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 10 ANNI E A 2 ANNI
Calcolare lo spread tra i rendimenti sopraccitati è un modo più veloce di visualizzare l’inclinazione della curva, infatti:
Più esso si contrae (ossia inizia a creare un trend ribassista), più i rendimenti dei titoli a 10 anni e 2 anni si avvicinano tra loro in valor percentuale e più la curva si appiattisce. Più lo spread si dilata, più i rendimenti a 10 anni e 2 anni si allontanano in valore percentuale e più la curva si innalza.
Quando si è prossimi a una recessione, invece, lo spread scende al di sotto dello 0% (ciò matematicamente significa che i rendimenti a 2 anni hanno valori percentuali più alti rispetto a quelli a 10 anni e quindi, essendo i rendimenti a due anni il sottraendo mentre quelli a 10 anni il minuendo, si ottiene come differenza un numero percentuale negativo).
Vediamo una grafica in cui cerco di spiegare il tutto:
COME I TASSI DI INTERESSE INFLUENZANO LO SPREAD
Il 16 marzo, dopo diversi anni di tassi di interessi fermi allo 0.25%, la Federal Reserve ha deciso che era giunto il momento di agire andando a rialzarli, per andare a calmierare un’inflazione spintasi oltre i 7 punti percentuali. Se andassimo a correlare l’aumento dei tassi con lo spread, ci accorgeremo di un fatto peculiare: ogni qualvolta essi hanno subito un ciclo di rialzi, la curva ha successivamente invertito e in media, dopo 10/17 mesi, si è scatenata una recessione. Vi condividerò ora una grafica per farvi visualizzare il tutto:
COME “RIASSESTARE” LO SPREAD IN MODO DA OTTENERE ULTERIORI INFORMAZIONI
Come abbiamo visto pocanzi, lo spread non è ancora sceso al di sotto dello 0%, ragion per cui non possiamo affermare di essere di fronte alla possibilità di una recessione. Tuttavia, mi chiedevo come potessi “riassestare” lo spread in maniera tale da renderlo ancora più “reattivo” e “completo”, ed è così che sono giunto a questo ragionamento: nell’espressione US10Y-US02Y, posso introdurre una componente azionaria?
E’ vero che il mondo obbligazionario è l’asset class che meglio risponde alle dinamiche di cambio di cicli economici, ma è anche vero che gli stessi settori azionari hanno determinate performance a seconda del ciclo economico in cui si trovano; da qui l’idea:” qual è il settore dell’S&P500 più vicino all’economia? Chiaramente il settore ciclico. Per chi non lo sapesse, un settore è definito ciclico quando esso è dipendente dalle condizioni economiche. Qual è il settore ciclico dell’S&P500? Quello dei beni discrezionali (ticker XLY), al cui etf appartengono aziende che tendono a performare bene in periodi di ripresa ed espansione economica e a performare male in condizioni meno favorevoli (rallentamento economico, recessioni e, volendoci spingere oltre, depressioni).
A questo settore appartengono aziende quali:
Amazon (internet al dettaglio)
Tesla (automobili)
Ford (automobili)
Home Depot (vendita al dettaglio, catena di prodotti domestici)
Etsy (internet al dettaglio)
Sono tutte quelle aziende che tipicamente segnano delle trimestrali positive quando noi cittadini siamo più propensi a spendere, ossia in uno scenario di ripresa ed espansione economica.
Perché ho voluto introdurre nell’espressione questo settore azionario? Perché esso, come il mondo obbligazionario, è il settore che più risponde ai cambi di cicli economici.
Ho quindi impostato l’espressione:
((US10Y-US02Y))/XLY = SPREAD RIASSESTATO
Lo spread ha questo tipo di andamento:
Per poter capire le differenze rispetto allo spread precedente, cercherò di sovrapporlo allo stesso:
Possiamo notare come dal 1999 al 2009 gli stessi abbiano avuto pressoché le stesse fluttuazioni. La musica cambia dal 2009 ad oggi: lo spread con la componente azionaria si dimostra più dinamico, andando a staccarsi in maniera sensibile da quello con la componente unicamente obbligazionaria, anticipando dei segnali di recessione. E’ accaduto nel 2019 e, come potete osservare, anche qualche giorno fa. Ogni qualvolta lo spread riassestato ha infranto al ribasso la barriera dello 0%, è stata recessione. Ora siamo al valore di 0.001%. Sarà recessione?
QUALI SONO I MIGLIORI ASSET QUANDO LO SPREAD SCENDE AL DI SOTTO DELLO 0%?
Come conclusione vorrei condividervi alcuni asset che tendono ad avere delle performance positive ogni qualvolta lo spread scende al sotto dello 0%.
Vi ho condiviso 3 asset:
• Una materia prima, l’oro
• Un’azienda, Barrick Gold
• Un etf di buoni del tesoro degli Stati Uniti protetti dall’inflazione
Vi vorrei far osservare delle particolarità: ogni qualvolta lo spread è sceso al di sotto dello 0%, l’Oro ha creato degli impulsi rialzisti durati anni. Perché? Perché lo stesso, essendo il bene rifugio per eccellenza, va ad apprezzarsi in periodi di risk-off, tipici di una recessione; la scelta di Barrick Gold deriva dalla correlazione positiva con lo stesso metallo prezioso, essendo essa la società più grande del mondo di estrazione della stessa materia prima. Stessa cosa per quanto riguarda i TIPS, ossia i buoni del tesoro degli Stati Uniti. Vi rilascio in basso le varie correlazioni tra i tre asset:
Spero questa analisi vi sia utile.
Grazie per l’attenzione, Matteo Farci
Accelerazione al ribasso per il differenziale US10Y - US02YIl grafico in figura mostra la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato Americani a 10 anni e quelli a 2. Quando il valore di questa differenza si riduce, i rendimenti dei titoli di stato Americani a 2 anni, performano meglio di quelli a 10, poiché gli investitori vedendo incertezza nel breve termine, tendono a vendere obbligazioni a brevi scadenze, alimentandone l'aumento del tasso di interesse.
Quando preoccuparsene?
Nel caso in cui il differenziale risulti negativo, il sentiment di mercato del mondo obbligazionario potrebbe anticipare uno storno di mercato.
Da una analisi di Backtesting, valori negativi di questo indice hanno rispettivamente anticipato: Bolla Dot-com, Crisi Subprime, Crollo causato da pandemia.
Riaccadrà? Non è detto, ma è bene osservare di tanto in tanto questo grafico per monitorare le possibili correlazioni tra mondo obbligazionario e mondo azionario.
Buon Trading a tutti!
Andamento inflazione e rendimenti Bond in USASul grafico di Sinistra possiamo vedere l'andamento della inflazione degli ultimi 100 anni. La trend line è con evidenza discendente e fa supporre che l'inflazione usa possa arrivare ad un massimo di 8.5 punit per poi scendere. Se rompesse al rialzo questa trend sarebbe veramente grave per le tasche della maggior parte dei singoli cittadini.
Sul grtafico di Destra invece possiamo vedere l'andamento dei rendimenti del decennale americano, con questi livelli di inflazione i rendimenti attuali rispetto al passato sono ancora schiacciati verso il basso.
CORRELAZIONE TRA ARGENTO E LO SPREAD DEI TITOLI DI STATO USABuongiorno a tutti. Sapete quanto mi piaccia correlare i diversi asset finanziari tra loro, includendo anche l’economia; per questo, oggi vi propongo una correlazione particolare tra il mondo delle commodities e quello delle obbligazioni: la correlazione tra l’argento e lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni e 2 anni.
Adesso proverò a far luce sul motivo di tale rapporto e perché è importante guardarlo.
L’ARGENTO COME METALLO INDUSTRIALE
Avrete di certo sentito definire l’argento come “metallo industriale”. Vi siete mai chiesti il motivo? Ciò dev’essere ricercato nell’utilizzo del metallo stesso: non solo è tra i protagonisti nel campo della gioielleria, ma anche in svariati campi industriali, tutti diversi tra loro. Il motivo è da ricercare nelle sue caratteristiche fisiche: esso è il miglior conduttore di elettricità, con una conducibilità maggiore del 4%/8% rispetto a quella del rame.
Altre caratteristiche fisiche che contraddistinguono questo metallo sono la brillantezza, la malleabilità e la duttilità. I diversi utilizzi in campo industriale spaziano dalla saldatura delle leghe alle batterie, dall'odontoiatria al rivestimento di bicchieri; viene utilizzato per la produzione di chip led, nella medicina, per la fabbricazione di reattori nucleari, nel campo della fotografia, dell'energia solare o fotovoltaica, per la predisposizione dei chip RFID, per la produzione di semiconduttori, touch screen, nella purificazione delle acque, per la produzione di conservanti per il legno e per numerosissimi altri usi industriali. Insomma, come potete ben notare non è solo un metallo “prezioso”
IL MOVIMENTO DELL’ARGENTO NEI CICLI ECONOMICI
La domanda da porsi, a parer mio, è questa: quando c’è maggior possibilità che il metallo si apprezzi o si deprezzi? Per provare a dare una risposta logica e facendo riferimento ai diversi cicli economici a cui si può andare incontro e alla legge della domanda e dell’offerta che governa il prezzo delle materie prime, la risposta è immediata: tenderà ad apprezzarsi in cicli economici favorevoli alla crescita e all’espansione, mentre andrà a deprezzarsi in cicli economici di rallentamento, contrazione o, se volessimo continuare, recessione o depressione.
In un’idea datata di qualche mese avevo trattato argomenti riguardanti i cicli economici, vi allego il link qua sotto:
Per chiarire il concetto, in una ripresa e successiva espansione economica (dall’estate 2020 alla fine del 2021 circa) la domanda e la fiducia dei consumatori è forte, e questo potete ben notarlo dai dati che potete reperire su internet; tipicamente abbiamo alti valori per quanto riguarda le vendite al dettaglio, la produzione industriale, i valori dei PMI e la fiducia dei consumatori stessa. L’aumento della domanda di beni (e servizi) da parte dei consumatori va poi a riflettersi sui produttori degli stessi beni, che andranno ad ordinare maggiori quantità di materie prime (importante guardare in questo caso gli indici dei direttori agli acquisti nel settore manifatturiero, PMI) facendo aumentare, per la legge della domanda e dell’offerta, il prezzo del sottostante richiesto. Questa è in genere la dinamica di prezzo che seguono le materie prime. Vi mostro una grafica in cui correlo i valori del PIL USA anno/anno e il prezzo dell’argento per chiarire meglio il concetto:
Ho considerato come riferimento due periodi storici particolari: la crisi del 2008 e quella del 2020.
E’ importante notare come il dato macroeconomico e il metallo industriale siano particolarmente correlati durante la recessione e successiva ripresa economica.
E’ molto importante considerare un qualcosa di fondamentale: la correlazione tra crescita e decrescita economica e argento è a parer mio da considerare solo in un arco temporale relativamente ristretto (dagli anni 2008/2010 ad oggi) in quanto l’argento stesso non è stato sempre stato un materiale così tanto industrializzato come lo è in questi ultimi anni, appunto. Considerate il fatto che negli ultimi anni le tecnologie si sono evolute in maniera molto repentina , così come la green economy e così, chiaramente, la domanda delle industrie nei riguardi del metallo. Quindi, concludendo, una correlazione tra una crescita/ espansione o rallentamento/recessione è valida soltanto quando il materiale preso in considerazione ha effettivamente un ruolo industriale di primaria importanza.
Ora, per completezza, includo nello stesso grafico gli altri parametri macroeconomici considerati precedentemente (vendite al dettaglio, consumer confidence e PMI).
Come potete osservare, la correlazione è particolarmente rivelante in momenti di recessione o ripresa. Vi voglio far osservare un’ultima cosa, poi passerò alla correlazione con lo spread tra rendimenti dei titoli di stato a 10 e 2 anni:
Focalizzate l’attenzione verso l’ultimo rettangolino di color verdino sulla destra e notate come in quell’area (da giugno a settembre 2021) i dati macroeconomici abbiano subito una decelerazione. Prestate ora attenzione all’argento: vedete come esso è stato reattivo nel rispondere al rallentamento degli altri?
LO SPREAD TRA I RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 10 E 2 ANNI
Dopo aver trattato argomenti riguardanti l’uso e la domanda relativa all’argento e i periodi in cui esso è più o meno richiesto, possiamo ricercare la stessa correlazione con uno dei barometri economici da me più utilizzati e probabilmente tra i più utili: lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 e a 2 anni. Parlo spesso di questo spread, che non è altro che la differenza tra il rendimento del un titolo di stato USA a 10 anni (a scadenza lunga) e quello a 2 anni (scadenza corta).
Lo spread si ottiene facilmente: è necessario selezionare nella barra di ricerca la dicitura “US10Y-US02Y”:
Come spiego nel riquadro azzurro, uno spread rialzista appartiene tipicamente a una ripresa ed espansione economica mentre uno ribassista ad un rallentamento economico; questo perché? Il motivo è da ricercare nella curva dei rendimenti. Ora costruirò due curve dei rendimenti: quella datata al 1 gennaio 2021 e quella datata un anno dopo, al 26 gennaio 2022, e poi spiegherò:
Notiamo innanzitutto come le due curve dei rendimenti siano piuttosto diverse tra loro. Ci sono sostanzialmente due grandi differenze: una nella parte a scadenze brevi e una in quella a scadenze lunghe; la differenza è da ricercare nei diversi cicli economici in cui la stessa curva è stata costruita: notiamo come la parte della curva a scadenze brevi del 1 gennaio 2021 non è tanto ripida quanto lo è stata invece fino al 26 gennaio 2022: questo perché la parte breve è influenzata dalle aspettative per la politica monetaria della Federal Reserve: aumenta quando ci si aspetta che la FED aumenti i tassi (come succederà a marzo verosimilmente) e diminuisce quando ci si aspetta che i tassi di interesse vengano ridotti (come è successo, appunto, durante lo scoppio della pandemia).
La seconda grande differenza è riscontrabile nella parte a scadenze più lunghe: notate come le scadenze lunghe della curva del 1 gennaio 2021 siano più “ripide” di quelle della curva del 26 gennaio 2022, in cui addirittura i rendimenti a 20 anni hanno superato in valore % quelli a 30 anni? Questa differenza, come nel caso delle scadenze corte, è da ricercare nei diversi cicli economici a cui appartengono le due diverse estremità. Esse, infatti, sono influenzate da diversi fattori, tra i quali le prospettive sull’inflazione: la porzione lunga del 1 gennaio 2021 era più ripida poiché la paura degli investitori nei riguardi del consumer price index era di rilevante importanza: questo perché? Perché l’inflazione è capace di erodere guadagni futuri. Considerando la questione in maniera molto pratica, che senso ha per un investitore acquistare un’obbligazione a 10 anni se poi, dopo 10 anni, il premio (o il rendimento) garantito dalla stessa obbligazione ha perso quasi tutto il suo valore a causa di un’alta inflazione? Ha ben poco senso. Per questo motivo, in quel periodo gli operatori vendevano obbligazioni a lunga scadenza, facendo aumentare i relativi rendimenti (per il rapporto inverso che esiste tra un’obbligazione e il suo rendimento, se si vendono obbligazioni a 10 anni, gli stessi rendimenti riferiti alla stessa obbligazione salgono). Riagganciandoci allo stesso discorso, ha però senso comprare un’obbligazione a lunga scadenza quando l’inflazione inizia a non costituire più un ostacolo, e questo accade quando le banche centrali applicano politiche monetarie restrittive (come l’aumento dei tassi di interesse): allora, in questo caso, gli operatori iniziano a ricomprare obbligazioni a più lunga durata, facendo abbassare il rendimento: quello appena descritto è il motivo dell’appiattimento dell’estremità lunga del 26 gennaio.
*mi sono abbastanza dilungato in questo aspetto perché spesso ricevo molte domande riguardanti questo particolare argomento
LA CORRELAZIONE TRA ARGENTO E LO SPREAD TRA I RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 10 E 2 ANNI
Per concludere, abbiamo quindi capito che a uno spread rialzista appartiene un periodo economico favorevole per le aziende (facile accesso al credito grazie ai tassi di interesse bassi o prossimi allo zero), per i consumatori e per la loro domanda. Viceversa, a uno spread ribassista corrisponde un rallentamento per le aziende (accesso al credito non più tanto favorito a causa delle strette monetarie della banca centrale di riferimento) e un rallentamento anche da parte dei consumatori; quindi, che correlazione possiamo aspettarci tra lo spread e il silver? Una correlazione positiva. Dimostriamolo graficamente:
Come potete notare, la correlazione c’è. Non possiamo parlare di una correlazione diretta perfetta (ossia uguale a 1), però possiamo affermare con certezza che, nel lungo periodo, c’è eccome.
Questa correlazione è più apprezzabile in un grafico settimanale e non giornaliero:
Come dicevo precedentemente, è importante considerare che la correlazione tra crescita e decrescita economica e argento è a da considerare solo in un arco temporale relativamente ristretto (dagli anni 2008/2010 ad oggi) in quanto l’argento stesso non è stato sempre stato un materiale così tanto industrializzato come lo è in questi ultimi anni. Questo possiamo osservarlo graficamente grazie a questo grafico mensile:
L’idea termina qua, spero vi sia piaciuta ma soprattutto che sia stata utile. Analisi e ricerche di questo tipo nascono dalla mia curiosità e passione nei confronti di questa materia; esse mi sono utili per avere una visione sempre chiara dei mercati, delle varie correlazioni e anche per massimizzare i profitti. L’obiettivo di questa analisi focalizza l’attenzione verso l’estrema importanza che riveste un determinato ciclo economico e poi come questo si ripercuote nei prezzi dell’argento. Ritengo quindi che questa sia una correlazione da osservare a cadenza mensile. Non meno importanti sono i vari report rilasciati da diverse agenzie, tra le quali il Silver Institute di cui parlo spesso, che possono far muovere il prezzo del sottostante al rialzo o al ribasso nel breve periodo.
Volevo aggiungere che ho intenzione di creare un canale personale come tanti altri utenti di tradingview. Vi comunicherò quando il progetto sarà ultimato, rispettando chiaramente le linee guida imposte da tradingview stesso.
Per qualsiasi informazione, lasciate un commento oppure mandatemi un messaggio nella mia pagina Instagram.
Matteo Farci
BITCOIN, SPREAD TITOLI DI STATO,GOOGLE TRENDS E DIVERSI SETTORISalve ragazzi, stamani voglio parlarvi di una correlazione che negli ultimi tempi si sta venendo a verificare tra il Bitcoin e i cicli economici, utilizzando anche uno strumento come google trends con il fine di capire l’appetito che hanno i retailers verso la crypto.
La correlazione, in particolare, è tra il Bitcoin e lo spead tra i rendimenti dei titoli di Stato Usa a 10 anni e quelli a 2 anni. Questo tipo di rapporto, direi diretto, si è venuto a creare negli ultimi tempi, in particolare allo scoppio della pandemia, dopo il crollo dei mercati finanziari a marzo 2020. La correlazione di cui parlo è questa:
Cercherò ora di provare a far chiarezza.
LO SPREAD TRA UN RENDIMENTO DI UN TITOLO A SCADENZA LUNGA E UNO A SCADENZA CORTA
Nel grafico notiamo con la linea blu lo spread (ossia la differenza) tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni e i rendimenti dei titoli di stato a 2 anni. La forma e il trend di questo spread danno tipicamente informazioni utili riguardo il mondo obbligazionario e le aspettative relative all’economica presente e futura da parte degli investitori. Uno spread con un trend rialzista, come quello visto tra la fine di febbraio 2020 e fine marzo 2021, va ad identificare una curva dei rendimenti “steeping” o “inclinata positivamente”; si ha uno spread o viceversa una curva dei rendimenti di questo tipo quando i rendimenti delle varie obbligazioni a diversa scadenza salgono, creando appunto un inclinazione positiva; si ha una forma di questo tipo quando gli operatori iniziano a scontare una ripresa/espansione economica o per paura di inflazione: è così che vanno a concentrarsi su strumenti a più alto rischio e rendimento (azioni) e scaricano strumenti a basso rischio, ossia obbligazioni: per il rapporto inverso che esiste tra obbligazioni e rendimenti, più si vendono obbligazioni e più i rendimenti salgono, quindi più obbligazioni si vendono a tutte le scadenze, più la curva si inclina positivamente e più lo spread tra i 10 anni e i 2 anni si allunga (stessa cosa vale per lo spread a 20 anni meno quello a 1 anno).
Viceversa, quando si prevede un rallentamento economico (in particolare, quando la banca centrale alza i tassi di interesse per calmierare l’inflazione venutasi a creare in ripresa/espansione economica), la curva dei rendimenti tende ad appiattirsi, soprattutto nelle scadenze lunghe (a 10,20 e 30 anni, come sta accadendo appunto ora) e di conseguenza lo spread va a restringersi. Perché lo spread si restringe? Perché in linea teorica gli investitori scaricano obbligazioni a breve scadenza (questo perché non conviene tenere obbligazione quando il tasso di guadagno reale, ossia quello aggiustato all’inflazione, è praticamente nullo) facendo di conseguenza salire i rendimenti, e comprano obbligazioni a più lunga scadenza, scontando un’economia stabile nel futuro e non nel presente, facendo di conseguenza scendere i rendimenti e andando, quindi, a restringere lo spread.
Per maggiori informazioni, vi allego qui un’idea pubblicata riguardo il mondo obbligazionario e la curva dei rendimenti. Spiego tutto in maniera più dettagliata:
LA MODA DEL BITCOIN
Lo so, il titolo è un pò provocatorio. Il bitcoin è un asset che spopola già da diverso tempo tra tutti gli operatori. Agli operatori voglio aggiungerci anche tantissimi retailers che si sono aggiungi al treno del 2020, quando il suo prezzo è iniziato a crescere in maniera impressionante: basti pensare che nell’impulso del “lockdown”, il prezzo ha fatto segnare un esorbitante +700% circa. Questo è probabilmente ciò che ha interessato praticamente tutti: un asset che cresce e basta, sicuro e che ti permette, comunque vada, di guadagnare. Non avete mai sentito dire in questi ultimi 2 anni frasi del tipo:
“Compra bitcoin, sale e basta..buttati sulle crypto, diventerai ricco..le crypto sono l’unico modo per guadagnare in maniera sicura…le crypto sono lo strumento migliore del mondo…”
Ebbene..io si! E non poche volte, ma tantissime. Detto che le crypto, con le strategie giuste, sono tradabili (come qualsiasi altro strumento), il “compra le crypto, saliranno sempre” mi ha spinto a scrivere questa idea.
Ho innanzitutto utilizzato “google trends”, che è uno strumento utilissimo che ci permette di tracciare la quantità di parole ricercate sul motore di ricerca google, appunto. Ho digitato la parola “bitcoin”, impostando i settaggi in maniera da tracciare il numero di volte in cui la parola è stata cercata da 2012 ad oggi e mi è apparso questo grafico che ora analizzeremo:
trends.google.it
Guardando il grafico, notiamo essenzialmente due picchi: uno a dicembre 2017 e uno a febbraio 2021.
Ora, analizziamo il tutto riferito al grafico di BTCUSD:
Come possiamo notare, il picco di ricerca di dicembre 2017 aveva portato ad un picco del prezzo che, da qualche mese a dicembre 2017, aveva segnato un +600% circa. Stessa cosa è praticamente accaduta a febbraio 2021, tant’è che da inizi 2020 allo stesso febbraio 2021 il prezzo ha segnato una performance del +700%. Cosa possiamo notare da ciò? Che sembra che ci sia abbastanza correlazione tra il numero di volte in cui la parola viene ricercata e la perfomance relativa: più la parola è di moda, più il prezzo sale (e da qui deriva il titolo provocante).
Continuando a riferirci al grafico di google trends, vediamo come il trend, dopo aver formato una sorta di doppio massimo tra febbraio e maggio 2021, è sceso e ora sta lateralizzando. L’appetito verso il Bitcoin sta finendo? Chi lo sa.
CORRELAZIONE SETTORI DIFENSIVI E BITCOIN
Vi riporto ora la correlazione che ha avuto il Bitcoin con i 3 settori difensivi dell’S&P500: il settore dei beni di prima necessità, il settore utilities e quello sanitario. Vediamo come tutti e 3 i settori abbiano avuto una correlazione inversa con la crypto, fatta eccezione del settore sanitario tra la metà e la fine del 2020 (XLV è probabilmente salito in quell’arco temporale poichè gli operatori scontavano il fatto che il settore, appunto, avrebbe trovato un rimedio al covid creando un vaccino).
Vi siete chiesti il motivo per cui ho cercato questa correlazione? Per un semplice motivo: i settori difensivi vengono considerati tali per il fatto che vanno ad apprezzarsi in momenti di incertezza economica e relativa (o possibile) instabilità: questo lo considero una sorta di “termometro” del rischio che c’è nel mercato: è normale che se salgono settori difensivi a dispetto di settori ad alta crescita come quello, ad esempio, tecnologico, l’appetito al rischio è basso. E guarda caso, quando l’appetito al rischio è basso, salgono le difensive ma si deprezza l’asset che per sé è il più rischioso, ossia BTC.
Vediamo come la correlazione sia diversa se BTC viene paragonato a XLK (settore tech), etf che viene scambiato di più quando l’appetito al rischio è maggiore:
La correlazione diretta, come possiamo notare dal grafico, non viene rispettata solo nel periodo tra giugno-fine luglio 2021, mentre nell’ultimo periodo XLK ha iniziato a lateralizzare e la crypto ha perso circa la metà del suo valore.
Un altro indicatore da considerare per stabilire l’appetito al rischio è a parer mio paragonare il settore growth e value, e così ho fatto:
Vediamo come dagli inizi del 2021 circa il settore growth sottoperformava quello value e BTC scendeva e, considerando via via altre tappe temporali successive, questa correlazione tra il rapporto di forza relativa tra i due settori e BTC si sia mantenuta diretta.
Riassumendo, quindi, abbiamo notato come la crypto abbia iniziato a perdere valore dal momento che è diminuito l’appetito al rischio sui mercati e dal momento che è passata un po' di moda tra i “retailers”. Adesso riguardiamo l’ultimo grafico, già visto all’inizio dell’idea:
Questo per quanto mi riguarda è il grafico più importante da guardare: se è vero che quando lo spread tra i rendimenti dei due titoli di stato che ho considerato si accorcia quando si prevede nel futuro un rallentamento economico e vista la correlazione che si è venuta a creare tra questo e la crypto, nonché tra la crypto e i settori difensivi, cosa possiamo aspettarci da Bitcoin nei prossimi tempi? Forse un trend ribassista?
GLI ENORMI STIMOLI FISCALI E IL NUMERO DI RETAILERS NATO NEL 2020
Come ultima cosa ma non meno importante, vi voglio ricordare gli stimoli fiscali donati agli abitanti dei paesi più sviluppati (come il decreto ristori in Italia, per dire). Credo che tantissimi retailers siano nati anche grazie a questi stimoli e, durante i lockdown, abbiano speso tali sussidi iniziando ad investire.
C’è da dire che ora questi stimoli sono finiti, a meno che l’economia non venga rimessa nuovamente in ginocchio. Senza questi stimoli come reagirà il mercato nel suo insieme?
Dopotutto, guardate il grafico su Google Trends della breve frase “investire in borsa”:
trends.google.it
Considerate che, da novembre 2013 fino a fine 2019, il trend era ribassista, formando via via massimi sempre decrescenti. Quando poi è scoppiata la pandemia e le persone sono state costrette a stare a casa, la ricerca della parola ha fatto segnare di nuovo dei massimi pluriennali. Questo per voi è un caso? Io non credo.
Per quanto vi riguarda, quali sono gli strumenti da voi utilizzati che vi permettono di affermare che Bitcoin continuerà a crescere nel futuro?
MATTEO FARCI
ANALISI INTERMARKET E INFLAZIONE: LA REAZIONE DEGLI OPERATORIBuongiorno ragazzi, oggi voglio parlare dei dati riguardanti l’inflazione pubblicati dal US bureau of labor statistics, andando ad analizzarli e vedendo come i diversi asset (obbligazionario, forex e indici azionari) abbiano reagito.
SUL CPI NON HA ANCORA INFLUITO IL “CROLLO” DEL PETROLIO E DEL NATURAL GAS
Se avete letto la mia precedente idea, ipotizzavo il fatto che questo mese (o il prossimo) il CPI avrebbe registrato un decremento dato dal fatto che il petrolio e il natural gas avessero perso rispettivamente il -27,13% e il -44,02%:
Questo non è stato il mese relativo al picco inflazionistico, in quanto esso ha registrato un incremento anno su anno di +6,8% e mese su mese del +0,8%. In particolare, addentrandoci nel rapporto, vediamo come l’energia sia aumentata del 33% rispetto allo scorso anno e del 3,5% rispetto al mese precedente. In particolare, considerando solamente l’incremento mese/mese, le materie prime energetiche hanno visto un incremento del +5,9%, gli oli combustibili un +3,5%; ci sono stati aumenti del 6,1% per quanto riguarda il carburante per motori e la benzina e un modesto +0,3% per quanto riguarda l’elettricità.
Guardando altre categorie, il cibo è aumentato del +0,7% e del 6% circa a/a, gli autoveicoli usati un +2,5% m/m e l’abbigliamento un +1,3% m/m. Vi rilascio qua sotto il link per il rapporto completo in maniera che possiate osservarlo:
www.bls.gov
COME HANNO REAGITO I DIVERSI ASSET FINAZIARI?
Innanzitutto, sottolineiamo il fatto che l’inflazione ha raggiunto un incremento tale da ritornare nel 1982 per poterlo vedere di uguale entità, e questo credo dica tutto.
Un’inflazione al 6,8% è molto alta. Basti pensare che un’economia, per poter essere considerata sana e sostenibile, necessita di un’inflazione al 2% o valori prossimi (1,9%/2,1%, ad esempio), tant’è che una banca centrale ha il compito di doverla “regolare”. Ricordate quali sono stati i motivi di tale incremento?
1. Aumento del prezzo spropositato delle materie prime
2. Problemi sulla catena di approviggionamento
3. Grandissima domanda da parte dei consumatori nell’era post-covid
Questi sono solo alcuni dei 3 motivi, probabilmente i più importanti, tra i quali andrei ad aggiungere anche le politiche monetarie ultra-accomodanti.
La Fed è passata da toni tranquilli e pacati (“l’inflazione è solo transitoria, si abbasserà presto”) a toni più “falco” come si dice a wall street, ossia a toni più aggressivi, annunciando dapprima l’inizio del tapering e, successivamente, facendo intendere che probabilmente il tapering stesso sarebbe stato accelerato in quanto l’economia avrebbe avuto tutte le carte per reggersi con le sue gambe.
Ma ritorniamo a noi: come hanno reagito i mercati all’aumento inflattivo più grande dal 1982?
DOLLARO AMERICANO
Dal grafico giornaliero vediamo come il dollaro si trovi in un trend rialzista; guardate le due medie mobili: esse si trovano a grande distanza tra loro (media a 50 periodi sopra la media a 200 periodi = trend rialzista) e ciò testimonia la forza del prezzo; da considerare anche la distanza tra il prezzo stesso e la media a 50 periodi, altra prova della grande forza della price action. Vi ho segnato con dei segmenti di color nero le strutture per me importanti. Dagli inizi di novembre ad oggi si è avuta la formazione di un triangolo simmetrico a causa del rintracciamento del prezzo: a questo scopo ho utilizzato il rintracciamento di fibonacci per poter visualizzare i livelli in cui il prezzo potrebbe rintracciare prima di ripartire: sono i livelli 38.2, 0.5 e 61.8. Ora guardiamo il grafico intraday a 30 minuti:
Tendenzialmente, quando i dati sull’inflazione sono alti e superano le aspettative (era previsto un aumento m/m del +0,7% invece il dato è stato dello +0,8%) il dollaro va ad apprezzarsi, in quanto il miglior modo per combattere l’inflazione è il rialzo dei tassi di interesse (e il tasso di interesse stesso va ad aumentare il valore della moneta); quindi, molti operatori si sarebbero aspettati un rialzo del dollaro. Invece, all’uscita della notizia, il prezzo ha fatto una candela ribassista del -0,22% per poi rimangiarsi il guadagno fatto da inizio contrattazioni del +0,20%, perdendo dalle 14:30 alla chiusura dei mercati un -0,46% e chiudendo in complesso la giornata in negativo con un -0.16%.
Perché il dollaro si è deprezzato e non il contrario? Per un semplice motivo: credo che il mercato avesse già scontato la notizia le settimane precedenti. Il mercato si aspettava già diverse settimane un dato che battesse le aspettative tant’è che i giornali statunitensi ne parlavano già da diverso tempo e, come diversi giornali, anche alcuni specialisti. Ricordate sempre la tendenza del mercato di scontare tutto prima, quello sul dollaro credo sia un esempio perfetto.
Voglio approfittare del contesto per dire che probabilmente il dollaro sta già scontando il tapering (e la sua accelerazione) e forse anche l’aumento dei tassi di interesse che avverrà nel 2022, e questo potrebbe essere testimoniato dalla sua forte price action.
MONDO OBBLIGAZIONARIO: OBBLIGAZIONI E RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO USA A 10 ANNI
Utilizzando sempre dei grafici a 30 minuti, vi ho condiviso a sinistra il rendimento del decennale americano e a destra la relativa obbligazione. Dall’apertura dei mercati fino alle 14:30 i rendimenti sono saliti del +1,96% (ricordiamo che i rendimenti salgono quando vengono vendute obbligazioni, e infatti a destra vediamo come le obbligazioni siano scese del -0,26%) mentre, all’uscita del dato, il rendimento è andato a segnare un -4,40% nel giro di 3 ore per poi riguadagnare un +2% circa tra la metà e la fine della seduta di contrattazioni; a destra vediamo il comportamento inverso della relativa obbligazione.
Anche questo comportamento è strano, no? Ho detto nelle mie idee precedenti che i rendimenti delle obbligazioni tendono ad alzarsi quando si ha paura di inflazione e, ripeto un’altra volta, come non si può non avere paura di un’inflazione a livelli così alti? A quanto pare si può non averne, e questo è testimoniato dal decremento del rendimento.
Come mai è successo questo? Credo per lo stesso motivo del dollaro: il mercato aveva già scontato da diverso tempo questo dato, e il mondo obbligazionario ancor prima del dollaro stesso, testimoniato dall’appiattimento della curva dei rendimenti. A proposito di ciò, che forma ha avuto la curva dei rendimenti venerdì, a fine contrattazioni?
La curva del 10 dicembre è addiritura più appiattita di quella che avevamo visualizzato per il 3 dicembre:
Ricordo che l’appiattimento si ha in periodi di transizioni economiche (tra un’espansione e un rallentamento economico) e avviene in quanto gli investitori iniziano nuovamente a comprare obbligazioni (specie a media/lunga scadenza) in quanto iniziano a scontare l’abbassamento dell’ inflazione a causa dell’aumento dei tassi di interesse: questo ragionamento che ho fatto è probabilmente il motivo per cui vi dico che la notizia era già stata scontata, ancor prima che la scontasse il dollaro, e questo dimostra ancora una volta quanto sia importante saper leggere il mondo obbligazionario. Per maggiori informazioni, vi inoltro una mia idea in cui spiego da vicino come si comporta il mondo obbligazionario:
S&P500 E NASDAQ
Vediamo ora la reazione dell’S&P500 e del Nasdaq, condividendo il loro grafico a 30 minuti:
I due indici non si sono comportati diversamente rispetto agli altri asset visti in precedenza; all’uscita del dato, entrambi hanno formato una candela verde (+0,40% dell’S&P e +0,80% del Nasdaq) per poi andare a rimangiarsi tutto le mezz’ore successive, per poi infine riprendersi e andare a chiudere in complesso la giornata positivamente, con un +0,78% per lo Standard and Poor e un +1,1% per il Nasdaq. I due indici si trovano ormai vicinissimi ai loro massimi storici, con una distanza del 0,75% per l’S&P e un 2,74% per il Nasdaq.
Continuando a parlare di indici, ci tengo a farvi notare una cosa curiosa, per farvi capire quanto i mercati se ne siano infischiati del dato più alto da decenni: il Nasdaq è un’indice con un peso fortemente tecnologico, i quali titoli sono growth, ossia aziende che puntano alla crescita, concentrando i loro guadagni nel futuro e non nel presente. Con questo non voglio dire che le revenue trimestrali del presente non siano alte (anzi), bensì parte dei loro guadagni sono riutilizzati per espandere le aziende stesse e produrre guadagni ancora più alti nel futuro. Ciò è testimoniato dai bassi (o assenti) dividendi offerti agli azionisti. L’inflazione è chiaramente una nemica in questo contesto, poiché se è vero che essa erode i guadagni futuri delle aziende, è altrettanto vero che le aziende growth sono quelle che più ne risentono, in quanto la loro crescita e le loro future revenue potrebbero essere proprio limitate dall’inflazione stessa (sono stato chiaro? Se non lo sono stato commentate l’idea, sarò ancora più chiaro). Con una lettura così alta del CPI, quindi, cosa ci saremo dovuti aspettare? Chiaramente uno storno dell’indice. Ma ciò non è successo.
La cosa curiosa è che se analizzassimo uno per uno gli etf settoriali, vediamo come XLK, ossia l’etf tecnologico, sia stato quello a performare addiritura meglio, con un bel +2,01%, andando a segnare oltretutto nuovi massimi storici:
Questa è un ulteriore conferma del fatto che il mercato avesse già scontato tutto e del fatto che il mercato stesso non abbia più paura in quanto sconta il rialzo dei tassi di interesse. Infatti, se così non fosse, l’etf XLK non avrebbe guadagnato da inizi anno un +33,82%.
Se per caso voleste un’altra conferma del fatto che l’inflazione non ha fatto paura, vi riporto la correlazione tra lo stesso etf e il rendimento del decennale americano. Ricordando che se i rendimenti si alzano per paura dell’inflazione e che ciò non è avvenuto, è chiaro che la correlazione tra i due asset debba essere necessariamente inversa, e infatti:
COME SI E’ COMPORTATO L’ORO?
Il metallo prezioso per eccellenza ha guadagnato un modesto +0,46%. Tuttavia, come vi riporto nel grafico, i volumi di giornata sono stati abbastanza bassi rispetto alla media degli ultimi 30 giorni, in quanto la media registrava volumi di 203,4K mentre il volume giornaliero era pari a 140K. I volumi ci dicono quanta partecipazione c’è nel mercato: dal momento che l’oro è visto come un bene rifugio, personalmente mi sarei aspettato maggior partecipazione da parte dei compratori (in quanto l’oro tendenzialmente sale in queste giornate) ma ciò non è accaduto, infatti l’aumento di +0,46% non è chissà cosa.
Possiamo vedere un aumento di volumi se scendessimo a livello intraday, volumi che tuttavia si vanno poi a sgonfiare:
Quindi, infine, penso che l’oro abbia fatto poco e nulla. Secondo il detto “l’oro è una protezione contro l’inflazione” e secondo il fatto che l’inflazione ha avuto un incremento molto molto alto, mi sarei aspettato una candelona rialzista e grandi volumi e tutto questo, come potete vedere, non è accaduto.
COME SI E’ COMPORTATO IL VIX?
Ricordo come il VIX, ossia l’indice di volatilità relativo all’S&P500, venga considerato da tanti come “l’indice della paura”, in quanto va ad innalzarsi tipicamente in momenti e giornate incerte e turbolente (come è successo, ad esempio, quando è stata scoperta la nuova variante omicron del covid). Nella grafica vi riporto i dati riguardo i valori del cpi da aprile 2021 (ossia da quando i valori hanno superato la soglia di attenzione della FED, fissata intorno a 2 punti percentuali) fino all’ultimo dato:
Con delle frecce nere sono andato ad indicare le candele relative alla data di uscita del cpi, da maggio fino all’ultimo di dicembre. Notiamo innanzitutto come il VIX non abbia risentito del dato, dal momento che è riandato a visitare valori di “tranquillità” (ossia sotto i 20 punti). Notiamo però come, dal dato di aprile a quello del 10 dicembre, il vix si sia mosso in territorio di “paura” solamente una volta, ossia il giorno dell’uscita del dato relativo ad aprile, il 12 maggio. E’ forse un caso che si sia mosso sopra i 20 punti quando il dato, per la prima volta, aveva infranto la soglia prossima al 2%, andando a segnare un incremento praticamente doppio? E perché per i successivi dati, ancora più alti, gli operatori non hanno reagito in quel modo? Io andrei a considerare il fatto che la maggior parte degli operatori fosse cosciente dei problemi legati all’energia (prezzi che correvano verso massimi relativi via via crescenti), alla catena di approviggionamento e alla forte domanda di beni, per cui era probabile che i dati del cpi successivi sarebbero stati visti al rialzo: gli operatori stavano quindi iniziando a scontare il tutto in anticipo? E’ forse questa la ragione per il quale il VIX, dopo il 12 maggio, non sia più andato a visitare territori di turbolenza? E’ una ipotesi. Voi, invece, cosa ne pensate?
EFFETTO GRANAGLIE E PREZZO DEL COTONE E DEL PETROLIO SUI DATI RIGUARDO I CEREALI E L'ABBIGLIAMENTO
Innanzitutto vi condivido il grafico sulle tre granaglie principali, ossia soia, mais e grano:
Notiamo come il mais e la soia siano scesi dai massimi di maggio, mentre il grano è l’unico dei tre a dimostrarsi forte. Volevo vedere se il decremento generale dei loro prezzi si fosse riflesso nel dato sull’inflazione e infatti, se aprite il rapporto che vi ho mandato, potete osservare nella sezione “CEREALI E PRODOTTI DA FORNO” che il dato, per quanto sia visto comunque al rialzo, sta iniziando a creare nel suo aumento un “appiattimento”, infatti, mese/mese, osserviamo che da agosto a settembre si aveva avuto un aumento del +1,1%, da settembre a ottobre un +1%, mentre nell’ultimo dato, da ottobre a novembre, un +0,8%. E’ un caso che questo dato stia contraendo proprio nel momento in cui le granaglie iniziano a perdere valore?
Un’ultima curiosità: a fine ottobre avevo pubblicato un’idea in cui discutevo del possibile aumento dell’abbigliamento a fronte degli aumenti dei prezzi del petrolio e del cotone:
guardando i dati sull’inflazione, noto come, al contrario della contrazione del dato riguardo i cereali, il dato riguardo l’abbigliamento sia in espansione, in particolare da agosto a settembre abbiamo avuto un -1,1%, da settembre a ottobre un 0% (il dato è stato visto in incremento), mentre da ottobre a novembre addiritura un aumento del +1,3%: grazie all’analisi intermarket e ad altri possibili fattori, sono riuscito a prevedere il tutto con un buon anticipo.
MATTEO FARCI
L'IMPORTANZA DELL'ANALISI INTERMARKET NELLE MIE OPERAZIONIBuongiorno a tutti, più volte ho scritto in questa community che mi piace aprire delle posizioni in long o in short avendo piu’ di un vantaggio statistico. Oggi vi riporterò un’operazione dal rischio rendimento 1,9 spiegando i motivi sia tecnici che fondamentali che mi hanno portato a prendere la decisione di entrare long.
RENDIMENTI DELLE OBBLIGAZIONI USA A 10 ANNI
Per prima cosa, parliamo dei rendimenti del decennale americano a 10 anni, di cui si fa un gran parlare già di diversi mesi. I rendimenti sono correlati negativamente alle obbligazioni dei titoli di stato americano (in questo caso, a 10 anni): ciò significa che se c’è un sell off sull’obbligazionario, i rendimenti andranno a crescere; nel caso opposto, invece, andranno chiaramente a decrescere. Sentiamo oramai ogni giorno parlare di inflazione e, da come vi sarete resi conto tutti, più si ha la “paura” di inflazione (dal momento che diminuisce il nostro potere di acquisto), più i rendimenti delle obbligazioni salgono. Perché questo avviene? Come abbiamo detto, i rendimenti salgono quando vengono scaricate le obbligazioni, ed esse vengono scaricate semplicemente perché, essendo soldi che noi andremo a ritirare in futuro (in questo caso, dopo 10 anni), il nostro premio sarebbe notevolmente decrementato dall’inflazione che, come ho detto, diminuisce il potere di un possibile guadagno; per spiegare ancora meglio il concetto, se noi acquistiamo un obbligazione con un rendimento X, dopo 10 anni andremo a ritirare il premio che avrà valore X – INFLAZIONE, il che fa capire che il valore al momento dell’acquisto e al momento del ritiro del premio è ben diverso (è più basso).
Quindi, abbiamo capito il motivo per cui i rendimenti stanno salendo? Perché gli investitori vendono le obbligazioni per paura di alta inflazione.
RELAZIONE TRA RENDIMENTI US10Y E SETTORE FINANZIARIO (XLF)
Capiti cosa sono i rendimenti, vi chiedo: c’è un settore americano che ci guadagna dal rialzo dei rendimenti, quando si ha paura dell’inflazione? La risposta è si, ed è evidenziata nel grafico di destra che vi ho condiviso: il settore finanziario, nel grafico XLF (un etf, che è un indice di circa 64 aziende che operano in quel settore).
Sapete perché questo settore, a differenza di altri (come il settore tecnologico/growth) ci guadagna? Perché i rendimenti delle obbligazioni sono legati intrinsecamente alle decisioni delle banche centrali. Più aumentano i rendimenti, più c’è paura di inflazione; cosa fanno le banche centrali per combattere l’inflazione? Aumentano i tassi di interesse. E se i tassi di interesse sui prestiti aumentano, chi va chiaramente a guadagnarci? Il settore finanziario, nella fattispecie XLF.
Dal grafico di destra, infatti, vediamo che da luglio 2020 a marzo 2021 i due andamenti erano correlati positivamente: salivano i rendimenti, e saliva anche XLF. Da maggio 2021 ad agosto 2021, invece, sono scesi entrambi, in maniera sempre molto lineare, per risalire poi da agosto ad oggi. Come si evince, quindi, gli US10Y influenzano in maniera lampante il settore finanziario.
OPERAZIONE SU PNC FINANCIAL SERVICES GROUP
Individuato il settore più performante secondo i miei ragionamenti (il secondo più performante in verità, il settore energetico in questo periodo performa ancora meglio), ho cercato un’azienda all’interno di quel settore con aspetti tecnici tali da permettermi un’entrata long: ho trovato Pnc Financial Services Group.
Vediamo come da fine febbraio a fine aprile il prezzo abbia creato una fase di accumulo, terminata poi con il breakout del rettangolo, seguito poi da un impulso rialzista terminato il 10 maggio. Successivamente il prezzo ha formato un “falso” rounding bottom, falso nel senso che la figura, geometricamente parlando, non è perfetta. Forte dei miei pensieri fondamentali, ho aspettato il breakout del massimo del 10 maggio, che e’ avvenuto, come ho evidenziato nel grafico, con grandi volumi (segnale importante di trend forte). Ho quindi impostato lo stop loss sotto la candela di breakout e il take profit in maniera tale da portare a casa un’operazione dal rischio/rendimento 1,9.
Spero che questa idea vi dia spunti, vi auguro una buona giornata.
Matteo Farci
Curva dei rendimenti dei titoli di stato UE, USA ed inflazione.In data 8 Febbraio '21 pubblicavo questa analisi del differenziale sulla curva dei rendimenti obbligazionari ( Curva dei rendimenti in crescita, cosa vuole dire ), segnalando che quella dei Paesi UE stava partendo e l'italiana era la più in ritardo.
Da quel 8 Febbraio il rendimento sul decennale italiano è passato da 0,57 ad un massimo del 1,149 toccato il 19 Maggio '21, con una crescita del 127%; mentre il valore del Btp è sceso del 5,2%. Nello stesso arco di tempo il Bund tedesco ha fatto +83%, ma come scrivevo la curva era partita in anticipo rispetto alla nostra.
Venendo al grafico attuale ho aggiunto anche il differenziale di rendimenti Oat francesi.
Partendo dal grafico dei rendimenti degli americani, possiamo vedere come abbiano anticipato nuovamente l'Europa, infatti hanno iniziato ad inclinare la curva a fine Marzo, mentre in UE abbiamo iniziato a metà Maggio.
Ricordo che sul differenziale la curva in ascesa indica un'aspettativa di crescita dei tassi di interesse, mentre una curva in discesa fa attendere una riduzione dei tassi a breve.
In parole povere, una curva ascendete indica che i rendimenti sono più elevati per le obbligazioni con scadenza lunga, ma soprattutto i rendimenti più elevati sulle scadenze più lunghe sono richiesti per compensare l'inflazione ed i futuri aumenti dei tassi.
Come potete vedere adesso le curve dei vari Stati stanno scendendo ed in un contesto mondiale in cui si parla di crescita dell'inflazione questo stona ed è una contraddizione.
Qualcuno mente sulla reale crescita dell'inflazione?
Lancio la domanda ad ora non formulo risposte, ma farò confronti su altri settori che ad una prima occhiata mi danno segnali contrastanti.
US10Y - verso il 2%Lecito attendersi un test del 2% del rendimento del decennale US.
Area di resistenza importante essendo anche una soglia psicologica per il mercato. La ripresa verso l'alto dei rendimenti dai minimi del 25 Marzo al momento sta impattando più l'oro e l'argento che i mercati azionari in generale. Gli investitori scaricano i due beni rifugio in considerazione delle aspettative di ripresa economica dettate dall'andamento dei tassi e del dollaro che sta recuperando forza. Innalzamento dei tassi che dovrebbe riportare interesse verso il settore bancario, assicurativo e più in generale verso i titoli value che hanno molto terreno da recuperare nei confronti dei titoli growth / tech.
Gold in correzione quando i rendimenti obbligazionari cresconoCorrelazione inversa tra l’andamento del rendimento del decennale Americano rispetto all’oro.
Ad ogni incremento sensibile del rendimento del decennale corrisponde una discesa della quotazione dell’oro ed viceversa quando il rendimento scende.
Sul grafico weekly ho evidenziato in casi più evidenti negli ultimi 15 anni.
Curva dei rendimenti in crescita, cosa vuole dire.Tornando ai ragionamenti inflazionistici che periodicamente faccio, oggi posto una frugale curva dei rendimenti 10Y e 2Y dei Titoli di Stato americani, italiani e tedeschi.
Per premessa diciamo che se la curva è inclinata negativamente i mercati attendono una riduzione dei tassi a breve. Aspettative di un rialzo dei tassi sono associati ad un andamento crescente della curva.
In parole povere, una curva ascendete indica che i rendimenti sono più elevati per le obbligazioni con scadenza più lunga.
In un sistema economico e finanziario perfetto si configurerebbe questa situazione: i rendimenti più elevati sulle obbligazioni con scadenze più lunghe sono richiesti per compensare l'inflazione e i futuri aumenti dei tassi. Nel nostro teorico sistema perfetto ciò comporterebbe il trovarsi in una fase economica espansiva.
Nel grafico potete vedere come i rendimenti americani abbiano già girato da molto tempo, mentre a livello di Vecchio Continente, la situazione tedesca abbia iniziato a crescere a dicembre 2021, mentre quella italiana sia sostanzialmente ancora piatta.
Al momento abbiamo una sostanziale dicotomia tra gli andamenti US e tedeschi rispetto a quelli italiani.
Le motivazioni sono tante ed alcune ataviche dell’economia e del sistema Italia e questo non è il luogo dove approfondirle.
Da un punto di vista del nostro yeld attenzione che nelle prossime settimane non andiamo a compensare a questo ritardo, per tanto attenzione alle scadenze lunghe dei Btp sottostanti.
Tornando alla considerazione di apertura, questa situazione è un altro tassello a favore dei sostenitori della crescita inflazionistica che si va aggiungere alla crescita delle Commodities.
Confronto rendimento BTP con altri Paesi UE+USARipropongo questo grafico che raccoglie i rendimenti dei Titoli di Stato dei principali Paese Europei + gli Stati Uniti (ovviamente il loro rendimento è influenzato dal tasso di cambio, cos' come quello UK).
Ultimamente è ritornato in voga sui media la spread Btp/Bund, tornato sotto 100, cosa che non accedeva da fine 2015. Su questo grafico potete vedere come sono tutti stazionari od in leggera risalita, stranamente spicca l'Italia con la curva inclinata verso la discesa dei rendimenti.
Ribadisco una mia personale idea, che il rendimento del decennale italiano si dovrà avvicinare a quello di Spagna e Portogallo per una serie di fattori che nulla hanno a che vedere con l'analisi tecnica.
US Treasuries Bonds 10YR YieldCiao a tutti,
riprendiamo qui l'analisi del rendimento degli US Treasury Bonds a 10 anni pubblicata il 15 Ottobre 2020 quando il tasso era lo 0,699. Da allora si e' sviluppato il pullback segnalato dalla divergenza con l'indicatore di sentiment (RSI) fino a 1,119. Click & Play la struttura qui sotto per vedere come si e' sviluppato il pullback.
Uno dei driver che fa muovere i prezzi delle obbligazioni e' il tasso d'interesse o Effective Federal Funds Rate (FEDFUNDS). Quando i tassi di interesse sono bassi, i prezzi delle obbligazioni aumentano, perché gli investitori cercano un rendimento migliore. Per anni, sulla scia della crisi finanziaria del 2008, la Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse ai minimi storici rendendo il mercato dei bonds molto attrattivo.
Da Luglio 2007 a Gennaio 2009 il FEDFUNDS e' passato da 5,26% a 0,16% mentre il US10Y e' passato da 5,206% a 2,040%.
Il range degli US10Y dal 2010 al 2020 e' stato tra 3% e 1,5% mentre il FEDFUNDS e' rimasto sotto lo 0,20 fino al 2015.
Adesso, sebbene il rendimento dei Treasuries decennali americani rimanga superiore al FEDFUNDS, lo spread e' decisamente meno interessante rispetto alla decade appena terminata. Per ottenere rendimenti piu' interessanti si e' quindi reso necessario esplorare altri mercati e piu' rischiosi.
Credo che solo la FED avesse interesse a comprare US10Y con un rendimento post-Pandemia dello 0,360% ed e' per questo che il 23 Marzo Jerome Powell annuncio' il famoso QE infinito.
E credo anche che, finche' i rendimenti sul decennale americano non ritorneranno attrattivi, gli investitori saranno costretti a continuare a cercare higher yields altrove.
Quali potranno essere le ripercussioni sul dollaro e sulle borse americane?
Spero di essere stato chiaro ma se avete altre idee vi prego di scriverle nei commenti qui sotto.
Queste sono solo idee di trading e non consigli per investire. Per quelle dovete rivolgervi a un professionista perche' io non lo sono. Sono un semplice appassionato.
Un abbraccio a tutti.
Cozzamara
BTP tassi decennali e l'inflazione che calaMomentum delicatissimo per i mercati.
Sembra che tutti i market maker stiano prezzando bassa volatilità.
Gli indici salgono da 3 mesi a questa parte ma i livelli di prezzo del rialzo non sono ancora superati ma sopratutto i pattern di brekout rialzisti non ci sono.
SP500 livello di massimo per riportare il trend a rialzo è 2960 punti indice, FTSEMIB livello di massimo per riportare il trend a rialzo è 24500 punti indice, DAX livello di massimo per riportare il trend a rialzo è 13900 punti indice.
Sicuramente dai tassi decennali si può osservare come la discesa degli stessi abbia aiutato il rilassamento rialzista degli indici, ma occhio al supporto di 2.30 tasso US10.
Il livello di 2.30 US10 se violato al ribasso aiuterà i mercati azionari ma è passato troppo tempo dal suo test e dobbiamo attendere il test che è appena iniziato.
Buon Trading
SantePTrader